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"Tutti" uniti contro gli Stati Uniti(?)
by il gatto di Celine Friday October 03, 2003 at 11:45 PM mail:  

"Tutti" uniti contro gli Stati Uniti.

CHI NON HA MEMORIA NON HA FUTURO NON COMPRENDE IL PRESENTE

premessa:

"Da parte mia, nel rimandarvi a quel mio precedente articolo (1), non posso che ribadirvi quanto scrivevo: " si apre uno scenario che, qualche mese fa, tutti avrebbero definito "imprevisto ed imprevedibile". Ed è in questo nuovo scenario che noi dovremmo cercare di inserirci come alternativa nazionalrivoluzionaria. In una Italia, nella quale in fatto di sudditanza agli USA, balbetta sia il centrodestra sia il centrosinistra, una nostra netta presa di posizione "contro la guerra all’Irak", sarebbe un elemento che ci porrebbe in alternativa al mondo dei vecchi partiti antifascisti che devono agli Alleati, vincitori della seconda guerra mondiale, la presa di possesso della "diligenza Italia""

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"Indubbiamente, ma la storia ha dimostrato che ogniqualvolta l’umanità ha elaborato un nuovo sistema di comunicazione, questo è stato utilizzato all’inizio dal potere preesistente, ma subito si è trasformato in meccanismo rivoluzionario nella misura in cui i sottoposti lo sapevano utilizzare per comunicare tra loro. Oggi, come sempre, il potere è attardato nel controllo di Stampa, Radio e Televisione ed il mondo antagonista riesce a comunicare grazie ad Internet. L’opposizione al globalismo si sta allargando grazie al diffondersi di informazioni in tutto il globo. Sarà difficile pertanto bloccare tutte le informazioni che filtrano tramite questo incredibile mezzo di comunicazione. In questa situazione, o sei capace di dire qualcosa di diverso che sia ascoltabile, susciti interesse e credibilità in chi comunica, o sei tagliato fuori definitivamente. L’alternativa passa nelle mani di chi sa meglio usare Internet che avrà la leadership nella lotta contro la finanza usuraia e troverà un equilibrio con essa solo sulla base dei propri presupposti, della propria concezione del mondo ,dell’ uomo, della vita. A questo punto i proclami roboanti non servono a nulla. Servono solo a far passare intenzioni anche oneste per pagliacciate.,o peggio servono come alibi per l’azione dei nemici. E proprio in questi casi succede spesso che d’improvviso la Storia ti pone di fronte a due alternative delle quali nessuna di tuo gradimento ma fra le quali sei costretto a scegliere se vuoi essere presente.(G.Vitali)

["da-Le pagine diItalicum-il progetto politico deve disancorarsi dai condizionamenti del passato per affrontare la complessità con idee forti come richiedono i tempi che verranno a colloquio con Giorgio Vitali]

"Tutti" uniti contro gli Stati Uniti

"La destra radicale, neofascista e neonazista, sta ritrovando e ritagliandosi oggi un proprio spazio. Dopo anni assistiamo infatti allo sviluppo di significativi processi riaggregativi dentro l’onda lunga dei fenomeni più generali di sviluppo e crescita elettorale della estrema destra populista e xenofoba, in corso in tutta Europa. La stessa contingenza attuale, con la ripresa di attivismo da parte di gruppi che si richiamano apertamente al fascismo e al nazismo, ha avuto una lunga incubazione.
L’ estrema destra populista e xenofoba europea non rappresenta in conclusione un puro e semplice richiamo al passato e nemmeno il frutto avvelenato di una contingente crisi economica, ma ben più concretamente uno dei risultati della attuale modernizzazione capitalistica.
La stessa composizione sociale dei militanti e degli elettori di queste formazioni tende ad essere rappresentativa dei fenomeni conseguenti di sradicamento, di perdita di senso e ruolo, di frustrazione e disagio di ampi strati sociali. Non casualmente una quota assai significativa che è alla base dei successi elettorali, nei diversi paesi, dei partiti dell’estrema destra europea proviene dagli abitanti delle periferie, dai piccoli commercianti e dagli artigiani, dagli operai e dai lavoratori precari."(Saverio Ferrari)

Giustamente S.Ferrari ci ricorda che i movimenti fascisti oggi si nutrono soprattutto della crisi delle tradizionali identità collettive provocata dalla trasformazioni sociali prodottedotte dalla globalizzazione.

