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Lettere dal F.I.E.S. (3)
by NO PRISON Friday October 10, 2003 at 03:28 PM mail:  

HUELVA

...nostro amato compagno Francisco Ortiz Jimenez (Paco) é morto il Sabato scorso, 19 Luglio, nel carcere di Badajoz modulo 7 F.I.E.S.

si cerco"la liberta" attraverso il suicidio con una dose mortale di pastiglie, una forma molto dura per fuggire definitivamente dalla realtá carcere e isolamento che non poteva piu´sopportare.

Paco lo conobbi qui nel modulo F.I.E.S. di Huelva piú di due anni fá e lo apprezzavo molto, tutti quelli che lo hanno conosciuto lo amavano molto.

Mi diceva che "amava la vita, la vera vita in piena libetá... non quella che facciamo qua nel modulo di isolamento...’’ Questa non era una vita che valeva la pena di vivere.

Da quando entró in carcere l'ultima volta, tre anni fá, tentó per sette volte di togliersi la vita, l’ultimo tentativo fu in Jaen II, tagliandosi le vene il 22 Marzo 2003, peró non ci riuscí, la vita, troppo forte nel suo cuore, rifiutó la morte un altra volta.

Ricordo che in una delle sue lettere che recevimmo mi disse "incredibile, sembro immortale."

In Huelva quando stava qui con noi tento´per due volte, lo portarono all'ospedale e ritornó dopo pochi giorni come se non fosse sucesso nulla... un poco nauseato, questo sí, peró tranquillo nella sua determinazione.

"La vita," mi diceva "é un bene che ci appartiene ad ogni uno e abbiamo il diritto indiscutibile di fare di questa il meglio che vogliamo."

Paco si é passato quasi tutta la sua vita in carcere. Vent’anni, lottando contro le ingiustizie del sistema penitenziario, lottando per la vita e per la libertá degli altri e per la sua... e adesso dopo tanti anni gli mancó la forza per ritornare a cominciare.

L’ultima volta che parló in uno scritto commentava la sua situazione da quando partí da qui durante un trasferimento verso Jaen II, annunciato anteriormente da una notifica della direzione dove poneva che era "debito a facilitare il suo recupero..." quello di facilitare qualcuno mettendolo in Jaen II era una stronzata, (io sono passato di li e so molto bene come é duro).

Convertirono il suo trasferimento in una specie di sanzione nascosta e quello che succedeva all’uscita dell’ospedale... dimostra, se fosse necessario, quanto ci amino quelli dell’istituzione penitenziarie.

Aver messo lí il nostro compagno per "propiziare il suo adattamento" fu una sfacciata menzogna, li si distruggono i prigionieri. Si intenta di, annichilirlo, togliendogli il poco di allegria che ancora gli rimane. Potete immaginarvi il suo malessere nel puzzolente modulo F.I.E.S. di Jaen II, laggiú isolato, allo scuro, solo e in silenzio, il luogo idoneo e il piú somigliante ad una tomba, non a caso anche lí tentó un’altra volta di togliersi la vita. A prescindere dalla sua situazione e stato d’animo, assieme a prigionieri che arrivarono dopo fu protagonista di una lotta per bloccare il progetto che avevano pensato, trasformare il F.I.E.S. di Jaen II in un modulo di doppio utilizzo per prigionieri F.I.E.S. di prima e di seconda fase, in modo uguale a quelli di Picassent (Valencia). Le proteste, a tutti i livelli, furono efficaci e la direzione non poté ottenere quello che desiderava. Paco fu trasferito al F.I.E.S. di Badajoz un modulo di seconda fase dove morí.

E adesso che non ci vengano con stronzate, per noi é chiarissimo, tutte le morti in un carcere sono un crimine di stato, essi sono responsabili di creare le condizioni perché questo succeda.

Risulta difficile fare capire agli altri il perché succendano cose cosí; come spiegare la realtá e i danni che provoca in ognuno di noi gli anni e anni di isolamento?

Nell’incontro che ebbe luogo in Olanda nel Dicembre del 2002, si commentó che "l’isolamento é una delle forme piú estreme di repressione, qualcosa come la tortura fisica o l’assasinio, un mezzo per distruggere idee in generale e le idee in generale e le politiche in paritcolare, una tortura bianca concepita per eleminare il carcerato."

Io aggiungerei anche l’aspetto vendicativo dell’isolamento... una particolare vendetta nel sistema di dominio, contro quelli che per una ragione o per l’altra, si sono messi contro di lei e hanno rifiutato qualsiasi intento di sottomissione.

Parlare di isolamento é avvicinarsi a una realtá di morte che costa molto intendere, quando non si parla di morte fisica si puó tranquillamente palare di cerebrale, la pazzia scorre per questi corridoi.

Perfino gli esperti del ministero non possono negare lo squilibrio mentale del prigioniero dopo 10 anni passati in isolamento.

E´ per dirlo in un modo semplice, l’aver sostituito la pena di morte con qualcosa di peggiore come la segregazione in vita per un tempo indeterminato.

Vivere cosí le 24 ore del giorno tra una gattabuia dove si vede solo un pezzo di cielo e un patio di pochi metri quadrati, é qualcosa che produce effetti psicologici devastanti nella personalitá del prigioniero. Il potere ha fra le sue mani una macchina di distruzione piú efficace della sedia elettrica, e questo e´giustamente quello che costa molto capire alla maggioranza delle persone libere.

Fino a che non arriveremo ad equiparare l’isolamento alla pena di morte, qualsiasi lotta contro il carcere si convertirá in qualcosa di superficiale e di scarsa possibilitá di progressione... perché si starebbe dimenticando la parte piú importante, piú annichilatrice, e la piú effettiva di tutto l’insieme del sistema repressivo sociale messo in atto ultimamente.

Come carcerati sappiamo che non abbiamo un altra soluzione, disgraziatamente e da tempo che stiamo assaporando il velenoso ambiente del carcere, sappiamo che se ci fermiamo di rivendicare i nostri diritti, andiamo a perdere tutto il poco che fino ad adesso abbiamo ottenuto.

Cosi che continueremo ad essere quello che siamo...dei prigionieri... senza opzione che scegliere di continuare lottando e vivendo per qualcosa in cui crediamo, peró temo molto che le lacrime che caderanno per il nostro amato Paco continueranno a cadere per molto piú tempo... se fra tutti non mettiamo un freno a queste bestie che ci dominano.

Questo e il mio contributo al dibattito...

Quelli del modulo F.I.E.S. di Huelva.

Claudio

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