E’ commovente la sensibilità manifestata ultimamente dalle forze politiche locali nei confronti della classe operaia a rischio di licenziamento: “non si può chiudere un’impianto produttivo solo per motivi di convenienza, perseguendo esclusivamente una logica di profitto senza tenere conto delle numerose persone che restano senza lavoro, delle famiglie che restano senza reddito”. Questo è il messaggio che passa nei principali media. Ma da quando le multinazionali tengono conto del fattore umano? Di fronte ad un evento simile la cosa sconvolgente non è tanto l’atteggiamento dell’azienda, ma proprio la reazione di certi amministratori che cadono dalle nuvole!! Ma veramente pensano che la gente si lascia convincere dai loro tentativi di “mobilitazione”? Prima hanno permesso che le principali produzioni di questa regione venissero messe nelle mani di multinazionali straniere, per “globalizzare“ la nostra economia e “reggere la concorrenza del mercato”, ma si sa a priori che quando una multinazionale non ha più la convenienza di conservare il sito produttivo, lo elimina e basta! E sì che di esperienze come queste la storia del capitalismo ce ne ha regalate molte. E’ un'ipocrisia pensare che possa esistere un liberismo economico “buono”, “rispettoso” del territorio, dei lavoratori. Purtroppo non è possibile conciliare gli interessi di una classe produttiva capitalista con quelli della classe operaia che è sempre quella che paga e bisogna scegliere prima se stare da una parte o dall’altra, non basta partecipare ai forum mondiali per cambiare le cose o fare bei discorsi sul “Bilancio Partecipativo”. La cosiddetta “visibilità” regge poco se non è supportata da fatti concreti. Agli operai bisogna pensarci prima, facendo scelte politiche ben precise che permettino loro di intervenire sui cambiamenti che passano sulle loro teste. Un saluto da parte mia a tutti i lavoratori in lotta, soprattutto a quelli che in questo momento non godono di tanta “visibilità” e non per colpa loro.
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