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Una bimba in braccio al padre, tredici ore di vita: Zina incontra l’IDF
by amira Hass Tuesday April 08, 2003 at 11:19 PM mail:  

Una bimba in braccio al padre, tredici ore di vita: Zina incontra l’IDF

Una bimba in braccio al padre, tredici ore di vita: Zina incontra l’IDF

Amira Hass
8 aprile 2003

Zina ha sentito il primo sparo 13 ore dopo che sua madre l’aveva
partorita. E’ successo quando ha incontrato il suo primo APC (armed
personnel carrier, trasporto personale armato -ndt). Due ore prima era
partita per la prima avventura della sua vita, un viaggio dall’ospedale
di Nablus, dov’e’ nata la sera di domenica 23 marzo, fino a casa dei
suoi genitori nel villaggio di Dir al-Hatab, a est di Nablus. Un taxi li
ha portati al nuovo campo profughi di Askar, su una collina che guarda
la pianura dei tre villaggi di Salem, Dir al-Hatab e Azmout.

Sul taxi c’erano sua madre, suo padre, dottore, e suo fratello di due
anni, Abdallah. Zina non poteva ancora sapere che la vecchia strada per
il villaggio -un viaggio di circa sette minuti- era bloccata da una
cancellata di ferro, mucchi di sporcizia e due fossati.


Un portavoce dell’esercito: “Negli utimi mesi ci siamo resi conto di
come i terroristi facciano uso per le loro azioni dei passaggi sguarniti
in questa zona. In qualunque momento, una persona qualsiasi potrebbe
passare senza problemi per i frutteti e i campi verso Askar. Tutti
passavano dappertutto in mezzo ai frutteti. Si sono verificati diversi
casi di terroristi infiltrati negli insediamenti ebraici di Elon Moreh e
Itamar passando da questi villaggi. Nelle ultime due settimane sono
riusciti a entrare due volte. Per esempio un pazzoide di 16 anni: da
Askar, attraverso Azmout, e’ arrivato a Elon Moreh. L’hanno preso
proprio la’, ha ammesso di volere compiere un attacco”.


La mattina di martedi’ 24 marzo, usciti dal taxi sopra la collina di
Askar, Zina, i suoi genitori e suo fratello hanno cominciato a
trascinarsi giu’ per il pendio est della collina, lungo un percorso
scivoloso e fangoso, in mezzo ai sassi. La madre di Zina teneva la
bambina in braccio, avvolta in una coperta; il padre teneva Abdallah
insieme a un pacco con i vestiti della moglie; sua moglie urlava
spaventata ogni volta che stava per cadere.


Zina non poteva sapere che alla fine della discesa avrebbe trovato
un’unita’ dell’IDF. L’unita’ era di pattuglia insieme ad un APC, non
lontano da quella strada asfaltata, distrutta circa un anno prima dai
bulldozer dell’IDF, che portava ai tre villaggi dove vivono 11.000
persone. E nemmeno aveva modo di sapere come tra settembre e ottobre
2002 l’IDF aveva scavato due profondi fossati, lungo i campi ai piedi
della collina di Askar. Uno dei fossi e’ profondo due metri e largo tre.
L’altro e’ pieno di acqua fognaria: gli abitanti del villaggio dicono
che quando la strada e’ stata distrutta e i fossi sono stati scavati,
una condotta fognaria che arrivava a Nablus e’ stata danneggiata.


Quando i genitori di Zina sono arrivati alla fine della discesa uno dei
soldati ha fatto loro cenno di aspettare. Stava sbraitando contro un
uomo che, con un po’ di pacchi in spalla, voleva andare a ovest, per la
strada di terra battuta. Nel frattempo erano stati fermati altri
passanti. Il padre di Zina, un dottore, cercava di spiegare ai soldati
che sua moglie aveva partorito meno di 24 ore prima. Alla fine, “non
dopo molto, forse un quarto d’ora” dice il padre di Zina, il soldato li
ha fatti passare senza nemmeno controllare i loro documenti. Quando
hanno voltato le spalle al soldato hanno sentito uno sparo: il soldato
aveva sparato, probabilmente a qualcuno che voleva approfittare del
momento per passare.