" Con il trapasso dagli anni'80 agli anni '90 si e' fatto evidente che la crisi mondiale non era solo una crisi generale in senso economico,ma anche in senso politico. Il crollo dei regimi comunisti dall'Istria a Vladivstock non ha prodotto solo incertezza politica,instabilita', caos e guerra civile su un'area enorme del pianeta, ma ha anche distrutto il sistema che aveva stabilizzato le relazioni internazionali negli ultimi quarant'anni. Esso ha anche messo a nudo la precarieta' degli assetti politici interni dei singoli stati,che si basavano essenzialmente su quella stabilita' internazionale(...)Ancor piu' dell'instabilita' economica e politica mondiale e' stata la crisi sociale e morale(...)ossia una crisi dei presupposti umanistici e razionalistici condivisi sia dal capitalismo che dal comunismo, che resero possibile la loro breve ma decisiva allenza contro il fascismo, il quale li respingeva.(E.J.Hobsbawm)

La crisi di questi "presupposti umanistici e razionalistici condivisi sia dal capitalismo che dal comunismo" la crisi del welfare state, degli assetti sociali tradizionali) aprono lo spazio ad un' opera di revisionismo storico e "contaminazione ideologica" dell' opposizione sociale e di classe(gramscismo di destra-nazionalrivoluzionari o nazionalcomunitari) parallela ad un tentativo di legittimazione in termini di "alleanze e di governo" (locale e nazionale) di forze e partiti della destra neopopulista.Forze e partiti d'ispirazione neonazista si guadagnano consensi popolari sollecitando e mettendo in relazione paure, incertezze, disorientamento sociale, ansie quotidiane, diffuso "sentimento antiamericano" di ampi strati sociali integrandole in varianti "post-moderne" dell' antisemitismo, del complotto plutogiudaico dell'alta finanza..., del rifiuto della societa' multiculturale.(Con interpretazioni delle vicende storiche in termini di "scontro fra civiltà", assumendo il linguaggio della 'razza' o dell' 'etnia', "leggendo gli eventi presenti in chiave di scontro fra essenze metafisiche immutabili")

["ad esempio, nella lettura del numero 1 di "Rosso è Nero", di un articolo apologetico di Osama Bin Laden, scritto appena due anni fa dagli aderenti(oggi-"Socialismo e Liberazione") al Campeggio Antimperialista: "Significativa appare la concordanza di alcuni aspetti del Fronte internazionale islamico con il programma nazionalsocialista. La Legione di Osama raccoglie elementi da tutte le nazioni arabe, come le SS da tutte le nazioni ariane. L'esaltazione della spiritualità semita ricorda l'interesse nazionalsocialista per la spiritualità ariana, soffocata nel sangue dall'intollerante eresia giudaica, trionfante nella confusione razziale a Roma negli ultimi anni dell'Impero. Ambedue i movimenti politici abbandonano il nazionalismo borghese e ottocentesco e abbracciano l'internazionalismo razziale" (di società multitradizionale).-questa gente poi ama definirsi "antifascista", ma piu' per vicinanza politica al nazismo che per altro;o anche per fare il verso al testo evoliano:"il fascismo visto da destra"]

Le "destre " cercano di sfruttare a loro vantaggio le potenzialita' politiche di quella che Hobsbawm definisce una " crisi genrale " in senso economico e politico di livello mondiale.A questa crisi delle strutture storiche delle relazioni umane,dei presupposti della civilta' moderna, emerso in connessione con i fenomeni di globalizzazione, "le destre" rispondono con una ripresa delle tematiche locali-comunitarie, con gli appelli ad una non meglio definita "comunita' nazionale" .

L’attacco globalista agli Stati nazionali, l’opposizione della destra nazionale alla «favola globalista,l’idea che L'ACCELLERAZIONE STORICA di questi anni condurrebbe inevitabilmente verso una civiltà unica mondiale, la civiltà che abbatte le differenze nazionali riconoscendosi nell’universalità della tecnica, da un lato, e dei diritti umani dall’altra. Questa opposizione demagogicamente anticapitalista a quella che Rauti ha definito la “marmellata multietnica globale“ implicherebbe [ secondo i crismi della "metapolitica "debenoistiana] il superamento della dicotomia destra/sinistra (definiti null'altro che modi di manifestarsi del capitalismo contemporaneo) e la costruzione di una nuova sintesi trasversale di valori delle culture di destra, sinistra, centro..." Oltre che implicare una bella iniezione di comunitarismo per far riacquistare allo "statonazione" in crisi peso e credibilità: " I comunitaristi ritengono inoltre che a fronte della globalizzazione si avverte sempre più profondamente la necessità di riscoprire le nostre radici e le nostre origini. Quindi quanto più cresce una cultura internazionale e deterritorializzata tanto più avvertiamo il bisogno, come contrappeso, di recuperare le identità comunitarie"

"La cultura della destra non deve temere di esprimere un grande progetto di educazione popolare, soprattutto attraverso la scuola e la comunicazione pubblica" (105). "...elaborare un progetto di cultura popolare significa passare dal populismo, istintivo e istantaneo, alla consapevolezza comunitaria".(M.Veneziani)

[Il Comunitario si sente figlio di una patria, per il Liberal la propria patria è il tempo". Il Comunitario coltiva "l'idea di tradizione, segno di continuità e di trasmissione nel tempo di principi superiori al mutamento"]

Il comunitarismo serve a "un’identità nazionale per rigenerarsi attraverso le identità locali, regionali e la grande identità comune che nel nostro caso è l’identità europea..."

