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- genova -
Senza gradi per piazzare le molotov. Nella Diaz Troiani li tolse dalla divisa.
by F. (dal Secolo XIX del 19.10.03) Sunday October 19, 2003 at 05:54 PM mail:  

Due articoli dal Secolo XIX di Genova di oggi: Senza gradi per piazzare le molotov. Nella Diaz Troiani li tolse dalla divisa. All'uscita li aveva. G8, i filmati confermano un particolare importante segnalato da Mortola (digos). I legali: il Ris non se n'è accorto.

Genova.
Sono due immagini, fissate dagli obiettivi. E sono due immagini che cambiano la storia dell'irruzione nella scuola Diaz, il blitz delle polemiche e dei feriti che concluse due giorni di violenze di strada al G8. Due scatti e un particolare decisivo sfuggito, misteriosamente, agli esperti del Ris dei carabinieri, che quei filmati hanno analizzato e studiato nei dettagli. Qual è il dettaglio? In alcuni videogrammi Pietro Troiani non ha i gradi sulla divisa. Qualche minuto dopo ricompare, sfilando con il reparto mobile di Roma alla fine della turbolenta perquisizione, con i gradi.
Sembrerebbe solo un dilemma petroliniano, se non fosse che Pietro Troiani è l'uomo intorno al quale ruota tutta la vicenda delle false molotov. I due ordigni introdotti nella scuola per essere utilizzati come false prove e giustificare così l'arresto di 93 no global; Troiani li porta all'intemo dell'istituto, e si è sfilato i gradi dalla giacca dell'uniforme di ordinanza. Ricompare più tardi, quando le molotov sono già state portate nel cortile dell'istituto e, come in un gioco di prestidigitazione, i gradi dorati di vicecommissario fanno bella mostra di sé.
C'è anche una consulenza autorevole, che avvalora questa lettura delle immagini. E' quella di Nello Balossino, perito informatico dell'Università di Torino. E' l'esperto che in un altro caso che riguarda il G8, la tragedia di piazza Alimonda con la morte di Carlo Giuliani, individuò il calcinaccio che deviò il colpo esploso dal carabiniere Mario Placanica.
Il "trucco" di Troiani è il punto chiave della memoria che Spartaco Mortola, l'ex capo della digos genovese, ha presentato,,alla procura della Repubblica, al pool di magistrati che indagano sui fatti del G8. Sedici pagine fitte di appunti e considerazioni. Ma anche di critiche severissime agli esami del Ris dei carabinieri. Mortola, oggi capo della polizia postale della Liguria, è assistito dagli avvocati Alessandro Gazzolo e Maurizio Mascia.
La scoperta del dettaglio decisivo (i gradi mancanti) appare come la conferma delle sue dichiarazioni. Mortola, infatti, è l'unico tra gli indagati a non aver mai modificato la prima versione: ha visto le due bottiglie molotov all'interno della scuola, nelle mani di due agenti, e non all'estemo, come nella ricostruzione della procura. Non è un elemento da poco. Perché modifica tutte le circostanze fino a oggi ipotizzate sull'arrivo delle bottiglie incendiarie nella scuola. E avvalora le dichiarazioni che l'ex numero uno della digos genovese ha fino a oggi rilasciato davanti ai magistrati.
Ricordiamo: un filmato immortala un gruppo di funzionari di polizia nel cortile, tutti intorno al sacchetto. Sembra quasi essere, nell'idea dei pm, una riunione organizzativa per preparare la trappola, il trucco per incastrare i no global. Invece non è così.
Nella nuova versione, invece, le bottiglie arrivarono prima nella scuola, portate dallo stesso Troiani e dal suo autista Michele Burgio. Nuova trappola: vengono mostrate a un ignaro Mortola, come appena ritrovate. Perché Troiani si è tolto i gradi prima di entrare? Qualcuno gli ha suggerito questo espediente per camuffarsi tra gli agenti? Sicuramente non è stato uno sbaglio, una disattenzione, una "leggerezza", come il vicequestore romano ha sussurrato davanti ai pm.
Gli avvocati di Mortola insistono: «II nostro cliente ribadisce con veemenza, nel caso in cui qualche falsità sia stata perpetrata, di essere stato turlupinato». Se Troiani è entrato nella scuola togliendo deliberatamente i gradi dall'uniforme, come sostengono i legali di Mortola, può essere proprio lui la persona che l'ex capo della digos vide nella palestra della Diaz. In linea con tutte le sue dichiarazioni.
E se proprio si volesse sostenere che quell'agente non era Troiani, si potrebbe pensare sia una terza persona. Chi? Colui che viaggiò a bordo della jeep che portò le due molotov nella scuola. C'era Troiani, c'era Burgio. Ma c'era anche un altro poliziotto, fino a oggi sconosciuto. «Una lacuna accusatoria», insistono Gazzolo e Mascia. Un ennesimo mistero irrisolto nella notte della Diaz.
Ma la memoria degli avvocati Gazzolo e Mascia critica i Ris, il reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri: «Non è un caso che abbia effettuato accertamenti di tutti i tipi, partendo da quesiti incongrui e pervenendo a conclusioni cassate da prestigiosi periti del giudice terzo e imparziale». E anche sulla vicenda dei gradi di Troiani la staffilata è dura: «Pare che gli attentissimi investigatori del ministero della Difesa, tutti intenti a cercare il pelo nell'uovo e a spaccare il capello (ma non quello di Cogne) in quattro si siano lasciati sfuggire quell'elemento».

