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IL PAESE BASCO A FSE DI PARIGI
by xxx Monday November 24, 2003 at 12:17 PM mail:  

Raccolta di articoli tradotti dal quotidiano della sinistra indipendentista basca GARA

IL PAESE BASCO A FSE...
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Dal quotidiano GARA del 13.11.2003


MIGLIAIA DI PERSONE CERCANO UN’ALTERNATIVA SOCIALE PER IL CONTINENTE

Il Forum Sociale Europeo inaugurato ieri e che, fino a sabato, si celebrerà a Parigi ed in altre tre località della sua periferia, riunirà migliaia di persone per dibattere sul futuro dei diritti sociali e politici del continente. La presenza basca occupa un posto importante nei dibattiti e nel Forum stesso.

Quattro punti della periferia di Parigi si sono trasformati da ieri nel punto di riunione di migliaia di persone per il Forum Sociale Europeo. Fino a sabato prossimo, nel parco de La Villette, a Saint Denis, a Bobigny e a Ivry sur Seine si svolgeranno laboratori, seminari e conferenze su diversi aspetti che preoccupano la sinistra europea, intesa nella concezione più ampia del termine, dai socialdemocratici francesi ad esponenti della Resistenza kurda.

Gli organizzatori si aspettano una partecipazione vicina alle 100.000 persone, originarie di 60 paesi, per dibattere su temi tanto vari come la guerra, la mondializzazione, i diritti dei popoli come quello ceceno, quello kurdo o quello basco, il ruolo dei sindacati, la situazione di gay e lesbiche, la sostenibilità dell’agricoltura e dello sfruttamento delle risorse naturali.

Come nella precedente edizione del Forum Sociale Europeo, celebrata a Firenze, la presenza della sinistra basca occupa il suo posto nello spazio europeo.

In questa occasione, la sinistra indipendentista basca ha inviato a Parigi una delegazione composta da rappresentanti di diversi organismi, che interverranno ad un seminario, sabato mattina, a Ivry sur Seine, per esporre la realtà che vive attualmente Euskal Herria (Paese Basco, N.d.T.).

Inoltre, è stato installato uno stand nel parco de La Villette, insieme ad altri collettivi della sinistra europea, nel quale si offre diverso materiale, come volantini, magliette, poster ed ikurriñas (bandiere basche, N.d.T.), emblema che ha destato la curiosità di molti di coloro che si sono avvicinati a questa zona della capitale francese.

I componenti di questa delegazione hanno deciso di muoversi nell’area del Forum Sociale esibendo la loro bandiera: «Desideriamo far sapere che siamo baschi e che siamo qui», hanno spiegato.

Fra i collettivi che fanno parte di questa delegazione della sinistra indipendentista basca vi sono Batasuna, Segi, Askatasuna, LAB, EHE, Askapena, Bilgune Feminista e Behatokia, il cui membro Didier Rouget interverrà anche ad un seminario sull’Europa delle libertà e la minaccia che comportano nella politica di sicurezza lo spazio giudiziario europeo e le cosiddette leggi antiterroriste.

Questo primo obiettivo, senza dubbio, è stato ieri raggiunto, dato che i membri di questa delegazione hanno dovuto rispondere alle domande di persone che si rivolgevano loro in inglese, in francese o in italiano.

Alcuni dei passanti volevano sapere di dove fosse quella bandiera tanto «strana»; altri, invece, già conoscevano la sua origine e si interessavano a questioni più concrete della realtà attuale di Euskal Herria o lanciavano grida di sostegno ai baschi.

Fra l’altro, si cercherà di installare un pannello con una riproduzione del “Guernica” di Ricasso, per denunciare la conculcazione di diritti che subisce Euskal Herria.

Ma la presenza basca al Forum Sociale Europeo non si limita a questa delegazione; anche il sindacato ELA è presente, con il suo segretario generale José Elorrieta in testa, il quale interverrà, con altri sindacati, ad un incontro sui diritti del lavoro.

Paula Kasares, direttora di Hizkuntz Eskubideen Behatokia (Osservatorio basco sui diritti linguistici, N.d.T.), interverrà sabato, a Saint Denis, ad un seminario sulla diversità linguistica e contro la mercificazione della cultura ed il bertsolari (il bertsolarismo è una forma di cultura orale, popolare, antica e molto diffusa nel Paese Basco, una tradizione paragonabile a quella degli stornelli in alcune zone d’Italia, N.d.T.) Jon Sarasua interverrà sulle identità culturali e le identità nazionali in Europa.

Paul Nicholson, di EHNE, prenderà parte al dibattito che analizzerà il ruolo che devono avere i social forum e la traiettoria vissuta da questi organismi dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre a quello di Bombay, che si svolgerà in questa città indiana.

Anche Hemen eta Mundua è presente all’appuntamento di Parigi, come pure il sindacato agrario di Ipar Euskal Herria (Paese Basco Nord, sotto amministrazione francese, N.d.T.) ELB, Attac Pays Pasque ed i Komite Internazionalistak.

Nonostante le belle parole e le buone intenzioni, esiste anche la contestazione allo stesso Forum Sociale Europeo, come quella dei componenti del Forum Sociale Libertario, composto da diversi gruppi anarchici che si riuniscono anch’essi a Parigi ed a Saint Ouen e che criticano duramente il fatto che i consigli generali della regione parigina abbiano sovvenzionato il Forum e che, nonostante ciò, si chieda una quota d’ammissione.

Un altro aspetto polemico del Forum Sociale Europeo che si celebra a Parigi è stata la presenza di Tariq Ramadan, un teologo islamico di Ginevra che sostiene l’uso del velo per le donne e che è stato definito «antisemita»; la sua presenza è stata rifiutata da collettivi antirazzisti e di donne.



L’EUSKARA, NEL FORUM DI BABELE

La presenza di migliaia di cittadini europei di diversi paesi, come pure di diversi continenti, in questi giorni a Parigi, mette sul tappeto la necessità di stabilire una comunicazione fluida fra tutti.

Gli interpreti, che si fanno carico di garantire che tutti possano comunicare fra loro, sono stati soprannominati «babilonesi»; nel forum Sociale Europeo sono stati stabiliti sei idiomi ufficiali: francese, inglese, spagnolo, tedesco, italiano e la lingua dei segni.

Però, in funzione dell’oratore che interviene alla conferenza, laboratorio o seminario, si utilizzeranno altre quindici lingue di lavoro, fra le quali l’euskara (lingua basca, N.d.T.).

I «babilonesi», circa mille, sottolineano che il loro lavoro non si limita a tradurre quanto manifestato da una persona da un idioma all’altro, ma che la stessa traduzione comporta un rispetto della diversità linguistica e culturale del continente europeo.