E non è difficile far risalire a certe posizioni di destra in nome di questa "grande identita'comune, l'Europa", dell'idea del dif­ferenzialismo culturale(che non vuole demonizzare l'altro purché non metta in pericolo la mia purezza, non più razziale ma culturale) un' accentuato "antiamericanismo", una "simpatia" verso l'islamismo.
["L’organizzazione tradizionale - cioè essenzialmente patriarcale - e per certi versi arcaica della società islamica solletica l’immaginario pseudomachista del militante neofascista -contro l'occidente “debosciato”, “femminilizzato”, colpevole di essersi fatto sedurre dalle sirene del femminismo, della rivoluzione sessuale e, da ultimo, del consumismo “yankee” di impronta americana. "]

Il comunitarismo differenzialista ­a misura di grande nazione o di piccole patrie. Con una sintesi di protezionismo e liberismo, e tanti diritti differenziali per ciascuna etnia si lega all'antiamericanismo, alla lotta contro ogni forma d'universalismo[Del resto fin dagli anni '40 i collaborazionisti bretoni di Vichy sognavano un Reich ­europeo plurale, gerarchico e differenzialista]. Oggi sulla scia di De Benoist pero' La "razza" diviene un fatto culturale. Benché a sua volta la cultura modelli, fin da Julius Evola, musa ispiratrice di odierne "destre non-conformiste", anche il corpo.

.La nuova destra sembra proporsi come rappresentante di quanti si sentono minacciati dai nuovi scenari economici sociali, volgendo però le loro paure verso un nuovo modello autoritario fondato sull'idea della comunità e dell'etnicità..." L'attenzione alle tematiche locali-comunitarie è motivata dal duplice carattere del termine, emerso in connessione con i fenomeni di globalizzazione e allo stesso tempo nella forma regressiva del sintomo, del rimando a una ri-territorializzazione localistica quando non settaria, che risarcisce con il simbolismo identitario la segregazione solitaria del cittadino."

Dopo il crollo del sistema sovietico, gli Stati Uniti costituiscono l’unica superpotenza del pianeta.L'antiamericanismo di destra che fa il verso all'antimperialismo di sinistra recuperando in buona parte le concezioni storico-filosofiche di Enrico Corradini(ispiratore e teorico del movimento nazionalista italiano)" [Il signore in questione riteneva che la lotta fra le classi teorizzata da Marx andasse sostituita da una lotta fra "nazioni proletarie"(ricche di manodopera e povere di capitale)e "nazioni ricche"(che possedevano immensi imperi coloniali e che negavano ai "paesi emergenti"ta i quali l'italia di avere accesso alle materie prime necessarie per il loro sviluppo industriale) ]

Da questo punto di vista, "l'antiamericanismo" serve a a concludere che il "capitalismo" poi non e' che e' il prodotto di una specifica mentalita', di un certo modo di concepire i rapporti sociali, di "un'antropologia fondata essenzialmente sulla logica dell’interesse" (la ricerca da parte degli individui della loro massima utilità, a detrimento di ogni altra considerazione). Appunto americana!!!

------------------------------------appendice1-------------------------------

"Fortunatamente è in atto una grande rivoluzione, quella di Internet, che ci può aiutare, se ne siamo all’ altezza."

 

"La situazione attuale è il frutto della nostra sconfitta del 1945, che ha cancellato contemporaneamente la supremazia europea e dato il potere assoluto ai mercanti ed agli usurai. L’ URSS è stata l’alleata consenziente e servile degli interessi di costoro. Sono in tanti a saperlo. E ci vuol poco a capire che la rinascita dell’ Europa porta inevitabilmente al ristabilimento di un equilibrio interrotto proprio in quel fatale 1945!!. E’ quello che terrorizza gli Amerikani e gli usurai, che fanno di tutto per ritardare questo evento.(...)