La madre di Zina si e’ contratta per la paura, e per un po’ si e’
dimenticata dei dolori che ancora si sentiva addosso. Prima si sono
arrampicati su una montagna di fango e pezzi d’asfalto sul lato ovest
della strada, poi si sono incamminati cautamente sull’asfalto
sdrucciolevole e sono arrivati al mucchio di fango, al fossato e ai
pezzi d’asfalto sul lato est. Si sono bagnati un po’ con l’acqua di
scolo mista a pioggia.


Un portavoce dell’esercito: “Il fossato e’ stato scavato tra novembre e
dicembre 2002, in un’importante operazione dell’IDF a Nablus. Lo scopo:
impedire passaggi fuori controllo; nessuna intenzione di impedire i
passaggi tout-court. Per questo abbiamo lasciato due strade dove i
fossati non arrivano: una strada di terra battuta che raggiunge la zona
sud dei villaggi, e un’altra arteria di traffico -bloccata, da ovest.
L’idea e’ di avere uomini a guardia delle strade e lasciare la gente
passare liberamente. Un modo per impedire ai terroristi di passare. A
causa della pioggia, la strada di terra battuta al momento non e’
utilizzabile. La seconda strada l’abbiamo ostruita. Non c’e’ bisogno di
una pattuglia permeanente la’, solo una che faccia la spola col supporto
di un veicolo corrazzato. In un caso, quando ancora sul posto si trovava
una pattuglia permanente, hanno sparato sui nostri uomini dalla parte di
Askar. Era solo una questione di tempo prima che un soldato venisse
ferito”.


Le unita’ mobili se ne sono andate ma durante la nostra visita sul posto
questa settimana, domenica e lunedi’, gli uomini dell’IDF stavano la’,
di pattuglia, per la maggior parte della giornata. Gli abitanti
testimoniano che, almeno negli ultimi due mesi, c’e’ stato un drappello
appostato la’ regolarmente; se ne vanno “solo per i cambi di guardia”.
Alcuni membri di Phisicians for Human Rights (Medici per i diritti umani
-ndt) hanno potuto vedere l’unita’ militare. Hanno anche saputo dai
residenti che quasi stabilmente un drappello si apposta alla fine della
strada demolita.


Da quando ha incominciato a piovere forte l’unica via percorribile e’
quella della strada distrutta. Tre settimane fa una insegnante e’
scivolata nel fossato pieno d’acqua di scarico ed e’ quasi annegata.


Un portavoce dell’esercito: “Non sono a conoscenza di questo problema,
delle acque di scolo. Verificheremo”.


Il padre di Zina dice che la sua paura piu’ grande era che un paziente
in gravi condizioni arrivasse alla clinica del villaggio in cui lavora,
o che lo chiamassero a visitare qualcuno che stesse male; in teoria si
potrebbe far arrivare l’ambulanza da Nablus, ma di solito la trafila dei
preparativi richiede cosi’ tanto tempo che, in pratica, e’ una
eventualita’ inesistente. In ogni caso il paziente va trasportato oltre
i fossati, le montagne di terra e di asfalto e le acqua luride, sotto la
minaccia del calcio dei fucili.


A dicembre 2002 il farmacista del luogo, un uomo sui quaranta, e’ morto
per un attacco di cuore. A gennaio una donna di Azmout ha dovuto
partorire al lato della strada distrutta, e il suo bambino e’ morto. In
entrambi i casi c’e’ voluto molto tempo per fare arrivare i soccorsi.


Il cibo deperibile e gli ortaggi vengono portati a Nablus e ai villaggi
a dorso di mulo, giu’ per la discesa di Askar. Le difficolta’ di
trasporto rendono difficile la vita dei negozianti dei tre villaggi.
Molti preferiscono portare a casa di persona i pochi pacchi che riescono
a caricarsi sulle spalle. Dopo aver attraversato la strada smantellata,
all’entrata dei villaggi, le automobili e i taxi non hanno il permesso
di aspettarli.