CANCUN, «SUCCESSO DELLA DEMOCRAZIA»

Gli altermondialsti si sono rallegrati del fallimento della conferenza dell’OMC a Cancun, mentre la Banca Mondiale ed il FMI hanno lanciato l’allarme su quelli che considerano «rischi di blocco della liberalizzazione commerciale».

«È necessaria una moratoria nella negoziazione dell’OMC» e regole nella globalizzazione «ma non quelle dell’OMC», ha sottolineato Susan Gorge, di ATTAC, in un «tavolo di discussione» organizzato nell’ambito del FSE.

José Bové ha definito «totalitario» il sistema dell’OMC, perché non dispone di uno spazio di partecipazione cittadina ed accumula i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario in un unico organismo e ha insistito sul fatto che «non c’è pace senza giustizia». Cancun «è stata il successo della democrazia» perché ci sono stati paesi che si sono opposti all’agenda proposta da USA e UE, ha affermato Bové a Saint Denis; ha negato l’argomento secondo il quale l’apertura del mercato permetterà lo sviluppo dei paesi poveri e ha sostenuto l’idea che ogni Stato o regione possa stabilire regole proprie affinché la sua agricoltura serva ad alimentare la sua popolazione.

































Dal quotidiano GARA del 14.11.2003


LA COSTITUZIONE DELL’UNIONE EUROPEA, LA NUOVA MINACCIA DEL LIBERISMO CAPITALISTA

Il progetto di Costituzione dell’Unione Europea elaborato dal presidente della Convenzione, Valéry Giscard d’Estaing, suscita le critiche del movimento antiglobalizzazione, a causa dell’impulso al neoliberismo che comporterà. La sinistra indipendentista ha sottolineato la minaccia che essa rappresenta per i popoli senza Stato.

La Convenzione europea e la futura Costituzione dell’Unione sono state l’oggetto del dibattito in una delle assemblee plenarie che si sono svolte ieri a La Villette, nell’ambito del Forum Sociale Europeo. Come non poteva essere altrimenti in un forum di questo tipo, tutti gli intervenuti hanno manifestato la loro contrarietà a questo progetto, considerando che in esso vi sono serie carenze.

L’indipendentista basco Yves Machicotte, per esempio, ha evidenziato che il progetto di Costituzione dell’Unione Europea non tiene conto della realtà delle culture minorizzate dei popoli del continente, «che stanno per essere distrutte», pertanto ha sostenuto «un’Europa alternativa e plurale che rispetti le differenze di baschi, bretoni o galiziani, come dei restanti popoli oppressi d’Europa».

Machicotte è intervenuto nella parte finale della plenaria, quando al Forum Sociale si permette l’intervento del pubblico.

In precedenza, si sono potute ascoltare critiche di ogni genere al progetto di Costituzione dell’Unione Europea. Una delle più forti è stata quella della svedese Gudrun Schyman, presidente di Donne Senza Frontiere, che ha sottolineato che il progetto «parte da un deficit democratico importante: è fatto da uomini e solo per uomini, essendo basato sul sistema patriarcale». Per questo, Schyman ha reclamato una moratoria del processo costituente europeo per fare in modo che «la cittadinanza possa partecipare alla sua elaborazione. Non è necessario leggersi tutto il documento per respingere il progetto, basta sapere che non stiamo partecipando alla sua elaborazione».

Il francese Patrice Cohen Seat, membro di Espace Marx, è stato d’accordo con Schyman nel respingere la mancanza di partecipazione della cittadinanza, evidenziando che «stiamo parlando della creazione di un Superstato senza il popolo. Siamo davanti al dogmatismo ultraneoliberista che cerca l’egemonia politica del capitale». Di fronte a questa situazione, Cohen Seat ha reclamato «un no chiaro e forte» alla Costituzione elaborata da Valery Giscard d’Estaing, e ha proposto un «potere costituente popolare».

Per la catalana María José Aubet, membro di un collettivo di donne di Barcellona, questa via potrebbe concretizzarsi nell’elaborazione di liste sotto lo slogan «Un’altra Europa è possibile» per le elezioni al Parlamento Europeo, «per poter dire chiaramente che non vogliamo un’Unione Europea così». A suo giudizio, l’alto tasso di astensione alle elezioni europee, «che in alcuni paesi raggiunge il 60%», potrebbe permettere che queste liste ottengano rappresentanza alla Camera di Strasburgo.

Inoltre, Aubet ha sottolineato che nel progetto di Costituzione «solo 6 pagine su 300» sono dedicate a questioni sociali e ha lanciato l’allarme sul pericolo che comporta «il dialogo con le religioni previsto nel progetto di Costituzione, dato che questo tipo di dialogo finisce sempre male, specialmente per le donne».

Pierre Khalfa, cittadino francese membro dell’Unione Sindacale G10 Solidaires ha concordato sul fatto che «si sta sacralizzando il mercato e si fanno leggi senza tenere conto del popolo» e si è detto preoccupato perché la politica monetaria dell’UE che orienta La Banca Centrale Europea «si limita a perseguire la stabilità monetaria, senza preoccuparsi della stabilità dell’occupazione».

L’ucraina Masha Kursina, di Iniziativa Antiglobal, ha denunciato la conculcazione di diritti che subiscono i lavoratori dei paesi dell’ex Unione Sovietica. «reclamiamo il diritto al lavoro, ad una casa, all’elettricità ed al riscaldamento. In definitiva, il diritto alla sopravvivenza», ha sottolineato Kursina, che ha sostenuto la necessità di «continuare a lottare» e ha sottolineato l’esigenza che i partiti comunisti dell’ex Unione Sovietica guidino queste rivendicazioni.

Il sindacalista italiano Guglielmo Epifani (CGIL), invece, si è mostrato più moderato, benché abbia riconosciuto il deficit democratico della Costituzione dell’Unione Europea, «dato che diminuisce i diritti sociali ottenuti con la Carta di Nizza». Ha auspicato la partecipazione nell’elaborazione della Costituzione dall’interno, per ottenere miglioramenti sociali e ha respinto «un no categorico all’attuale progetto», mentre ha reclamato «una cittadinanza europea che ci consenta di garantire l’uguaglianza dei diritti per tutti».

Negli interventi realizzati alla fine, da parte dei presenti a questa plenaria del Forum Sociale Europeo, un cittadino italiano ha evidenziato la necessità di articolare tutta l’opposizione al progetto di Costituzione dell’Unione Europea in una maniera simile a quella nella quale erano state coordinate le proteste contro la guerra in Iraq, con una giornata di mobilitazione mondiale, lo scorso 15 febbraio.



JOSÉ BOVÉ, CONTRO LA LEGGE SARKOZY

SAINT DENIS

Il sindacalista agrario francese, in un suo intervento a Saint Denis, ha ieri criticato duramente la legge per aumentare il controllo sociale che promuove il ministro francese degli Interni Nicolas Sarkozy. Bové ha rifiutato gli effetti che questa normativa provocherà nei quartieri delle grandi città.



