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Bush:bsogna tornare al nucleare
by Vittorio Zucconi Sunday September 28, 2003 at 05:52 PM mail:  

Nucleare

Il presidente Usa presenta il piano per la produzione
elettrica: "Rischiamo una austerità come negli anni '70"

Bush, ritorno del nucleare
"Così evitiamo il blackout"

http://www.repubblica.it/online/mondo/bushnucleare/bushnucleare/bushnucleare.html
dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI

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WASHINGTON - Nell'America della grande restaurazione, torna a regnare l'atomo. Trent'anni dopo lo shock del petrolio e quindici anni dopo Chernobyl, il nuovo presidente degli Stati Uniti George Bush proclama "la peggiore crisi energetica dalla decade degli anni 70", e ne approfitta per riportare indietro l'orologio dell'America dove lo vogliono le lobbies del petrolio e delle centrali nucleari.

La Destra al potere dopo otto, duri anni di traversata dell'"ambientalismo" alla Clinton e Gore, mantiene le promesse fatte ai suoi finanziatori elettorali e alla grande si torna alle trivelle, alle perforazioni nei parchi naturali, al carbone e soprattutto all'atomo che il Presidente riabbraccia dopo il lungo esilio, con un "Piano Energia" che propone la costruzione di mille e trecento centrali elettriche, tra cui molti nuovi impianti nucleari. La denuncia americana del Trattato di Kyoto sulla protezione dell'ambiente non era stato dunque un gesto casuale, era l'indicazione precisa di un ritorno alla politica dell'energia subito e delle preoccupazioni ambientali domani.

Sono bastate la crisi dell'elettricità in California, provocata da una demenziale politica di prezzi e mezze liberalizzazioni e lo scatto del costo della benzina al distributore, per far dimenticare anche al pubblico le buone intenzioni, l'ambientalismo, il ricordo della "Sindrome Cinese", di Three Miles Island, di Chernobyl e per dare a questo presidente lo spazio per invertire la tendenza al "consumare di meno" in favore del "produrre di più". "Un'economia moderna è un'economia che consuma enormi quantità di elettricità" spiega senza suscitare sorprese George Bush illustrando il suo piano in diretta alla nazione "e occorre rimuovere le restrizioni e i regolamenti che hanno reso l'America dipendente dal petrolio straniero".

Dunque più libertà nell'uso del carbone, più gasdotti che trasportino il metano attraverso la nazione - 40mila chilometri di nuovi tubi - mani sciolte ai perforatori di giacimenti e ai costruttori di centrali atomiche bloccate dal 1973, quando l'incidente nel reattore di Three Miles Island, in Pennsylvania, fermò tutti i nuovi progetti di reattori. Oggi, l'energia nucleare è "pulita e sicura" ci rassicura George Bush, esattamente come pulita e sicura ci era stata descritta dai costruttori 30 anni or sono. E dal parco nazionale di Anwar, in Alaska, potrebbero venire "600 mila barili al giorno per 40 anni, esattamente quanto oggi dobbiamo importare da Saddam Hussein", sorride Bush. Quel Saddam Hussein che il padre diceva di avere sconfitto 10 anni or sono per assicurarsi il petrolio a buon mercato.
Ma poiché il 2001 non è il 1973 del primo shock petrolifero e non tutti sono convinti che questa crisi sia davvero così tragica, come l'ex presidente Carter che sospetta una montatura per favorire le multinazionali dell'energia, Bush deve condire il suo grande ritorno al passato preecologico con qualche buona parola "verde", come vuole la sua formula di reazionario buono. Questa riabilitazione massiccia del petrolio e dell'atomo deve avvenire cercando "una nuova armonia tra i nostri bisogni energetici e le nostre preoccupazioni ambientali", perché energia e ambiente sono "due aspetti della spessa aspirazione, vivere bene e con saggezza". Zuccherini verbali per far ingoiare la medicina vera.

Centinaia di nuove centrali atomiche, sconti fiscali (dunque sovvenzioni statali a carico degli altri contribuenti) per chi vuole rilevare e rimettere in funzione vecchi reattori sporchi, permessi di trivellazione nel Parco Nazionale dell'Artico, in Alaska, migliaia di chilometri di nuovi gasdotti, facilitazioni per nuove centrali "pulite" a carbone, che già producono il 50% dell'elettricità americana e prospettive di favolosi profitti per quell'industria del petrolio e dell'energia dalle quale viene Bush stesso. E soprattutto viene Cheney, il suo vice, che lo scorso anno dovette liquidare, per conflitto di interessi, la propria partecipazione nell'Halliburton esplorazioni e incassò 36 milioni di dollari. Settantacinque miliardi di lire.

Il piano per scongiurare la "Grande Crisi" energetica del 2001 non fa nulla per alleviare subito il problema dei blackout elettrici in California, per moderare le bollette che i californiani dovranno pagare nell'estate imminente dei condizionatori d'aria, per calmierare aumenti della benzina che non trovano più giustificazione nel prezzo del greggio ma soltanto nell'ingordigia di compagnie come Exxon, Mobil Texaco, BP, che negli ultimi sei mesi hanno fatto il record assoluto dei profitti. Al distributore, il litro di normale verde avvicina ormai i 50 centesimi di dollaro, mille e cento lire, ancora la metà di quanto si paga in Italia, ma una cifra angosciosa per automobilisti americani aggrappati ai loro assetati "fuori strada" e abituati a un pieno da 40 mila lire. E non ci sono disposizioni, nelle 163 pagine del Piano Bush per indagare le sorelle del petrolio che stanno pompando utili sbalorditivi dalle tasche degli consumatori.

Non ci sono cenni al problema dell'effetto serra, delle emissioni di gas nocivi, dell'impatto ambientale di nuovi pozzi e gasdotti. C'è soltanto la speranza che i miracoli della tecnologia possano saldare insieme la protezione dell'ambiente e gli interessi dei fornitori di energia. "Per la trivellazione di nuovi pozzi nell'Artico - spiegava Bush che da giovane fondò una società di esplorazione in Texas, la "Arbusto", presto fallita e salvata da amici di papà - si potrebbero costruire strade di ghiacchio da usare durante l'inverno destinate a sciogliersi in estate per rispettare la vita animale".

Ma in attesa delle autostrade solubili, la Casa Bianca ha condotto l'elaborazione del piano a porte chiuse, ricevendo in colloqui privati e segreti con il vice Cheney, sempre più il vero burattinaio dell'amministrazione Bush, tutti i pezzi grossi dell'industria energetica. E se Bush non arriva a dire quello che disse Reagan, quando accusò le mucche di inquinare l'atmosfera con le loro continue emissioni di gas metano dallo scappamento posteriore, il suo piano energia è esattamente quello che Reagan disegnò 20 anni or sono "e che ora lui rispolvera dai vecchi scaffali" come ha detto James Watt, che di quel piano fu l'autore.

L'opposizione democratica ha già preannunciato battaglia durissima, per bloccare questo progetto che "sembra un piano di assistenza sociale per l'industria dell'energia", ma Bush il buono è convinto di riuscire - lo ha detto ieri - "a cambiare il clima a Washington". Se non quello politico, con questo progetto cambierà almeno quello atmosferico.

(18 maggio 2001)

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