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- economie -
Sugli scioperi del 24 e del 7 - spunti per la discussione
by un compagno anarchico della FAI Wednesday October 22, 2003 at 06:23 PM mail:  

Questo articolo apparirà su Umanità nova in uscita questa settimana

Molti lavoratori oggi, come è già avvenuto in passato e avverrà in futuro, vivono come negativo il fatto che vi siano due scioperi generali (quello di quattro ore di CGIL-CISL-UIL il 24 ottobre e quello dell’intera giornata dal 7 novembre indetto dalla CUB e dall’USI.
Noi abbiamo, e non è un’affermazione retorica, il massimo rispetto per i lavoratori che vogliono comunque esprimere l’opposizione all’attacco alle pensioni da parte del governo.
Per dirla tutta, è probabile che il 24 ottobre molti lavoratori scioperino contro il governo senza curarsi troppo delle piattaforme e della politica dei sindacati che hanno indetto lo sciopero. È altrettanto evidente che questa forza verrà utilizzata a precisi fini politici e sindacali e che su questi fini è legittimo ed anzi doveroso discutere anche perché se, come crediamo, questi fini non sono condivisibili, dobbiamo domandarci come operare per realizzare quello che è necessario fare a nostro avviso.
I risultati, i compromessi, la gestione politica di una mobilitazioni non sono infatti indifferenti per lo sviluppo di un movimento dei lavoratori indipendente. Gli stessi lavoratori disposti a mobilitarsi in un clima “unitario” faranno i conti con i risultati della loro azione e ogni momentanea eccitazione per l’impressione di forza che da la ritrovata e problematica “unità” fra CGIL, CISL e UIL potrà rovescirsi in disincanto ed in impotenza di fonte alle questioni che ci troviamo ad affrontare.
Crediamo che alcune questioni vadano affrontate nella massima chiarezza.
CGIL-CISL-UIL chiamano i lavoratori a scioperare per difendere la concertazione e, quindi, gli accordi che stabiliscono che gli aumenti retributivi devono essere inferiori all’inflazione programmata, quegli accordi che hanno determinato la radicale riduzione delle nostre retribuzioni negli ultimi anni. Oggi molti scoprono l’acqua calda e cioè che la massa dei cosiddetti lavoratori poveri è straordinariamente cresciuta, che le retribuzioni sono in caduta libera ecc..
Noi crediamo che ci si debba mobilitare per forti aumenti in paga base e che sia intollerabile che, a fronte di un’inflazione ufficiale del 2,8% e reale di oltre il 6% i lavoratori del settore privato e di quello pubblico si mobilitino per aumenti inferiori al 2%. La questione salariale, infatti, non può essere sottovalutata visto che la massa dei salari è un preciso misuratore del rapporto di forza fra le classi.
I sindacati istituzionali affermano di volersi opporre “senza se e senza ma” al taglio delle pensioni. È bene ricordare che due dei tre sindacati che hanno indetto lo sciopero del 24 ottobre hanno apertamente sostenuto la Legge 30 che determina l’ulteriore precarizzazione del lavoro in questo paese e tutti e tre hanno condiviso il pacchetto Treu che frantumava pesantemente il mondo del lavoro. Per fare un altro esempio, nella scuola, basta andare a leggersi il contratto recentemente firmato, hanno accettato il principio che gli aumenti retributivi siano legati al taglio degli organici.
Come mai sono diventati tanto radicali? È assolutamente evidente che quello che non tollerano è il fatto che il governo abbia preteso di decidere senza accordarsi con l’apparato sindacale. D’altro canto, i referenti politico-parlamentari dei sindacati istituzionali hanno già dichiarato che sulla riforma delle pensioni un “passo avanti” si può fare ed hanno mandato segnali precisi al padronato. Una film gia visto? Basta pensare al precedente taglio delle pensioni che hanno tranquillamente accettato dopo che, nel 1994 milioni di lavoratori si erano mobilitati per difendere il diritto ad un trattamento pensionistico dignitoso.
Sempre per fare un esempio, il 16 ottobre, per quanto riguarda la scuola, hanno avviato le procedure per il Fondo Pensioni Espero gestito congiuntamente da loro e dall’amministrazione. Verifichiamo come il vero problema, per loro, sia il controllo delle ingenti risorse che i Fondi Pensioni rastrellano.
Noi crediamo che la pensione, pagata con i contributi dei lavoratori, sia un diritto e che nessuno, governo, sindacati, padronato debba saccheggiare quanto i lavoratori hanno accumulato negli anni.
Questi stessi sindacati che chiamano i lavoratori all’unità si riservano il 33% dei posti nelle RSU del settore privato e, nel settore pubblico, negano il diritto di assemblea, di contrattazione, di agibilità sindacale al sindacato di base. Noi crediamo che la libertà sindacale sia un diritto di tutti i lavoratori ed una condizione necessaria anche se non sufficiente perché le piattaforme e gli accordi esprimano gli interessi dei lavoratori.
Ora lo stesso termine “unità” andrebbe usato con minor disinvoltura di quanto si faccia oggi. L’unità dei lavoratori non può essere confusa fra quella fra gli stati maggiori dei sindacati e non può svilupparsi che nella lotta e su obiettivi chiari.
L’unità dell’apparato sindacale è, per sua stessa natura, l’accordo fra concorrenti per il controllo del movimento dei lavoratori e delle cospicue risorse che gli accordi con il governo garantiscono alla nomenclatura sindacale. Dura il tempo necessario e si rompe appena i diversi segmenti dell’apparato si trovano a divergere su questioni nobilissime come la preminenza nel rapporto con le controparti, l’accesso ai finanziamenti, la ledership.

Il 7 novembre molti lavoratori sciopereranno per sviluppare l’organizzazione indipendente dei lavoratori, per dare voce e forza a chi non accetta la concertazione, per opporsi alla precarietà, per i salari europei, per la difesa della sanità, della scuola, dei diritti.
Sciopereranno su di una piattaforma sindacale precisa e non perché oggi c’è un governo meno simpatico di quello precedente o perché questo stesso governo è meno simpatico di quanto fosse un anno addietro.
Lo faranno, certo, in una situazione di forte difficoltà politica ed organizzativa e fra molte polemiche.
A maggior ragione è necessario fare di questo sciopero un momento centrale della nostra iniziativa, si tratta infatti, a differenza di quello del 24 ottobre, di uno sciopero per degli obiettivi e non solo contro gli eccessi del governo e del padronato.


Cosimo Scarinzi

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