2.000 PERSONE ALL’ASSEMBLEA DELLE DONNE

BOBIGNY

Circa 2.000 persone hanno partecipato all’Assemblea Europea per i Diritti delle Donne che si è svolta mercoledì, a Bobigny, ed alla quale ha partecipato una delegazione di Bilgune Femminista. In questa assemblea si sono denunciati gli effetti che il neoliberismo ha fra le donne.






Dal quotidiano GARA del 15.11.2003



I SINDACATI DAVANTI AL «FASCISMO POLITICO ED ECONOMICO DEL XXI° SECOLO»

José Elorrieta e Rafa Díez Usabiaga sono intervenuti ieri a diverse conferenze del FSE; sui diritti collettivi ed individuali il primo e sulle alternative che il sindacalismo europeo deve offrire rispetto alla globalizzazione neoliberista il secondo, in un evento al quale hanno partecipato diverse centrali sindacali dell’est europeo.

Elorrieta ha iniziato il suo intervento denunciando che esiste «una riduzione progressiva e globale dei diritti in tutti i paesi» e che questa tendenza regressiva sarà più forte nei prossimi anni, idee che in questi giorni, a Parigi, sono state esposte da molti altri oratori. Nonostante gli interventi siano tradotti simultaneamente in diversi idiomi, in generale si sta ottenendo che le assemblee si svolgano fluidamente, il che è molto gradito.

Secondo Elorrieta, «tutti i governi, senza eccezione, stanno promuovendo una controrivoluzione conservatrice contro lo Stato Sociale», che si concretizza nella riduzione delle entrate fiscali e nella conseguente diminuzione della spesa sociale, nella privatizzazione dei servizi pubblici e nelle riforme legislative volte a precarizzare le condizioni di lavoro, come gli attacchi al diritto di sciopero, con l’inclusione nell’ambito penale della realizzazione di picchetti.

Per ELA, questa situazione mette il sindacalismo di fronte al bivio fra un modello che accetti che non vi sia alternativa globale al capitalismo globale e che si limiti a temperarne gli effetti, una posizione che «manca di orizzonte strategico», ed un altro che «assuma nuove responsabilità davanti a questa situazione». Elorrieta ha auspicato un sindacalismo che difenda i lavoratori discriminati, sottolineando che «deve essere il centro della nostra azione sociale, perché questa situazione si estende alla metà dei lavoratori» e ricordando che in Euskal Herria riguarda soprattutto uomini e donne.

Elorrieta, accolto con applausi quando è stato comunicato che proviene da Euskal Herria, ha terminato il suo intervento ammonendo circa «l’equiparazione che si sta dando, sempre più intensamente, fra il mercato e la democrazia rappresentativa, che soffoca i collettivi che compongono la società civile, per assumere un carattere sempre più opaco ed oscuro».

Rafa Díez, da parte sua, ha evidenziato che «l’evoluzione delle tendenze neoliberiste in campo economico ed ideologico, in un processo di globalizzazione diretto dalle grandi compagnie transnazionali, sta provocando una grave disarticolazione fra gli sviluppi economici e sociali nel mondo» e che «il neoliberismo sta condizionando i sistemi di rappresentanza politica», dato che le multinazionali «stanno promuovendo un modello nel quel il mercato è l’unico regolatore economico e sociale. Siamo di fronte alla dittatura del mercato e delle sue multinazionali contro la società in generale; potremmo dire che la globalizzazione neoliberista si trasforma nel fascismo politico – economico del XXI° Secolo». Fra i partecipanti all’iniziativa c’erano sindacalisti di Slovenia, Croazia, Polonia, Russia, Kazakistan, Corsica, Stato francese e Catalogna. Quanti provenivano dagli stati dell’ex Unione Sovietica non si sono sentiti rassicurati dai riferimenti al «fascismo» fatti dal dirigente di LAB, pur provenendo da Paesi che entreranno nell’Unione Europea.

Inoltre, il segretario generale di LAB ha segnalato che questa situazione si trasferisce in Europa attraverso l’accantonamento della Carta Sociale, la promozione dell’unione monetaria come fattore di egemonia fra i grandi nuclei europei, mentre la difesa dei diritti democratici resta accantonata dagli stati e dalle multinazionali; un processo nel quale, a suo giudizio, sta collaborando la socialdemocrazia.

Di fronte a questa situazione, Díez ha auspicato che il movimento sindacale e sociale diventi un «riferimento sociale ed economico alternativo», pertanto ha sottolineato la necessità di «implementare il rinnovamento ideologico in termini di alternativa della quale abbiamo bisogno come forze di sinistra politica e sociale» ed un rinnovamento ideologico intorno alla funzione del soggetto sindacale, come avanguardia del soggetto di classe. Díez appariva soddisfatto, dopo l’iniziativa, perché è stata confermata la volontà di creare uno spazio di comunicazione stabile fra due realtà oggi quasi isolate fra loro: quella dei nuovi sindacati dell’Europa dell’est e quella dei sindacati dell’Europa occidentale. Come in numerosi seminari e conferenze del Forum Sociale, le critiche al progetto di Costituzione Europea ed agli effetti della globalizzazione sulla costruzione europea sono state numerose.

Il segretario generale di LAB ha rimarcato, inoltre, «la potenzialità della lotta per la sovranità dei popoli come parte della lotta politica e di cambiamento sociale», che ha definito «intrinseca alla lotta per una democrazia politica e sociale. Per questo, crediamo in un sindacalismo di classe, sociopolitico, internazionalista e fermo difensore dei diritti dei popoli. LAB ritiene che davanti a questa dittatura delle multinazionali, le organizzazioni di classe devono globalizzare i diritti, la distribuzione della ricchezza, la solidarietà e la lotta fra lavoratori, lavoratrici e popoli del mondo», ha aggiunto.

Del fatto che i pregiudizi siano cattivi consiglieri, hanno avuto una prova proprio ieri i baschi presenti a questo seminario. Quando è stata loro comunicata la presenza di un rappresentante di CCOO (Comisiones Obreras, sindacato spagnolo, N.d.T.), hanno pensato al peggio, credendo che fosse venuto per tentare di ribaltare i punti di vista di LAB. La sorpresa e la gioria sono state enormi, come ha riconosciuto Rafa Díez, quando Alfonso Beck, di CCOO della Catalogna, ha fatto «un’apologia delle lotte di liberazione nazionale e sociale», come ha detto il segretario generale di LAB. Beck è arrivato ad affermare che uno dei compiti principali della costruzione europea è il riconoscimento dei diritti dei popoli. Corsi e baschi sono andati in visibilio e si sono complimentati con quello che, fino a poco prima, avevano preso per un nemico.

