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LA RAGNATELA: DALLE TRAME NERE AL GOVERNO BERLUSCONI.
by di Renata Franceschini Sunday, Feb. 22, 2004 at 11:05 AM mail:  

Traccia storica e considerazioni di Renata Franceschini, Soccorso Popolare - Padova (PARTE SESTA) dal link http://www.arcipelago.org/storie%20italiane/ragnatela6.htm

9. Il governo "D'Alema"
Al governo Prodi subentrò il governo D'Alema, formato il 21 ottobre 1998 grazie ai voti dell'UDEUR di Francesco Cossiga e del Partito dei comunisti italiani di Armando Cossutta , separatosi da Rifondazione comunista proprio perché in dissenso sul voto contrario con cui il partito aveva fatto cadere il governo di Romano Prodi.

Sulla caduta del Governo Prodi si è detto molto: spesso la colpa è stata addebitata a Rifondazione, ma c’è stato anche chi ha individuato una manovra più complessa collegata alla decisione, presa da lungo tempo, di normalizzare comunque i Balcani. La macchina bellica della NATO doveva essere messa in moto, ma per farlo era indispensabile l’adesione incondizionata dell’Italia. Che fare? Per l’alleato americano c’era l’esigenza di provocare in Italia un mutamento di governo e ottenere una maggioranza più adatta alle urgenti esigenze belliche della NATO, mentre il ricorso alle elezioni presentava troppe incognite, ed era quindi rischioso.

"A questo punto è stato attivato il più autorevole dei terminali CIA nel sistema politico italiano, l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, l’uomo di Gladio" ( Domenico Gallo ).

In quattro e quattr’otto Cossiga ha staccato un gruppetto di parlamentari dal Polo e creato l’UDEUR, con cui ha potuto sostituire Rifondazione. D’Alema si è candidato a premier del nuovo governo atlantico dichiarando, in relazione all’Activaction order, che la disponibilità delle basi italiane era un "atto dovuto".

Abbiamo avuto così D’Alema presidente del Consiglio e Scognamiglio ministro della Difesa.

"…in Italia avevamo dovuto cambiare governo proprio per fronteggiare gli impegni politico-militari che si delineavano in Kossovo…la presenza di Rifondazione…non avrebbe consentito di impegnarsi in azioni militari. Per questo il senatore Cossiga ed io ritenemmo che occorreva un accordo chiaro con l’on.D’Alema". ( Scognamiglio sul Foglio del 4 ottobre 2000).

L'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, non nuovo ad esternazioni che aprono barlumi di luce sui veri retroscena della vita politica del nostro paese, si lascia andare, sul settimanale "Sette" del "Corriere della Sera", in edicola la settimana intorno al 25.1.01, alla seguente confidenza:

"- Ho dato vita all'operazione più' ardita contribuendo a portare a Palazzo Chigi il primo postcomunista.

- Si e' pentito?

- Assolutamente no. Indegnamente ho fatto quello che aveva in mente Aldo Moro. E poi c'erano esigenze pratiche. Non saremmo stati in grado di affrontare la crisi del Kosovo, se avessimo avuto un governo Prodi. D'Alema, come tutti quelli educati alla scuola comunista, non e' un pacifista.

- D'Alema guerrafondaio?

- Il pacifismo comunista non esiste. Mentre esiste il pacifismo cattolico e certamente ne era parzialmente intriso Prodi."

La storia raccontata da Cossiga e' un'ulteriore conferma di quanto certe decisioni siano imposte ancora oggi all'Italia da "centri di potere" e interessi che nulla hanno a che fare con quelli esplicitamente riconosciuti dall'apparente democrazia formale che vige nel nostro paese. In sostanza chi, per la sua posizione, conosce in anticipo come si svolgeranno certi avvenimenti, è in grado sempre di intervenire per piegare gli avvenimenti secondo gli interessi della propria lobby, con qualsiasi mezzo più o meno lecito, e con pratiche di chi si reputa al di sopra della legge. Il governo D'Alema, infatti, diede l'appoggio italiano alla missione della Nato in Kosovo, nella primavera del 1999, sempre con l'avallo dell'opposizione guidata …costruttivamente dall'on. Berlusconi.

Questa è stata una lurida e tristissima pagina di storia scritta in Italia da una sedicente "sinistra", che ha consumato uno storico tradimento della nostra Costituzione, alleandosi ai generali della NATO, al servizio delle cosiddette democrazie liberali e… socialdemocratiche.

Massimo D'Alema il 19 aprile 2000, dopo aver superato una prima crisi il 18 dicembre del 1999 per la defezione dei socialisti, e avere formato, il 22 dicembre dello stesso anno, un nuovo governo, si dimise per la secca sconfitta del centrosinistra alle elezioni regionali della primavera 2000.

La tela del ragno, tessuta da, e per, i poteri forti, si era tanto consolidata ed estesa da inglobare anche tutta l'area politica del centro e della cosiddetta sinistra…"moderata".

Infatti, con D'Alema a capo dell'esecutivo, si sono rafforzati i poteri del premier, che, ad esempio, potrà nominare uno staff di persone di sua fiducia da affiancare al personale di ruolo della presidenza, che a sua volta sarà profondamente riorganizzato.
E' evidente che tali misure anticipano il premierato e si inquadrano perfettamente nell'ordinamento presidenzialista e federalista dello Stato, che è già stato tracciato in linea di principio dalla Bicamerale "golpista", e che è al centro della ripresa della discussione tra i gruppi parlamentari sulla controriforma neofascista della Costituzione.

Oltre al presidenzialismo e al federalismo, è il liberismo l'altro principio ispiratore della controriforma di D'Alema e Bassanini: la riduzione e la riorganizzazione dei ministeri, con la creazione delle agenzie, va incontro al principio del ritiro dello Stato da tutta una serie di competenze e doveri sociali, in favore del mercato capitalistico, che diventa il soggetto principale al posto dell'interesse pubblico. Emblematica in questo senso è la cancellazione dei dicasteri dell'Agricoltura e della Sanità, che presuppone il ritiro dello Stato, cioè del controllo pubblico, da questi due settori strategici per il paese e per la vita delle masse, e quindi la loro totale subordinazione agli interessi privati e alla speculazione.

In politica economica, D'Alema ha proseguito la linea di Prodi di attacco al welfare state, di riduzione dei diritti dei lavoratori, anche mediante norme limitative dello sciopero (2000), e di privatizzazione dell'economia.

Sottoscrisse perfino il documento di Tony Blair per il vertice di Lisbona, nel quale veniva sostenuta la necessità dei licenziamenti, ma poi ritirò la sua firma (2000).

Del resto, fin dall’inizio, nella sua ansia di legittimazione, il governo D’Alema ha svelato il suo carattere di continuità con le precedenti politiche di attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, con l’introduzione di ulteriori forme di precarizzazione e di flessibilità, che vanno da varie forme di contratti atipici fino ai patti d’area e l’apertura di agenzie di nuovo caporalato diffuso.

