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Argentina: Chubut, istruzioni per creare latifondi
by dadinho Tuesday March 02, 2004 at 10:28 AM mail:  

Bariloche e' una citta' da cartolina. Nelle strade del centro e' proibito violare lo stile architettonico, e la vista del lago, con le montagne innevate sul fondo sono uno spettacolo che attrae i viaggiatori di tutto il mondo. Nel Centro Civico, dove i turisti fanno la cosa per scattare foto, ce' un monumento ad un genocida, riconosciuto come padre della patria grazie ai massacri compiuti contro il popolo Mapuche.

Argentina: Chubut, i...
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"Qui recintano tutto quello che vogliono. Se e' una bella valle, mettono le recinzioni perche' e' una bella valle; se e' una pianura lussureggiante, la chiudono per questo motivo, e a noi ci lasciano le pietre e i peggiori campi. Siamo arrivati al punto che perfino le pietre hanno un valore."

Bariloche e' una citta' da cartolina. Nelle strade del centro e' proibito violare lo stile architettonico, e la vista del lago, con le montagne innevate sul fondo sono uno spettacolo che attrae i viaggiatori di tutto il mondo. Nel Centro Civico, dove i turisti fanno la cosa per scattare foto, ce' un monumento ad un genocida, riconosciuto come padre della patria grazie ai massacri compiuti contro il popolo Mapuche. Il monumento, nonostante gli sforzi
degli impiegati del comune per tenerlo pulito, e' costantemente sparayato con una frase molto eloquente: nonostante tutto ci siamo ancora.

Forse questo e' un segno dei tempi che corrono nel sud del paese; la storia di marmo freddo dell' oligarchia e la mano ribelle che si rifiuta di sparire, che si mischia alle cartoline per dire una cosa semplice come rivendicare la propria esistenza.

Significa svelare che la guerra non e' finita, che 'la conquista del deserto' continua e si ripete sotto altre vesti ma con lo stesso fine.

Quella che segue e' una storia dove il passato e il presente si confondono, si mescolano e ripetono come le stagioni dell' anno. Perche' il passato e' la materia prima del presente, ed e' allo stesso modo quello che i vecchi hanno insegnato con un linguaggio segreto, mai compreso dall' uomo bianco. E' un ricordo di cioe' e' e di cio' che vorremo che fosse.

In fondo, il problema e' sempre lo stesso; corporations straniere e nazionali, con la complicita' del governo argentino, si spartiscono la Patagonia, vera e propria macchina da soldi in ambito turistico e minerario. E per farlo non solo sono costretti a distruggere l' ecosistema ma anche i Mapuche, il popolo originario di queste terre.

Questo lavoro vuole raccontare un piccolo pezzo di questa storia grande e dolorosa, scritta dal dramma attuale che vivono decine di famiglie Mapuche del sud del paese che sono stati o sono sul punto di essere sgomberati.

Non tratteremo delle imprese petrolifere, di altri latifondisti o del problema dell' estrazione mineraria. La dimensione del confiltto, della lotta fra interessi contrapposti cue ha luogo tra le steppe e le cordigliere patagoniche, e' tanto vasta e complessa quanto il territorio che occupa.

Partiamo da alcune considerazioni generali per arrivare nella zona di Cushmen, a sud di Chubut, e li' troveremo due casi concreti: quello della comunita' Vuelta del Rio contro latifondisti locali, e piu' concretamente il caso della famiglia Fermin. Nella seconda parte - di prossima pubblicazione - ci immergeremo nella storia della famiglia Mapuche che senza volerlo svela e smaschera la natura e i veri interessi della Benetton nel sud dell' Argentina.

La storia che andiamo a raccontare, parte da un piccolo pezzo di terra in mezzo ad un grande territorio; il lotto 134, appena 625 ettari. Sappiamo che se cambiamo i nomi dei protagonisti, i luoghi e le date, scopriremo che questi problemi li ritroviamo in migliaia di casi in tutto il continente.