Maddy Geerts, del sindacato belga CSC, ha lanciato un appello a «forzare i partiti a prendere posizione» rispetto ai tagli dei servizi pubblici, in vista delle prossime elezioni al Parlamento Europeo.

Il filosofo tedesco Hand Heinz Holz, da parte sua, ha addebitato al sistema capitalista, «il cui massimo ed unico valore è produrre», la costante riduzione di diritti sociali che si sta verificando in Europa e nel resto del mondo.

Manuel Carvalho, del sindacato portoghese CGTP, ha sottolineato che in Europa «si sta verificando un’americanizzazione del modo di lavorare, come conseguenza dell’applicazione, nell’UE, dei criteri imposti dalla Banca Mondiale rispetto alla deregolamentazione del lavoro e della protezione sociale».







EUROPA, MOSAICO DI IDENTITÀ SOTTO GLI STATI DOMINANTI


La plenaria sulle identità culturali e nazionali in Europa, alla quale è intervenuto il bertsolari basco Jon Sarasua, si è ieri trasformata in una dimostrazione pratica del fatto che, al di là dei grandi stati, nel continente esiste tutto un mosaico di popoli e nazioni. Per esempio, oltre all’euskara, in questa sessione sono stati utilizzati idiomi inusuali per questo tipo di appuntamenti, come l’ungherese, il greco, l’albanese o il catalano.

Sarasua ha sostenuto la necessità di promuovere «un’ecologia delle nazioni e delle culture, per garantire una delle ricchezze dell’umanità».

«La pluralità non interessa né al capitale, né allo Stato. Anche gli intellettuali che si considerano di sinistra hanno problemi nell’accettare la realtà delle identità minoritarie», ha evidenziato Sarasua.

Il catalano Aureli Argemí (CIEMEN) ha reclamato l’uguaglianza di diritti fra coloro che appartengono ad una nazione senza Stato e coloro che fanno parte di una cultura dotata di Stato. «Poter dire “sono catalano” con gli stessi diritti con i quali direi “sono francese”», ha spiegato.

Arsemi ha considerato intollerabile che «le classi politiche statali dominanti preferiscono l’emarginazione all’integrazione di persone che sono europee, dato che è evidente che gli stati sono creazioni artificiali».

Lo scozzese Alastair McIntosh si è guadagnato le simpatie del pubblico realizzando una dimostrazione pratica del fatto che se si dimenticano le identità nazionali non si può costruire un vero internazionalismo. A questo scopo, ha utilizzato una coppa tradizionale scozzese, con due manici, nella quale ha versato una bottiglia di whisky, che ha distribuito fra i partecipanti. Prima aveva fatto alzare in piedi la gente suonando, indossando il kilt scozzese, una melodia tradizionale con un flauto.

La greca Olga Tsakiridi ha denunciato l’emarginazione sociale ed istituzionale che subiscono i musulmani in questo stato dell’UE, mentre il militante del Sindacato Metallurgico del Kosovo, Hasan Abazi, ha spiegato come, nonostante gli albanesi siano uno dei popoli più antichi d’Europa, siano stati fra gli ultimi costituitisi come Stato indipendente.

















Dal quotidiano GARA del 16.11.2003



LA SINISTRA INDIPENDENTISTA SVELA A PARIGI L’AZIONE DEGLI STATI IN EUSKAL HERRIA

I suoi rappresentanti affermano l’importanza dell’identità nazionale di fronte alla globalizzazione e pongono il diritto all’autodeterminazione come chiave della soluzione per il conflitto

Diversi collettivi della sinistra indipendentista basca hanno ieri esposto le loro proposte rispetto alla situazione di Euskal Herria in un seminario del Forum Sociale Europeo. Tutti hanno sottolineato la necessità che si rispetti l’identità delle nazioni senza stato di fronte ai processi di globalizzazione che si vivono in Europa.

Martxelo DIAZ

IVRY SUR SEINE

Rappresentanti di diversi organismi della sinistra indipendentista basca hanno ieri partecipato ad un seminario svoltosi, nell’ambito del Forum Sociale Europeo, nella località di Ivry sur Seine, con il titolo “Contro l’Europa degli stati, l’Europa dei popoli”; hanno evidenziato che in Euskal Herria si affronta la globalizzazione partendo da una prospettiva propria.

Jean François Lefort, portavoce di Askatasuna, ha rimarcato, davanti ad una platea composta da persone di diversi paesi, che Euskal Herria vive un conflitto dalle caratteristiche uniche in Europa, «perché gli stati spagnolo e francese impediscono ai baschi di esercitare il diritto alla loro autodeterminazione».

Lefort ha denunciato che, di fronte a questa situazione, l’opzione di questi due stati è «la repressione generale e quotidiana» e ha evidenziato che in un paese di quasi tre milioni di abitanti ci sono 700 prigionieri politici e 2.000 rifugiati all’estero, oltre al fatto che si pratica «la tortura sistematica».

Inoltre, ha messo in evidenza che la repressione sta crescendo in tutti gli ambiti, «con la scusa dell’antiterrorismo», e ha avvertito che questa situazione potrebbe estendersi ad altri paesi d’Europa.

Haritza Galarraga, di Segi, ha ripercorso la storia di questa organizzazione giovanile, sottolineando che ha riunito in diversi eventi migliaia di giovani e che ha lavorato in ambiti come l’euskara, il problema della casa e la lotta contro la precarietà e la repressione e che la risposta dello Stato spagnolo a queste iniziative è stata la messa fuori legge di Segi.

Galarraga ha denunciato che nello Stato spagnolo «non esiste separazione fra i poteri per quanto concerne Euskal Herria» e ha avvertito che «la gioventù basca continuerà a denunciare questi attacchi ed a fare loro fronte».

Ainhoa Etxaide, rappresentante di LAB, ha sottolineato che «la liberazione sociale e la liberazione nazionale devono essere concepite come una cosa sola» e ha evidenziato che il compito del sindacato è fare sì che i lavoratori siano impegnati in questo.

Dopo aver criticato le centrali sindacali «che si trasformano in alleati delle riforme che ci impongono perché pacificano il malessere dei lavoratori», Etxaide ha sottolineato che è necessario «che noi baschi abbiamo voce per poter esprimere la nostra opinione su quanto si decide riguardo noi in Europa. Reclamiamo il nostro diritto a decidere il nostro futuro in ambiti come quello economico, quello sociale o quello educativo».

Izaskun Guarrotxena, rappresentante di Bilgune Feminista, ha evidenziato che le basche subiscono contemporaneamente l’oppressione propria del loro genere e quella della loro nazione e ha spiegato che la sinistra indipendentista considera il femminismo dal punto di vista della trasversalità, vale a dire che in tutti gli ambiti nei quali lavorano collettivi della sinistra indipendentista si tiene conto della specificità delle donne.

