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Genova, la protesta dei siderurgici
by dall'unità Tuesday, Feb. 10, 2004 at 6:47 AM mail:

Genova, la protesta dei siderurgici.

Tutti convocati dal governo per discutere del futuro dell'Ilva e di quello delle 2.700 famiglie che vivono del duro lavoro in acciaieria. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta attende di confrontarsi con la proprietà dell'azienda e con gli enti locali genovesi e liguri. Insomma, con tutti tranne i lavoratori. E poco importava, fino alla mezza mattinata di ieri, se i sindacati e gli operai dello stabilimento genovese avessero chiesto e richiesto incessantemente di essere «ammessi» a quel delicato tavolo. «Abbiamo già avuto la disponibilità degli enti locali a sedersi con noi all’incontro di Roma - sottolinea Stefano Milone della Fim Cisl - ma aspettiamo una convocazione di tutti, per questo chiederemo l'intervento del prefetto».

Ma fin verso le 10,30 il povero prefetto di Genova, Giuseppe Romano, non sapeva che pesci pigliare di fronte al migliaio di lavoratori che si era radunato sotto le sue finestre per sapere se, finalmente, da Roma fosse arrivata la convocazione anche per loro. Passano i quarti d'ora, vanno e vengono le auto che depositano in prefettura gli altri «invitati», e quando anche il vicepresidente delle acciaierie - Claudio Riva - varca lo sbarramento di forze dell’ordine, la rabbia esplode. Bruno Manganaro, segretario della Cgil di Genova, continua a parlare alla folla di operai per illustrare la situazione e ribadire la richiesta dei sindacati di partecipare al confronto sul futuro dell'Ilva, ma nel corteo la rabbia tracima. Nonostante gli sforzi del servizio d'ordine della Fiom e della Rsu aziendale un gruppo di giovanissimi lavoratori tenta di forzare il muro di forze dell'ordine, scoppia qualche petardo, volano oggetti e spintoni, tra agenti e dimostranti ci scappa anche qualche corpo a corpo, ma nel volgere di pochi minuti ritorna una relativa calma.

Come spesso succede di fronte alla rabbia di chi rischia il lavoro ma viene tagliato fuori persino dalle riunioni che decidono della sua vita, mentre il grosso del corteo richiama definitivamente all'ordine i giovani più furibondi, il prefetto è improvvisamente in grado di dare la notizia che gli operai volevano: fors'anche per effetto delle pressioni politiche avviate dai parlamentari dei Ds Gavino Angius e Graziano Mazzarello, il sottosegretario di Berlusconi, da Roma, ha fatto sapere che «va bene», anche i rappresentanti sindacali saranno invitati al confronto. A rendere ancora più bizzarra la sequenza è il fatto che la notizia esce dalla prefettura proprio per bocca del rappresentante dell'azienda, Claudio Riva.

Nel frattempo i lavoratori improvvisano un corteo e si dirigono alla stazione di Brignole, dove occupano i binari della linea per Roma per un po’. Con loro hanno portato anche qualche mezzo pesante utilizzato in fabbrica. «Aspettiamo che arrivi un fax sul la convocazione unitaria, aspettiamo di vedere la firma di Letta - spiega Francesco Grondona della Fiom - è da venerdì che chiediamo che azienda, istituzioni e sindacato vengano convocati insieme, è assurdo dover fare una manifestazione simile. Ma sul tavolo c'è una cassa integrazione pericolosissima, fatta sinora con una richiesta ufficiosa: si tratterebbe di tredici settimane che coinvolgono 600-700 persone, quindi la chiusura dell'altoforno, il ridimensionamento del molo, senza sapere niente del futuro dell'azienda». Insomma, la posta in gioco è altissima, e non solo per le eventuali centinaia di cassintegrati della prima ora, ma anche - in prospettiva non troppo remota - per tutti i 2.700 dell'Ilva e per i 400 lavoratori degli appalti fissi. Che infatti sono a loro volta seduti sui binari di Brignole in questo soleggiato lunedì genovese di rabbia e paura.

C'era un accordo di programma per quest'area di un milione e 300mila metri quadrati che si affaccia sul mare in una posizione, a Cornigliano, privilegiata quanto accesso a vie di comunicazione. Un’area molto appetibile per tanti interessi diversi. E forse proprio per questo, dopo l'accordo del 1999, con il cambio di guida politica alla Regione Liguria (con Sandro Biasotti del Polo che subentra al centrosinistra che firmò quel protocollo insieme a tutti gli altri soggetti interessati ai destini dell'Ilva e di Cornigliano) le carte si rimescolano improvvisamente. Il piano concertato prevedeva una conversione dall'altoforno al forno elettrico (già ampiamente collaudato in molti altri stabilimenti in Italia e in Europa), con miglioramento deciso dell'impatto ambientale.

Parallelamente gli stessi sindacati chiedevano la bonifica dell'area e aprivano alla possibilità di parziali utilizzi diversi dell’area. Ma sempre con un punto fermo: la salvaguardia del lavoro e del futuro produttivo. Fino a quando è arrivato Biasotti, il berluschino ligure che ha fatto saltare tutto.

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