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I CRIMINI DEL SIGNOR CASTRO, STAR DEL NEWSWIRE
by Squalo Thursday, Aug. 21, 2003 at 1:26 PM mail:

A CUBA LA VOGLIA DI LIBERTÀ FINISCE ALL’ERGASTOLO



di Carlos Alberto Montaner*

La curiosa storia dei rapporti tra il regime castrista e gl’intellettuali. Quelli stranieri osannanti al comunismo, quelli cubani in carcere

È successo di nuovo. Pochi giorni fa la polizia politica cubana ha aggredito i democratici dell’opposizione e ha arrestato quasi 80 persone «per ordine personale di Castro», come turpemente si è scusato il tenente colonnello Pichardo, un uffi-ciale che alterna la professione di psicologo con lo sporco lavoro di carceriere. Poco dopo sono stati fucilati tre giovani che, in modo incruento, tentavano senza successo di appropriarsi di una barca per andare negli Stati Uniti. Tra i condannati a lunghe detenzioni in carcere, gli agenti si sono accaniti contro i giornalisti, i bibliotecari indipendenti, gli attivisti per i diritti umani e i leader politici che cercano una pacifica transizione verso la democrazia, alcuni di essi vicini al “Progetto Varela”.

Nella retata è caduto anche il più famoso poeta di Cuba, Raúl Rivero. Così come l’economista Marta Beatriz Roque Cabello e i dirigenti liberali Osvaldo Alfonso Valdés e Héctor Palacios. Faranno compagnia a varie centinaia di prigionieri politici già arrestati. Uno di loro è un giovane avvocato cieco, Juan Carlos González Leiva, che prima di essere definitivamente incarcerato fornì ai comunisti un motivo di divertimento tutto particolare. Fu sequestrato per strada, venne portato in un posto appartato, poi picchiato, privato del bastone di non vedente e lasciato su una montagna. Il “gioco” consisteva nell’accertare il numero di ore che il dissidente avrebbe impiegato per fare ritorno dalla moglie terrorizzata.

Perché questo nuovo impulso repressivo? In realtà, si tratta di una routine è qualcosa di usuale. È il modo con cui Fidel Castro esercita e detiene il potere. A metà degli anni Novanta, decine di cubani furono improvvisamente incarcerati. In testa, vi erano Vladimiro Roca e altri suoi tre compagni auto- ri di un coraggioso documento intitolato La Patria è di tutti. Poco prima nel 1991, l’anno in cui si disgregò l’Unione Sovietica, successe qualcosa di simile e decine di famosi dissidenti, liberati dagli scrittori Maria Elena Cruz Valera e Fernano Velasquez, finirono incarcerati per molti anni in celle infette. Nel 1989, spaventato dalla perestroijka, Castro fucilò il generale Arnaldo Hochoa e il colonnello Tony De La Guardia, e fece incarcerare decine di ufficiali sospettati di “riformismo”.

Nel 1980, preceduti dall’arresto di Gustavo Arcos, Ricardo Bofill e Elizardo Sán- chez – i pionieri della lotta per i diritti umani nell’Isola –, migliaia di cubani, accusati del “delitto” di voler abbandonare il Paese legalmente, sono stati inseguiti dalla folla, picchiati e umiliati per setti- mane. Nel 1975, quando le truppe cubane andarono in Angola per combattere una guerra di conquista a favore dei sovietici,

Castro si accanì sulle università scatenando un’intensa persecuzione contro gli studenti “antisociali”, ovvero quelli che presentavano segni d’indipendenza ideologica.

Nel 1971, il “caso Heberto Padilla” – un poeta eccezionale, a tal punto plagiato da essere disposto a ritrattare pubblicamente i propri versi, gli amici e la fede – originò il Primo Congresso della Cultura, oscena consacrazione d’intolleranza che dichiarò guerra a ogni manifestazione di libertà intellettuale. Negli anni Sessanta, quando il regime decise di annientare i cubani “depravati” nello sforzo rivoluzionario teso a costruire “l’uomo nuovo”, incarcerò migliaia di omosessuali, di hippy, di Testimoni di Geova, di protestanti e di cattolici rei di professare la propria fede. Poco prima, era stata schiacciata la “microfrazione”, una presunta cospirazione di comunisti ostili al caotico governo di Castro.