Askapena, da parte sua, ha sottolineato la necessità di esprimere la solidarietà internazionalista verso i popoli che lottano per la loro liberazione nazionale e sociale, «una solidarietà che deve essere dimostrata in quanto popolo, quale siamo, verso altri popoli».

Perciò, questo collettivo, considera naturale che «un popolo che subisce l’attacco degli imperialismi spagnolo e francese offra e riceva la solidarietà di altri che subiscono questi imperialismi o altri».

Il parlamentare di Batasuna Joseba Alvarez ha messo in evidenza che al tavolo di Ivry sur Seine si ritrovavano insieme collettivi messi fuori legge ed altri, legali, «il che è una dimostrazione del caos nel quale ci troviamo e dimostra che i poteri dello Stato ci temono».

Dopo aver ricordato che questa situazione si verifica nello Stato spagnolo, membro dell’Unione Europea, Alvarez ha evidenziato che la messa fuori legge di Batasuna «equivale alla messa fuori legge, da parte dello Stato francese, di una forza che ha tre volte l’appoggio del Partito Comunista», e ha avvertito che capi di governo come Silvio Berlusconi possono essere tentati di agire così contro collettivi dissidenti.

Davanti a questa possibilità, ha auspicato che «la si faccia finita con l’Europa degli stati e del capitale per promuovere quella dei popoli e dei lavoratori». «Resistere è necessario, però non è sufficiente», ha concluso.



I POPOLI, CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE IMPERIALISTA

M.D.

IVRY SUR SEINE

Il professore dell’Universidad del Pueblo Vasco, Antxon Mendizabal, ha spiegato, da un punto di vista accademico, che la lotta per la sopravvivenza dei popoli si inquadra nella resistenza contro la globalizzazione imperialista.

Dopo aver ricordato che l’attuale processo per la creazione di una sovrastruttura statale a livello continentale è collegata a processi come la conquista dell’America o la creazione degli stati in Europa, che hanno comportato l’annichilimento di numerosi popoli, Mendizabal ha sottolineato la necessità di difendere la sopravvivenza degli stessi.

A questo proposito, ha portato come esempio il fatto che «non si può dire “no alla guerra” in generale, senza tenere conto del fatto che la maggior parte delle guerre, come quella dei Balcani, quella della Cecenia, i conflitti della Corsica, dell’Irlanda, di Euskal Herria, della Palestina o del Kurdistan hanno la loro origine nella negazione dei diritti nazionali dei popoli».

Inoltre, ha evidenziato che gli stati hanno elaborato la teoria della non ingerenza nei problemi di altri stati per coprire gli attacchi al diritto all’autodeterminazione che si portano contro i popoli. «A questo scopo, esiste un consenso segreto fra gli stati», ha affermato.

Contemporaneamente, Mendizabal ha messo in evidenza come l’imperialismo, la sinistra delle nazioni dominanti «non vole rinunciare a questa contraddizione».

Così, ha citato l’esempio della sinistra turca, «che può essere molto radicale per molti aspetti, ma che è irremovibile quando solo si menziona la questione kurda ».

Mendizabal ha auspicato che «si sia indipendentisti contro l’oppressione ed unionisti rispetto ai popoli. Vele a dire, fare in modo che i popoli spezzino i legami con gli stati che li opprimono, ma che stabiliscano relazioni con i popoli vicini».

IBARRETXE

Nella parte riservata alle domande del pubblico, è sorta la questione della praticabilità della proposta di riforma statutaria di Juan José Ibarretxe, che Joseba Alvarez ha definito "alternativa della borghesia basca alla necessità di adeguamento dello Stato delle Autonomie che esiste oggi, da parte della Spagna."

Davanti a questo, Alvarez ha auspicato l'esercizio del diritto di autodeterminazione per tutti i territori di Euskal Herria, "affinché ognuno faccia la proposta che desidera, in uguaglianza di condizioni. Il Partito Nazionalista Basco, la sovranità condivisa con la Spagna; Izquierda Unida, la Stato federale spagnolo; e la sinistra indipendentista basca, l'indipendenza ed il socialismo. Il paese basco dovrà scegliere liberamente e tutti dovremo accettare la sua decisione."




















EUROPA COSTRUITA A CALCI
di Jean François Lefort - Portavoce di Askatasuna

A nessuno sfugge che la costruzione europea si sta realizzando alle spalle dei suoi paesi e del suo popolo. La società è sempre più cosciente che il progetto europeo si è realizzato in base agli interessi politico-economici di alcuni stati e che l'adeguamento delle strutture europee a questi interessi si è realizzato senza una pianificazione previa, affrontando in maniera improvvisata i problemi che la pratica presentava, come si suol dire, a calci. In questo progetto forzato si sono prese decisioni che riguardano diversi ambiti della vita dei cittadini. La miglior prova che le cose stiano così viene dall'analisi di come si sono progettate e sviluppate misure repressive da parte delle istituzioni europee. Ancora, a calci: la repressione gioca un ruolo fondamentale nel progetto europeo.

La prima grossa critica va all'oscurantismo con il quale si sono progettate queste misure. Chi conosce gli effetti pratici che derivano dall'applicazione del mandato di arresto europeo? Chi sa esattamente secondo quali parametri lavorano le polizie statali secondo l'Accordo Europol? Come funziona ed cosa comporta l'implementazione di Eurojust?

Ultimamente si sono verificati alcuni avvenimenti che hanno generato un importante effetto nella società basca: ci riferiamo all'inserimento di organizzazioni basche che fino a pochi mesi fa lavoravano in un ambito completamente pubblico, legale e trasparente, nella lista europea di organizzazioni terroriste, e l'applicazione dei procedimenti di consegna di detenuti tra gli stati membri. Due esempi di come queste misure cozzino contro la salvaguardia dei diritti civili (integrità fisica delle persone arrestate) e politici (libertà di associazione e di espressione). Riguardo alla prima di queste misure, le organizzazioni che sono state inserite in queste liste non hanno possibilità alcuna di ricorrere contro questa decisione politica adottata nel PESC. Cioè, si prende una decisione e, non essendo stato predisposto un sistema di appello contro quella decisione che, chiaramente, è contraria ai diritti ed alle libertà fondamentali, la persona fisica o giuridica colpita non può difendersi. Non è prevista alcuna procedura per esercitare la difesa. Tutti conosciamo, inoltre, la grave contraddizione che comporta il fatto che queste organizzazioni siano messe fuori legge e duramente represse nello Stato spagnolo e, tuttavia, sembra che i poteri di quello francese "tollerino" la sua azione. Questo evidenzia ancora una volta che ogni stato è disposto ad affrontare questo problema a seconda dei suoi interessi politici o strategici, utilizzando le decisioni europee come alibi. Nel secondo caso, l'incertezza su come vadano a finire le consegne di detenuti tra polizie di stati europei, oltre a demolire il principio dell'asilo politico e privare gli avvocati difensori di tutte le armi per affrontare l'estradizione di cittadini di altri stati nei termini classici, armi che, d'altra parte, già erano abbastanza limitate, ha allarmato per l'esperienza concreta che abbiamo in Euskal Herria di ciò che significa la consegna da polizia a polizia e delle successive denunce di torture subite dalle persone sottoposte a questo trattamento.

