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Parco della Murgia: Marcia Gravina-Altamura
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

20.ooo persone alla marcia Gravina - Altamura in difesa del Parco dell'Alta Murgia, 8 nov. 2003

Parco della Murgia: ...
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foto 2
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

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striscione contro le scorie nucleari
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

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foto 4
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

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foto 5
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

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foto 6
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

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critical mass
by xxxx Monday November 10, 2003 at 01:20 AM mail:  

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approposito
by xxxxy Monday November 10, 2003 at 02:24 PM mail:  

La produzione di merci presuppone una certa produzione di merda.
Siccome lo scopo della produzione di merci non è il soddisfacimento dei bisogni umani, ma il “bisogno” da parte dei padroni di far soldi, poco importa se per arrivarci si debbano avvelenare pecore e caproni.
Ma questo è solo l’effetto di un sistema che si è posto come sua unica base la legge del profitto cioè dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. E’solo l’effetto di un sistema in cui la classe vampiresca del padronato organizza la produzione solo ed esclusivamente per succhiare quanto più sangue possibile ai suoi lavoratori.
Quello che produce come lo produce non importa né al rampollo della giovane imprenditoria locale, né al vecchio vampiro della casa torinese (purtroppo morto un papa se ne fa un altro). L’importante, si sa, è far soldi. E lo sfruttamento del lavoro salariato, la proprietà privata, il nodo centrale di tutta la questione, non stiamo tanto a menarcela. Tutto il resto sono pugnette.
Lo sanno benissimo i proletari che da queste parti sono tenuti a bada con le minacce di un licenziamento e con un perenne e pervasivo controllo sulla loro produttività, ossia sul tempo che impiegano a tagliare, a cucire, ad assemblare pezzi di divani. Certo anche i padroni lavorano, il loro lavoro è quello di fare più soldi possibili col lavoro altrui, i loro mezzi quelli sul controllo dei tempi di esecuzione del lavoro tra un semplice “apri gli occhi” e la minaccia di licenziamento.
Questa parte dell’umanità, questa parte della “società civile” altamurana (così la si chiama per nascondere il suo carattere gerarchico)ha nelle proprie mani un potere, il denaro: è il potere sulle vite di un’altra parte della “società civile” che non ha altro mezzo per sopravvivere che la vendita del proprio lavoro, che farsi sfruttare (si dirà che esistono altre soluzioni, ma anche rubare è un lavoro).
Il denaro è il potere manifesto sulla produzione sociale; chi ne ha di più ha potere su chi ne ha di meno. Tale potere si manifesta oltre che nel rapporto tra gli individui, anche in quello del rapporto-scambio con la natura.

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Qualcosa è cambiato dalle lotte dei braccianti contro i notabili meridionali, ed è cambiato in peggio. La classe dei latifondisti è stata integrata nel processo generale di sfruttamento.
Il territorio tra Altamura, Santeramo e Matera è inscritto in un processo di produzione di valore (ovvero di sfruttamento di esseri umani) in cui la produzione del “mobile imbottito” ne costituisce il settore trainante. Migliaia di proletari sono organizzati e disciplinati, concentrati e integrati nel raggio di alcune decine di chilometri. Il territorio-fabbrica murgiano è stato pienamente integrato nell’ area metropolitana capitalista, nel processo di sfruttamento di produzione di merci: qui si produce l’imbottitura, lì si taglia la pelle, altrove si assemblano i pezzi. La murgia si presta bene alla produzione e lo stoccaggio di divani per l’enorme spazio a disposizione.
La cooperazione umana, l’industrializzazione, non è né una cosa buona, né una cosa cattiva (non appartenendoci tali categorie!) ma l’industrializzazione sotto il dominio del capitale ha come unico scopo la creazione di ricchezza, lo sfruttamento umano. Esso si estende a tutti i campi della vita sociale. Dove si può trarre un profitto, ovunque ci si può appropriare del lavoro altrui, ovunque si possa trarre un qualunque vantaggio economico.

_________________________

Il sistema in cui siamo immersi, frutto di un processo storico, è violento per costituzione.
Questo, il capitalismo, il regno dell’economia, marcia contro l’uomo. La reazione contro questo stato di cose è positiva quanto necessaria. Dimostra se non altro che non siamo morti. Lo spostamento dell’azione politica fuori dai partiti-muffa è una cosa tanto positiva quanto inevitabile. Il tentativo di reagire alla progressiva espropriazione dell’essere umano e del suo ambiente è il risultato non voluto dello scempio sociale, del saccheggio del territorio - dallo spietramento alla costruzione di un carnevale di capannoni industriali - cose avvenute nell’arco di pochi anni. Tutto con il consenso e l’approvazione dello Stato.Il medesimo Stato a cui si chiede l’istituzione del parco.
Si lascia credere ingenuamente o colpevolmente che lo Stato sia un qualcosa di neutrale e non uno strumento di potere. Eppure si è visto quali poteri hanno toccato le proteste contro la Legge 34, contro i poligoni militari e contro lo spietramento. Costruttori e proprietari fondiari.
È per difendere gli interessi di questi signori che esiste la legge.

