L'operaio albanese morto a Genova e i suoi compagni erano assunti regolarmente, dice la procura. Non c'è traccia dell'esistenza lavorativa di Albert e degli altri edili, contesta la Cgil. Giovedì lo sciopero sarà generale.
Procura della repubblica di Genova, primo pomeriggio. «Gli operai coinvolti nel crollo, compreso l'albanese morto, erano tutti assunti con regolare contratto», dice ai giornalisti il capo della procura Francesco Lalla. Mattina, Porto antico, manifestazione di protesta degli edili. «A Genova non c'è traccia dell'esistenza lavoratoriva di Albert Kolgjegja. L'operaio non risulta né sui documenti dell'Inps, né su quelli dell'Inail, né su quelli della Cassa edile», dichiara Angelo Sottanis, segretario regionale della Fillea Cgil. Come possono stare insieme due versioni così discordanti? L'unica ipotesi plausibile è che otto operai al lavoro a Palazzo Galata al momento del crollo siano stati «dichiarati» in un'altra città. Probabilmente a Bergamo dove ha sede la Impreval, una delle ditte che operano in subappalto alla costruzione del Museo del mare. E' buona regola registrare gli edili dove c'è il cantiere in cui lavorano. Che non sia stato fatto deve essere sembrato agli inquirenti un'infrazione lieve. Secondo la procura, oltre agli otto dell'Impreval c'era un nono operaio quando sabato mattina ha ceduto la soletta. E' dipendente di una ditta di Genova Voltri e pure lui è munito di regolare contratto di lavoro. E il fuggi fuggi che, secondo più di un testimone oculare, si sarebbe verificato subito dopo il crollo? Il capo della procura non ne fa cenno. E gli edili che sabato si sono fatti medicare «in incognito» negli ospedali genovesi? Secondo la polizia guidiziaria, sarebbero state medicazioni «strumentali» (sic), non collegate «all'evento» nel Porto Antico. Se abbiamo capito bene: gli edili che a Genova sabato si sono infortunati, avrebbero colto l'occasione del crollo a Palazzo Galata per presentarsi a un pronto soccorso. Piuttosto incredibile.
Questa versione tranquillizzante cozza con quanto ieri mattina raccontavano gli amici e i compagni di lavoro di Albert Kolgjegja al presidio al Porto vecchio. «Lavoramo senza sicurezza e in nero, a sei euro l'ora, ci chiedevano solo la fotocopia del permesso di soggiorno. Se ce l'avevi, potevi lavorare, non ti chiedevano altro». «Volevano accorciare il tempi, abbiamo disarmato la soletta troppo presto, il cemento era ancora fresco». «Albert era là, l'ho visto sprofondare», dice Zaim Kaci, uno degli scampati alla macerie. Qualcuno ha portato una bandiera albanese, qualcuno ha lanciato fiori oltre le transenne, uno ha lasciato un biglietto con su scritto «nessuno più al mondo deve essere sfruttato».
Dopo lo sciopero di ieri degli edili, la protesta contro le morti bianche e il lavoro nero proseguirà giovedì. Cgil, Cisl e Uil genovesi hanno proclamato due ore di sciopero per tutta l'industria, otto per l'edilizia. Al vertice che si terrà giovedì in prefettura i sindacati chiederanno nuove regole per gli appalti e i subappalti pubblici che inchiodino alle loro responsabilità le aziende madri. Oggi la procura dovrebbe scrivere una decina di nomi nel registro degli indagati, nomi di progettisti ed esecutori, non di funzionari comunali. Maroni ha disposto una commissione d'inchiesta del ministero del welfare e annuncia l'istituzione di commissario straordimario per la lotta al sommerso. Quattro ispettori ieri hanno fatto un sopralluogo a palazzo Galata. Hanno interrogato il capocantiere e alcuni dipendenti dell'Impreval; i titolari della ditta non si sono fatti trovare e il sottosegretario Sacconi spera che «si presentino spontaneamente con la documentazione richiesta».
Oggi torna in Albania la salma di Albert Kolgjegja, non ci sarà bisogno di autopsia. Rientrato ieri da un viaggio all'estero, il cardinale Tarcisio Bertone ha espresso il dolore della chiesa genovese: «La fretta è sempre cattiva consigliera, bisogna tutelare meglio i lavoratori, soprattutto quelli stranieri che rischiano d'avere meno diritti».
La tragedia al Porto antico è un'occassione ghiotta per il centro destra per andare all'attacco del sindaco Pericu. Il vicepresidente della giunta regionale Gianni Plinio ne chiede la dimissioni. «Sciacallaggio politico», replica il primo cittadino. Rilancia il gruppo di An in consiglio comunale: «Il sindaco ha omesso verifiche e controlli, deve dimettersi».
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