Inoltre, abbiamo saputo che la Polizia spagnola agirebbe in territorio dello Stato francese e viceversa, con l’istituzione, inoltre, di sinistre "squadre di investigazione congiunte" prevalentemente in funzione antiterrorista. Si sono già poste le basi per stabilire commissariati congiunti a Biriatu e Canfrac. La copertura e la scarsa trasparenza nell'organizzazione di queste squadre si giustifica secondo i suoi promotori con il principio di discrezione nella lotta contro il terrorismo.

Tutte le misure vanno nello stesso senso: spingere la repressione come meccanismo unico di risoluzione di conflitti che hanno un evidente carattere politico.

Questa situazione è stata denunciata in questi giorni nel Forum Sociale di Parigi. Perché è necessario mettere in rilievo l'effetto repressivo di tutte queste misure, nascoste dietro retoriche antiterroriste e di sicurezza a protezione del suddito, in contraddizione con la libertà del cittadino. Perché bisogna denunciare a voce alta che la costruzione europea, oltre a condannare i popoli, condanna i suoi cittadini. E perché l'esperienza che, negli ultimi anni, stiamo acquisendo in Euskal Herria su come la repressione può essere usata per bloccare iniziative alternative o dissidenti col potere, può dare una traccia al resto dei movimenti di opposizione europei e perfino mondiali di come il nuovo ordine è disposto ad affrontare questi "problemi". Che il laboratorio repressivo di Euskal Herria serva come esempio di quello che non si deve fare.



I BASCHI HANNO SFILATO IN UNO SPEZZONE NEL CORTEO DI PARIGI

La sinistra europea ha manifestato ieri per le strade di Parigi per chiudere il Forum Sociale Europeo. Tra i partecipanti si trovava un blocco formato da cittadini baschi che, dietro una grande ikurriña (bandiera nazionale basca, N.d.T.), lanciava slogan per l'indipendenza di Euskal Herria ed in favore dei prigionieri politici. La manifestazione ha raccolto diverse rivendicazioni, è stata multicolore e si è svolta in un'atmosfera di festa.


Circa 100.000 persone, secondo i dati forniti dall'organizzazione, hanno manifestato ieri nel centro di Parigi per chiedere un'Europa più sociale e senza guerre, a chiusura del Forum Sociale continentale che si è svolto in settimana nella capitale francese ed in tre municipi della sua periferia. La Polizia francese, come è abituale in questi casi, ha ridotto la cifra a 40.000.

Come nel Forum, nella manifestazione di ieri la presenza di cittadini baschi è stata notevole.

La delegazione formata da collettivi della sinistra indipendentista basca ha sfilato formando un blocco nazionale da Place de la République fino a Place de la Nation. Il sindacato basco ELA ha declinato l’invito a sfilare in questo blocco.

Un'ikurriña di grandi dimensioni e gli stemmi delle province aprivano il Basque Block, seguiti da un striscione scritto in francese che recitava "Contro l'Europa degli stati. Per l'Europa dei popoli e dei lavoratori". Appena aperta, la grande bandiera basca è divenuta obiettivo di numerosi fotografi, sia professionisti, sia dilettanti. Tra le bandiere che portavano i baschi, oltre alle ikurriñas, si vedevano insegne di LAB, Batasuna, Askapena ed EHE. Inoltre, c'erano fotografie dei prigionieri politici baschi.

Le grida di "Liberté pour le Pays Basque", "Euskal Herria askatu" e "Presoak etxera (Prigionieri liberi, N.d.T.)" lanciate lungo i viali parigini erano accompagnati da una selezione di musica di gruppi come Negu Gorriak o Delirium Tremens, che ha fatto da colonna sonora nel centro della capitale francese. L'apoteosi si è avuta vicino al boulevard Diderot, con il brano "Salve Regina" di La Polla.


Una sagoma gonfiabile di un zanpantzar (personaggio caratteristico della tradizione basca, N.d.T.) a grandezza naturale ha contribuito a rendere pittoresco il Basque Block e ha fatto sì che più di un parigino si domandasse chi fosse quello strambo personaggio e cosa rappresentasse. Anche il suono della txalaparta (antichissimo strumento musicale basco, N.d.T.) e quello del corno hanno sorpreso più di un manifestante, francese o proveniente da un altro paese europeo.

La presenza dei baschi suscitava, in realtà, la curiosità di molti, che ignoravano il luogo di provenienza di quella strana bandiera. Altri avevano qualche conoscenza in più, come una donna che vendeva "L'Humanité", l'organo del PCF, che domandava al suo compagno se quei baschi fossero spagnoli o francesi.

Tra i componenti del blocco basco si trovava Didier Rouget, che era appena intervenuto in una plenaria del Forum Sociale sulla riduzione di libertà che si sta verificando in Europa, vicino ad Evelyn Sire-Marin, presidentessa del Sindacato della Magistratura francese.

"È risultato evidente che la situazione di riduzione di diritti che si vive attualmente in Euskal Herria è un esempio di ciò che può succedere nel resto dell'Europa con la scusa della lotta contro il terrorismo", ha spiegato Rouget a GARA in piena manifestazione parigina. Alcune ikurriñas sono presto passate in mano a manifestanti di altre nazionalità, come ad un membro del Forum Sociale Greco, il cui blocco marciava giusto davanti a quello formato dai baschi.

Gli ellenici si sono dimostrati rumorosi quanto o più dei baschi, poiché durante tutta la sfilata non hanno smesso di cantare "Bandiera Rossa" e "L'Internazionale" in greco. Inoltre, portavano uno striscione nel quale reclamavano la liberazione degli arrestati durante le proteste contro l'ultimo vertice europeo, a Salonicco.

Vicino ai baschi si trovavano anche i membri del Coordinamento Nazionale dei Sans Papiers dello Stato francese.

Davanti ai greci, sfilava un blocco del Partito Comunista Spagnolo che, seguendo il modello della sinistra indipendentista basca, era aperto da una grande bandiera repubblicana. "Domani la Spagna sarà repubblicana" è stato uno degli slogan lanciati. Alcuni si sono anche uniti allo slogan "presoak etxera."

Il coordinatore generale di IU, Gaspar Llamazares, ha evidenziato che "il movimento antiglobalizzazione sta chiedendo che l'Europa svolti a sinistra". Anche UGT e CCOO sono state presenti a Parigi.

