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Sogni nucleari proibiti di politici ciechi
by a. baracca (manifesto) Tuesday September 30, 2003 at 11:32 AM mail:  

Il fallimento già visto delle centrali italiane è un monito per il futuro

"Rinunciando al nucleare si è condotto il popolo al disastro di aver rinunciato a entrare nel novero dei paesi più moderni"
Gabriele Albertini,sindaco di Milano

Di fronte alla ripresa dell'offensiva per il rilancio del nucleare «civile», vale la pena di riprendere alcune considerazioni generali di solito trascurate. Tralascio volutamente gli aspetti più discussi, come il problema delle scorie radioattive. 1) Il programma nucleare italiano è fallito in passato in primo luogo per incapacità nostra: della nostra classe politica e dirigente e delle nostre capacità tecnico-scientifiche-organizzative. I «meriti» del (pur forte) movimento anti-nucleare sono stati solo parziali, e non sarebbero stati sufficienti (senza Chernobyl) per affossare il nucleare. La sola centrale italiana di grosse dimensioni per produrre energia elettrica, quella di Caorso, era una «macinino» che non ha mai funzionato a dovere. Anche la Spagna, il Brasile, il Messico riescono a far funzionare decentemente le loro centrali nucleari. Non si vede perché quello che per noi è risultato impraticabile ieri dovrebbe riuscire oggi, dopo che vi è stata una smobilitazione delle strutture del settore e una riconversione di molte capacità ad altri settori (per non parlare del deterioramento della nostra classe politica e dirigente).

2) Nel nostro paese, con la sua conformazione e la sua popolazione, sarebbe praticamente impossibile individuare siti idonei alla costruzione di centrali nucleari (anche a prescindere dall'opposizione delle popolazioni interessate). I siti in cui in passato furono costruite le centrali italiane sarebbero stati bocciati negli Usa: e lo sarebbero tanto più oggi, con le norme di sicurezza divenute sempre più rigide (contribuendo in parte al blocco del programma nucleare statunitense: si ricorda Chernobyl, ma non si dovrebbe scordare che l'incidente di Harrisburg arrivò a un pelo dalla catastrofe, e anche così non è certo stato privo di conseguenze sanitarie ed ambientali). Si tenga presente che non ha molto senso un programma per costruire tre o quattro centrali: se ne dovrebbero costruire almeno una decina o più, e credo che sarebbe veramente impossibile collocarle.

3) Perché la Francia ci vende energia elettrica così a buon mercato? Quando si considera la Francia, ci si dimentica che essa produce non solo energia nucleare, ma anche testate nucleari. L'industria elettrica Usa ha abbandonato per un quarto di secolo il nucleare «civile» perché è un'industria privata, e produce solo energia: questo dimostra al di là di ogni dubbio che il kilowattora elettronucleare di per sé non è competitivo. In Francia, invece, l'industria elettrica è dello stato che produce anche l'arsenale nucleare: in primo luogo, allora, non è più una questione di soli costi. Vi sono economie di scala e costi per così dire nascosti. Credo che nessuno sarebbe in grado di ricostruire il costo vero dell'energia elettrica francese, depurandolo da tutti i fattori legati all'intervento dello stato e al settore militare (non si pensi che l'arsenale nucleare francese sia in via di smobilitazione: nel 1995 Chirac effettuò i tanto contestati test nucleari per avere i dati che mancavano a Francia, Usa e Gran Bretagna per rinnovare i loro arsenali e realizzare testate nucleari di nuova generazione). Tutti i paesi che hanno avviato programmi di costruzione di una o due centrali hanno in realtà interessi militari, anche se lo negano ufficialmente (consiglio la lettura del saggio di Dominique Lorentz, Affaires Nucleaires, Parigi, Les Arénes, 2002).

4) Sebbene il nostro (modesto) programma nucleare sia fallito, e non abbia contribuito minimamente alla soluzione del problema energetico, ce ne porteremo dietro gli strascichi, e le spese, per decenni. Un bell'affare, non c'è che dire. Un'esperienza da non ripetere.

5) Qualsiasi progetto oggi non può venire promosso e realizzato senza il consenso delle popolazioni interessate. Mi sembra veramente inutile demonizzare l'opposizione delle popolazioni a qualsiasi programma nucleare: giusta o sbagliata, essa è la conseguenza degli errori politici di chi conduceva e conduce i programmi nucleari, è inutile e strumentale accusare per questo i movimenti anti-nucleari. In ogni caso, vale la pena di richiamare le valutazioni di una studiosa esperta come la canadese Rosalie Bertell che critica puntualmente i criteri ufficiali di valutazione dei rischi e dei danni e valuta che ben un miliardo e trecento milioni di persone siano state uccise, ferite o menomate dall'energia nucleare dalla sua introduzione. Sarà anche lei un'irrazionale?

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