Gl’insegnamenti del vecchio Lenin

Non siamo tuttavia di fronte a un fenomeno eccezionale, ma piuttosto a una strategia metodicamente impiegata che non lascia passare mai più di cinque anni tra questi episodi di furia e di persecuzione rabbiosa. Ma cosa serve tutto ciò a Castro? Semplice: si scatenano i saccheggi quando il líder maximo capisce di stare perdendo il controllo completo della società. Per lui è uguale che le vittime siano democratici, comunisti revisionisti o persone comuni. Quando li individua, quando intuisce la loro esistenza o quando percepisce che si allentano le briglie con le quali controlla il popolo, scioglie i cani da caccia perché seminino terrore e distribuiscano le giuste punizioni. Inoltre è possibile che ritenga, come credeva Lenin, uno dei suoi personaggi favoriti, che il terrore, specialmente quello esercitato contro gl’innocenti, sia la maniera più efficace per indurre all’obbedienza collettiva, affinché nessuno possa sentirsi al riparo di punizioni che hanno perso ogni relazione con atti precedentemente vietati. Quando una diffusa e imprecisa paura s’insinua nella coscienza della gente, chi la percepisce si trasforma in tremolante animaletto ossequioso: esattamente quello che Castro si aspetta.

È bene essere chiari: a Cuba la forte repressione non è la conseguenza dello scontro con gli Stati Uniti, né della violazione della legge da parte dei cubani. Tutto questo è aneddotica. Non bisogna cercare razionalità né rapporti di causa ed effetto. La repressione castrista è il metodo di controllo fondamentale per mantenere la piena auto- rità nelle mani del tiranno. Così è stato per 44 anni e Castro non vi rinuncerà in virtù di alcuna sanzione economica o morale che gli s’imponga, perché è convinto che su ciò si fondi la propria capacità di mantenersi al potere. Da qui, una triste conclusione: è inutile sperare o chiedere a Castro un cambiamento dei suoi metodi di governo. Sarebbe assurdo come cercare di convincere una tigre a diventare vegetariana.

Il ministro Abele, ma Caino

Quest’atmosfera di sinistra repressione si manifesta anche in modo drammatico fra gl’intellettuali. Il ministro cubano della Cultura si chiama Abele, Abel Prieto. Gli scrittori, i musicisti e i pittori lo chiamano invece sottovoce “Caino”. Perché uno dei suoi compiti principali è mantenere la ferrea disciplina stalinista tra gli artisti di Cuba. È lui il poliziotto incaricato di pattugliare il mondo della cultura. Il suo ruolo è quello di perseguitare i colleghi, spaventarli e mantenerli perennemente in stato di timore. Per esempio, mentre scrivo questo articolo nel mio ufficio di Madrid, a L’Avana i funzionari dell’Unione degli Scrittori e degli Artisti di Cuba, organismo che dipende da Abele-Caino, stanno sollecitamente raccogliendo, attraverso ogni genere di pressione, le firme dei propri iscritti al fine di denigrare moralmente il maggior poeta di Cuba, Raúl Rivero, e altri 25 giornalisti condannati a numerosi anni di prigione – 28, 27, 20, ecc. –, accusati una settimana fa di aver scritto articoli diversi dalla versione ufficiale data dal regime.

In realtà, le relazioni del dispotismo cubano con gli intellettuali sono sempre state difficili. Castro non si è mai sentito a proprio agio tra chi mostra una certa capacità intellettuale. Se ci ricordiamo la nomina dei fondatori del “Movimento 26 luglio”, ap- pare chiaro un divorzio totale tra Castro e la intellighenzia della metà del secolo XX, epoca nella quale il barbuto comandante (a quel tempo imberbe) preparava la rivolta contro Fulgencio Batista. Non c’è nel suo entourage né uno scrittore, né uno scultore capaci di fornire una coerente analisi di quanto succede nel Paese. Tutti sono “rivoluzionari”, parola che per Castro significa solo “uomo d’azione”, sempre disponibili a premere il grilletto di una mitragliatrice o a sequestrare un avversario.

