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[Cronologie di guerra[ 17.04.03 ventinovesimo giorno
by blicero Wednesday April 23, 2003 at 03:20 PM mail:  

[Cronologie di guerra[ 17.04.03 ventinovesimo giorno si ringrazia in particolare il manifesto e tutti le persone che vi collaborano per il prezioso aiuto.

17 aprile 2003 : ventinovesimo giorno
[fonti : quotidiani del 18 aprile 2003]


"Il dopoguerra
L'Europa vuole l'Onu, gli Usa il petrolio E' scontro sulla ricostruzione dell'Iraq I Quindici di Atene divisi si affidano alle Nazioni unite Ma Washington preme: «Via le sanzioni» La Russia: «Decide il Consiglio di sicurezza» Mentre a Baghdad e in tutto il paese continuano le proteste anti-americane Si riscalda il fronte della Siria: «Non accetteremo le ispezioni»" [MAN]

"Iraq, adesso regna la paura
Non c'è traccia di normalità nell'Iraq occupato dagli anglo-americani. Un medico di Nasiriya rivela che le vittime delle bombe nella città sarebbero molte centinaia. Catturato Barzan al-Tikriti, fratellastro di Saddam ed ex capo dei servizi segreti. Un fedelissimo di Chalabi si autoproclama governatore di Baghdad ma gli Usa rispondono: «Siamo noi a fare le nomine». Intanto, si combatte ancora a nord di Baghdad e Bassora
MI. CO.
Dopo le raffiche di mitra dei marine contro i civili iracheni a Mosul martedì e mercoledì scorsi e i saccheggi e i disordini dei giorni precedenti in tutto il paese, l'Iraq occupato dagli eserciti di Stati uniti e Granbretagna stenta a tornare alla «normalità». Ieri il comando militare di Doha, nel Qatar, ha annunciato l'arresto a Baghdad - grazie alla «soffiata» di informatori iracheni - di Barzan al-Tikriti, fratellastro e consigliere dell'ex rais Saddam Hussein. Al-Tikriti (che era stato dato per morto in seguito a un bombardamento su Baghdad venerdì scorso) aveva ricoperto l'incarico di capo dei servizi segreti tra il 1979 e il 1983, prima di diventare ambasciatore iracheno presso le Nazioni unite a Ginevra.

Le organizzazioni di difesa dei diritti umani lo descrivono come uno dei membri più «sadici» dell'ex regime iracheno e lo accusano, tra l'altro, dell'uccisione - nel 1983 - di migliaia di uomini della tribù Barzani. Nella lista dei maggiori ricercati iracheni, al-Tikriti occupava la posizione numero 52; era il cinque di fiori nel mazzo di carte da poker distribuito ai marine per la ricerca dei 55 most wanted.

Intanto ieri si è combattuto ancora a Baghdad, dove l'arrivo della quarta divisione di fanteria Usa è stato accolto dalle pallottole di combattenti iracheni, mentre a Bassora - nel sud del paese - anche i britannici si sono trovati a dover rispondere al fuoco nemico.

E anche ieri la capitale Baghdad è stata attraversata da un'altra protesta di piazza: dopo i poliziotti, gli insegnanti e i medici, ieri sono stati i funzionari governativi a protestare fuori all'hotel Palestine, per chiedere il ripristino di una qualche forma di legalità e ordine nella capitale. Finiti i saccheggi di massa dei giorni scorsi, nella capitale la maggior parte dei negozi e le fabbriche restano chiusi. Approfittando della situazione di confusione che regna in città, Mohammed Moshen al-Zubeidi, un membro dell'Iraqi national congress (il gruppo di opposizione a Saddam appoggiato dagli Usa) ieri si era autoproclamato governatore di Baghdad. Ma il capitano Joe Plenzer, portavoce del contingente dei marine che occupano Baghdad, lo aveva rapidamente sconfessato: «Chiunque dichiari se stesso sindaco, o cose del genere, semplicemente non dice la verità», aveva detto il militare a poche ore dall'autoproclamazione da parte di al-Zubeidi. Il capitano Usa ha chiarito bene la situazione aggiungendo che «ognuno può definire se medesimo qualsiasi cosa voglia, ma le future nomine saranno conferite attraverso lo Us Aid», cioè dall'amministrazione di George W. Bush.