Marco Menduni





I difensori degli agenti: «Processo a Torino perchéè coinvolto anche un magistrato»

Genova.
La battaglia legale è appena iniziata. Finirà a Torino il procedimento contro trenta poliziotti per l'irruzione nella scuola Diaz? Gli avvocati affilano le armi. Sono pronti a sollevare questa eccezione, che verrà depositata domani in procura, come anticipato ieri dal Secolo XIX.
Sono i legali di alcuni alti dirigenti della polizia, che il 12 settembre hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Si sono riuniti l'altro giorno a Roma per decidere le strategie: un summit affollato, ma al quale hanno dato forfait gli avvocati genovesi. «Esiste nei verbali di interrogatorio del dottor Spartaco Mortola — sottolineano i difensori — una notizia di reato a carico del sostituto procuratore Francesco Pinto che i pubblici ministeri genovesi hanno risolto all'intemo del loro ufficio, quando la competenza per legge è della Procura di Tonno perché si tratta di un magistrato».
La dichiarazione di Mortola che, secondo i difensori, costituirebbe la notizia criminis a carico del pm Pinto, riguarda una frase che il magistrato avrebbe rivolto al dirigente della squadra mobile della Spezia Filippo Ferri (a sua volta indagato) raccomandandogli di mettere in evidenza il ritrovamento all'interno della scuola delle due bottiglie incendiarie. Pinto, alla notizia dell'iniziativa delle difese, ha commentato citando Cicerone: «Multa renascuntur, quae iam ceciderunt». molte cose rinascono che già furono sepolte.
Ricordiamo: nel corso di un interrogatorio il pm Enrico Zucca contesta a Mortola che nessuno dei dirìgenti di Ps ha saputo indicare dove erano state trovate le molotov. Mortola risponde di aver saputo dal collega Ferri che il suggerimento sul luogo da indicare nel verbale era arrivato dal pm di turno. Pochi istanti dopo, incalzato da Zucca, ritratta: «Sono in stato emotivo, ho fatto delle affermazioni che non corrispondono al vero, mi sono sbagliato». La procura convoca allora Filippo Ferri, che nega la circostanza. Ma è, per i difensori, un'iniziativa erronea, sbagliata: «A quel punto sarebbero già dovuti intervenire i pm di Torino».
Le indiscrezioni: l'eccezione per spostare il processo a Torino sarà depositata dai legali di Gilberto Caldarozzi, all'epoca vice direttore dello Sco, di Filippo Ferri, e di Giovanni Luperi, vice direttore dell'Ucigos. Il problema della competenza sarà sollevato anche nella memoria difensiva di Francesco Gratteri. all'epoca direttore dello Sco, ma non formalizzato come eccezione in questo frangente. Il difensore Luigi Ligotti ha scelto una linea differente: prima chiedere ai magistrati nuove indagini preliminari e un nuovo interrogatorio per il suo assistito; solo in un secondo tempo vaglierà l'opportunità di sollevare questa eccezione. E si avvicina, per dirla alla Pinto, l'ora del redde rationem, della resa dei conti.

Marco Menduni

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