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Dirty dago, sporco italiano
by lucignolo Monday, Jun. 23, 2003 at 6:06 PM mail:

Non potevamo mandare i figli alle scuole dei bianchi in Louisiana. Ci era vietato l'accesso alle sale d'aspetto di terza classe alla stazione di Basilea.

Dirty dago, sporco i...
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Dirty dago, sporco italiano, via da qui!


"Vogiiamo pane, ma anche rose"
( fu scritto per la prima volta su un cartello impugnato da una filandina napoletana durante i terribili scioperi di Lawrence, Massachusetts, del 1912.)


"La feccia dei pianeta, questo eravamo. Meglio: così eravamo visti. Non potevamo mandare i figli alle scuole dei bianchi in Louisiana. Ci era vietato l'accesso alle sale d'aspetto di terza classe alla stazione di Basilea. Venivamo martellati da campagne di stampa indecenti contro «questa maledetta razza di assassini». Cercavamo casa schiacciati dalla fama d'essere «sporchi come maiali». Dovevamo tenere nascosti i bambini come Anna Frank perché non ci era permesso portarceli dietro. Eravamo emarginati dai preti dei paesi d'adozione come cattolici primitivi e un po' pagani. Ci appendevano alle forche nei pubblici linciaggi perché facevamo i crumiri o semplicemente perché eravamo «tutti siciliani». "

«Bel paese, brutta gente.»
Gli emigranti italiani venivano accusati di rubare il lavoro ai locali, venivano considerati "non bianchi" nelle sentenze in Alabama (e, pertanto, potevano essere oggetto di ogni tipo di discriminazionel), venivano accusati di essere tutti criminali rinfacciando loro di rappresentare quasi la metà dei detenuti stranieri di New York.Considerati dei "diversi" nei Paesi di accoglienza, in Svizzera, dove furono fatti anche dei referendum anti immigrati, a metà degli anni '70 "ben trentamila bambini di genitori italiani vivevano nascosti perché ai papà non era permesso portarsi dietro la famiglia". ..ancora nel 1992, "quando le prime navi cariche di albanesi arrivavano a Brindisi, avevamo in Svizzera ancora un migliaio di figli clandestini"....

In America all'inizio del secolo...,le altre nazionalità si allontanavano dai quartieri all'arrivo degli italiani, denominati di regola con epiteti come «dago» e «wop», che suonavano quasi amichevoli rispetto alla definizione di «pesti importate dall'Europa» datane da un periodico nel 1894.

Macarrone, black dago, ding, green horns, mafia-mann , napoletano, polentone, wop, sono solo alcuni dei molti nomignoli offensivi che sono stati usati nei nostri confronti in giro per il mondo. Wop, ad esempio, nei paesi anglosassoni era molto in voga e sottolineava che eravamo senza documenti, senza passaporto..


Anche nell'emigrazione ostilità si registrarono fra gli italiani del nord e del sud nel campo del lavoro. I primi, più inseriti nel sistema e più politicizzati, aderivano da tempo alle leghe sindacali e spesso ne erano essi stessi gli animatori. I meridionali, invece, più deboli, più indifesi o, peggio ancora, più affamati, erano facile preda degli arruolatori di crimini. Soltanto molti anni dopo, ammaestrati dalle dure esperienze, anche gli italiani del sud parteciperanno attivamente alle lotte sindacali e per l'emancipazione femminile. Non a caso uno slogan diventato famoso: "Vogiiamo pane, ma anche rose", fu scritto per la prima volta su un cartello impugnato da una filandina napoletana durante i terribili scioperi di Lawrence, Massachusetts, del 1912.