Niente da fare per al-Zubeidi dunque, mentre il suo capo Chalabi non ha ancora fatto capolino nella capitale, a dimostrazione del fatto che la situazione a Baghdad, per gli americani e i loro amici «iracheni» dell'Iraqi national congress, è tutt'altro che pacificata e tranquilla. Lo stesso Comando centrale ha fatto delle ammissioni sulla difficoltà di controllare la situazione anche nel nord del paese. Riferendosi ai massacri di Mosul di martedì e mercoledì (quando i marine avevano sparato sugli iracheni uccidendo almeno 16 civili) ieri il generale Vincent Brooks - portavoce del Centcom - ha dichiarato: «Il nostro atteggiamento è voluto, stiamo facendo uno sforzo per fare rispettare la legge e mantenere l'ordine». Brooks ha definito gli ultimi massacri Usa «risposte alle minacce contro le forze della coalizione», ammettendo che «vi sono ancora sacche di illegalità e violenza e arrivano segnali di azioni deliberate per produrre questo effetto».

E proprio sulla situazione a Mosul ieri si è fatta sentire la voce dell'organizzazione umanitaria Save the children, che protesta contro l'estrema rigidità degli americani nel dare il via libera agli aiuti destinati alle popolazioni irachene. Mentre Save the children lamenta la mancata concessione dell'aeroporto cittadino per la consegna di aiuti, i comandanti americani rispondono che la città non è ancora sicura e dunque non è possibile concedere la pista di atterraggio.

Intanto iniziano ad arrivare anche le prime notizie sugli effetti devastanti dei bombardamenti anglo-americani sulla popolazione civile, notizie che parlano di stragi e centinaia di morti, invece che di bombardamenti chirurgici e bombe intelligenti. Un medico dell'ospedale generale di Nasiriya ha reso noto che il nosocomio ha registrato 713 morti dall'inizio dell'attacco anglo-americano. Il dottor Jubair Hasbar, dopo aver detto che il numero dei decessi aumenta giornao dopo giorno per la mancanza di medicinali, ha spiegato che «la maggior parte delle vittime sono civili, in particolare quelli che hanno avuto la minore capacità di scappare dai bombardamenti, come donne e bambini». Secondo il dottor Hasbar «le truppe statunitensi hanno usato una forza eccessiva». " [MAN]

"Scoperte due fosse comuni
Centinaia di cadaveri di kurdi a Kirkuk e di sciiti a Bassora
R. ES.
Circa duemila cadaveri - secondo la stima fatta da ufficiali kurdi - sono stati scoperti in un vecchio accampamento militare iracheno nei pressi di Kirkuk, città petrolifera nel nord del paese ai confini dell'ex zona autonoma kurda. Secondo le prime testimonianze, i corpi non avevano segni che potessero riportare all'identità delle vittime e, per la maggior parte, avevano indosso abiti civili. Secondo la corrispondente della rete televisiva britannica Bbc Dumeetha Luthra che ha avuto colloqui con le autorità locali, si tratterebbe con ogni probabilità di kurdi uccisi dall'esercito di Saddam Hussein durante la repressione lanciata nel corso degli anni '80-'90. Nel 1988 il rais iracheno Saddam Hussein lanciò una massiccia operazione di repressione contro la popolazione civile kurda, il cui episodio più cruento è stato il bombardamento con armi chimiche sulla cittadina di Halabja, nel quale morirono migliaia di persone. Un episodio che ancora rimane indelebile nella memoria kurda e che fu organizzato da Ali Hassan al-Majid, cugino dell'ex presidente iracheno Saddam Hussein, e meglio noto da allora con il soprannome di Ali il chimico,.

A portare il contingente britannico sul luogo delle fosse comuni - secondo quanto riferito dal comando militare anglo-americano nel Qatar - sarebbero stati alcuni abitanti di Kirkuk. «Abbiamo avuto notizie di fosse comuni indicate alle forze britanniche da alcuni iracheni», ha riferito il portavoce del Centcom generale Vincent Brooks, il quale tuttavia non è stato in grado di dire quanti cadaveri esattamente vi fossero stati ritrovati.