Nonostante l’origine violenta ed estranea alla cultura, Castro scoprì presto che per trasformare Cuba in uno dei centri di espansione comunista nel mondo doveva reclutare un gruppo d’intellettuali amici, i quali avrebbero avvallato quanto succedeva nell’Isola e dato rispettabilità a quanto non era altro che satrapia stalinista. Stan- do così le cose, negli anni Sessanta cominciò un incessante andirivieni di turisti rivoluzionari come Jean-Paul Sartre, l’editore Giangiacomo Feltrinelli e Gabriel García Márquez fino a José Saramago, il recente Premio Nobel portoghese, decisi a dare al regime la prestigiosa reputazione che avevano come intellettuali.

Sembra però che il vecchio idillio tra la sinistra intellettuale e il dispotismo cuba- no sia alla fine. Il forte rifiuto internazionale, provocato dall’ultima ondata di arresti e di fucilazioni, minaccia di indebolire l’influenza castrista nel mondo della cultura, costruita dopo anni di tenace lavoro diplomatico, realizzato dai servizi segreti attraverso l’“Istituto di Amicizia con i Popoli”, un organismo poliziesco copiato dall’organigramma sovietico. L’ultimo a render- sene conto è stato Saramago. “Fino a lì non mi spingo”, ha dichiarato alla stampa il romanziere portoghese indignato per gli ultimi crimini di Castro. Il limite sono state le recenti fucilazioni. È un peccato che non si sia reso conto che prima di loro altri 18 mila cubani sono stati fucilati. •

* Presidente del Partito liberale cubano in esilio

Abril 19, 2003

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*
by apache Thursday, Aug. 21, 2003 at 1:43 PM mail:

* riferito all'autore dell'articolo Carlos Alberto Montaner, tanto per sapere chi scrive quel che stiamo leggendo:

CUBAN DEMOCRATIC ARRANGEMENT (CDC)

On September of 1961, ex-CIA agent Carlos Alberto Montaner, among others, directors of the organization called Cuban Democratic Platform created another group named the Cuban Democratic Arrangement. The purpose of this newly formed organization as is the current mode is to influence the press and the governments of Europe utilizing diplomatic and soothing language, such as, "dialogue", "human rights" and "peaceful transition". Members of this group include Elizardo Sanchez Santacruz and the poet Elena Maria Elena Cruz Varela and Gustavo Arco. Among other members of this organization is the extremist and terrorist Hubert Matos.

When my wife debated recently - Feb. 2002 - in a call-in radio show (WADO) in New York with the "dissidents" Elizardo Sanchez and Hetor Palacios - they were speaking from Havana - the true reactionary nature of these so called leaders became evident as one of them called my wife a "communist sent by the devil". It must be added that the Cuban born New York announcer ended up calling my wife "an animal". All of this because my wife was in disagreement with what had been said.

Lastly, this organization like many others, although they present themselves as a moderate opposition to the Cuban government, in reality they are extremist whose real objectives are the destruction of the Cuban revolution and the Socialist system on the island.





Squalo, non ti avventurare al di fuori della sfera delle tue profonde conoscenze, rischi di sbattere il naso: guarda che la sanità di Cuba, se non ci fosse l'embargo, potrebbe prendersi cura anche di te, per corrispondenza: prova a fare un cam to cam con Fidel.....

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in verità
by Squalo Thursday, Aug. 21, 2003 at 1:48 PM mail:

Sempra con questa balla dell'embargo...ma l'embargo verso cuba non è applicato dal mondo intero, ma solo dagli USA. E allora perchè esiste la povertà a Cuba? Semplice, perchè è uno stato a regime comunista...

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x questo qui sopra
by apache Thursday, Aug. 21, 2003 at 1:50 PM mail:

Questo commento non può essere di Squalo: neanche lui potrebbe dire banalità simili: chiedo ufficialmente l'intervento di er paletta!

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interessante
by paolox Thursday, Aug. 21, 2003 at 1:54 PM mail:

apache,sarò un ignorantone,ma la questione mi sembra tutt'altro che banale.
dammi un lume.
grossolanamente tuo.

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x paolox
by apache Thursday, Aug. 21, 2003 at 2:02 PM mail:

La questione cubana è centro di molti recenti dibattiti; io personalmente trovo pieno riferimento in un articolo di Gianni Minà che ho postato qui su indy e che riporto di seguito; trovo, come già ho detto, Minà certamente parziale, ma onesto approfondito conoscitore di Cuba da decenni; diffido da tutto quel che viene pubblicato da "esuli" cubani, che puzzano di finanziamenti CIA. Segue l'articolo citato:

La difficile anomalia di essere Cuba.