Ma il capolavoro del governo D’Alema sulla strada dello smantellamento delle conquiste sociali dei lavoratori in tanti anni di lotte e di sacrifici non finisce qui. Lungo è l’elenco:

finanziamento pubblico dell’impresa privata e della scuola confessionale e confindustriale,
la legge sulla sussidiarietà del servizio pubblico con istituti privatistici,
la privatizzazioni a tutto vantaggio delle imprese,
la costruzione dell’esercito professionale, e la riforma dell’esercito italiano con la determinazione dell’autonomia del corpo dei Carabinieri in prospettiva della repressione dei movimenti,
taglio delle spese sanitarie e finanziamento di spese di carattere militare, (progetto di costruzione di un nuovo aereo da guerra),
tagli di finanziamento a enti locali, alla scuola pubblica, al sistema dei trasporti pubblici, al personale nel pubblico impiego,
la legge aberrante che riguarda l’allargamento dei termini di carcerazione preventiva da 18 mesi a 2 anni.
E che cosa possiamo dire del caso Ocalan?

Quando Abdullah Ocalan si rifugiò in Italia, il governo D'Alema, assecondando le pressioni che venivano dal segretario di stato Usa Madeleine K. Albright, si affrettò ad attribuire al leader kurdo la qualifica di "terrorista" (novembre 1998) per non riconoscergli lo status di rifugiato - "è apparso con chiarezza che non vi erano le condizioni [...] per concedere l'asilo politico" ("Corriere della sera", 20 febbraio 1999). Una decisione giudiziaria, arrivata dopo che l'esule era stato costretto a lasciare l'Italia, riconobbe, invece, che quelle condizioni esistevano. Una pagina vergognosa di tradimento, non solo di un combattente contro l'oppressione, ma di un popolo intero, in cambio della legittimazione del governo da parte degli Usa. Un atto spregevole e un atto servile.

E che dire del sostegno attivo alla guerra in Yugoslavia?

Il coinvolgimento nel conflitto si caratterizzò, sin dall'inizio, come ampio e senza riserve: "Quando la Nato deciderà di intervenire, noi saremo coi nostri alleati", e quanto alle basi, D'Alema affermò che "non c'è bisogno di concederle, dal momento che facciamo parte dell'alleanza" ( dai quotidiani italiani del 19 gennaio 1999). L'approvazione da parte del Presidente del consiglio persino del bombardamento della televisione di Belgrado fece scrivere a Luigi Pintor che "il governo D'Alema, le sue politiche e il suo messaggio, hanno avuto un effetto demolitore", avendo preso "la guerra, anzi il suo elogio, come occasione di prestigio internazionale" ("il Manifesto", 24 agosto 1999).

Delle devastazioni, delle morti, della "pulizia etnica" praticata dall’UCK nel Kosovo "liberato", delle terrificanti contaminazioni chimiche e radioattive, del'Uranio impoverito, di cui si scopre la nocività anche su chi vi è stato a contatto per poco tempo, provocate dalla "ingerenza umanitaria" in Yugoslavia, D’Alema porta una responsabilità primaria.

Dunque, la sinistra storica ex comunista, che era condannata dai benpensanti a farsi perdonare ogni giorno di essere "cattiva", è cambiata, finalmente!.

Inseguendo il mito della governabilità, che fu già di Craxi, questa "sinistra" è stata con D’Alema abilitata al governo, e allora ha dimostrato inequivocabilmente di essere morfologicamente mutata e di avere introiettato in modo irreversibile la cultura del neoliberismo, di essere più affidabile per tutti quei poteri economici, più o meno leciti, più o meno occulti, di essere facilmente condizionabile dalla ricerca dell'assenso politico da parte degli Stati Uniti, degli Alleati Atlantici, e di soggetti politici interni, campioni di conservatorismo come Francesco Cossiga.

La grande ragnatela ha avvolto la sinistra di governo!

In compenso la destra è rimasta sempre uguale a se stessa, forse un po’ più arrogante e tracotante di fronte al cambiamento antropologico di un buon numero di Italiani; questo cambiamento ha origine negli anni ‘80, ha provocato la nascita di un "pensiero debole", consolidato dalla grancassa mass-mediatica piduista, e non.

La politica italiana, inoltre, con i suoi intrighi, sotterfugi, continue alleanze variabili opportunisticamente, rimpasti, scandali, mantiene una tale continuità di modalità nel tempo, da sembrare immutabile.

In tanto deserto di valori, di passioni civili e politiche, molti si sentono disorientati.

Molti non possono accettare la deriva di una ex sinistra...normalizzata, che si piega all’Impero americano, che ne sostiene le guerre colonialiste, che ha accettato il primato del mercato, per cui la cittadinanza si esaurisce nel circuito del consumo mercificato, per cui il diritto è salvaguardato solo per la proprietà, la rendita e la speculazione. Molti percepiscono l’insufficienza strutturale della sinistra italiana nel rappresentare le loro istanze ideali e culturali. Si è determinato così un vuoto, uno scollamento che non ha sbocco, se non nel ritorno al privato e alla passività. E’ una perdita enorme per la vita politica, sociale e civile. Con la perdita dei valori etici e sociali si è aperta una crepa, in cui, senza trovare resistenza, si sono insinuati i nuovi miti del consumismo. Il pensiero, impigrito, si adegua facilmente alle mode.

L’intolleranza e il razzismo mostrano sempre più chiaramente la loro faccia inquietante e feroce.

Quelli di destra, antropologicamente di destra, hanno trovato in Berlusconi l’uomo forte, e si mobilitano, lo votano convinti. La destra vince, nonostante le enormi bugie di Berlusconi, i suoi conflitti di interesse, le mille ombre imbarazzanti, anche perché tanta parte di Italiani si occupa solo dei propri interessi e ammira "chi è più furbo", chi si è arricchito, anche con lo sfruttamento, anche senza pagare le tasse…

La parola d’ordine è: "arricchitevi in qualsiasi modo, e le possibilità di farlo sono sotto ai vostri occhi: Silvio Berlusconi si è fatto da solo, a partire dal nulla!" ed è così che anche il diseredato, lo sfruttato trova il suo pezzetto di sogno.

Nel frattempo Berlusconi ha trascinato il dibattito sulle riforme elettorali per tre anni, prendendo tempo e ottenendo preziose concessioni a livello di televisioni e giustizia. Grazie a prestiti bancari, e vendendo quote della sua compagnia a investitori esterni, ha ricostituito l'assetto finanziario della sua impresa, ridenominandola Mediaset. Per di più, Berlusconi è riuscito ad evitare l’arresto di suoi collaboratori fidati, come Dell’Utri, e a persuadere in seguito Massimo D’Alema ad attuare una serie di variazioni nel sistema della giustizia penale, modifiche queste che sono andate largamente a vantaggio di Mediaset.

C’è stata una grossolana sottovalutazione del problema "Berlusconi" da parte del centrosinistra, e al Cavaliere sono stati approntati ponti d'oro con la riforma elettorale maggioritaria, voluta fortemente dai DS, una legge "truffa" che ha consentito alla compagine di Berlusconi di ottenere una maggioranza dei seggi in Parlamento ben più ampia dei consensi ricevuti dalla sua "Casa delle libertà", e di formare il governo attuale di centro destra. Così, dopo il governo Amato, durato un anno, in cui venne approvata la legge di riforma costituzionale per il trasferimento di poteri dallo Stato alle Regioni.

10. Berlusconi vince le elezioni del 2001

Il 13 maggio del 2001, la nuova coalizione dell'Ulivo, guidata da Francesco Rutelli, verrà sconfitta dal centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi.