IMMIGRATI
L'Italia ancora migrante
Nell'ultimo decennio 700mila persone hanno lasciato il sud in cerca di lavoro. Ricerca del Cnr
LAURA GENGA
ROMA
«Chi storce il naso di fronte agli immigrati dovrebbe riflettere attentamente sul fatto che l'italiano che emigra non è solo un ricordo del passato». L'invito è arrivato ieri da Enrico Pugliese, direttore dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, in occasione della presentazione del suo studio sui fenomeni migratori nel Bel Paese, ora raccolto nel volume «L'Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne», edito da Il Mulino. Solo nell'ultimo decennio, gli italiani che hanno lasciato il Mezzogiorno in cerca di lavoro e si sono trasferiti al Nord, o in altri paesi, sono ben 700mila. E il fenomeno, secondo quanto riferisce lo studio di Pugliese, sta vivendo negli ultimi 3-4 anni una ripresa significativa. L'emigrazione non si è mai esaurita in Italia, ma negli ultimi anni si è invertita la tendenza al rientro. Mentre prima ogni anno c'erano 60mila partenze e altrettanti ritorni, oggi le partenze sono 100mila mentre i rientri rimangono 60mila. «L'emigrato italiano - ha commentato Pugliese - non è più l'operaio; è magari il tecnico specializzato o il ragazzo che va a lavorare nella pizzeria dello zio, la giovane coreografa. E' un fenomeno estremamente più variegato rispetto al passato». Nella ricerca, la ripresa dell'emigrazione italiana è spiegata anche con il «dualismo del mercato del lavoro fra Nord e Sud».

Attualmente gli italiani che risiedono all'estero sono 4 milioni, mentre i cittadini stranieri che si trovano nello stivale sono un numero tre volte inferiore. Insomma, anche se oggi non abbiamo più le valigie di cartone e le partenze ormai non sono scandite dal «fischio del vapore», il nostro paese rimane una terra di emigranti.

Dallo studio del Cnr si scopre che le mete preferite dagli italiani nel mondo sono l'Europa e l'America latina. Più esattamente gli italiani sono oltre 2 milioni in Europa e 1 milione e 200mila in America latina, contro i 530mila europei e le 110mila persone provenienti dal Sud America che si trovano in Italia. Mentre i nostri connazionali nel Nord America sono 360mila, i nordamericani nello stivale sono solo 65mila. Questo rapporto è invece completamente rovesciato negli altri continenti: gli italiani in Africa e in Asia sono rispettivamente 70mila e 26mila, contro i 400mila africani e i 257mila asiatici che si trovano da noi.

Come sottolinea Pugliese, i dati raccolti nello studio «non dovrebbero assolutamente alimentare quella sindrome da invasione che sembra affliggere molti italiani»; tanto più, visto che «la percentuale del 3% di immigrati che hanno scelto il nostro paese, contro una media europea del 7%, dimostra chiaramente che da noi c'è ancora molto spazio per gli stranieri e che l'idea di una società multietnica va accettata senza particolari ansie o timori».

Val poi la pena di ricordare che l'accoglienza oggi riservata agli immigrati nel bel paese è la stessa subita dai nostri emigranti all'estero. E non sono pochi. Stando ai dati del demografo Antonio Golini, infatti, sono ben 27milioni gli italiani che hanno lasciato il paese tra il 1876 e il 1988; circa la metà di essi sono emigrati in via definitiva. Tra i nostri connazionali che vivono all'estero, i loro figli e i loro nipoti c'è un'altra Italia sparsa nel mondo.

Noi
(G. Bertelli - I. M. Zoppi)


Noi che sui moli per cent'anni
di voci sparse e silenzi nelle attese
di pianti, che tutto si può piangere
speranze aperte e vite amare spese

Noi che nella scia di cento navi
di giorni lunghi, tracce sparse al sole
abbiamo appeso al colmo di ogni prua
stracci di sorrisi e di parole

Speranze appese e stracci di sorrisi
vite amare spese di parole
passi stesi intorno alla stazione
per figli dottori e case nuove.

