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Mille mantelli d'orbace
by da Repubblica Friday, Feb. 06, 2004 at 8:23 AM mail:  

La Guardia d'Onore Mussolini, da due anni ogni giorno accanto alla tomba, con turni di 12 ore per il nuovo culto del duce Sono quasi tutti under trenta vengono da ogni parte d'Italia dal nostro inviato MICHELE SMARGIASSI

PREDAPPIO - Come chiamarli? Nostalgici, no: sarebbe come dire che i
francescani sono nostalgici di Dio. Corpo paramilitare? Non proprio. Non
hanno armi, né gradi, né una vera divisa. "Loro hanno i gradi e la divisa",
il ragazzo ride e indica gli scout che giocano a pallone sul sagrato di San
Cassiano a Predappio, la chiesa del cimitero dove giace la salma più
ingombrante d'Italia: quella del Duce. "La mia divisa è tutta qui": se l'è
appena tolta, alla fine del suo turno di picchetto; è un mantello, o meglio
una cappa nera, lunga fino al polpaccio, senza stemmi né mostrine. E'
l'orgoglio della Guardia d'Onore Benito Mussolini. Chi la veste raramente ha
ottant'anni: quasi sempre ne ha meno di trenta. Non viene dagli armadi della
Rsi, è roba nuova, perché la Guardia esiste solo da due anni. Può piacere o
no, ma è roba del terzo millennio, non un avanzo di Novecento.

Le due guardie montanti hanno preso posizione ai lati del gigantesco
mascellone di marmo. Immobili pure loro come il marmo, lo sguardo nel vuoto
per 10-12 ore a turno, con poche pause per le necessità. "Qualcuno ci tocca
per vedere se siamo manichini". Ci sono sempre, ogni giorno, anche a
Natale. "In due anni abbiamo "bucato" solo quattro volte". Oggi il picchetto
è doppio, perché è un week-end fascistissimo: ottantesimo anniversario della
Marcia su Roma, "la festa più fausta del fascismo": che in effetti, avendo
vinto assai poco, non ne ha altre. Sbarcati dai pullman, i pellegrini sfilano
intimoriti. Un salutino romano, una foto e via. Né risate né urla duce-duce.
A questo ufficialmente servono le Guardie: "Assicurare rispetto a un luogo
sacro" . Per questo la famiglia Mussolini, proprietaria della cripta, ne ha
accettato la presenza, purché non si trasformasse in esibizionismo politico.

Ma per far spegnere i cellulari e fermare le ragazze in minigonna bastava un
sagrestano. No, questi ragazzi non sono vigili urbani in camicia nera. Sono
sacerdoti, vestali, officianti di un culto, adepti di un ordine religioso:
quello dei frati mussoliniani. La Regola sembra copiata da un convento di
clausura. Chi scende nella cripta deve lasciare dietro di sé le vanità del
mondo: "In quel momento si spoglia della sua individualità e delle meschinità
che da essa derivano". Il voto del silenzio è assoluto, l'immobilità coatta
induce la trance mistica: "Dopo dieci minuti non pensi più a nulla, cambi
dimensione", ammette Gabriele, un romano che fa la guardia col figlio.

Il fondatore dell'ordine, Rainaldo Graziani, non ha proprio l'aspetto di un
mistico asceta. Ciondolo d'oro col fascio littorio al collo, vecchia Ford che
si apre solo con una pinza, cellulare che suona la Cavalcata delle Walkirie.
Quarantenne, romano trapiantato a Varese, alle spalle molti mestieri
(allestitore teatrale, libraio esoterico, ristoratore), esperienze militanti
nel gruppo di estrema destra Meridiano Zero, nel '99 visitò la cripta e la
trovò "in degrado pietoso, oggetto di vilipendio, senza più sacralità".
Mercanti di souvenir nel tempio, "una fede si nutre anche di oggetti emotivi,
ma i posacenere... Spegnere le cicche sulla faccia del Duce...".
Pellegrinaggi imponenti, ma a rischio di sbracamento: "Perfino i pullman dei
fedeli di Padre Pio facevano tappa qui, ma Mussolini non è mica un
guaritore". Propose un servizio di sorveglianza e moralizzazione alle
associazioni dei reduci: X Mas eccetera. "Zero risposte". Allora partì con
una decina di amici, e organizzò la leva sul campo, lì tra i vialetti del
cimitero. Un successo travolgente.

"Cominciammo facendo dieci turni a testa al mese. Ora non più di uno
all'anno". Mille i reclutati, tra cui 88 ragazze, soprattutto da Roma e dal
Nord. "Ma le domande sono migliaia". La selezione la fa lui, Rainaldo,
personalmente. Esame di "disciplina, dedizione, entusiasmo, disinteresse".
Cultura fascista? "Non è richiesta. Se uno viene qui, vuol dire che ce l'ha
già". Solo un terzo delle guardie fa politica attiva (soprattutto in An, poi
nella Fiamma di Rauti e in Forza nuova). Qui si accettano credenti, "se uno
fuori da qui è anche militante, fatti suoi". Anche se è un naziskin o un
ultras picchiatore? "Il nostro requisito è la lealtà. Non accettiamo chi
assale gli inermi. Ma se ci si difende, ad armi pari...".

Militanti o no, tutti giurano di essere qui solo per Lui. Ed è inutile dir
loro del Mussolini che mandò gli italiani al macello mondiale, perseguitò gli
ebrei, incarcerò e uccise gli oppositori, è inutile chieder loro se conoscono
la storia: "Ma chi l'ha scritta, quella storia?", fanno spallucce, e il
discorso è chiuso. Non è il Duce storico l'oggetto della loro devozione, è un
Duce immaginario. Ma allora che Mussolini è? "Un grande padre", suggerisce
Gabriele. Quello che questi ragazzi sembrano non aver avuto. "Mentre i nostri
genitori erano a lavorare, il nonno ci raccontava la storia". Guerre e
miserie diventate eroismi nel filtro della nostalgia, miti vaghi trasmessi
oralmente, fatti di storie senza Storia, di valori senza quadro, ma più
dirompenti nella fantasia della Storia insegnata a scuola. E ora sull'altare
dei monaci dal saio d'orbace c'è un dio inventato, irreale, un simulacro
buono per tutti gli usi, anche i meno mistici. "Irreale?", sorride Graziani
beffardo, "si guardi intorno. Qui passano quindicimila persone in due giorni.
Il Duce è ancora virilmente seducente. Mentre non vedo bancari in processione
davanti alla tomba di Cuccia. E quanti antifascisti vanno in pellegrinaggio
al sepolcro di Pertini?"

(28 ottobre 2002)

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