Sofri, che recentemente ha chiesto l’ingresso di Israele nell’Unione Europea, con ciò confermando i sospetti, peraltro documentati, che Lotta Continua fosse finanziata dalla C.I.A., ha visto con preoccupazione il fatto che <...persone e movimenti dissenzienti dimostrano un insolito attaccamento agli stati nazionali ed alla loro sovranità>. Quindi, malgrado non sia facile far circolare certi concetti, e molte vie di comunicazione siano bloccate, la verità emerge da sola. Fortunatamente è in atto una grande rivoluzione, quella di Internet, che ci può aiutare, se ne siamo all’ altezza.(...)"

-------------------------------------appendice2---------------------------------------

"si sono gettate le basi per l'opportunità di creare una rete antagonista oltre i normali schemi organizzativi; sarà il futuro a dirci se sarà messa a frutto".(Maurizio murelli)

 

----------------------------------------appendice3----------------------------------

Rinascita Nazionale

E che prospettive si aprono per la politica estera europea restando a rimorchio di una nazione come gli Stati Uniti, simbolo in tutto il mondo di violenza e di sopraffazione? È un ragionamento questo che va approfondito considerando il particolare impegno americano nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente. Con la tipica incoerenza di chi si crede al di sopra di ogni legge e al riparo di ogni critica, gli americani, che vietano con la dottrina di Monroe alle altre potenze ogni intervento nel loro Continente, esercitano sul Nostro, e sulle regioni petrolifere del Medio Oriente, un vero e proprio protettorato. Essere alleati degli USA vuol dire oltretutto inimicarsi l’intero mondo arabo, rischiare ­ senza alcun tornaconto ­ la ritorsione del terrorismo. Se quelle che abbiamo visto sono le radici storiche ed ideologiche della globalizzazione, e l’Europa vuole sottrarsi ai suoi disastrosi effetti, è suo dovere fare precise scelte di campo. La strategia della liberazione non può che partire dalla constatazione degli errori commessi, dall’esame di quanto sia stato dannoso coordinare la nostra politica con chi era portatore di interessi etici, geopolitici e commerciali diversi dai nostri, con chi scatenava, nella direzione sbagliata, sanzioni economiche, attacchi armati e interventi umanitari.>. Per chi avesse ancora qualche dubbio, il Sella è senza pudori: << (…) È la genetica ad insegnare che la società multirazziale è irreversibile; la freccia del tempo ha una sola direzione. Se dobbiamo batterci occorre farlo subito. Pentirsi domani di quanto non si è fatto oggi non servirebbe a nulla. Nessuna razza inquinata può tornare quel che era; nessun popolo che abbia perso la sua identità etnica potrà mai più recuperarla.

--------------------------------------appendice4----------------------------------------

Alberto Ostidich

A sinistra perchè

ITALICUM - Numero 9-10 settembre-ottobre 2002

Le considerazioni successive ne riprendono altre, già espresse su Diorama nel marzo ‘91, e quindi su Aurora e su Tabularasa, oltre che in alcuni convegni e riunioni di quegli anni. Se, com’è facile riconoscere ed ammettere, esse non sortirono allora alcun effetto pratico fatta eccezione per un effimero quanto generoso Movimento Antagonista per la Sinistra Nazionale credo non inutile qui riproporle, nella convinzione che le odierne circostanze rendano quelle considerazioni ancora, e forse più, attuali.

Perché dunque a sinistra?

Ma perché il mondo va a destra, verrebbe subito da rispondere. Perché, al di là del gusto per la provocazione e della voglia di sfottere perbenisti e benpensanti, c’è qualcos’altro; qualcosa di più del voler andare a tutti i costi controcorrente, contro le masse pecorili che ora si scoprono, belanti, di destra.

Si, dedico quel che segue a quanti a destra ci sono nati, politicamente parlando. E lì sono rimasti, anche quando ciò non incontrava i favori del pubblico... A quanti, assecondando un personale stile di vita, hanno poi voluto definirsi e collocarsi «oltre la destra e la sinistra», quando fu ad essi chiaro che quella destra, malgrado loro, era tarata dalla conservazione e dal compromesso, al pari di una sinistra ad essa speculare.

Ebbene, quei bastian contrari per indole e vocazione ora si trovano attorniati, dopo anni ed anni di plumbeo conformismo di sinistra, da un nuovo conformismo di segno formalmente opposto al precedente.

Che fare?, ben sapendo che i seminatori di dubbi, quelli che stentano a ritrovarsi nelle verità ufficiali e garantite, le minoranze critiche, gli insofferenti cronici, i dissidenti abituali risultano, da sempre, invisi a Dio et alli inimici sui - e che l’opinione pubblica li ha già in blocco condannati, in quanto non dimostrano il buon senso e la buona volontà di farsi gli affari propri. Anzi, ci riprovano: con le loro eretiche passioni e solitarie indignazioni ... che fare, insomma, per mantenere le distanze dal carro dei vincitori, lontani dalla volgarità e dall’avidità del potere, e difendere così la propria libertà, che è innanzi tutto libertà di esser sé stessi e di lottare, quali che siano le circostanze, per affermarla?!?