Gli Italiani, nonostante con le indagini della magistratura fossero emersi i traffici illeciti di Berlusconi almeno fin dal 1994, con le elezioni del 13 maggio 2001, hanno accresciuto a dismisura il potere suo e dei suoi collaboratori. Eppure i problemi con la giustizia di Berlusconi e dei suoi sodali avevano paralizzato il paese per sette mesi.

E' sorprendente che una buona parte degli Italiani sembri soddisfatta e sicura che un imprenditore "fatto da sé" risolverà i problemi dell’Azienda Italia e soprattutto i suoi problemi di cittadino.

Avviene così che molti Italiani sappiano tutto sul calcio e ne discutano animatamente, mentre non sanno che le prime riforme del governo in nome del cambiamento, in realtà, sono state attivate per assicurare immunità, depenalizzazioni, arricchimenti, sgravi fiscali, abolizione della tassa sulle eredità miliardarie, fondi pubblici a vantaggio dei privati, di ceti privilegiati, di confessioni religiose, di monopoli e oligopoli. Anche questa volta Berlusconi si è affrettato a ripristinare il Ministero delle comunicazioni per la difesa del monopolio privato della comunicazione, e tenterà di ridurre la libertà e il pluralismo della Rai, ente importante per l’informazione e la formazione culturale degli Italiani.

Si vuole in questo modo mettere il bavaglio a quel poco di pensiero critico ancora rimasto in Italia per una più rapida omologazione al pensiero unico. Su questa strada si procede celermente con l’apertura della scuola alle gerarchie ecclesiastiche e alla Compagnia delle Opere.

Il ministro Urbani, al riparo dai rumori della "ribalta", interviene sul mondo della cultura per sottomettere le ultime ridotte alla ideologia del vincitore, per portare a compimento l’egemonia culturale della destra, come dimostra anche la sostituzione alla direzione dell'Ente Cinema, avvenuta da poco, di Miccichè con Alberoni, il sociologo dei salotti "buoni" del periodo di Craxi, il sociologo televisivo, il nuovo intellettuale del "pensiero debole", organico al potere degli anni '80, che ha preparato il terreno fertile per l'avanzata del pensiero unico.

Berlusconi ha proposto, inoltre, una soluzione del conflitto d’interessi che gli permetta di scegliersi i controllori.

Siamo in presenza di una grave discrepanza tra i tempi lunghi delle procedure giudiziarie, per cui non si è attuato nessun provvedimento, e la velocità con cui la maggioranza ha introdotto nei primi mesi della sua attività parlamentare leggi atte a risolvere i problemi giudiziari del suo Presidente e dei suoi collaboratori, per le discutibili iniziative che gli sono valse numerose accuse di violazione della legge penale. Questa discrepanza evidenzia in maniera inequivocabile il conflitto di interessi non leciti che oppongono questa maggioranza al regolare corso della giustizia e alla Magistratura.

Le prime misure legislative di questa nuova maggioranza della "Casa delle libertà" sono state introdotte in materia:

di falso in bilancio, anche per i processi in corso, con cui si è oscurata la trasparenza del mercato, ma vengono consolidati i consensi d’impresa, grande e piccola;
di rientro dei capitali dall’estero, con cui si sono premiate quelle società, imprese, e congreghe criminali che, negli anni, hanno costituito all’estero "fondi neri" destinati alla corruzione o all’evasione fiscale;
di legge sulle rogatorie, con cui si sono pregiudicati i processi contro quel crimine organizzato, capace di trasferire cospicui capitali all’estero.
La rogatoria internazionale è uno strumento di comunicazione processuale fra autorità giudiziarie di Paesi diversi, che permette di utilizzare documenti (spesso si tratta di documenti bancari) trovati all’estero o di compiere, sempre all’estero, atti giuridicamente validi nel Paese sede del processo. La nuova legge approvata fra le polemiche in ottobre e criticata anche all’estero, stabilisce la non utilizzabilità dei documenti ottenuti tramite rogatoria anche in caso di minima irregolarità formale, cosa frequente in presenza di ordinamenti e procedure spesso diverse. Le voci critiche sottolineano il rischio di indebolire il lavoro della magistratura inquirente, e quello di vanificare il lavoro fin qui svolto in numerosi processi in corso. Infatti Cesare Previti e altri due imputati del processo per il cosiddetto "Lodo Mondadori" hanno chiesto con tempestività ai giudici di non utilizzare i documenti ottenuti dalla procura all’estero. Si tratta dell’ennesima richiesta del genere presentata in questo senso, dopo l’approvazione da parte del Parlamento della contestata legge che ha cambiato, con valore anche retroattivo, le regole di validità dei documenti ottenuti tramite rogatoria internazionale.

L'on.Previti, che è deputato di Forza Italia ed è stato ministro della Difesa del primo governo Berlusconi, accusa di prevenzione nei suoi confronti la magistratura.

La non utilizzabilità delle rogatorie, la ricusazione dei giudici, come nel processo della transazione Imi-Sir , l’intervento del Ministro della Giustizia Castelli per sollevare dall’incarico il giudice Brambilla dal processo Sme, (il presidente della Corte di appello di Milano ha disposto che il giudice sia applicato al collegio del processo Sme), la legittima suspicione (un processo in una sede non idonea) e altri stratagemmi sono messi in opera dai difensori di Previti e coimputati per arrivare alla prescrizione dei processi per decorrenza dei tempi. A questo proposito Saverio Borrelli ha affermato: "Imputati e difensori a volte fanno di tutto per rallentare i meccanismi processuali. E certo le sorti di questi processi sono a rischio a causa di queste manovre dilatorie".

In soli tre mesi il guardasigilli leghista Castelli ha riformato la procedura sul falso in bilancio in dodici articoli, che risolvono gli specifici guai giudiziari di Silvio Berlusconi. Questa riforma serve a rendere nulli tre processi, in cui Berlusconi è imputato: il "caso del calciatore Lentini", il secondo troncone "ALL Iberian" (due processi di primo grado), l’inchiesta sui bilanci consolidati dalla Fininvest nel periodo 1990-1996 (nella fase di udienza preliminare). L’avere sottoposto l’applicazione delle rogatorie alle forche caudine del Ministero di Grazia e Giustizia e del Ministero degli Esteri resta un fatto di inaudita e indebita ingerenza di altri poteri istituzionali sulla magistratura.

La volontà di controllo sui magistrati in materia di rogatorie è ribadita anche dalla circolare inviata ai giudici il 21 dicembre 2001 dal nuovo direttore generale degli affari penali, il giudice Augusta Iannini, con cui il Ministero della Giustizia dà ai Magistrati l’avvertimento di applicare la legge sulle rogatorie in modo adeguato, previe iniziative disciplinari, violando il principio basilare che l’interpretazione delle leggi spetta ai magistrati e non ai burocrati ministeriali.

Da ricordare che il giudice Augusta Iannini è la moglie di un "certo" Bruno Vespa, giornalista di inclinazioni politiche "non ben note", e colei che ordinò l’arresto di C. De Benedetti per la fornitura di vecchi telex alle poste.

De Benedetti è colui che nel processo per il lodo Mondadori accusa Berlusconi di avere comprato la decisione del tribunale di Roma per entrare in possesso della Mondadori.

Grandi lotte dell'alta borghesia per l'acquisizione del potere!

Per evitare i processi all’amico Cesare Previti, e ai suoi amici e collaboratori, dunque, Berlusconi fa pesare la sua leadership di una maggioranza di governo capace di cambiare le leggi, di depenalizzare i reati, di far mutare le forme del processo, di far approvare a un ramo del Parlamento risoluzioni contro i suoi giudici.

