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Maledetti guerrafondai
by edoneo Friday November 21, 2003 at 08:53 AM mail:  

Forum sociale europeo di Parigi giovedi 13 novembre

Maledetti guerrafondai
Riportiamo la trascrizione dell’intervento che Toni Negri ha tenuto al Forum sociale europeo di Parigi giovedi 13 novembre nel corso di un’assemblea sulla guerra globale permanente.
di Toni Negri
Sono italiano e mi permetto di parlare in italiano, soprattutto perché vorrei cominciare anch’io ricordando con molta pietà, con moltissima pietà e con molta emozione i morti italiani in Iraq in questi giorni. Gli italiani non erano abituati ad avere morti in guerra da dopo che il fascismo aveva inviato molti dei nostri parenti e amici nelle avventure mostruose della seconda guerra mondiale. Non avevamo certo bisogno che un regime democratico sconvolgendo gli stessi termini della costituzione italiana mandasse delle persone, dei disgraziati a morire dentro una guerra di cui la enorme maggioranza degli italiani non capisce le ragioni e alla quale è contraria.
Come i nostri padri hanno detto in termini antifascisti maledetti coloro che hanno inviato in guerra i nostri fratelli durante la guerra mondiale, così noi diciamo maledetti coloro che hanno mandato questi uomini a morire oggi in Iraq: maledetti, maledetti, maledetti. E sia chiaro che questo determina un ulteriore terribile enorme rottura tra le forze della pace e tutti coloro che in Italia hanno sostenuto questa guerra: parlo anche di buona parte della sinistra, noi non possiamo in nessun caso dimenticare che una parte della sinistra italiana ha sostenuto pienamente la guerra in Kosovo, non possiamo dimenticare che una gran parte della sinistra italiana oggi era disponibile a votare, dopo un’astensione faticosa, il rinnovo delle truppe italiane in Iraq e in Afghanistan.
Queste sono cose che non potremo dimenticare ed è sulla base di questa non dimenticanza che potrà solo essere ricostruita una sinistra in Italia, e dico ricostruire una sinistra perché penso che il problema della guerra globale non sia semplicemente, com’è naturalmente fino in fondo il problema di lottare contro questa guerra, lottare contro tutti i residui imperialisti e neocoloniali che circolano nel mondo ma è anche costituire la comprensione di quello che è un momento nuovo nei comportamenti politici generali del capitale nel mondo della globalizzazione.
La guerra così come ci è presentata oggi non è semplicemente, anche se certamente lo è, un tentativo di alcune elite americane di mettere le mani sul petrolio; la guerra non è semplicemente, anche se certamente lo è, un tentativo, un'operazione di intervenire sugli assetti mediorientali per facilitare ulteriori operazioni politiche. La guerra così come oggi è stata inventata, applicata, sviluppata è una guerra costituente. Una guerra costituente significa che la forma della guerra non è più semplicemente la legittimazione del potere, la guerra diventa la forma esterna e interna attraverso la quale tutte le operazioni del potere, l'organizzazione del potere sul livello globale viene sviluppandosi.
La guerra è qualche cosa che compete a tutta l’azione del potere, del potere mondiale, del potere globale ed è questa la forma nella quale noi dobbiamo combattere questa guerra. Noi dobbiamo opporci a questa guerra comprendendo che al suo interno, nella sua forma essa è una guerra costituente, una guerra biopolitica che investe interamente l’ordinamento della vita, della produzione e della riproduzione della vita. Questa guerra è una guerra che voleva essere una guerra di polizia, voleva trasformare l’intervento delle armate americane in una capacità duttile, flessibile di intervenire facilmente e velocemente in tutte le parti del mondo.