* * *

La prima cosa da fare, per intanto assolvere ad un debito di chiarezza e ri-conoscenza verso quei non-allineati, è dichiarare la propria appartenenza. Che non può essere che totalmente estranea a quell’impasto di mentalità comune, fatta di egoismo ed opportunismo, clientelismo e clericalismo, che nei berlusconi-fini-bossi-buttiglioni ha trovato lo sbocco politico più logico e naturale.

E prendere perciò coscienza che, caduto il comunismo, «il nemico rimasto» sono proprio loro: loro, gli attuali referenti di uno stesso, unico progetto globalmente eterodiretto, dai contenuti sfacciatamente filo-padronali e vilmente pro americani. Loro, i rappresentanti politici nel nostro Paese di forze aventi per obiettivo lo sradicamento dello Stato sociale e l’instaurazione di un modello unico liberale, ed uguale : «Privilegiati di tutto il mondo, unitevi!», potrebbe essere lo slogan della loro Internazionale.

Per questi motivi Io scetticismo di chi, per lungo tempo, ha scelto di non scegliere, data l’impossibilità di trovare ragioni più forti di quelle ad esse contrarie, è venuto meno; per questo, soprattutto per questo, l’equidistanza fra questa destra e questa sinistra (che proprio in queste ore si ritrovano appassionatamente assieme nel parlamento italiano, a votarsi il raddoppio del finanziamento - n.d.c.) equivarrebbe comunque ad una dichiarazione d’impotenza, e ad una fatale diserzione.

Non che, è bene sottolinearlo, la sinistra non sia storicamente gravata da madornali errori ed orrori; non che questa timida sinistra non si mostri altrettanto servizievole verso i potentati politico-economici di un’arrogante destra, ma - dopo la manifestazione della cosiddetta Casa delle Libertà, riunita in una piazza romana a sventolare la bandiera dell’occupante come fosse la propria; dopo che quell’infame “USA day” del 10 novembre scorso si è incaricato di affermare una volta per tutte che là non ci sono, né ci possono più essere segnali di vita per gli uomini liberi - noi dobbiamo e vogliamo andare verso la vita, come disse e fece d’Annunzio quando abbandonò clamorosamente i banchi della destra.

* * *

Il brutto è, di questi tempi, che viviamo in una società falsamente pluralista e scarsamente conflittuale, dove le ragioni del configgere sono da ricercarsi non in motivi ideali, o magari fideistico-religiosi (no, qui tutte le parti in gara vogliono la stessa cosa: la democrazia e la libertà e il benessere, l’America e il modello americano, la cultura americana, la merce americana, la pace americana...), ma la lotta si origina e sviluppa unicamente sul piano della gestione del potere, di un potere privo di ogni e qualsiasi riferimento o significato superiore.

Il futuro, per gli oppositori naturali, si presenta perciò quanto mai difficile, e la resa - occorre riconoscerlo - sarebbe la soluzione più logica e ragionevole.

E tuttavia, guidati dalla stessa illogicità e sragionevolezza, con il pessimismo cioè della ragione e l’ottimismo della volontà (per non citare a sproposito A. Gramsci), è solo «a sinistra» e là solo che troviamo, confusi e spesso sommersi dal frastuono del politicamente corretto, quei «segnali di vita» necessari per continuare a battersi...

A sinistra, quindi.

Una sinistra sui generis, certo, che già soffre i forzati futuri apparentamenti con una sinistra radical-borghese, da una parte, e con una sinistra vetero-massimalista dall’altra. Ma una sinistra, la nostra, che a fronte di uno scenario costruito su «negazioni assolute ed affermazioni sovrane», dovrà schierarsi rompendo con gli indugi e le nostalgie del passato, e rischiare in proprio. Rischiando anche, presumibilmente, l’incomprensione di alcuni vecchi amici.

L’involuzione a destra, infatti, cui si è assistito in questi ultimi anni - anche in ambienti e persone che pure niente hanno da spartire (tanto per esser espliciti) sotto il profilo morale, intellettuale e politico con la canaglia neo-alleata di casa nostra - non fa ben sperare, in fatto di reciproca comprensione. E nemmeno sperare in futuri ripensamenti, da parte di chi aveva peraltro saputo esprimere idee, e vivere situazioni, volte alla disintegrazione del sistema, all’anti-mondialismo o al nazional­comunismo, ed adesso si ritrova attiguo al Cav. Berlusconi, ovvero ai settori più visceralmente reazionari e razzistici della sua Casa.