Agisce con l’arroganza di un potere che si reputa talmente al di sopra della legge da minacciare di arresto o di provvedimenti disciplinari quei magistrati, rei di non applicare la legge sulle rogatorie secondo il volere dell’esecutivo, come se l’interpretazione delle leggi non fosse prerogativa del giudice a garanzia della divisione dei poteri e della uguaglianza della legge per tutti.

Del resto Berlusconi non fa mistero su questi inquietanti propositi, quando afferma che la legge sulle rogatorie è la risposta legittima al tentativo di giudicarlo sulla base di documenti falsi. Se così fosse, perché si vuole sottrarre al processo?

E che dire sul veto posto dal governo italiano sul mandato di cattura europeo?

Si vuole impedire che il mandato di cattura europeo venga esteso ai reati di frode, corruzione e riciclaggio di denaro sporco.

Poiché il riciclaggio è centrale nelle indagini di mafia, si può arguire che ancora una volta con questo veto si voglia garantire tutti gli interessi del blocco di potere che ha portato questa maggioranza al governo, gli interessi di corruttori, riciclatori, mafia. Proprio in questi giorni, come denunciato dal magistrato palermitano del pool antimafia Sabella, (ora capo dell’Ufficio centrale dell’Ispettorato delle carceri, essendo da due anni distaccato al dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria), si sta trattando all’interno delle carceri da parte dei mafiosi sul tema della dissociazione, per arrivare all’approvazione di una legge in merito.

Un gruppo di boss detenuti, sottoposti al regime speciale, previsto dall’articolo "41 bis", cerca di ottenere attraverso questa via dei vantaggi vitali: riduzione della pena, restituzione dei patrimoni confiscati, uscita dal regime del carcere duro e quindi possibilità di comunicare con l’esterno. Inoltre alla mafia verrebbe conferita la dignità politica di un’ideologia e il valore dell’omertà.

Alcuni messaggi giornalistici riportano la volontà di Bernardo Provenzano, ammalato, di costituirsi in una struttura ospedaliera della Sicilia in cambio del riconoscimento ai mafiosi della possibilità di dissociazione, con i vantaggi di cui sopra.

Proprio ora veniamo a sapere dal procuratore di Palermo Piero Grasso che da due anni giace al Senato una proposta di legge col numero di protocollo 2843, che prevede la possibilità della dissociazione per i mafiosi e il mantenimento dei loro patrimoni.

Melchiorre Cerami del Ccd, senatore siciliano, eletto nel collegio di Sciacca, è il primo firmatario della proposta di legge.

Il Polo nel 2000, quando era all’opposizione, tentò di fare passare questa proposta di legge di Cerami tra gli emendamenti della nuova legge sui pentiti, ma fu costretto a ritirarla per la ferma opposizione di Ayala, sottosegretario alla giustizia. I tempi ora sembrano maturi per accelerare l’iter di questa legge ed ecco la mafia esercitare pressioni in tal senso su una maggioranza, che, essendo schiacciante, ha tutta la possibilità di mettere in atto qualsiasi riforma.

Proprio due anni fa, anche l’avvocato Taormina si dichiarò favorevole ad una legge sulla dissociazione. Si sa che Taormina, quello che tuona contro i magistrati, quello che difende i mafiosi, ha già scritto quattrocento pagine della "grande riforma" della giustizia. Tra i punti della riforma ci sono l’abolizione della direzione nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali antimafia.

Comunque, una buona mano al governo in carica e alla mafia l’ha data ancora una volta la passata legislatura, approvando leggi che sembrano tanti regali ai boss: l’introduzione dell’obbligo per i testimoni di ripetere in aula le accuse(art.513), la legge sui pentiti, l’abolizione dell’ergastolo. Se verrà approvata la legge sulla dissociazione, assieme alle altre leggi recenti, avremo una bella "legge quadro" in favore della mafia e del crimine.

Inoltre sono mesi che il centro destra diffama la magistratura, descrivendola come una fazione di toghe rosse e gruppo di persecutori, con l’obiettivo evidente di delegittimare l’ordine giudiziario e avviare una rapida riforma in modo da sottomettere tale organo al potere esecutivo, ottenendo almeno due risultati: difendere gli interessi di Cesare Previti, che nella sua caduta può trascinare il Presidente del Consiglio, e del suo antico sodale Silvio Berlusconi, e l’accelerazione dell’attuazione del "Piano di rinascita democratica" di Gelli, anche per quel che riguarda la Magistratura.

Col processo di Milano a Previti e Berlusconi si esperimentano, inoltre, i modi del controllo politico dell’esecutivo sulla magistratura per un futuro annullamento dell’organo di autogoverno, e per la sottomissione della Magistratura all’esecutivo in un regime parafascista.

"Appiccicare etichette infamanti ai magistrati che danno fastidio, perché lavorano bene, hanno scoperto, possono scoprire o confermare verità scomode, è il mestiere migliore per provare a bloccarli." (Giovanni Verde, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura).

Cercare di strappare le inchieste scottanti ai giudici coraggiosi e imparziali è costume antico da parte di chi si reputa al di sopra della legge.

Scrive il giornalista Pansa, nel non lontano 1990, nel suo libro "Il Regime": "Ogni volta che un giudice aveva tentato di aprire la botola dove sibila la Politica del serpente, questo giudice l’avevano fermato."

Infatti, al 1990, c’era chi era già stato ucciso, come V. Occorsio, G. Costa, C. Terranova, R. Chinnici, M. Amato.

C’era chi era scampato, solo per caso, all’assassinio, come Carlo Palermo e Giovanni Falcone (il giudice che fra poco morirà dilaniato con moglie e scorta da una bomba mafiosa). C’era chi era stato accusato di essere un giudice "rosso", come Libero Mancuso, come alcuni giudici oggi, a cui sono state tolte anche le scorte. C’era, infine, chi si era visto strappare l’inchiesta sulla base di cento ragioni sempre diverse, ma dall’esito sempre uguale: l’alto là nella ricerca dei colpevoli.

Sul finire degli anni novanta il giudice da bruciare era Felice Casson, che da Venezia indagava sulla strage di Peteano e sui misteri di Gladio. Venne diffamato da più parti, ma l’attacco più pericoloso per l’autonomia dei giudici venne da quella istituzione che dovrebbe essere super partes, la presidenza della Repubblica nelle vesti di Francesco Cossiga, che così si esprimeva: "…che poi significa che ogni ragazzino, che ha vinto il concorso, ritiene di dovere esercitare l’azione penale a dritto e a rovescio, come gli pare e piace, senza rispondere a nessuno".

Incitato anche dai suoi fedelissimi uomini forti, tra cui Licio Gelli (amico e sodale di Berlusconi e di Craxi, tra gli altri) che lo invitava a mettersi " a capo di un movimento politico degli onesti e dei galantuomini per liberare l’Italia da vandali e lanzichenecchi della politica ", Francesco Cossiga poté finalmente esprimere se stesso.

L’uomo della destra DC, il fautore della Repubblica presidenziale, il rappresentante delle gerarchie militari, riteneva giunto il momento di potere manifestare la sua avversione per l’impianto antifascista della Costituzione e di potere agire, di fronte allo sfascio dei partiti, per una sua modificazione in senso autoritario.

