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impressioni da Hebron, Palestina
by Brioga Sunday April 20, 2003 at 08:13 PM mail:  

Una città deserta Hebron, città divisa secondo gli accordi

Hebron, a sud di Gerusalemme, è divisa in due parti. Un settore, chiamato H1, è sotto il controllo dell’esercito israeliano, l’altro, il settore H2, è gestito dall’autorità palestinese. H1 è il centro della città, la parte più antica e più affascinante della città. In mezzo alle case abitate dai palestinesi, c’è una colonia israeliana, con tanto di check point e militari armati, al di là i bambini dei coloni che giocano per strada.

La parte palestinese di H1 è deserta, i negozi sono chiusi, dall’inizio dell’intifada qui la situazione è molto tesa, il coprifuoco viene dichiarato alla mattina e alla sera, senza un criterio, ad orari diversi. Le Jeep passano e dai megafoni annunciano il coprifuoco. Le case dei coloni si affacciano sulle vie dei palestinesi e sono protette da torrette e filo spinato. Data la situazione invivibile, l’unica soluzione per i palestinesi di H1 è di traslocare in H2 o altrove, dove i negozi sono aperti, dove è ancora possibile lavorare, dove ancora ci si muove.


H2, che in pratica è, escluso il centro storico, tutto il resto della città, è circondata da check point che ne limitano l’accesso e l’uscita, per raggiungere la città bisogna cambiare il taxi, perché quelli che arrivano da Gerusalemme non possono accedervi e quelli che escono da Hebron non possono uscirne. All’interno la città è molto viva ci sono diversi mercati fra cui uno molto esteso. Comunque si respira ad ogni angolo l’odore di chiuso come in una stanza senza finestre.


Poi se si raggiunge la città vecchia la situazione diventa spettrale, superato il posto di blocco israeliano sembra di entrare in una scenografia di Cinecittà dove tutto sembra estremamente reale ma anche assolutamente vuoto. Poche persone si aggirano per il quartiere, fra le vie un tempo piene di negozi e caffè. Tutti ci salutavano, come fossimo alieni arrivati lì da non si sa dove. Un gruppo di otto soldati si aggirava fra le vie strette puntando i fucili verso i tetti, unico modo per i giovani palestinesi per spostarsi nelle ore di coprifuoco.


La città vecchia è come un labirinto fatto di stradine che passano sotto le case e diventano cunicoli, si cammina a ridosso di muri e ci si piega per passare sotto agli archi, più mi introducevo più notavo la presenza di persone come rintanate nelle loro abitazioni nascoste, con i loro cortiletti fra le alte mura di case antichissime, millenarie. Incontriamo molti bambini, uno di loro ci conduce alla propria casa, dentro una simpatica nonnina ci accoglie, il marito anziano è intento a consumare il pranzo, subito ci offre un pasto ma non accettiamo.


Una donna più giovane, la madre degli innumerevoli bambini che ci girano attorno, ci offre un tè e ci fa sedere. A stento, per via del nostro arabo inprovvisato, chiediamo informazioni sulla situazione. Non ci sono gli uomini adulti solo bambini, donne e vecchi, ci spiegano: i mariti sono andati a lavorare in H2 o a Gerusalemme, in queste ore la città è dei bambini. E i soldati? Per risposta ci fanno vedere due recenti ferite, una ad una gamba di un bambino forse quattordicenne, l’altra sulla pancia di una bambina di non più di dodici anni. Il bimbo era stato colpito con il calcio del fucile, la bimba spintonata.




Dall’alto di un tetto, su cui ci aveva invitato a salire un altro degli abitanti fantasmi di quel luogo, si poteva osservare tutta la città, migliaia di case una costruita a ridosso dell’altra, pochi segni di vita, qua e là, qualche panno ad asciugare sui tetti piatti. Poco distante in cima alla collina sul fianco della città un carro armato israeliano. Ci raccontano che molte case sono state setacciate, confiscate ed occuppate oppure distrutte, tutti i giorni succede qualcosa del genere.


Alla sera H1 era sotto coprifuoco, tutti i check point di H2 erano stati chiusi, per uscire il taxi ci ha portato su una collina e attraversando i campi e le vigne abbiamo raggiunto la strada che collega Hebron a Gerusalemme, è stato allora che abbiamo incontrato gli uomini, quelli che non avevamo visto nella città vecchia, costretti anche loro ad attraversare i campi per tornare a casa.




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