E' in corso un attacco frontale al regime dell'Avana. Dopo le bugie sulla guerra in Iraq, Bush non può prendere iniziative esplicite. Ma lo possono aiutare Berlusconi e Aznar, premendo sull'Ue. Specie se non c'è resistenza da chi dovrebbe farla
Solo tre giorni prima che il manifesto contro la rivoluzione cubana voluto dai Democratici di sinistra (l'ex Partito comunista italiano) fosse affisso nelle principali città, la Corte costituzionale del Guatemala ha autorizzato il generale Efrem Rios Montt a presentarsi candidato alla presidenza della Repubblica nonostante la Costituzione di quel paese vietasse a chi ha capeggiato un colpo di stato una simile possibilità. Il mio amico Michele Serra che su Repubblica ha lodato il «coraggio» dell'iniziativa Ds a questo punto potrebbe chiedermi «che c'entra questo argomento con Cuba?». Lo potrebbe fare se come la segreteria Ds e il suo ineffabile dipartimento per l'America latina, non sapesse però perfettamente che Rios Montt è uno dei tre generali autori, con la complicità del governo degli Stati uniti, dell'ultimo genocidio del secolo appena trascorso, quello delle popolazioni maya avvenuto per tutti gli anni `80 e fino all'inizio degli anni `90. Questo genocidio non è stato mai condannato dalla Commissione dei diritti umani dell'Onu e sulle gesta recenti del generale Rios Montt i Ds non hanno mai chiesto un dibattito parlamentare, né faranno affiggere manifesti di protesta. Eppure Cuba è lì, nello stesso continente, nella stessa area geografica e quando si prendono atteggiamenti plateali per stigmatizzare la sua illiberalità bisogna pure chiedersi, se non si è ipocriti, contro cosa sta lottando ciò che resta della revolucion .

Cuba sta lottando contro il terrorismo che viene dalla Florida e che mira, con sequestri di aerei o di barche, a fomentare un nuovo esodo dall'isola in modo di avere la giustificazione per un intervento militare che cancelli, definitivamente, l'anomalia dell'isola. Ma se perde la sua indipendenza, la sua decorosa povertà, il domani della stessa isola potrà solo avvicinarsi o alla disperazione del Guatemala, o alla violenza della Colombia (dove il presidente Uribe governa concedendo mano libera ai paramilitari che hanno trucidato mille persone in sei mesi) o alla tragedia del Perù dove la polizia del presidente Toledo manda i carri armati a sparare sulla folla che protesta per le nuove restrizioni economiche imposte dal Fondo monetario, o rischiare la fame inaudita dell'Argentina svenduta dall'economia neoliberale. Perché sicuramente, a Cuba liberata dalla rivoluzione e da Castro non toccherà certo la vita del Lussemburgo, dell'Olanda. Ai cubani, insomma, nell'era di Bush jr (che deve pagare il debito elettorale agli anticastristi della Florida che gli hanno fatto vincere in modo rocambolesco le elezioni) toccherà la vita miseranda che le multinazionali e la finanza speculativa degli Stati uniti (e anche del Ue?) sceglieranno per loro. Così quando arriverà un giovane inviato del Corriere della Sera oppure di Repubblica gli adolescenti cubani non dovranno più esprimere la loro insoddisfazione per l'impossibilità di partire o di accedere ai consumi, perché staranno già sniffando colla, magari con un telefonino rubato in mano, come fanno 20 milioni di minori in America latina per vincere la fame. Perché questa è la turlupinatura della comunicazione che promette loro un mondo che non vivranno, come accadeva agli albanesi che sognavano una vita migliore guardando Rai Uno.