__________________________

L’autogestione comunitaria del territorio, l’istituzione del parco, è semplicemente una decentralizzazione dei poteri dello Stato…non è né meglio né peggio di quello che esiste se non si precisa la natura di questa “Comunità”. Se si accetta la divisione in classi, un movimento per la riappropriazione del territorio, la costituzione di una comunità attorno a tale obiettivo si scioglie nuovamente nel corpo fumoso della “società civile”, niente di più dell’esistente. È di una comunità in lotta che abbiamo bisogno non di una massa rassegnata a quello che ci concedono.
In una assemblea che seguiva allo scandalo delle discariche abusive (gremita come raramente negli ultimi tempi si era visto) alcuni, ancora influenzati dal partito che si spacciava per comunista, paventavano l’idea del parco come uno spazio in cui il rispetto della legge sarebbe garanzia di equilibrato sviluppo verso il migliore dei mondi possibili (tradotto: più sbirri.). Altri, un pugno di compagni, sono ben coscienti che il problema è la proprietà privata, ma ritengono inopportuno parlarne.
Per chi si propone un cambiamento reale dei rapporti sociali, uno dei pericoli è l’opportunismo politico della contingenza, il cercare sempre la sponda più vicina per salvare ciò che va distrutto.

______________________________

Il potere costituito, di classe, lo Stato, la sua schiera servile di lìder e lìderini, preti vescovi e imam, tendono a creare una nebulosa ideologica (facendolo coscientemente o mossi dai “buoni sentimenti”) attorno alle reali condizioni materiali. In questa gara canora di stronzate non si cimentano in prima persona, i padroni, troppo impegnati a far quadrare conti sulle spalle dei lavoratori. No, a questo scopo servono le mezze classi… e perché avremmo dovuto farli studiare se non per decantare le glorie di questo mondo che va marcendo?
Così cominciano a farfugliare tesi astruse di sviluppo sostenibile, moltitudini, tesi ordinoviste sulla necessità di uno schieramento frontista davanti ora a questa, ora a quella emergenza. Altre volte concepiscono idee fantascientifiche di altri mondi possibili grazie a una “equa redistribuzione” (anche loro schiavi della quantità). E’ scontato che questi signori e il loro idealismo scompariranno nel momento in cui non si tratterà solo di idee, ma di metterle in pratica,se mai ne avranno l’occasione.
Il parco rurale, questa entità magica promette di salvare il territorio dallo sfruttamento selvaggio, dalla proprietà di gente ignorante(il latifondista-capro espiatorio della catena produttiva), che non sa, perché non si fida dei tecnici del parco, che il suo terreno lo si può sfruttare senza inquinare, tenendo conto degli equilibri dell’ecosistema,che il territorio è una risorsa (risorse umane risorse ambientali, quale miseria del linguaggio “pop-antagonista”!), in una parola si può ritornare tutti a essere felici con lo “sviluppo sostenibile”.
Dato che all’interno del capitalismo non vi può essere equilibrio, poiché è insito un progressivo sfruttamento della “natura”, parlare di “sviluppo sostenibile”, ci porta ad una inquietante domanda……………
SOSTENIBILE PER CHI?
Una crisi anche ecologica - seppure non esiste una crisi solamente ecologica, ma generale - può provocare destabilizzazione negli ovili del potere, questo è il motivo.
La conservazione dello Stato (come strumento di classe), il mantenimento dei rapporti sociali fondati sulla proprietà e sul lavoro salariato, il potere che dalle classi alte emana fino alle briciole concesse alla piccola borghesia, questa è la posta in gioco.
La paura di una insostenibilità non è per il territorio, ma per il capitalismo. Una crisi generale che è destinata a divenire, se lasciata senza briglie, causa di conflitto sociale, viene disciplinata in extremis da professionisti, sindacalisti, nani e ballerine, che nel polverone sollevato ad hoc, elevano di volta in volta ad obiettivo creatore di una svolta effimera, ora una zona rossa, ora una zona da denuclearizzare facendo bene attenzione a non attaccare i gangli vitali dello sfruttamento capitalista, a non disturbare il manovratore se non per chiedere un’elemosina.
Invece di un’attività quotidiana contro il quotidiano sfruttamento, portano anche parte della classe degli sfruttati su posizioni arrendiste. Questi lìder movimentisti sono i pompieri del conflitto sociale. Sono gli stessi che vedremo, potremmo scommetterlo, a piangere in piazza con la banda berlusconiana, in un moto di patriottismo interclassista, il 19 novembre. Sono gli stessi che urlavano isterici (agnolotti e casarini) contro la parte violenta del movimento (anzi “fuori dal movimento” giacchè possono imporre la loro presenza come forza sbirresca di controllo all’interno delle manifestazioni di piazza, e non solo). Li conosciamo bene, i delatori, pronti ad attaccare chiunque tenti di passare dalle parole ai fatti, con ogni mezzo, fosse anche un estintore, additando come violento chiunque non si ritiri quando dichiarano la festa (o la marcia) finita.

Non esiste un altro mondo possibile senza distruggere questo. È dalle ceneri del capitalismo, e non grazie alla costituzione di un’altra istituzione, che risolveremo il problema ambientale come conseguenza diretta della scomparsa del lavoro salariato e della proprietà privata.
Per l’autonomia del proletariato, per la morte della società classista, per il comunismo.

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