Era una guerra che voleva presentarsi ormai non più guerra tra stati e stati ma guerra contro un nemico pubblico, guerra contro una realtà interna che veniva definita appunto come pericolosa, una guerra dunque che investiva il rapporto sociale nel termine più pieno della parola. Quanto Ignacio Ramonet diceva inizialmente sulla sovrapposizione appunto di guerra economica, guerra sociale, guerra militare ha ragione: sono cose che stanno tutte assieme, perché c’è un progetto organizzativo costituente che attraversa questo modo di fare la guerra. Non è più la vecchia guerra imperialista che va ad espandere quelli che sono i poteri delle singole nazioni: questa è una guerra in nome del capitale globale, è una guerra che si muove come organizzazione globale e noi dobbiamo questo riuscire a capirlo oggi. Immagino in Italia i richiami alla patria, i richiami alla nazione, i richiami generosi, vorrebbero, a quelli che sono i grandi valori delle grandi tradizioni italiane: questi valori non sono più nostri, questi valori della patria, della nazione non lo sono mai stati nella vera tradizione comunista e oggi non lo saranno più, mai più.
Noi siamo veramente internazionalisti fino in fondo, ma questo possiamo esserlo solo nella misura e solo quando noi comprendiamo che appunto oggi c’è questo impero che si sta formando ed è contro la potenza militare oltre che economica, ideologica, politica che noi dobbiamo combattere: noi dobbiamo combattere contro questa unità fondamentale ed è questo il passaggio che dobbiamo fare. Cosa vuol dire fare questo passaggio: vuol dire che a questa guerra, che è fondante, che è costitutiva noi dobbiamo opporre delle proposte, dobbiamo opporre delle azioni ed è chiaro che il valore della pace a questo punto non è più qualche cosa che possiamo trattare o non trattare.
La pace è diventato un valore assolutamente fondamentale in tutta la nostra azione: la nostra disobbedienza attiva è una disobbedienza che vuole mettersi veramente nei termini della pace, una disobbedienza attiva e possibilmente non-violenta; dico possibilmente non violenta perché non possiamo ripetere nella nostra lotta per la democrazia il carattere totalitario, violento del potere capitalistico. Noi dobbiamo veramente rompere l’omologia di una lotta per il potere che ripete le caratteristiche del potere, noi dobbiamo assolutamente muoverci riconquistando i termini della pace come elemento fondamentale e costitutivo esso stesso: ecco una costituzione veramente alternativa della nostra prospettiva.
Naturalmente non siamo i reduci, sappiamo perfettamente che se non ci fossero state le piaghe d’Egitto Mosè non sarebbe mai potuto esodare dal paese dove il suo popolo era tenuto schiavo; sappiamo perfettamente che se non c’era la retroguardia di Aronne probabilmente non si sarebbe riusciti ad aprire il Mar Rosso. Sappiamo dunque che c’è bisogno di resistere e che la resistenza non è sempre gentile, ma sappiamo anche che la nostra forza e la nostra capacità di aggregare di mettere insieme passa prima di tutto attraverso una disobbedienza attiva e non violenta e questo deve essere veramente un elemento che noi assumiamo e io credo che quando lanciamo da questa formidabile assemblea una battaglia continua contro l’occupazione dei capitalisti in Iraq, contro tutto quello che è avvenuto e contro la guerra in generale, noi dobbiamo farlo tenendo presente questa forma.
Se è vero che lo sviluppo capitalistico oggi usa la guerra per organizzare il mondo, per quindi gerarchizzarlo, selezionarlo, includere/escludere così come tenta di fare, e se è vero questo, noi dobbiamo evidentemente anche trasformare la nostra lotta per la pace in lotta sociale: non c’è possibilità di distinguere la lotta per la pace dalla lotta sociale e qui ci riportiamo quindi di nuovo a quel problema fondamentale che è quello di una ricostruzione della sinistra, di una sinistra che sappia essere pacifica ma che sappia nello stesso momento proporre il comune, proporre quelli che sono i grandi valori veramente della ricostruzione di una società di democratici in cui la democrazia non è una democrazia di pochi ma è la democrazia di tutti per tutti.
Queste sono quindi secondo me le sensazioni e per quanto riguarda molti compagni in Italia anche le linee guida della nostra azione del nostro pensiero. Vi ringrazio.


http://www.carta.org/articoli/031120negri.htm

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