Per questo se non si è ipocriti non è fuori luogo ricordare la quotidianità del Guatemala oggi parlando di Cuba. Magari per cercare di capire cosa sta accadendo nell'Isola dove la sindrome dell'assedio Usa ha portato purtroppo il governo a scegliere scorciatoie brutali invece di aperture democratiche. Il generale Rios Montt, seguace di una di quelle sette religiose che negli Stati uniti sono la base elettorale del presidente Bush jr, nel frattempo ha fondato, infatti, un partito che la gente, condizionata dal terrore, ha votato portandolo alla guida del Parlamento, carica con la quale il vecchio generale condiziona e controlla il presidente eletto Portillo. Così Rios Montt, invece di essere processato dalla corte dell'Aja come ad esempio Milosevic, può ancora tenere in pugno il paese dei maya, magari con l'aiuto di sicari che, solo un anno fa, hanno assassinato il contabile della Fondazione Rigoberta Menchu, colpevole di aiutare economicamente le migliaia di famiglia che vorrebbero far causa allo stato e ai militari man mano che la ricerca dei medici patologi, al lavoro nelle tremila fosse comuni (ripeto il dato, 3.000), riportano alla luce i resti dei loro disgraziati congiunti. Qual è allora non dico la morale, ma almeno la logica con la quale si muove il partito che fu quello storico della sinistra italiana? Non si discosta dalla strategia di James Cason, l'aggressivo nuovo incaricato di affari nordamericano a l'Avana che è stato dotato di 52 milioni di dollari da usare per costruire un'opposizione all'interno di Cuba. E il partito dei Ds, in questo caso, non è per nulla turbato dall'idea che la democrazia si possa comprare. Con tanti saluti al diritto di autodeterminazione dei popoli. Nel numero doppio di Latinoamerica Maria Còrdoba, insegnante all'Istituto superiore d'arte all'Avana, si chiede: «Chi ci critica sa cosa vuol dire esattamente e concretamente vivere un embargo? Essere un paese del Terzo mondo al collasso perché punito duramente da un blocco economico che dura da decenni? O essere in balia dei periodi speciali causati magari dal crollo del blocco socialista?» e aggiunge: «Noi madri cubane siamo state punite dall'Impero fino all'infinito e all'impossibile ed abbiamo anche sacrificato molto del meglio di noi stesse per una semplice ragione: non vogliamo bambini trascurati, mendicanti, drogati, trafficanti, analfabeti, abbandonati, assassinati, venduti interi o a pezzi». E questa è invece la realtà all'ordine del giorno di un continente per il quale la comunità europea ora fa finta di preoccuparsi mettendo però all'ordine del giorno, della prima riunione dei ministri degli esteri sotto la presidenza italiana, proprio l'unico paese del continente dove questi problemi elementari di dignità umanità o di rispetto per l'infanzia sono stati risolti.

«Come faccio a parlare di diritti umani a Cuba - ha dichiarato una volta Frei Betto, t eologo della liberazione - quando in America latina milioni di persone non hanno conquistato ancora i diritti animali, quelli di avere un tetto, uno straccio per ripararsi dalla pioggia o dal sole, il cibo di tutti i giorni da dare ai propri figli e ai più deboli?».

E allora, come mi ha chiesto Maria Suino consigliere regionale Ds del Piemonte, sconcertata dall'iniziativa del suo partito, «è legittimo giudicare un paese non per ciò che ha conquistato (educazione, sanità, tutele sociali, cultura, pratica sportiva) ma per ciò che ha fallito (diritti politici, libertà di informazione)?».

Io dico che è legittimo perché ogni coercizione va respinta. Quello che non è accettabile è favorire con le proprie azioni chi ha deciso di cancellare a qualunque costo, anche con la provocazione e il terrorismo, uno straordinario momento di emancipazione collettiva come è stata la rivoluzione cubana, pur fra tante contraddizioni, errori, miopie, durezze.

In questi giorni molti funzionari nordamericani erano in Italia. C'è chi doveva incontrare Berlusconi e lo ha fatto nelle sedi più disparate. C'erano altri, come Otto Reich che ha dato una grintosa intervista al Corriere della Sera ma non si sa perché fosse a Roma nello stesso giorno in cui Fini riceveva Alina, una dei sette figli di Fidel Castro, che da anni (alternando momenti d'amore o di insofferenza per gli Stati uniti) fa parte del mondo degli oppositori di suo padre.

