Posto la riflessione di Ginatempo tratta dal "Granello di Sabbia" di Attac. Un elemento di riflessione in più che francamente condivido.
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1 - A proposito delle nostre pratiche e della manifestazione del 04 ottobre __________________________________________________________
di Nella Ginatempo (Bastaguerra! e Convenzione permanente donne contro la guerra)
DISOBBEDIENZA CIVILE Parto dalla mia esperienza. Molte volte ho partecipato a pratiche di disobbedienza civile. Occupazioni di case e facoltà universitarie. Catene umane e blocchi stradali. Più di recente, col gruppo di lavoro Bastaguerra, ho rischiato varie volte l'arresto e altre seccature con la "giustizia". Dalla contestazione del Ministro Frattini dentro la seduta del Senato, ai blocchi stradali davanti all'ambasciata USA e a palazzo Chigi, alla contestazione della parata militare del 2 giugno, alle azioni di disturbo al cambio della guardia al Quirinale. Con le compagne di Ya Basta e del Forum delle donne abbiamo fatto una bella azione di occupazione e blocco del Ministero della Difesa. Insomma disobbedire mi piace, però non mi piace lo stile militare. Dal punto di vista culturale ed estetico disapprovo il fronteggiamento e lo scontro organizzato più o meno soft con le forze dell'ordine. Si può dire che l'estetica è un fatto personale, tuttavia credo che i gusti siano influenzati da una cultura lungamente introiettata. La mia cultura è femminista e pacifista, mi viene dall'esperienza delle Donne in Nero a Messina, dalle manifestazioni a Comiso e dalla Lega per il Disarmo unilaterale, poi dalle esperienze romane, dal Forum delle donne del PRC, dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, dal gruppo di lavoro che ho contribuito a costruire (Bastaguerra del Fse). Mi sono fatta l'idea che bisogna smilitarizzare le menti e le pratiche di piazza, come il linguaggio e i territori, così qualunque mimesi della forza, anche simbolica, mi sembra sgradevole e vecchia.
REGOLE Un movimento plurale fatto di tante anime diverse deve necessariamente seguire delle regole di convivenza se vuole evitare il verificarsi di eccessi di competizione o di predominio di un pezzo rispetto ad altri pezzi. Credo sia necessario richiamare due regole che oggi mi sembrano appannate dalla manifestazione del 4 ottobre. I regola: le pratiche di movimento seguono il metodo della nonviolenza ed escludono il danneggiamento a persone e cose (Carta di Porto Alegre I). II regola: quando si producono iniziative unitarie di massa, alle quali partecipano tutte le anime del movimento ed a cui si chiama a partecipare tutta la società civile, bisogna evitare ogni forzatura, stimolare il massimo coinvolgimento e la piena condivisione del programma. Ciò perché l'obiettivo del movimento è allargare la partecipazione e dunque bisogna evitare accuratamente di coinvolgere in pratiche non pienamente condivise masse di persone, esponendole a rischi e conseguenze che non hanno deciso di affrontare. Perciò credo che le azioni di disobbedienza civile che comportano rischi personali non siano opportune, parlando in generale, nei cortei unitari di massa oppure debbano avvenire in un modo lungamente concordato e in condizioni di sicurezza per la maggioranza dei partecipanti al corteo (la quale maggioranza non partecipa direttamente all'azione - innanzi tutto per motivi logistici - ma è esposta alle conseguenze generali dell'azione di pochi).