In questo sconsolante quadro vanno lette - più in basso, a destra - le scelte di chi si è voluto autodefinire «forza nuova» e «unica opposizione», ma poi, una volta regolarmente incassato il proprio zero-virgola-qualcosa di bottino elettorale al primo turno, al secondo - con altrettanta regolarità - dà indicazioni di voto a favore del Polo, fosse pure rappresentato dal più impresentabile dei candidati possibili... E che dire di quei gruppi «rivoluzionari» - veneti, nella fattispecie - che, stando a quanto ne scrive una rivista d’area, vanno a fare i piazzisti della premiata ditta Bossi & Borghezio?!... Stendiamo infine un velo su tante di quelle troppe riviste e rivistine: sempre più chiuse e ottuse, sempre più autoreferenti e retrodatate... basta, pietà!

Ed è anche per farla finita, farla finita con questa destra con i paraocchi, patetica e velleitaria, rancorosa e permalosa, che dobbiamo andare in altra direzione. Abbandonando, senza ulteriori rimpianti e torcicolli, i tanti che (a loro dire) in perfetta buona fede e virtuale camicia nera, a destra ancora insistono e resistono, e lo fanno nei circoli e nelle sezioni di partito, nei consigli e nelle assemblee istituzionali «per salvare il salvabile», «per non consegnare l’Italia al comunismo», «per lavorare dal di dentro», «per non rinnegare e non restaurare» basta.

* * *

Ci sono parole, e frasi, che segnano il percorso formativo di ciascuno di noi. Una di queste risale, nel mio caso, alla fine degli anni ‘60 ed appartiene a Per Enghdal, co-fondatore del Movimento Sociale Europeo: « Né a destra né a sinistra. Più avanti».

Ancora oggi, a distanza di anni, non avrei difficoltà nel riconoscermi nell’aforisma del pensatore svedese. Quell’affermazione continua infatti a piacermi, sia per la sua immediata visibilità, sia per la puntuale, orgogliosa dichiarazione di alterità che essa sottende.

Sicché da parte nostra (....se posso insistere con il plurale di rappresentanza) sarebbe semanticamente corretto continuare a situarci al di fuori delle vetuste aree di destra e di sinistra, se non sussistessero - oltre alle accennate ragioni tattico-strategiche - altre, diverse ragioni per una scelta di campo necessaria e diversa.

Riporterò qui per sommi capi alcune di esse, aspettandomi che altri vorranno approfondirle o trovarne magari altre, di ragioni, da tradursi in un comune progetto operativo.

Una premessa: il ripensare anche in termini topologici al proprio ruolo politico - così come si va facendo, ad es., nell’arcipelago no global - non è riducibile a questioni di mero nominalismo, frutto di astrazioni più o meno brillanti. No, il problema dello schieramento destra/sinistra esiste, eccome, e va ben oltre le etichette. E’ un problema che pesa, poiché si tratta di compiere scelte che, non volendo essere incapacitanti, tengano presente l’importanza che nel sistema odierno rivestono l’immagine, il logo, la griffe: che è oggi l’abito, a fare il monaco.

Quanto ciò costituisca un aspetto degenerativo, mi risulta evidente. Ma tale evidenza non sposta affatto i termini del problema: nella «società aperta» (di cui saremo pure «nemici», ma nella quale ci tocca respirare) quel che conta è come e dove ci si presenta. E per contare, pesare, e ...stare in società occorre possedere un’identità propria, forte e riconosciuta. Occorre(rebbe), nel caso nostro, che dal superamento dell’endiadi, destra/sinistra emergesse con assoluta evidenza l’ubi consistam dove fissare il nuovo, più avanzato radicamento.

A favore di un’ipotesi alternativa «oltre la destra e la sinistra» gioca la ben nota crisi ideologica cui sono pervenute quelle due contrapposte categorie, viste ormai da più parti e da varie prospettive quali labili e spesso fittizie linee di demarcazione. Sappiamo anche che una tale bipolarità si palesa oggi insufficiente a spiegare, a comunicare, ad interpretare le complesse realtà del mondo contemporaneo. E si potrebbe persino aggiungere come tutto ciò costituisca una sorta di rivincita per quanti, non da oggi, rivendicano la loro estraneità rispetto a formule mutuate da schematismi ottocenteschi, già di fatto superate dai movimenti politico-culturali in auge fra le due guerre mondiali... Ma non sarebbe - e non è questo, insisto - il punto!