Quando qualche autista prova a disobbedire alle disposizioni
dell’esercito e si ferma ad aspettare le persone che attraversano la
strada, corrono il rischio che all’improvviso arrivino i soldati e la
Polizia di Confine. Chi puo’ scappa. Chi non puo’, si mette nei guai.
Alle volte i soldati sfondano i finestrini o gli specchietti. Altre
volte li picchiano, o semplicemente li fanno aspettare per ore. M. e’
stato veloce, e qualche giorno fa, all’incrocio, e’ sfuggito alla
polizia di confine. Ma lunedi’ i soldati sono tornati. Gli e’ rimasto il
segno di una ferita recente alla tempia sinistra. Dice che un soldato lo
ha colpito col calcio del fucile. Non ha voluto dare le sue generalita’
e sottoscrivere un modulo di reclamo: “Per cosa? Perche’ tornino e mi
pestino un’altra volta?”.


Un portavoce militare: “Qualche volta i soldati vanno a occuparsi
dell’incrocio. Occuparsi dell’incrocio significa fare piazza pulita
delle macchine. Ovviamente non ci sono ordini di picchiare la gente. E’
vietato. Ma e’ proibito parcheggiare la’ ed e’ proibito trasformare il
luogo in una stazione per i taxi. E’ permesso solo passare a piedi.
Perche? Perche’ in caso contrario il posto diventerebbe una stazione “da
rimorchio a rimorchio” [il trasporto di merci e persone da un veicolo ad
un altro in un area dove il traffico e’ vietato -nda] e non ne avremmo
piu’ il controllo. Abbiamo bloccato la strada proprio perche’ non
vogliamo un passaggio di veicoli non controllati”.


“Una pattuglia qualche volta si trova sul luogo -per permettere il
passaggio di un’ambulanza destinata ad un paziente che non sia in grado
di camminare, o di un anziano, o di un disabile o di una persona in
pericolo di vita che ha bisogno di passare per la strada chiusa al
traffico. In questi casi permettiamo il trasporto “da rimorchio a
rimorchio”. Ma deve essere coordinato: una pattuglia dell’IDF arriva per
verificare che si tratti di un caso umanitario, cibo, medicine,
qualunque cosa necessaria alla sopravvivenza. Ma non per il normale
traffico di merci”.


Gli studenti si arrangiano. Molti di quelli che hanno perso il lavoro in
Israele o in Cisgiordania provano a cimentarsi di nuovo con
l’agricoltura e la pastorizia, insieme ai genitori. Ma le pecore, le
capre e i polli hanno bisogno di mangime. Da quando sono stati scavati i
fossati, cosi’ che nemmeno un fuoristrada riesce ad attraversare i
campi, non c’e’ modo di fare arrivare mangime a sufficienza. E anche
quelli che ci riescono non hanno modo di vendere le uova o il latte.


Un portavoce dell’esercito: “Il controllo dei pedoni che attraversano la
strada bloccata non risponde ad una legge naturale. Si tratta di una
decisione basata su una valutazione: allo stato attuale i maschi tra i
16 e i 40 anni sono considerati individui ad alto rischio. Hanno bisogno
di un permesso di transito degli LCO (Liaison Coordination Offices of
the Civil Administration, Uffici di Coordinamento Unitario
dell’Amministrazione Civile -ndt). Gli abitanti del distretto di Samaria
possono passare con un permesso degli LCO, un permesso che ogni civile
incensurato puo’ ottenere facilmente, ammesso che non sia convolto in
qualcosa di losco. Il lavoro degli LCO ci aiuta a distinguere tra le
persone innocue e quelle pericolose. Per quanto riguarda gli altri
-donne e bambini- non gli impediamo di passare. Per loro non c’e’
bisogno di un permesso dagli LCO”.


A febbraio alcuni attivisti di Phisicians for Human Rights hanno
incontrato circa 20 studentesse che erano state trattenute per ore nei
pressi del check point. La settimana scorsa una maestra di Nablus non ha
avuto il permesso di passare per la strada e raggiungere la scuola
elementare del villaggio dove insegna.


Per avere un permesso dagli LCO bisogna andare agli uffici
dell’Amministrazione Civile alla base di Hawara, a sud di Nablus. Ma
questa strada e’ chiusa per i palestinesi che non hanno il permesso.