VIOLENZA E NONVIOLENZA La cosa peggiore che ci può accadere è assomigliare al nostro avversario. Le forze dell'ordine ci minacciano con la loro violenza: ultimo anello di una lunghissima catena di VIOLENZA del potere che si fonda sugli interessi e le strategie dei signori della guerra e del capitale che hanno potere di vita e di morte su milioni di esseri umani. I celerini e i carabinieri sono la più piccola materializzazione di questa violenza, i cagnolini al servizio dei giganti, non sono loro il vero nemico. Banale. Ma non sarà banale assumere il punto di vista che se rispondiamo alla violenza con la violenza non facciamo che alimentare lo stesso mito della forza che da millenni abita il mondo e che è stato alimentato dal patriarcato e dal capitalismo. Vogliamo resistere, disobbedire, confliggere. Eppure dobbiamo controllare "la parte oscura della forza" che è in noi, così come la nostra creatività controlla e frena la nostra distruttività. Perché dobbiamo? Perché il messaggio di vita che è nel nostro movimento, può sommergere e fermare il messaggio di morte che il capitalismo globalizzato ci lancia ogni momento. E' possibile alzare il livello di conflitto senza ricorrere alla violenza? Secondo me si. Dobbiamo ancora cercare. Ribellarsi può significare anche sottrarsi allo scontro fisico per cercare forme più efficaci. Più efficaci, sì. Infatti personalmente non credo che violare una zona rossa o sfondare un cordone di polizia sia efficace. Il prezzo che si paga in termini di cariche, scontri, scompaginamento di un corteo di massa, tensione, cupezza e alla fine sfiducia è troppo alto. Il risultato viene presto deformato mediaticamente dall'avversario che ti assimila ai teppisti dello stadio. Il messaggio di ribellione e cambiamento non raggiunge il grosso della società che vogliamo raggiungere. Per questo credo che non sia efficace. O forse per efficacia si intende la nostra capacità di condizionare le scelte dei potenti. Ma si pensa davvero che il vertice del WTO a Cancun sia saltato perché le donne hanno tagliato le reti? Io credo che il movimento nostro in tutto il mondo, con la capacità che ha avuto di influenzare la vita e il pensiero di milioni di persone, ha modificato i rapporti di forza, fino a dare ad alcuni paesi sfruttati dall'Occidente il coraggio, attraverso i loro rappresentanti, di puntare i piedi, di coalizzarsi, di dire NO. Credo che sarebbe avvenuto lo stesso con altre forme di protesta e di contestazione visibile. Continuo a ritenere che i cortei unitari di massa, pacifici e oceanici come il 15 febbraio siano la forma più efficace, proprio per condizionare i potenti delle cosiddette democrazie occidentali. Non è stato ancora sufficiente a fermare la guerra permanente globale, ma, come dice Arundhatj Roi, ha reso l'impero nudo. Adesso si tratta di diffondere in modo capillare la disubbidienza civile al mercato attraverso il boicottaggio economico e le pratiche quotidiane di ribellione e contestazione. L'impero non si può contrastare con la forza ma con la determinazione di miliardi di deboli che lo dissolvono dall'interno, obiettando, disobbedendo, cambiando consumi e modelli di vita.
FIRENZE E NOI. Ieri ho pensato che Firenze è stato il nostro trionfo (e poi il 15 febbraio il nostro miracolo). Non il gesto esemplare di poche avanguardie (che pure serve anche quello per lanciare messaggi) ma l'occasione di partecipare per un milione di persone. Abbiamo dimostrato la forza immensa dell'unione del popolo della pace e la bellezza di una protesta democratica, pacifica, sicura, gioiosa. Da Firenze a Roma del 4 ottobre è successo qualcosa che ci ha fatto perdere: siamo come pesci che hanno perso il contatto con l'acqua in cui devono nuotare. E sono terrorizzata all'idea che le persone che hanno visto le immagini sugli scontri all'EUR possano aver cambiato idea su di noi. Non avevamo dimostrato al mondo ed ai razzisti come Oriana Fallaci che siamo l'esatto contrario dei teppisti, dei devastatori, dei violenti? Non avevamo dimostrato col nostro corteo di 1 milione di persone che il massacro di Genova era stato provocato dallo Stato e dalle sue forze del disordine? Che gioia far vedere il nostro amore per Firenze, il nostro amore per la pace, per la libertà dei popoli, per la giustizia. Ambasciatori di un altro mondo possibile. Che pena vedere alcuni di noi usare metodi simili a quelli dei nostri avversari! Pensiamo di usare come leva del nostro successo politico e mediatico la rabbia metropolitana dei ragazzetti di periferia? Dovrebbe farci paura quella distruttività, dovremmo saperla volgere in nuovo amore. Se non siamo capaci di produrre subito un messaggio di creatività saremo travolti. Che bel regalo a Oriana Fallaci e a tutti i razzisti del mondo!!!
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