C’erano le esternazioni di Martelli e di Craxi, ogni volta che un giudice indagava su un più o meno presunto scandalo; ecco questi politici garantisti respingere ogni accusa, ad invocare misure contro i magistrati "comunisti", a prendersela con i giornalisti!!

Vecchio costume, dunque, quello del potere politico, che si sente minacciato nei suoi privilegi, di tentare di delegittimare quella parte di magistratura che vuole agire in modo imparziale.

Oggi l’ex sottosegretario agli Interni Taormina può dichiarare: "Temo un golpe di quella parte dei magistrati organici alla Sinistra, un colpo di coda per buttare giù il governo".

In una intervista televisiva ad Enzo Biagi, rilasciata il 21 novembre 2001, il sottosegretario per l’interno Carlo Taormina ha affermato: "C’è un manipolo di magistrati settari che hanno scorrazzato per la magistratura. Io punto a liberare il paese da queste escrescenze".

In altre dichiarazioni il sottosegretario Taormina, convinto di interpretare l’opinione pubblica, invitava la procura della Repubblica di Brescia ad arrestare i giudici del tribunale di Milano, colpevoli di avere emesso una decisione da lui non condivisa, cioè la decisione di proseguire il processo SME-Ariosto. Il ministro Castelli rivela il vero ruolo di Taormina e il gioco delle parti nelle polemiche nella "Casa delle libertà": "Tutto merito di Taormina. E’ lui che ha avuto il coraggio di sollevare la questione. Le polemiche e i fatti degli ultimi giorni mi hanno convinto che ormai era giunto il tempo di intervenire e che il luogo più adatto per farlo fosse il Parlamento." E così - chiosa Mario Sechi che intervista il ministro - Taormina ha messo il detonatore e Castelli, per non essere da meno, ha fatto esplodere la carica.

Dopo il "caso Taormina", il Governo accelera sulla riforma della giustizia. Berlusconi: "In sei mesi porteremo a casa il risultato".

Uno dei cardini fondamentali della nostra democrazia, prevista dalla nostra Costituzione antifascista nell’articolo 104, è l’autogoverno dei giudici, a garanzia dell’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo, che è stata conquistata solo nel 1958 con l’istituzione del Consiglio Superiore della Magistratura. Ci sono voluti dieci anni di conflitti acerrimi tra le forze politiche che rappresentavano il movimento operaio e la destra democristiana che, proprio per ostacolare lo sviluppo in senso democratico della nostra Repubblica, contrastava l’attuazione di tale istituzione. Non è un caso che le stesse forze antidemocratiche di allora, proprio ora siano nuovamente all’attacco contro l’indipendenza della magistratura e dello statuto dei lavoratori, posto nel 1968, dopo molte lotte, a tutela dei diritti dei più deboli.

E' interessante, a questo punto, leggere una parte del "Piano di rinascita democratica", perché è illuminante per capire gli scopi degli attacchi di questi giorni, violenti e ignominiosi, di Taormina e del governo, contro la Magistratura:

"Per la Magistratura è da rilevare che esiste già una forza interna (la corrente di magistratura indipendente della Associazione Nazionale Magistrati) che raggruppa oltre il 40% dei magistrati italiani su posizioni moderate. E’ sufficiente stabilire un raccordo sul piano morale e programmatico ed elaborare una intesa diretta a concreti aiuti materiali per poter contare su un prezioso strumento, già operativo nell’interno del corpo, anche ai fini di taluni rapidi aggiustamenti legislativi che riconducano la giustizia alla sua tradizionale funzione di elemento di equilibrio della società, e non già di evasione. Qualora invece le circostanze permettessero di contare sull’ascesa al Governo di un uomo politico (o di un gruppo) già in sintonia con lo spirito del club e con le sue idee di "ripresa democratica", è chiaro che i tempi dei procedimenti riceverebbero una forte accelerazione anche per la possibilità di attuare subito il programma di emergenza e quello a breve termine in modo contestuale all’attuazione dei procedimenti sopra descritti. In termini di tempo ciò significherebbe la possibilità di ridurre a 6 mesi ed anche a meno il tempo di intervento, qualora sussista il presupposto della disponibilità dei mezzi finanziari."

Ci sembra esattamente, il tempo che Berlusconi ha promesso di impiegare per la riforma della Magistratura

Il risultato finale di tutta l’operazione avrebbe dovuto restituire una magistratura più controllata (con la diversa regolamentazione degli accessi e delle carriere), meno autonoma (con la modifica del C.S.M.), con un pubblico ministero separato, e legato alla responsabilità politica del Ministro di giustizia.

Ora, i singoli processi milanesi e il complessivo sistema dei controlli di legalità possono essere neutralizzati da una maggioranza, tale da essere in grado di imporre un nuovo iter costituzionale e legislativo.

Inoltre, essendosi assunto la rappresentanza di tutti gli interessi criminali della sua base elettorale, Berlusconi deve pure assicurare anche a questi la sua stessa immunità o altri favori.

La diversità della fase politica di oggi, rispetto a quella degli anni ‘80-‘90, è evidente:

una schiacciante maggioranza parlamentare in grado di attuare rapidamente le riforme che ha in programma, incurante delle proteste dei lavoratori e degli antiliberisti;
un centrosinistra che, avendo un programma in larga parte simile a quello del centrodestra, non è in grado di esercitare una reale opposizione;
una maggioranza nel paese reale, che ha superato i traumi di Tangentopoli, assumendone i "valori".
E’ sorprendete il fatto che molti non si rendano conto di come Berlusconi con la sua maggioranza governativa sia il nodo conclusivo e, per la sua stessa origine, naturalmente abilitato a operare da tutti quei poteri forti economici, più o meno occulti, più o meno legali che hanno manovrato in Italia in tutti questi anni per piegare il corso della politica italiana verso i loro obiettivi :

modificare la Costituzione italiana in senso autoritario e antidemocratico ;
attuare la loro Repubblica presidenziale, "la repubblica degli onesti", come la chiamava Licio Gelli, quando incitava Francesco Cossiga a mettersi a capo di questo progetto, contro la Magistratura dei "giudici ragazzini".
Un piano, quello di Gelli che, giova ricordarlo, si era formato fin dall'inizio della nostra Repubblica negli ambienti politici ed economici, militari e dei servizi segreti. Un gruppo consistente e potente, che temendo la democraticità e la "pericolosità" della nostra Costituzione, per la possibilità che dava alla sinistra di accedere al potere governativo attraverso le elezioni, si adopera fin da subito a creare le condizioni perché ciò non avvenisse, e per neutralizzare le richieste legittime della classe lavoratrice.

Scrive Gianni Flamini nel suo "Il partito del golpe":

" Nel 1973 Edgardo Sogno organizzò a Firenze sotto l'egida del suo "Comitato di resistenza democratica", nei locali della "Nazione" del golpista Attilio Monti, un convegno sulla "rifondazione dello stato".

Al convegno, finanziato anche dalla FIAT, intervennero personaggi con cariche pubbliche importanti, come il giudice costituzionale Vezio Crisafulli, il quale aprì i lavori affermando: "Il tema delle modificazioni costituzionali pone i seguenti problemi: repubblica presidenziale, abolizione dell'assurdo, ingombrante bicameralismo, delimitazioni delle competenze parlamentari, con conferimento di poteri normativi propri al governo, unificazione della figura del presidente del consiglio con quella del segretario del partito di maggioranza."