Ci sono persone nel villaggio che non sono a conoscenza di questi
ordini. Altri per principio si rifiutano di chiedere a Israele un
permesso di transito per un’area all’interno della Cisgiordania. Gli
studenti delle scuole superiori di Nablus che rientrano nella categoria
ad “alto rischio” si arrangiano come possono: arrivano a Nablus passando
per campi fangosi, lontano dagli sguardi dei soldati. A volte,
raccontano gli abitanti, i soldati sparano contro i “fuggitivi”, cosi'
li chiamano. Tornare indietro e’ piu’ facile. Se la carta di identita’
dimostra che la tua residenza e’ a Salem o ad Azmout, i soldati non
insistono per sapere come abbia fatto uno come te, in questa’ eta’
pericolosa, ad arrivare a Nablus. Altre volte la gente viene bloccata
per ore, ferma vicino ai soldati.


Un portavoce dell’esercito: “I tempi di attesa dipendono dai servizi di
sicurezza dello Shin Bet. Per telefono passiamo il nome e il numero
della carta di identita’ allo Shin Bet. C’e’ un enorme carico di lavoro,
ci sono molti check point; e questo e’ un fatto che si giustifica da
se’, perche’ moltissimi ricercati sono stati catturati da queste parti.
Tempo d’attesa stimato: un ora o due al massimo”.


Una volta ogni tre quattro giorni l’associazione dei medici riceve una
chiamata urgente: molte persone, donne comprese, vengono fermate al
check point. E quando chiamano e’ gia’ un’ora o due che aspettano. Alla
pioggia e al freddo. Agli abitanti sembrano atti punitivi. Cosi’ come e’
sembrato a quattro uomini tra i 29 e i 40 anni, scesi da Askar per
andare ai loro villaggi. Una telefonata concitata al portavoce dell’IDF,
di stanza coi soldati, ha fatto si’ che i quattro ricevessero l’ordine
immediato di prendere i loro documenti e andarsene, dopo che erano stati
trattenuti per piu’ di un ora.


La rara comparsa di un giornalista o di un gruppo di attivisti per i
diritti umani, dicono nei villaggi, velocizza la procedura del
passaggio.


Lunedi’ l’Associzione per i Diritti Civili in Israele, l’associazione
dei medici e un abitante di Azmout che lavora per la Mezzaluna Crescente
a Nablus hanno firmato una petizione di protesta alla Corte Suprema
contro il blocco totale dei tre villaggi. Hanno denunciato le gravi
conseguenze di questi blocchi in termini di servizi sanitari, mezzi di
sussistenza ed istruzione.
Nella petizione ricordano che circa due anni
fa la Corte Suprema ha rigettato tutte le petizioni contro le chiusure
interne, dopo aver ricevuto dall’esercito l’assicurazione che per ogni
comunita’ palestinese che viene isolata c’e’ almeno una strada destinata
al traffico veicolare.


La petizione afferma che questo impegno non e’ stato mantenuto per quel
che riguarda i tre villaggi di Azmout, Salem e Dir al-Hatab. C’e’ una
strada che gira intorno al villaggio da sud e da est per raggiungere
Elon Moreh, ma il passaggio che connette Dir al-Hatab alla strada e’
stato chiuso, e un carro armato e' stato piazzato all’incrocio che
conduce dalla strada ad Azmout.


A parte le jeep dell’esercito nessuno passa per questa strada. Una volta
ogni due o tre settimane un mezzo della Croce Rossa arriva e, dopo
accordi lunghi e cavillosi con l’IDF, porta il cibo ai villaggi. Come
se si trattasse di una zona colpita dalla siccita’.


L’IDF ha detto che appena finira’ la stagione piovosa provvedera’ ad
asfaltare una strada per il traffico veicolare a sud, al posto di
quella di terra battuta che adesso non e' utilizzabile a causa della
pioggia e del fango. Dovra’ essere una strada "monitorata", con un
drappello di pattuglia al suo sbocco.


Lunedi’ pomeriggio ha comincito a piovere molto forte. Gli abitanti dei
villaggi che avevano paura di cadere lungo la discesa o di annegare nel
fango sono rimasti chiusi nel campo di Askar. Le maestre di Nablus che
temevano di cadere e farsi male (il fondo era scivoloso come ghiaccio)
sono rimaste bloccate nei villaggi. I villaggi sono rimasti
completamente isolati dalle aree circostanti.


E il padre della piccola Zina, che aveva gia’ tredici ore di vita, ha
ringraziato Dio perche' la sua famiglia e’ arrivata a casa prima che
cominciasse a piovere.





La traduzione dell'articolo e' a cura del Go'el -






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