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La politica energetica che non c'è
by f. piccioni (manifesto) Tuesday September 30, 2003 at 11:31 AM mail:  

Intervista a Gianni Silvestrini, ex direttore del ministero dell'ambiente, esperto di fonti rinnovabili

Gianni Silvestrini è stato direttore del ministero dell'ambiente nella scorsa legislatura e attualmente è direttore scientifico del Kyoto Club, associazione che si propone di «creare una rete di promozione di politiche virtuose, allo scopo di minimizzare gli impatti ambientali generati dai processi produttivi e di promuovere le fonti rinnovabili».

E' partita subito la campagna per la costruzione di nuove centrali. Le sembra la risposta giusta?

Ci vuole una strategia che agisca su diversi piani contemporaneamente. Per esempio, la risposta della California ai continui blackout nel 2000 fu un'azione molto energica sul miglioramento dell'efficienza energetica. Sono riusciti a ridurre il proprio deficit di 5.000 megawatt. Il governo dovrebbe varare un pacchetto d'emergenza sull'efficenza, mentre non riesce neppure a varare decreti in attesa da più di un anno. Prima di fare altre centrali bisognerebbe razionalizzare il consumo. E poi puntare sulle fonti rinnovabili. In terzo luogo la coegenerazione. Adottando tutte le misure dette, si può ridurre di quattro volte il numero di grandi centrali da realizzare, pur garantendo il servizio e soprattutto la riduzione delle emissioni di CO2.

Sulle fonti rinnovabili. Negli ultimi anni sembrava che si stesse partendo, si parlava addirittura di 40mila miliardi di investimenti. Cos'è successo?

C'è stata la polemica sull'eolico, con una sponda nel governo. Questo di fatto ha paralizzato il mercato. Noi siamo fermi a 800 Mw e la Germania è a 12.000. Idem per il solare, dove la Germania installa impianti fotovoltaici 15 volte più di noi. Ci sono paesi che, in vista della sfida posta da Kyoto, si stanno attrezzando. Nella Ue si discute di ridurre del -20/-40% le emissioni di gas serra, da qui al 2020. Una vera e propria rivoluzione energetica; per raggiungere quegli obiettivi bisogna aumentare moltissimo l'efficenza, puntare al massimo sulle fonti rinnovabili.

E si torna a parlare di nucleare.

Per questa legislatura non riusciranno a far nulla, è una patata troppo bollente e il tempo è poco. Ma stanno creando il terreno «culturale» per rilanciarlo. Credo che la risposta più chiara venga dai costi. I paesi che per il nucleare si erano basati sugli investitori privati non costruiscono più centrali da 20 anni. E la Gran Bretagna, nel Libro bianco uscito due mesi fa, ha scelto di buttarsi sulle rinnovabili, lanciando un piano sull'eolico da 6.000 Mw.

Il blackout ha riaperto la discussione su tutte le opzioni...

Può essere un'occasione. Il governo punta a utilizzarlo per sbloccare la costruzione di altre centrali. Si può invece puntare su un pacchetto per l'efficienza energetica, che dia spazio alle energie rinnovabili, alla mini-cogenerazione. C'è una grande attenzione dell'opinione pubblica. Bisogna però far chiarezza su quali siano le reali possibilità, cosa hanno fatto altri paesi, quali risultati sono stati conseguiti. Insomma: una vera politica energetica.

Quanto del fabbiisogno italiano è possibile coprire con le fonti rinnovabili?

Basta far riferimento agli obiettivi indicati per l'Italia dall'Unione europea: un incremento, al 2010, di 40 miliardi di kwh. Il decreto Marzano parla di soli 13 miliardi di kwh; un terzo. E' una scelta debole. Non vede il potenziale che potrebbe essere messo in moto con una politica coraggiosa.

E' teoricamente possibile una copertura completa del fabbisogno con le energie rinnovabili?

E' possibile una copertura progressivamente maggiore. L'obiettivo dell'Ue è raddoppiare la quota delle rinnovabili nel 2010, con un ulteriore raddoppio al 2020. Ovviamente non si fa dall'oggi al domani, ci vogliono decenni per mutare il modello energetico. Ma la strada è questa. In Spagna e Germania già ora si copre così più di 1/4 dei bisogni.

La privatizzazione del mercato eletrico può avere inciso sull'efficienza nella gestione del sistema?

Non è un problema solo italiano. I singoli produttori pensano ovviamente a fare maggiori profitti, quindi si perde la visione complessiva della rete e della gestione della rete che c'era precedentemente. Questo la rende più fragile. Porta più facilmente a rischi come il blackout. In questo caso, secondo me, c'è stata però anche una grave carenza nella gestione dell'evento. E' incredibile quel che è successo.

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