Tra gli altri intervennero sul medesimo tono Aldo Sandrelli, Domenico Fisichella, il componente del Consiglio Superiore della Magistratura Gianni Di Benedetto, Valerio Zanone, Antonio Patuelli.

Intervenne anche il consigliere speciale di Fanfani Antonio Lombardo, ex appartenente a Ordine nuovo, il quale pose il problema: costituzione antifascista o anticomunista?

Sogno teneva contatti con tutte le aree del golpismo bianco (Mar di Fumagalli, Rosa dei Venti, Europa 70) e nero (Fronte di Borghese, Ordine nuovo, eccetera) ed agiva in proprio, in stretto rapporto con l'Esercito e i Carabinieri.

Al convegno parteciparono, ad esempio, anche i democristiani del movimento "Europa 70", Pietro Giubilo, Celso De Stefanis, Maurizio Gilardi, i quali affermarono: "Il periodo di centrosinistra ha prodotto più disastri nel nostro paese di una guerra e ha generato germi di dissoluzione, forze ed energie altamente incontrollabili. C'è la consapevolezza, molto più diffusa di quanto non si possa pensare, che la prima repubblica è finita".

Nel concludere i lavori Edgardo Sogno, soddisfatto della generale accoglienza avuta dalla sua proposta di seconda repubblica presidenziale, mandò un messaggio a Giovanni Leone perché intervenisse anticipando i tempi, aggiungendo nella sua qualità di ambasciatore che ciò era auspicato anche negli Usa.

Il 22 agosto 1974 il PM di Torino Violante ordinò una perquisizione nella casa di Sogno, (che ebbe tempo di sparire), ritenendo che "Edgardo Sogno agisce per la costituzione di una organizzazione intesa a riunire tutti i gruppi di estrema destra, tra i quali Ordine nuovo in epoca successiva al suo scioglimento".

Nello stesso periodo, con un comunicato stampa congiunto, il MAR di Fumagalli, le SAM, Avanguardia Nazionale, Potere Nero dichiararono guerra allo Stato.

Il 28 luglio 1974, durante il congresso del PLI, Partito Liberale Italiano, Sogno denunciò il pericolo di un golpe marxista e propose di attuare un colpo di stato liberale per prevenire i tempi.

Poco dopo, il 4 agosto 1974, avvenne la strage sul treno "Italicus", a San Benedetto Val di Sambro, linea ferroviaria Firenze-Bologna.

In un'abitazione del faccendiere Ferdinando Mach di Palmstein, arrestato nel 1994, fu trovato un dossier di sessanta pagine, intitolato "Costituzione rivista e rivoluzionata", redatto da Salvatore Spinello, Gran Maestro della Massoneria, che agli inquirenti confessò di avere scritto il documento, lautamente ricompensato. Si tratta di un documento molto simile al "Piano di rinascita democratica", che prevede la stessa riforma della magistratura e l'avvento della Repubblica presidenziale, le stesse riforme oggi annunciate da Berlusconi.

Stragi, attentati e intrighi, scenari agghiaccianti tessuti da molti settori politici ed economici italiani e stranieri fin dall'inizio della Repubblica italiana per imprimere alla nostra nazione una svolta politico-sociale conforme ai loro interessi politici ed economici.

Ormai sappiamo quanto vasto fosse il fronte golpista, e come questo fronte si sia, in un certo senso, rafforzato, pur avendo cambiato strategia, data la fase politica e sociale del nostro paese favorevole a certi poteri economici dominanti.

L'attacco contro l'intero sistema contrattuale dei lavoratori e contro i loro diritti definiti negli anni '60 e '70, è stato fin da subito l'obiettivo primario della classe padronale, che negli anni '80, "regnante" Craxi, era riuscita ad ottenere l'abolizione della scala mobile.

Durante gli anni '80 il sistema delle imprese aveva progressivamente affinato un rapporto di "mutualità" con il sistema politico dominante.

Il mondo dell'imprenditorialità aveva consolidato un legame d'affari, al bordo della Legge, con il mondo della politica, che in seguito è sfociato in Tangentopoli. Negli anni '90, la Confindustria ha ritirato ogni delega al sistema politico e si è presentata sulla scena come soggetto indipendente. L'offensiva ha sempre più coinvolto il contratto nazionale, con il suo potenziale di unificazione dei diritti, delle condizioni di lavoro e dei salari in tutto il paese, con la sua obiettiva funzione di contro tendenza rispetto ai meccanismi del liberismo selvaggio. Quindi l'attuale offensiva padronale si volge contro lo Statuto dei diritti di lavoratori, contro l'essenza stessa dei diritti conquistati negli anni '60 e '70.

Il grande capitale con l'inserimento del centrosinistra nell'area di governo ha ricercato, non tanto dei benefici economici, quanto invece la paralisi del movimento operaio e l'indebolimento delle sue organizzazioni, così da poter riprovare a colpire i lavoratori frontalmente, in condizioni più favorevoli con un rinnovato schieramento di centro-destra.

Il governo di centrosinistra ha corrisposto alle aspettative del capitale, paralizzando i sindacati e inducendo i lavoratori a delegare sempre più la rappresentanza dei propri interessi ai giochi parlamentari e istituzionali.

I padroni hanno potuto, così, sferrare con maggiore facilità i colpi contro i lavoratori e i loro organismi. Basti pensare a quanto accaduto alla Fiat, nelle tante fabbriche in cui si è continuato a licenziare, o alla vicenda del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. La forza organizzata e l’unità della classe operaia è stata ulteriormente frantumata e indebolita, con grande soddisfazione di quei "poteri forti", la grande e media industria, in commistione con la piccola industria dei padroncini, leghisti e loro omologhi, che si stavano preparando per tornar all’assalto contro le condizioni di vita dei lavoratori.

In tutto ciò il movimento operaio italiano ha imboccato una strada già percorsa in altri paesi europei con risultati fallimentari, perché i governi di centrosinistra hanno predisposto, con la smobilitazione del proletariato, un terreno più duttile all’attacco capitalistico, consegnando ampi strati di lavoratori alla demagogia delle destre. Era già accaduto in Francia, in Spagna, in Inghilterra. Ora è avvenuto anche in Italia, con una di quelle tipiche accelerazioni che caratterizzano lo scontro politico nell’epoca dell’imperialismo.

Mentre il centrosinistra era impantanato nelle sabbie mobili della politica richiesta dal capitalismo, Berlusconi ha saputo tessere la sua tela e compattare le varie fazioni borghesi, per guidare tutta la classe capitalistica ad un attacco frontale contro i lavoratori.

Il Partito politico-aziendale "Forza Italia" del Cavaliere Berlusconi con i suoi alleati, ora, è così compatto da costituire un vero e proprio club, che può procedere celermente verso mutamenti istituzionali e sociali sul modello del progetto di "Rinascita Democratica", presentato da Licio Gelli, ma evidente frutto dell'elaborazione di esperti costituzionalisti, di industriali, di esperti della comunicazione e di politici interni alla DC e ai partiti che avevano concorso alla formazione del pentapartito, al governo di centro-sinistra.