Simon Scott, comandante del reparto britannico nell'area, ha dichiarato: «Non ho idea di quante fosse comuni potrebbero esservi. Al momento abbiamo chiuso l'area e procederemo al più presto alle operazioni di riesumazione».

Ma secondo fonti britanniche del Comando centrale anglo-americano sarebbero state scoperte altre cinque fosse comuni nei pressi della cittadina di al-Zubeiri, vicino alla grande città meridionale di Bassora. Le fosse non sarebbero ancora state aperte e si ignora pertanto il numero dei cadaveri che vi sarebbero stati seppelliti." [MAN]

"Ospedali, la speranza dei mullah
Baghdad, al Kindi Hospital camere operatorie in funzione, grazie all'umanitario «non di guerra»
VAURO
INVIATO A BAGHDAD
I tre camion carichi di medicinali e materiali sanitari e i due fuoristrada, con le insegne di Emergency, arrivati dall'ospedale che l'organizzazione ha a Sulimanya, guidati da autisti kurdi attraversano, diretti al Kindy Hospital di Baghdad, la strada principale di un quartiere della città completamente devastato: fumo nero si alza da un palazzo che sta ancora bruciando, buona parte delle abitazioni è ridotta a macerie, la via è cosparsa di ogni genere di rottami e rifiuti. Gli automezzi vanno lentissimi, costretti a fendere letteralmente la folla di uomini, donne e ragazzini che si accalca sulla strada intorno alle auto, gridano «maya, maya» acqua in arabo. Chiedono pressanti ma non minacciosi se abbiamo acqua da bere. Manca anche quella in molte parti della città, le più colpite dalla guerra. Gli autisti kurdi si affannano a spiegare che purtroppo non abbiamo acqua con noi, che si tratta di un carico di medicinali per l'ospedale, allora molte voci si alzano per gridarci «self you» e alcuni uomini si mettono a fiancheggiare e a precedere i veicoli per crearci un corridoio tra la massa di gente. Al Kindy Hospital, dove finalmente giungiamo, le guardia armate che ormai ci conoscono bene, si danno subito da fare per creare un varco ai camion tra il caos di auto e persone che affollano l'ingresso nell'area dell'ospedale che ha ripreso la sua attività. Arrivano feriti con tutti i mezzi: auto, camioncini, ambulanze, un ragazzino, ansimando, porta in braccio il fratello, di poco più piccolo, che ha una ferita al piede, sul tetto di un'auto che sta uscendo dall'ospedale, una cassa da morto di legno grezzo. Da un'ambulanza viene scaricata una barella con un giovane ferito da un colpo di arma da fuoco all'addome. E' cosciente ma non emette un lamento, si guarda intorno senza fermare lo sguardo su niente, un uomo che lo accompagna forse il padre, urla di disperazione strappandosi la camicia a morsi. Molti, specialmente bambini, arrivano con ustioni sul corpo. La mancanza di elettricità, di gas, ha costretto una buona parte della popolazione di Baghdad, che fino ad un mese fa viveva in una città moderna, ad uno standard di vita primitivo: fuochi vivi per riscaldare il cibo, lampade a petrolio o torce per illuminare e questa regressione improvvisa reclama il suo numero di vittime. Nel piazzale dell'ospedale c'è una confusione di camici bianchi di medici, azzurri di infermieri, uomini armati, con il loro bravo cartellino di riconoscimento sul petto, donne e giovani mullah sciiti riconoscibili dal lungo taftano marrone e dal turbante bianco, praticamente la loro divisa. Sono loro che coordinano le attività, che garantiscono la sicurezza dell'ospedale. Uno dei mullah viene a stringere la mano agli autisti kurdi e immediatamente dopo recluta un gruppo di ragazzi per scaricare le casse di medicinali, i materassi e i cuscini dai camion e portarle nei magazzini. Un adolescente entra spingendo sulle rotelle una grossa lampada da sala chirurgica, dopo poco arriva un camion carico di macchinari sanitari di tutti i tipi scaricati alla rinfusa sul cassone. E' il bottino dei saccheggiatori, dei ladri, Ali Baba come li chiamano qui, che viene restituito. I mullah hanno dato l'ordine di riportare nelle moschee tutto ciò che è stato depredato, per poi poterlo redistribuire e in moltissimi casi l'ordine è stato eseguito. Compare pure, scendendo da due auto con i lampeggianti, nuove di zecca, una pattuglia della cosiddetta nuova polizia irachena reclutata dagli americani, il tempo di un breve show dinanzi alle tre o quattro troupe televisive internazionali che hanno al seguito e se ne vanno. Il dottor Alousi, patologo del Kindy Hospital, che qualche giorno fa ci ripeteva desolato «abbiamo perso il nostro ospedale» ringrazia con molta dignità ma anche con affetto lo staff di Emergency grazie al quale le sale operatorie dell'ospedale riprenderanno a lavorare. «Spero che possiate tornare presto come turisti - dice - vi porterò a mangiare nel miglior ristorante di Baghdad» conclude sorridendo. Quando lasciamo il Kindy Hospital, vicino all'ingresso dell'ospedale notiamo, appeso tra due pali della luce, uno striscione di stoffa bianco con una scritta in arabo «Dio benedica l'Iraq e i suoi popoli, arabi e kurdi insieme» recita. L'hanno fatto appendere i mullah. " [MAN]