Il punto, il nodo gordiano da sciogliere, è che la naturale attrazione di noi antagonisti verso le

frontiere «al di là» della destra e della sinistra riesce politicamente legittima (e non solo storicamente o dottrinalmente legittima), soltanto se viene reso suasivo il proprio essere altrove. Ma questo altrove, una volta individuato, sarà poi riconosciuto, ed in prospettiva reso sufficientemente aggregante, così da incidere nel tessuto sociale del terzo millennio?

Per rispondere (negativamente) alla domanda, occorre tener presente che qualsiasi prodotto di questa “società dei consumi” resta fuori mercato, se prima non entra in un circuito promozionale ad hoc. Di qui la mancanza d’attrazione per quanti (uomini, merci, idee...) se ne stiano, volontariamente o meno, al di fuori da un simile processo ideologico-commerciale. Possiamo ancora una volta lamentarcene, ma resta il fatto che fuori dagli spazi legali di destra e/o di sinistra non è oggi pensabile assumere ruoli politicamente autonomi e non periferici. Beninteso, agli antagonisti per così dire tradizionali non sono precluse prese di posizione originali, coraggiose, in sé valide ed intelligenti – e perdenti però – ché, nel migliore (!) dei casi, queste verranno inglobate e distorte da chi di quegli spazi e circuiti è controllore e padrone.

…Tanto varrebbe allora riappropriarsi in silenzio, e con la massima discrezione, delle vecchie postazioni di destra, certamente più confortevoli e sicure che in un recente passato.

Sto facendo ricorso (spero non si nutrano dubbi in proposito...) ad un paradosso, ma non c’è dubbio che ribadire e ridefinire un «ritorno a casa», sarebbe un’opzione non solo realistica (a destra c’è posto...), ma non necessariamente priva di una sua dignità. Se non fosse - anche qui - per la presenza di fattori condizionanti ogni possibile scelta in tal senso. Fattori trainanti il termine «destra» - lessicalmente sinonimo di lineare, retto, diritto, in antitesi a una sinistra intesa quale obliqua, deviante, sinistra: appunto - verso significati più vincenti e moderni, che meglio si confanno all’odierna rappresentazione del liberalismo, del progresso, del libero mercato e via dicendo.

Di conseguenza sarebbe teoricamente lecito distinguere tra destra e destra, precisarne i vari contenuti e (tentare di) mettere ordine in materia. Ma quand’anche si riuscisse a dimostrare, documenti alla mano, che i Vandali furono un popolo pacifico, contrariamente a quanto se ne era detto e scritto in tutti questi anni, una tale verità riuscirebbe a far sì che la stragrande maggioranza della gente fosse finalmente indotta ad associare l’immagine del «vandalo» a quella del laborioso borghese svizzero, e a ritenere «il vandalismo» sinonimo di civiche virtù e di quieto vivere?!

Voglio cioè intendere, con questo ragionamento per assurdo, che dirsi di destra (o, anche per via del medesimo principio, «fascisti»), per quante buone ragioni i revisionisti possano idealmente accampare, resta una scelta comunemente equivocabile e impopolare. A meno che, ben s’intende, si faccia parte della ben nota «grande destra» tecnocratica e liberista, moderata e pragmatica, con la quale - per inciso - il Fascismo ebbe in realtà ben poco a che fare, e nemmeno noi, del resto...

* * *

Le scelte di campo si devono dunque compiere, consapevoli che i sofismi dialettici (sulla vera destra, ad es., o i ristabilimenti della verità sul Ventennio), assai poco rilevano in un contesto socio-culturale quale l’attuale, in cui gli onnipotenti media frantumano ed appiattiscono ogni emergenza, ogni potenzialità fuori misura. Pertanto, quanti si riconoscono su posizioni anticonformiste non possono continuare ad abitare luoghi (da altri, dai più) sconosciuti e resi malfamati. O meglio: possono, ma auto-condannandosi ad una polverosa testimonianza.

Il «portarsi non là dove ci si difende, ma là dove si attacca» richiamato da Evola in Cavalcare la tigre varrà allora ad indicare dove, senza cadute di livello o alibi fuorvianti, attestarsi per essere credibili; e credibili per «fare politica», e non solo parlarne.

Dovendoci dunque schierare, pur scettici sull’intrinseco valore degli schieramenti, dovendoci dare dei contenitori, pure nella consapevolezza della loro adattabilità ai contenuti, resta aperta una sola via, «la via della mano sinistra».

Facendoci forti di una debolezza: che qui, nella mega-civilizzazione andatasi stratificando da un paio di secoli, oggi al suo massimo spessore, non è questione di preservare o conservare alcunché. Che i problemi posti dalla globalizzazione e dal Nuovo Ordine Mondiale richiedono a chi non ci sta l’assunzione di responsabilità ben maggiori, e assai diverse, di quelle espresse sinora.