Il Piano di "Rinascita Democratica" fissava, dandosi obiettivi a breve, medio e lungo termine, i punti necessari per il raggiungimento dello scopo e indicava gli obiettivi da tenere presenti: i partiti, i sindacati, il Governo, la Magistratura, il Parlamento. Partiti, stampa e sindacati dovevano, fin da subito, (anni '70), essere oggetto di quella opera di "penetrazione" da parte di persone di fiducia che, con un costo prevedibile di trenta o quaranta miliardi, avrebbero potuto assicurare il controllo degli apparati, rendendoli disponibili all’operazione di salvataggio, obiettivo del Piano. Il resto del documento analizzava ogni settore, individuando gli obiettivi da raggiungere immediatamente, o in tempi più lunghi.
Tale disamina è preceduta da una premessa: "Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell’operazione è la costituzione di un club, di natura rotaryana per l’omogeneità dei componenti, ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati, nonché pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di trenta o quaranta unità."

A tappe successive, con strategie diverse, la ragnatela dello "Stato parallelo" è riuscita a ad impadronirsi del potere politico ed economico del Paese e a realizzare il suo Piano.

"Ci avete sconfitti, ma adesso sappiamo chi siete. Tutti noi che ci siamo occupati di stragi, di poteri occulti ne siamo usciti con le ossa rotte. Abbiamo lavorato in condizioni difficili, in un clima di aggressione. Sono cose che lasciano il segno. Per qualche tempo ci siamo illusi di rappresentare uno Stato che avesse la volontà di fare luce su crimini mostruosi. Poi io ho capito: non è possibile fare giustizia su fatti che sono tragedie umane, per il numero elevatissimo di vittime innocenti, ma anche tragedie storiche, per ciò che hanno significato per il nostro assetto democratico" Libero Mancuso (magistrato, Pm al processo di primo grado per le bombe del 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna)

11. Sintesi del Piano di "Rinascita Democratica", elaborato dalla Loggia massonica segreta P2, del Gran Maestro Licio Gelli.

Il Piano di "Rinascita Democratica" si apre con una premessa di ordine politico generale, seguita da una seconda parte di ordine programmatico.

Premessa:

La situazione politica italiana è caratterizzata dalla non governabilità e dalla conflittualità sociale incontrollata.
La crisi economica viene aggravata dai salari troppo alti e dalla produttività del lavoro troppo bassa.
Alla crisi economica si affianca una crisi morale, dovuta alla 'crisi' della famiglia ed alla laicizzazione dei costumi.
L'incapacità di direzione politica della DC in crisi, con le Confederazioni Sindacali costrette a governare l'anarchismo sociale, può portare a conseguenze negative, già conosciute nel passato in vari Paesi, come in Russia nel 1917, in Italia nel 1922 ed in Germania nel 1933. La Francia, nel 1958, si salvò grazie al Generale De Gaulle.
In Italia il PCI fa il doppio gioco, mostra la faccia democratica, mentre sappiamo che esiste un piano del KGB per prendere il potere. Le elezioni mostrano questa escalation.
All'avanzata del PCI corrisponde una crisi della DC, col pericolo di una polarizzazione di voti a destra, evento che può scatenare la guerra civile.
D'altro canto l'Italia è inserita nel sistema di alleanze occidentali e una presa del potere da parte del PCI potrebbe scatenare un conflitto internazionale.
Si tenga presente, a questo proposito, la posizione strategica dell'Italia nell'area petrolifera mediterranea.
La situazione è gravissima, non possiamo starcene con le mani in mano ed attendere gli eventi. Dobbiamo favorire il formarsi di due schieramenti politici, uno social-laburista ed uno conservatore, favorendo lo scongelamento dei voti del MSI.
I tempi sono stretti, è necessario quindi puntare sullo schieramento dei partiti esistenti: PSI, PRI, DC, PLI e PSDI.
Segue un'analisi della crisi della DC, scritta da una mano e con un tono molto interni al partito.

Gli elementi principali di crisi della DC vengono individuati nel distacco dalla Chiesa, nel benessere che ha provocato l'allontanamento di intere categorie sociali, nelle lotte intestine tra le correnti e nella questione morale:

La rifondazione della DC deve quindi passare attraverso un nuovo assetto territoriale (clubs territoriali e settoriali) per instaurare un nuovo rapporto coi ceti medi, e attraverso la formazione culturale e teorica dei quadri.
In conclusione del documento l'estensore, che evidentemente conosce bene l'ambiente democristiano, si preoccupa di aggiungere che saranno necessari almeno 10 miliardi (del 1976) per acquistare un numero di tessere sufficienti per controllare il partito:

Altri 10 miliardi saranno necessari per impedire l'unità sindacale, peggiore nemico della democrazia sostanziale, come testualmente indica il documento.
Segue la seconda parte del Piano di rinascita, più direttamente programmatica che, riassunta per argomenti, è stata integrata con le dichiarazioni di Licio Gelli, contenute nella famosa intervista al Corriere della sera del 5 ottobre 1980, fatta da Maurizio Costanzo, giornalista P2.

Collegamenti internazionali. E' importante stabilire un collegamento stretto con la massoneria internazionale.
Partiti. I partiti da interessare al progetto sono PSI, PRI, DC, PSDI e PLI, verificando la disponibilità dei seguenti uomini: per il PSI, Craxi, Mancini, Mariani; per il PRI, Visentini e Bandiera; per il PSDI, Orlandi e Amadei; per la DC, Andreotti, Piccoli, Forlani, Gullotti, Bisaglia; per il PLI, Cottone e Quilleri. Occorrerà uno stanziamento di 40 miliardi per far acquisire posizioni di preponderanza agli uomini sui quali punteremo nei rispettivi partiti.
Magistratura. Per la conquista di posizioni di potere nel Consiglio superiore, possiamo contare sulla presenza organizzata di Magistratura indipendente, di orientamento moderato e che conta sul 40% dei magistrati.
Sancire la responsabilità del Guardasigilli nei confronti del Governo, per l'operato del pubblico ministero. Nella sua responsabilità nei confronti del Governo, il pubblico ministero deve assumere un ruolo distinto da quello del giudice.
Modificare la costituzione nel senso di portare il Consiglio superiore della magistratura a rispondere nei confronti del Governo.
Modificare le norme sulla concessione della libertà provvisoria, rendendole meno permissive.
Introdurre la responsabilità civile del magistrato.
Divieto di nominare sulla stampa i magistrati investiti da procedimenti giudiziari.
Reintrodurre la soluzione meritocratica nella carriera dei magistrati.
Stampa e informazione. Dissolvere la Rai in nome della libertà di antenna, art.21 Costituzione, abolendone il monopolio.
Conquistare le televisioni via cavo, costituendo agenzie locali per il controllo delle emittenti.
Acquisire il controllo di alcuni settimanali, Europeo ecc., da gestire con la formula del Settimanale.
Legare al nostro progetto giornalisti delle seguenti testate: Corriere, Giorno, Giornale, La stampa, Resto del carlino, Messaggero, Il tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del mezzogiorno, Giornale di Sicilia, Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia cristiana e, naturalmente, la Rai-tv. A questi giornalisti bisognerà dare l'indicazione di 'simpatizzare' coi nostri candidati nei partiti.
Nell'intervista al Corriere della sera, Gelli preciserà le posizioni, affermando che al Governo avrebbe dovuto andare un socialista ed alla Presidenza della repubblica un democristiano. Successivamente si riuscirà a ricostruire che i candidati erano rispettivamente Craxi e Andreotti

Stampa e informazione. Dissolvere la Rai in nome della libertà di antenna, art.21 Costituzione, abolendone il monopolio.
Conquistare le televisioni via cavo, costituendo agenzie locali per il controllo delle emittenti.
Acquisire il controllo di alcuni settimanali, Europeo ecc., da gestire con la formula del Settimanale.
Legare al nostro progetto giornalisti delle seguenti testate: Corriere, Giorno, Giornale, La stampa, Resto del carlino, Messaggero, Il tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del mezzogiorno, Giornale di Sicilia, Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia cristiana e, naturalmente, la Rai-tv. A questi giornalisti bisognerà dare l'indicazione di 'simpatizzare' coi nostri candidati nei partiti.
Per quanto riguarda la stampa, nell'intervista del 1980 Gelli, in risposta ad una domanda fatta apposta da Costanzo, porterà un durissimo attacco a L'Espresso e Panorama che, su informazioni passate dai massoni di sinistra, nel 1976 condussero parecchie inchieste sulla massoneria e sul ruolo golpista svolto dalla P2.