"I morti del Pentagono
Il Pentagono ha aggiornato il bilancio dei morti tra i marines. Sono 125 i soldati che sono morti in Iraq: 107 uccisi in combattimento e 18 in incidenti, mentre sono 495 i feriti e 3 i dispersi" [MAN]

"SCHROEDER CONTRO GLI APPALTI USA
«Per dirla in modo chiaro è assolutamente indegno discutere su chi debba riempirsi il portafogli di appalti! Questo compito spetta a un governo provvisorio, meglio ancora a esecutivo iracheno insediato definitavamente e legittimato da libere elezioni». In un intervista al Der Spiegel non usa mezzi termini il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder nel criticare pesantemente gli Usa che già parlano di assegnazione di appalti per la ricostruzione in Iraq. Il cancelliere seppur tenti di smussare i toni sulle relazioni transatlantiche resta agguerrito nel criticare l'atteggiamento degli Stati Uniti sulle future commesse del dopo Saddam. Quindi il monito anche sul ruolo del Fondo monetario internazionale :«Se devono essere coinvolte organizzazioni finanziarie internazionali - ha dichiarato - come la Banca mondiale o il Fondo monetario internazionale, le gare di appalto non possono che essere bandite secondo le loro regole. Questo gran parlare di future commesse è una cosa piuttosto macabra». " [MAN]