Otto Reich è lo stratega da anni di tutte le guerre sporche in America latina ed anche di tutti i piani illegali contro la revolucion, è un cubano americano che negli anni Reagan è stato uno degli autori della disinformazione sul governo sandinista ed è stato molto vicino al famigerato generale Oliver North, quello che, a Sigonella, con modi da cow boy si voleva portar via i sequestratori della «Achille Lauro» rischiando un conflitto a fuoco con i carabinieri. Più volte Otto Reich è stato accusato di aver mentito al Congresso tanto che George W. Bush non è riuscito ad avere la sua riconferma a vicesegretario di stato per l'America latina e ora lo utilizza come consigliere personale per portare avanti progetti scabrosi come può essere l'attacco frontale al regime dell'Avana. Ma Bush jr, dopo la piega che ha preso la storia sui falsi rapporti con i quali è stata giustificata la guerra in Iraq, certe iniziative per destabilizzare Cuba non le può più prendere esplicitamente. Lo possono aiutare però Berlusconi (che incontrerà fra pochi giorni nel suo ranch in Texas) e Aznar, premendo sulla comunità europea, e specie se non trovano resistenza in chi, fino a ieri, cantava «Guantanamera», magari alla scuola di partito delle Frattocchie.

g.mina@giannimina.it Tratto dal n. 83/84 di Latinoamerica in uscitail 1 agosto in tutte le librerie Feltrinelli


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W Fidel!
by sopravvissuta Thursday, Aug. 21, 2003 at 2:04 PM mail:

intervento banale ed indecente!Cestino! Cestino!
ahahaha! W Cuba! W Fidel!

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X sopravissuta
by Squalo Thursday, Aug. 21, 2003 at 2:05 PM mail:

Appunto, buttatici.

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censurate la fesseria embargo colpa di Cuba!
by sopravvissuta Thursday, Aug. 21, 2003 at 2:06 PM mail:

(mi riferivo all'interno sull'embargo!)ribadisco: cestino!

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paolox
by x apache Thursday, Aug. 21, 2003 at 2:07 PM mail:

grazie per l'articolo.
ora lo leggo.

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a squalo
by Gianni Thursday, Aug. 21, 2003 at 2:11 PM mail:

stai sempre a parlare di miseria e di morte ma perche' non cambi aria o meglio mare e te ne vai nel golfo persico o nel mar morto saresti piu' in tema!

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Castrone
by bob Thursday, Aug. 21, 2003 at 5:57 PM mail:

Castrone...
libertad_.jpgphu6fv.jpg, image/jpeg, 309x394

"El pueblo" ne ha le palle piene di Castro!

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W Fidel! W Cuba!
by Filocastro Thursday, Aug. 21, 2003 at 6:10 PM mail:

W Fidel!  W Cuba!...
buon_compleanno_fidel_.jpgjxkwl8.jpgfmzihb.jpg, image/jpeg, 449x472

Nessuna parola sull'Iraq vero? Li' è intervenuta la democrazia a buttare le caramelle per voi?
MP3 at 3.3 mebibytes <http://italy.indymedia.org/uploads/soviet_national_anthem.mp3>

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che palle
by che noia Thursday, Aug. 21, 2003 at 6:17 PM mail:

Sempre a caccia di capri espiatori, eh?

I signori bush e sharon sono responsabili di centinaia di migliaia di morti e, ma guarda un po', si va a scomodare Fidel.

Gioco infame e da sciacalli trito e ritrito. Le pagliuzze per nascondere la trave.

Intanto Fidel c'è, è amato in tutto il mondo (non solo sul NW) e la sua concretezza darà in futuro effetti sorprendenti.

Mettetevi l'anima in pace, gusanitos.

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a pesci alla deriva
by Roberto Thursday, Aug. 21, 2003 at 6:59 PM mail:

A CUBA LA VOGLIA DI L.BERTE'

Lo so' manca pure a me! E' tempo che torni a Cuba a fare uno straordinario concerto come la scorsa volta!
Cosa volete non si puo' avere tutto abbiamo gia' l'uguaglianza e la liberta'!
Per quest'anno accondentiamoci della disco,del merenge
e della rumbla!ahahahaha!ritmo latinoo!!è divertente cantare e ballare a Cuba e non tutti possono farlo!!
Quasi quasi adesso me tuffo qui non siamo in florida dove
ce stanno li pesce-cani qui ce stanno li tonni e li delfini!
Che bello! Troppo bello!Ogni tanto è bello spezzare le catene e venire nel paradiso!


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made in padania
by che ci vo' fa roberto Thursday, Aug. 21, 2003 at 7:12 PM mail:

Si sa che squalo, da inquinato inquinatore, vive in padania. E si sa che l'inquinamento fa male anche al cervello...

Chiaramente si salva solo chi l'ha capito, chi sa urlare il suo NO a questa piatta realtà di nebbia (metaforicamente parlando).


Siempre con Fidel...

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