Sindacati. Soltanto attraverso una scissione delle tre Confederazioni (definite, nell'originale del testo, Trimurti) sarà possibile costruire un vero sindacato, libera associazione di lavoratori, disposto alla collaborazione per realizzare gli obiettivi della produzione. Per favorire la rottura, possiamo puntare sulla intera UIL e sulla minoranza della CISL (Marini).
Inoltre è urgente passare all'attuazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione, concernenti la regolamentazione giuridica del sindacato e del diritto di sciopero.
In materia di contrattazione si dovranno richiedere l'eliminazione delle festività infrasettimanali e la riduzione del costo del lavoro.
Successivamente dovremo valutare la possibilità di attuare la cogestione nelle aziende sul modello Germania.
Nella già citata intervista del 1980, Gelli rincarerà la dose nei confronti del sindacato, affermando: "La normativa e l'applicazione del cosiddetto Statuto dei lavoratori non ha bisogno di commenti. Mi sembra che l'Italia sia l'unica nazione in tutto il mondo ad avere una legge di questo tipo, ma i risultati dal 1970 ad oggi sono, purtroppo, più che evidenti. Certe conquiste ci ricordano che anche Pirro vantò la sua vittoria".

Ordine pubblico. Bisogna ripristinare la possibilità, da parte delle forze dell'ordine, di interrogare direttamente i fermati (fermo di polizia).
Scuola. La disoccupazione intellettuale giovanile è pericolosa perché fomenta rivolte, è necessario quindi togliere valore legale al titolo di studio. L'egualitarismo nella scuola è un elemento di disgregazione, è necessario reintrodurre il merito come valutazione. Soltanto i più meritevoli devono poter accedere ai livelli superiori di istruzione. Per quanto riguarda la scuola, dobbiamo aggiornare il messaggio del presidente Leone.
Fisco. Abolire la nominatività dei titoli di ogni genere. Concedere forti sgravi fiscali ai capitali esteri per favorire gli investimenti nel nostro Paese. Prevedere forti sgravi fiscali per gli utili accantonati dalle aziende e reinvestiti come autofinanziamento. Ridurre le aliquote per i lavoratori dipendenti.
Pensioni. Vietare il pagamento della pensione prima dei 60 anni. Eliminare il cumulo di più pensioni. Controllo rigido delle pensioni di invalidità.
Costituzione e Presidenza della repubblica. Sancire la non rieleggibilità del Presidente, riducendone contemporaneamente il mandato a soli cinque anni ed eliminando anche il semestre bianco.
Governo e Parlamento. Qualora avessimo a primo ministro uno dei nostri candidati, evidentemente i tempi della nostra iniziativa potrebbero essere notevolmente accelerati e facilitati.
Varare urgentemente, in base all'art.95 della Costituzione, le leggi sulla Presidenza del consiglio e sulla nomina dei ministri, in modo che il Presidente del consiglio sia eletto dal Parlamento, introducendo la norma della sfiducia costruttiva (modifica costituzionale) e che i ministri vengano a perdere la qualifica di parlamentari, diventando collaboratori del Presidente del consiglio, suoi dipendenti, scelti sotto la propria responsabilità.
Riforma della Costituzione agli articoli 28, 97, 98, fondati sulla teoria dell'atto pubblico non amministrativo, sancendo la responsabilità personale, non politica, degli amministratori pubblici.
Istituire sessioni di dibattito parlamentare con corsie privilegiate da parte del governo, sancendo contemporaneamente la non emendabilità dei decreti legge.
Modifica della legge elettorale, istituendo collegi uninominali anche per la Camera, in modo da ridurre i deputati a 450 e i senatori a 250.
Modificare la funzione delle due Camere, assegnando ai deputati funzioni politiche ed ai senatori funzioni economiche e di controllo.
Modificare la legge di bilancio dello Stato, passando da quello di competenza a quello di cassa.
Modificare la contabilità degli enti locali, permettendo il consolidamento del loro debito, ma stabilendo vincoli rigidi sull'accensione di nuovi prestiti e sull'insieme della spesa.costituzione e Presidenza della repubblica. Sancire la non rieleggibilità del Presidente, riducendone contemporaneamente il mandato a soli cinque anni ed eliminando anche il semestre bianco.

Nel 1980, però, Gelli esprimerà una posizione molto più nettamente presidenzialista ed anticostituzionale. In materia presidenziale, con riferimento indiretto, alla domanda di Costanzo: "Sbaglio o in più occasioni lei si è espresso a favore di una repubblica presidenziale?" rispondeva: "Sì, anche in una relazione che inviai al presidente Leone". La relazione terminava portando come esempio De Gaulle. Più avanti, in materia costituzionale, Gelli affermava: "Ma quando fossi eletto, il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione".





Note bibliografiche

Aldo Giannulli: "Lo stato parallelo - Cronologia 1942-1992"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.9 di "Avvenimenti".

Gianni Cipriani, Giuseppe De Lutiis: "I servizi segreti"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.13 di "Avvenimenti".

Gianni Flamini: "Il partito del golpe"; Bovolenta editore.

AA.VV.: "Banda armata -La sentenza del giudice Casson su 'Gladio'"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.48 di "Avvenimenti".

Gian Pietro Testa: "Storia dell'Italia delle stragi - 1969-1993"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.30 di "Avvenimenti".

Gian Pietro Testa: "Le stragi nere"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.8 di "Avvenimenti".

Gian Pietro Testa: "La strage di Peteano"; ed.Einaudi.

Michele Gambino: "Cossiga - Biografia di un golpista"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.4 di "Avvenimenti".

Michele Gambino: "La Loggia P2 - La storia e i documenti"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.12di "Avvenimenti".

Michele Gambino, Edgardo Pellegrini: "I segreti della Massoneria"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.45 di "Avvenimenti".

Gianni Flamini: "Il memoriale di Gelli"; ed."L'Espresso".

AA.VV.: "Andreotteide - Le denunce insabbiate. Le spiritosaggini. I verbali davanti alla Commissione P2"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.13 di "Avvenimenti".

Sergio Flamigni, Michele Gambino: "Il caso Moro"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.6 di "Avvenimenti".

Michele Gambino: "Craxi - Biografia non autorizzata di un giocatore di poker"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.20 di "Avvenimenti".

Giampaolo Pansa: "Il regime"; Sperling & Kupfer Editori.

Antonio Cipriani, Gianni Cipriani: "Sovranità limitata"; Edizioni Associate, 1991

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