"Blix e sanzioni, Onu sotto tiro
Gli Stati uniti pronti a inviare in Iraq - contro il parere di Blix - mille ispettori privati alla ricerca delle armi di distruzione di massa. L'Onu frena sulla fine «americana» dell'embargo. Con il sostegno della Russia
FRANCO PANTARELLI
NEW YORK
Gli americani stanno preparando una «spedizione dei mille» in Iraq. Si chiama Iraq Survey Group, è composta per l'appunto da circa mille persone, in gran parte civili ma agli ordini di un generale, ed è pronta a partire per l'Iraq alla ricerca delle armi di distruzione di massa. Disporrà di laboratori mobili e di attrezzature estremamente sofisticate, assicurano al Pentagono, e comunque se saranno necessari test troppo complessi per essere compiuti in loco ci saranno strutture negli Stati Uniti e in Gran Bretagna già preparate alla bisogna. Devono essersi proprio arrabbiati, alla Casa Bianca, per il fatto che queste benedette armi di distruzione di massa - la ragione numero uno per cui questa guerra è stata fatta - non si trovano e così hanno deciso di darsi da fare in grande. Il 75th Exploitation Group dell'esercito, cioè quello che finora si è incaricato della ricerca ma ha trovato solo bidoni pieni di insetticida, sarà incorporato nella nuova entità e le fornirà l'assistenza necessaria, vale a dire il trasporto e la sistemazione logistica. Il compito dell'Iraq Survey Group è quello di mettere al più presto la Casa Bianca in grado di dire al mondo: «Avete visto? Avevamo ragione». Per togliersi dall'imbarazzo che soltanto il patriottismo-condiscendenza dei media riesce a rendere meno costoso, ma anche per via della partita che gli Stati uniti si sono trovati a ingaggiare con le Nazioni unite, sbattute fuori dalla porta e destinate ora a rientrare dalla finestra. Accade infatti che per avviare la ricostruzione dell'Iraq, cioè per riparare tutti i danni creati dalla guerra, ci sono già i contratti (preparati dal vice presidente Dick Cheney) con le ditte che dovranno fare i lavori; c'è il petrolio che servirà a pagare quella ditte, visto che la paventata distruzione dei pozzi da parte di Saddam Hussein come ultimo colpo di coda non c'è stata; ma non c'è ancora la cosa essenziale: la possibilità di trasformare quel petrolio in denaro, cioè di commercializzarlo, perché per il momento l'Iraq si trova ancora sotto il regime della sanzioni economiche decretate dal Consiglio di sicurezza della Nazioni unite che consentono solo l'oil for food , cioè la vendita di una parte limitata del petrolio che l'Iraq è in grado di produrre per acquistare solo ed esclusivamente prodotti alimentari e farmaceutici. L'altro ieri George Bush in persona, confondendo come spesso gli capita il suo parere con le leggi internazionali, ha pubblicamente detto che l'Onu deve togliere le sanzioni perché ormai l'Iraq «è stato liberato», ma l'Onu ha già avuto modo di spiegare che le cose non sono così semplici e che ci sono delle procedure da rispettare. Perché il Consiglio di sicurezza cancelli le sanzioni deve essere accertato che in Iraq non ci sono più armi di distruzione di massa; perché quell'accertamento avvenga è necessario un rapporto degli ispettori dell'Onu e perché loro possano presentare un rapporto è necessario che tornino in Iraq a completare il loro lavoro. Pignolerie da burocrati del Palazzo di Vetro? Questo è palesemente il punto di vista della Casa bianca, ma ieri in appoggio di quelle pignolerie è venuta la Russia. Quella di togliere le sanzioni economiche all'Iraq, ha detto ieri Igor Ivanov, il ministro degli Esteri russo, «non può essere una decisione automatica. Richiede la soddisfazione di certe condizioni contenute in importanti risoluzioni del Consiglio di sicurezza e deve essere accertato se l'Iraq possiede armi di distruzione di massa o no». Insomma, pur essendo convinto che «le sanzioni economiche contro l'Iraq debbano essere tolte il più presto possibile», Ivanonv ha voluto ricordare a Washington che le regole esistenti vanno rispettate, anche se qualche maligno ha subito osservato che il timore della Russia è di «restare fuori» dallo sfruttamento del petrolio iracheno. In pratica, dunque, perché il petrolio iracheno possa venire trasformato in denaro utilizzabile per gli «amministratori» americani, bisogna che gli ispettori dell'Onu ritornino e che decretino che le armi di distruzione di massa non ci sono. E si sa già che la prossima settimana Hans Blix, che degli ispettori è il capo, si presenterà davanti al Consiglio di sicurezza per spiegare se, e entro quale scadenza, i suoi uomini sono pronti a partire. Ieri è uscita una sua intervista allo Spiegel in cui commenta le accuse americane alla Siria («Nell'interesse della credibilità, faranno bene a presentare presto delle prove rilevanti. Io comunque dubito che la Siria possa essersi prestata a fare da deposito all'Iraq»), sulla ricerca che americani e inglesi stanno facendo in Iraq («Sono molto curioso di vedere cosa troveranno, gli auguro buona fortuna») e sulla possibilità che trovino qualcosa.

Ma perché gli Stati uniti hanno dato vita alla loro «spedizione dei mille», in pratica un doppione di quella degli ispettori che dovrà comunque avere luogo per togliere le sanzioni economiche all'Iraq? Il Wall Street Journal, che ieri ha dato la notizia della creazione dell'Iraq Survey Gorup, ha posto proprio questa domanda alla fonte anonima del Pentagono che lo aveva informato, e la risposta che ha avuto è stata: «Noi non vediamo un ruolo immediato per gli ispettori dell'Onu. Abbiamo molti problemi da affrontare prima di pensare a riportare Misetr Blix in Iraq. Non siamo neanche sicuri che Blix sia la persona giusta per guidare un'eventuale azione in Iraq». " [MAN]

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