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Il governo peruviano ha minacciato di licenziare tutti i professori che non torneranno immediatamente in classe. Le scuole sono ferme da 29 giorni, dopo che i sindacati hanno proclamato uno sciopero che ha paralizzato tutte le attività scolastiche del Paese. Nonostante il presidente Alejandro Toledo abbia dichiarato lo stato d’emergenza, e gli studenti, seppure alla spicciolata, stiano tornando dietro ai banchi, la maggioranza dei docenti peruviani sembra tuttavia intenzionata a ignorare l’ultimatum del governo, scaduto lunedì 9 giugno. In quest’ottica vanno lette le manifestazioni sfilate per le strade di Lima, durante le quali i professori hanno scandito nuovamente le loro richieste: un aumento di circa 50 euro dello stipendio medio (contro i 29 offerti dal governo), attualmente di circa 180 euro al mese. La maggior parte dei 280mila docenti peruviani è impegnata in uno sciopero che, in altri comparti, negli ultimi trenta giorni ha portato in strada anche agricoltori e personale ospedaliero. La risposta del governo è stata la proclamazione dello stato d’emergenza e l’invio dei soldati a contrastare i manifestanti. Il 29 maggio scorso nella città meridionale di Puno uno studente è morto e altre dodici persone sono rimaste ferite in seguito a scontri tra universitari e militari, che hanno anche aperto il fuoco contro i dimostranti.
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