Davanti agli spagnoli camminavano gli italiani, una delle nazionalità più numerose in tutti gli appuntamenti antiglobalizzazione del mondo. Così, i militanti di Rifondazione Comunista portavano bandiere del partito, cubane e cartelli che esigevano la ritirata delle truppe italiane dell'Iraq. Transalpini erano anche coloro che gridavano "Nous sommes l'Italie et pas Berlusconi, Noi siamo l'Italia e non Berlusconi".

La sinistra francese era ampiamente rappresentata nelle strade di Parigi, dalla LCR di Alain Krivine, passando per il PCF, con alla testa la sua segretaria nazionale Marie-George Buffet, ed i Verdi, per arrivare al Partito Socialista, del quale spiccava il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë.


Proprio, la presenza del PS ha provocato un incidente, rimasto isolato, con un gruppo di anarchici che respingeva la presenza dei socialdemocratici nel corteo. Ciononostante, la manifestazione si è svolta in un'atmosfera estremamente rilassata. Persino la televisione pubblica francese ha evidenziato che il "clima" è stato festivo.

Per ogni evenienza, agenti della Polizia francese, in tenuta antisommossa, erano appostati in varie strade adiacenti al percorso della manifestazione. La Prefettura aveva preparato un piano speciale in previsione di incidenti che non ci sono stati.

Dalle strade di Parigi non sono mancati neanche i galiziani, che portavano bandiere di Nunca Mais (organismo sorto dopo il disastro della petroliera Prestige, N.d.T.). Anche i catalani erano numerosi. Tra i tedeschi, spiccavano le bandiere del sindacato IG Metall, quello che conta più affiliati in Europa, benché non mancassero quelle della PDS.

Per il resto, come succede nelle manifestazioni antiglobalizzazione, i Parigi è stata costellata di bandiere, rivendicazioni e slogan.

La solidarietà con la Palestina è stata una costante della maggior parte di partecipanti. Erano innumerevoli le bandiere che ondeggiavano e le kefia che si vedevano nelle fredde strade parigine. Qualcuno ha persino realizzato una replica in cartongesso del muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania. In questa occasione, fortunatamente, ha bloccato solo una strada.

Il ritratto di Che Guevara era visibile sulle insegne portate da migliaia di persone e la guerra in Iraq è stata radicalmente denunciata da numerosi manifestanti. Un gruppo, Les Alternatifs, per esempio, lanciava lo slogan "Bush, Blair et Aznar, au placard, Bush, Blair ed Aznar, nell'armadio, ".

Più indietro, un solitario militante chiedeva, senza troppa fortuna, fondi in solidarietà con i disoccupati iracheni.

Numerosi sono stati gli striscioni ed adesivi con lo slogan "Né prostitute né sottomesse", a sostegno dei diritti delle donne dei quartieri delle grandi città francesi. Gruppi di omosessuali reclamavano nelle strade di Parigi il rispetto anche per i loro diritti.

Non sono mancate nemmeno le bandiere di ATTAC, quelle della Confederation Paysanne, mentre i loro leader, Bernard Cassen e José Bové, rilasciavano dichiarazioni a media.

Annick Coupé, del Gruppo dei 10 e del comitato organizzatore del Forum Sociale Europeo, rispondeva alle domande della stampa e forniva la cifra dei partecipanti al forum: 50.000 persone in rappresentanza di centinaia di organizzazioni provenienti da decine di paesi, con più stranieri che a Firenze.
















dal quotidiano GARA del 17.11.2003

L’EUROPA DELLE PIAZZE SFIDA QUELLA DEGLI STATI

L’Assemblea di Movimenti Sociali convoca mobilitazioni decentrate contro la Costituzione dell'UE

Il 20 marzo ed il 9 maggio sono i due appuntamento che propongono i movimenti sociali riuniti a Parigi, agli europei, per continuare a costruire l'altra Europa che il Forum Sociale ha contribuito a progettare. Il "no alla guerra" sarà ripreso a marzo, e l'attuale costruzione europea riceverà le sue critiche in maggio.

GARA

PARIGI

Più di mille persone hanno partecipato ieri mattina, in uno dei tendoni innalzati in occasione del Forum Sociale Europeo, all'Assemblea dei Movimenti Sociali che ha approvato l'appello che riportiamo di seguito.

Spiccano due convocazioni in particolare, la prima delle quali riguarda l'occupazione dell'Iraq e della Palestina, è per il 20 marzo, e raccoglie la proposta del movimento antiguerra statunitense, di mobilitarsi nel primo anniversario dell'inizio dei bombardamenti ordinati da Bush contro l’Iraq.

La seconda proposta è che i movimenti europei affrontino un tema che è stato quasi sempre lontano delle sue priorità, la cosiddetta "costruzione Europea". Si respinge il modo nel quale la si sta portando a termine, "escludendo la società civile", e si propongono mobilitazioni decentrate il prossimo 9 maggio. È una vera sfida per i propri movimenti sociali che, dopo Firenze, hanno dimostrato una forte capacità di mobilitazione intorno a temi che colpiscono tutto il pianeta, come quello che è stato chiamato "la guerra dell'Iraq", ma che sono rimasti fermi rispetto a temi di carattere continentale come l'UE. Questa volta ci si pone un obiettivo, quello delle proteste di maggio, che richiede un grande lavoro, se si vuole arrivare ad ottenere frutti che possano essere definiti "di successo."

Ma la sfida è tale anche per i governanti, che fino ad ora hanno potuto fare e disfare secondo il loro capriccio e che, a partire da ora, dovranno rendere conto a paesi che respingono il loro modello chiuso.

Fra gli organizzatori del FSE e dell'Assemblea si valuta che il movimento europeo continui a maturare e che stia passando da una fase di conoscenza della realtà e scambio di esperienze, ad un’altra che guarda più al futuro, con proposte che, ancora molto timidamente, aiutano a tracciare una via.

Dal punto di vista specifico di Euskal Herria, la delegazione della sinistra indipendentista basca presente a Parigi ha evidenziato che il documento dell'Assemblea sostiene esplicitamente il diritto di autodeterminazione dei paesi d'Europa, cosa che è stata apprezzata, come positivamente è stato valutato l’intero appello promosso ieri.





APPELLO DEI SOGGETTI E DEI MOVIMENTI SOCIALI

Proveniamo dai movimenti sociali e civici di tutte le regioni d'Europa, dell’Est e dell'Ovest, del Nord e del Sud. Ci troviamo al secondo Forum Sociale Europeo dopo un anno di mobilitazioni contro il modello neoliberista in numerosi paesi d'Europa, contro la riforma delle pensioni, per la difesa dei servizi pubblici, per i diritti delle donne, contro l'estrema destra, il razzismo e la xenofobia, come contro le politiche di sicurezza e contro la guerra contro l'Iraq, ricordando in modo particolare il 15 di febbraio 2003. Siamo diversi e plurali, ed è questo che costituisce la nostra forza.