A costituire le ragioni fondanti dell’opposizione, sarà la riaffermazione del primato del politico sull’economico, del sociale sull’individuale. Contro le spinte egoistiche delle destre opulente. Contro l’egemonia tecnocratica e finanziaria sulla nostra vita. Contro la crescita abnorme dell’affarismo e del mercantilismo su tutto e su tutti: popoli, religioni, costumi, etnie.

E - a livello di ipotesi, di ipotesi praticabile - penso ad un’intesa, dapprima strategica e quindi organica, contro e per le ragioni sopra esposte. Penso, restando con i piedi per terra, che il futuro potrebbe riservarci due schieramenti non rientranti nelle obsolete categorie lib/lab, bensì riconducibili a logiche del tutto nuove, trasversali alle destre e sinistre partitiche. Ritengo anche che il discrimine tra «noi» e «loro» dovrà essere l’adesione, o no, alle logiche liberal-capitalistiche: da una parte, un fronte a difesa della solidarietà e della partecipazione, dei valori originari di libertà e di socialismo, dell’indipendenza e della dignità nazionale; dall’altra, lo schieramento degli attuali vincitori, vincitori in nome e per conto dei Padroni della Terra.

Eppure, in quest’epoca laidamente secolarizzata, e, nonostante gli individualismi disgregatori e le omologazioni massificanti, è presente una domanda, ineludibile di radici, di tradizioni, di certezze, di patria.

E non saremmo noi in grado di dare una risposta con-vincente a una tale richiesta, senza l’ancoraggio ad un sistema di valori da sempre attuali, che, unitamente alla riscoperta della «religione dello stare assieme» come amava dire Beppe Niccolai, dia corpo ed anima a una volontà di autentica giustizia sociale.

Nessun timore dunque se, nell’equazione che dobbiamo e vogliamo risolvere, l’incognita «sinistra» è l’unica in grado d’esprimere la nostra volontà di futuro e la nostra volontà di cambiamento. Non abbiamo del resto alle nostre spalle il deserto. Spunti stimolanti e non impertinenti si ritrovano, come sappiamo, in un Sorel e in un Berto Ricci, in Filippo Corridoni e nel d’Annunzio della Carta del Carnaro; in movimenti quali le Croci Frecciate ed il primo Falangismo... E, a voler rimanere nell’ambito del Fascismo italiano, risulta oramai pressoché pacifico sostenere che esso sia stato di sinistra nelle fasi iniziali e terminali della sua storia, ovvero riproporre la ben nota suddivisione defeliciana tra fascismo/regime e fascismo/movimento nei termini bipolari di destra e sinistra...

Tutto ciò credo sia abbastanza noto. E costituisce sicuro punto di orientamento e base di partenza per un’avventura che, per essere vissuta, dovrà trovare altri compagni di viaggio, di diversa provenienza ed esperienza, per i quali - come intitolava Rinascita il 26 luglio scorso - esista «un solo vero nemico: gli USA». Il resto, come si dice e si spera, verrà

 

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Socialismo Tricolore

Il Socialismo è nato centinaia di anni addietro proprio per difendere i più deboli, gli oppressi, i senza voce . Nel clima sociale legato ai processi di globalizzazione l'esigenza di solidarietà e giustizia è ancora più forte. Per questo non hanno più senso le vecchie categorie sinistra/destra omologate dal neoliberismo, ma vanno rivendicati, senza paura, i diritti sociali gravemente minacciati da un super senza vergogna per i suoi fallimenti capitalismo e sempre più guerrafondàio. Con Socialismo Tricolore diario voce a questa esigenza di sintesi tra giustizia sociale e sovranità nazionale.

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In " Gli uomini e le rovine/e Orientamenti."Julius Evola traccia(a dire dei suoi esegeti)i principi fondamentali di una"dottrina dello Stato"sulla base di un"tradizionalismo integrale"e una visione della vita a carattere "rivoluzionar-conservatore" :"Rivoluzionaria", con negazione delle ideologie e dei miti che dominano il mondo dell’attuale decadenza europea e specialmente italiana (anticapitalismo, antiliberalismo, anticomunismo); "Conservatorice ", come ripresa in tutti i domini dell’idea aristocratica, gerarchica e qualitativa che ha già costituito la base di una superiore tradizione dell’Occidente: dei principi della superiore tradizione occidentale il "senso della autorita' e del vero Stato".

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BASTA NAZI ANTIFA Friday October 03, 2003 at 11:27 PM
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