Noi che abbiamo venduto i nostri figli
comprato sogni spenti all'imbrunire
e abbiamo accolto uomini già vinti
tornati alla terra per morire

Noi da sguardi freddi e pane duro
cresciuti di violenze senza nome
di cose amare e armati di paure
di passi stesi intorno alla stazione

Speranze appese, stracci di sorrisi
vite amare spese di parole
passi stesi intorno alla stazione
per figli dottori e case nuove.

Noi che con le mani o nelle strade
soldi avvelenati e salvatori
odiato prezzo dato e mal pagato
per case nuove e figli dottori

Ora dalle tavole imbandite
con la memoria corta, addormentata
abbiamo fretta di ricominciare
dall'altra parte della barricata.

Voglio cantare canti in nuove lingue
e ascoltare suoni mai suonati
voglio toccare gesti in nuovi giochi
perdermi con ritmi mai danzati

Voglio sentir pregare in cento lingue
cento dei diversi eppure uguali
voglio veder giocare cento giochi
da uomini diversi eppure uguali.

Cento dei diversi eppure uguali
uomini diversi eppure uguali

Canto friulano

Cui sà il gno moro
dulà c'al è
dulà c'al va
(biat mai lu!)
Al è in Gjarmanie
a fâ scudielis
a fâ plànelis
a fâ modòn
al è in Gjarmanie
a lavorà.

Chissà il mio amore
dov'è
dove va
(beato lui!)
E' in Germania
a fare scodelle
a fare piatti
a fare mattoni
è in Germania
a lavorare.

Umbria

 

Il tragico naufragio del vapore Sirio
(tradizionale)

E da Genova il Sirio partivano
per l'America, varcare, varcare i confin.

E da bordo cantar si sentivano
tutti allegri del suo, del suo destin.

Urtò il Sirio un orribile scoglio
di tanta gente la mise, la misera fin:

Padri e madri bracciava i suoi figli
Che si sparivano tra le onde, tra le onde del mar.

E tra loro un vescovo c'era dando a tutti
La sua be, la sua benedizion

E tra loro lerì
un vescovo c'era lerà
dando a tutti lerà
La sua benedizion.

Sacco e Vanzetti
(tradizionale)


Il 22 di Agosto a Boston in America
Sacco e Vanzetti van sulla sedia elettrica
e con un colpo di elettricità
all’altro mondo li voller mandar

Circa le 11 e mezza giudici e la gran corte
eran poi tutti insieme nella cella della morte
Sacco e Vanzetti state a sentir
dite se avete qualcosa da dir

Entran poi nella cella il bravo confessore
domanda a tutti e due la santa religione
Sacco e Vanzetti con grande espression
“Noi moriremo senza religion”

E tutto il mondo intero reclama la loro innocenza
ma il presidente Fuller non ebbe più clemenza
“Siano essi di qualunque nazion
noi li uccidiamo con grande ragion”

Addio moglie e figlio, e te sorella cara
A noi per tutti e due è pronta già la bara:
Addio amici, in cor la fé
Viva l’Italia e abbasso il re

Emigrazione
(A. D'Amico)

Quel giorno che so' andato a settentrione
l'hai maledetto tanto, moglie mia
peggio però la disoccupazione
che dalla nostra terra non va via.

La Svizzera ci accoglie a braccia chiuse
ci mette un pane duro dentro in bocca
tre anni l'ho inghiottito 'sto paese
tre anni carcerato alle baracche

Alla periferia in mezzo ai fossi
siamo quaranta uomini e una radio
se vado al centro a fare quattro passi
le strade sono piene, piene d'odio

Lo sfruttamento è calcolato bene
ci carica fatica ogni minuto
è un orologio di gran precisione
la Svizzera cammina col nostro fiato

Sono tornato a maggio per il voto
falce e martello ho messo alle elezioni
noi comunisti abbiamo guadagnato
ma ha vinto a ruffiana dei padroni.

Padroni sulla terra ci volete
per fare fame e fatiche tante
ma verrà i giorno che la pagherete
e che non partirà più un emigrante


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