Attualmente si sta elaborando un progetto di Costituzione europea, al margine della società civile, che "costituzionalizza" il liberismo come dottrina ufficiale dell'UE; che consacra la comcorrenza come base del Diritto comunitario e di tutte le attività umane, e che non tiene in conto gli obiettivi di un'economia basata sull’ecologia; che concede una ruolo al NATO sulla politica estera e di Difesa europea e che favorisce la crescita della militarizzazione dell'Unione e che, infine, mantiene la questione sociale al margine di una costruzione europea basata sul primato del mercato, e che porta, in realtà, allo smantellamento già programmato dei servizi pubblici. Questo progetto di Costituzione non risponde alle nostre aspirazioni.

Lottiamo per un'altra Europa. Le nostre mobilitazioni mantengono la speranza di un’Europa senza disoccupazione né precarietà, dotata di un'agricoltura contadina, durevole e solidale che preserva i posti di lavoro, l'ecosistema e la qualità dell'alimentazione, di un’Europa aperta al mondo che permetta ad ognuno di circolare liberamente che riconosca la cittadinanza a tutti coloro che ci vivano e che rispetti il diritto di asilo, di un’Europa che applichi un'uguaglianza reale tra le donne e gli uomini, che promuova la diversità culturale ed il diritto dei popoli all'autodeterminazione, cioè che possano decidere il suo futuro in maniera democratica.

Lottiamo per una Europa che rifiuta la guerra, appoggiamo la solidarietà internazionale ed un'economia basata su obiettivi ecologici. Auspichiamo che i diritti umani, i diritti sociali, economici, politici, culturali ed ecologici, trionfino sul diritto alla concorrenza, sulla logica del profitto e sul controllo del debito pubblico.

Per questo, noi lanciamo un appello ai popoli dell'Europa affinché si mobilitino contro il modello neoliberista e contro la guerra. Siamo per il ritiro delle truppe di occupazione dall'Iraq e per la restituzione immediata della sovranità al popolo irakeno. Siamo per il ritiro israeliano dai territori occupati, per fermare la costruzione del Muro e per la sua distruzione. Appoggiamo i movimenti israeliani e palestinesi che si impegnano per una pace giusta e duratura. È per questo motivo che abbiamo aderito all'appello internazionale lanciato dagli USA dal movimento antiguerra ed invitiamo a partecipare alla giornata di azione del 20 di marzo prossimo.

Per arrivare ad un’Europa basata sul riconoscimento dei diritti sociali, politici, economici, culturali ed ecologici, sia individuali, sia collettivi, delle donne e degli uomini, ci impegniamo a realizzare iniziative a tutti i livelli. Dobbiamo costruire passo dopo passo un processo di mobilitazione che permetta il coinvolgimento di tutti i popoli d'Europa. Ci impegniamo ad essere parte attiva in tutte le azioni organizzate dai movimenti sociali, in particolare, ad organizzare una giornata comune di azione appoggiata dai movimenti sociali, soprattutto dal movimento sindacale europeo. Facciamo appello a tutti i movimenti sociali affinché questa dinamica di mobilitazioni abbia il suo culmine in una giornata di azione per una Europa dei diritti dei cittadini e cittadine e dei popoli, il 9 maggio, data prevista per la ratifica della Costituzione europea.

Novembre 2003

PARIGI, VIA LIBERA ALLA CAMPAGNA PRO PALESTINA NATA A BILBAO

Movimenti sociali israeliani, palestinesi ed europei riuniti, recentemente a Bilbao, hanno deciso, fra l’altro, di proporre ai popoli dell'UE una campagna di pressione affinché l'ente continentale rompa il suo accordo commerciale preferenziale con Israele, iniziativa che è stata approvata in un seminario specifico del Forum Sociale Europeo. Si creerà una rete di movimenti sulla quale si trovano notizie al seguente indirizzo di posta elettronica: mewando@wanadoo.es
















































Editoriale GARA 17/11/03

PARIGI, UN ALTRO PASSO

L'Assemblea di Movimenti Sociali ha costituito, ieri, l’epilogo del secondo Forum Sociale Europeo, che ha riunito a Parigi migliaia di attivisti di sinistra, nel senso più ampio del termine.

Il Forum di Parigi, sulla scia dei suoi precursori di Firenze e Porto Alegre, è tornato ad essere soprattutto una vetrina nella quale presentare le proprie esperienze, conoscere quelle altrui e constatare fino a che punto i partecipanti concordano sulla diagnosi secondo la quale "un'altra Europa" non è solo possibile ma anche necessaria. La difficoltà è stata, ancora una volta, nel concordare i passi a muovere congiuntamente per giungere a questa "altra Europa". Il fatto è che non è compito facile articolare dinamiche unitarie tra forze tanto eterogenee come quelle che si danno appuntamento in questi forum.

A Parigi, tuttavia, si può dire che si è riscontrata una volontà di "passare all'azione". La migliore prova di ciò è forse la giornata di mobilitazione indetta per il prossimo 9 maggio, contro la Costituzione europea che si sta portando avanti alle spalle dei cittadini e, ovviamente, dei popoli (a questo proposito, vale la pena segnalare, come dato molto positivo, che il documento finale approvato dall’Assemblea dei Movimenti Sociali, cita espressamente il diritto di autodeterminazione). La convocazione per il 9 maggio risulta particolarmente suggestiva se si tiene conto del successo di quella precedente, realizzata dai Forum di Porto Alegre e di Firenze il 15 febbraio passato, contro l'aggressione all'Iraq, che ha portato in piazza decine di milioni di persone.

A Parigi ci sono stati anche progressi "per l'azione" ad altri livelli, come nel caso della rete europea di organizzazioni di solidarietà con la Palestina (frutto, per certo, di un'iniziativa concordata a Bilbao), rete che nasce dalla convinzione che il conflitto del Medio oriente ha smesso da tempo di avere carattere "regionale" e riguarda tutto il mondo e l'UE, principale partner commerciale di Israele, non può continuare ad assistere al genocidio come un convitato di pietra al quale, inoltre, Tel Aviv si permette di fare ogni tipo di scorrettezza.

I progressi di Parigi, certamente, sono modesti, ed è logico che ci siano settori scettici davanti a questo tipo di forum che consumano ingenti energie e non rispondono ad alcune aspettative di risultati immediati che, a volte, involontariamente si creano. Ma, purché non si perda di vista il fatto che è il lavoro che ogni organizzazione sviluppa nella sua cornice naturale (locale, regionale, nazionale...) a dare senso e legittimità a questi forum, non c'è dubbio che sono una strada che è indispensabile percorrere. E Parigi è stata più un ulteriore passo su questa strada.

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