Nel 1872 comincio' una nuova offensiva per la terra destinata ad essere una e senza frontiere dall' Atlantico al Pacifico. Sotto il comando di Calfucura, 6000 uomini armati di spade avanzarono fino ad Alvear, quella che oggi chiamiamo Buenos Aires. Da li' fino ai ghiacci del sud si estendeva il territorio abitato dai Mapuche, un paradiso naturale che i bianchi chimavano ancora 'deserto'.

Furono anni di lotta e sangue. Nel Gennaio del 1876, agli ordini di Nanumcurá e Rumay i Mapuche combatterono a Olavarría, Azul e Tapalqué. A Tres Arroyos e a Necochea combatterono corpo a corpo nella nebbia, fino a circondare le truppe di Levalle e Maldonado. Fu un anno di guerra totale per impedire che gli invasori conquistassero sempre piu' terre. A cavallo e con le fionde prevalsero a sud del fiume Colorado e il nemico, guidato da Alsina, comincio' a costruire una fortificazione faraonica da Bahia Blanca fino alla cordigliera, una linea di terre e fortini che separava il suo latifondo dalla terra libera.

Fu allora che arrivo' Julio Argentino Roca, il genocida ministro della guerra. Il fucile Remington e il telegrafo furono il suo contributo, donato direttamente dalle mani della corona inglese, che aiutarono le sue imprese.

Cinque divisioni dell' esercito parteciparono alla famigerata "Campagna del deserto". La prima, condotta da Roca, doveva raggiungere la isola di Choele-Choel nella zona del Rio Negro; la seconda divisione, agli ordini di Nicolas Levalle, doveva marciare da Carhue' fino a Chadi Levu e al fiume Colorado. La terza, diretta da Eduardo Racedo, partendo dal sud di Cordoba doveva occupare l' area dei ranquelos. La quarta divisione,
sotto il colonnello Napoleon Uriburu doveva partire da San Rafael e occuparsi della zona della cordigliera fino Chos Malal a Nenguen. Il quinto esercito,
condotta da Hilario Lagos doveva aspettare ordini a Trenque Lauquen, e gli fu ordinato in seguito di dirigersi verso Torbay.

I risultati di questi massacri sono oggi glorificati dalla storia e dalla iconografica ufficiale, dai manuali a scuola fino, nella sua ultima versione, ai biglietti da 100 pesos.

Nella relazione sopra la campagna militare, il ministro della guerra Julio A. Roca diceva que nel 1879 "Si trattava di conquistare un' area di 15000 leghe quadrate occupata per lo meno da un 15.000 anime, poiche' e' di 14.000 il numero tra morti e prigionieri che ha registrato la campagna. Si trattava di conquistarla nell' accezione piu' ampia del termine.

Militari, commercianti, affaristi e uomini della corona britannica costruirono recinzioni e portarono bovini dove una volta c' era' vento e liberta'.

Sette chili di recinzione, fucili e casacche militari furono i simboli delle gesta dell' oligarchia. Chiusero le valli e i fiumi, le praterie e le montagne. La
terra insanguinata fu smembrata in base ai titoli di proprieta' redistribuiti come fossero margaritas, e gli inglesi si presero la parte migliore.

Solo nel 1885 lo stato argetino suddivise 4.750.471 ettari tra 541 persone. Se si allarga il calcolo, dall' inizio dell' offensiva nel 1875 fino al termine
avvenuto nel 1903, le terre regalate o vendute a basso prezzo lievitano a 41.787.023 ettari divise tra 1843 persone, di cui parecchi stranieri.

Che i latifondisti abbiano pagato un tributo a Roca con monumenti e nomi di strade nelle citta' che fondarono nei pressi dei loro possedimenti, e' una cosa
molto comprensibile se lo consideriamo per quello che ha fatto.

Terminata ufficialmente nel 1885 la "Campagna del Deserto", dalle frontiere del paese recintato arrivarono i sopravvissuti.

Viaggiarono con carri tirati da buoi, con qualche cavallo e i sacchi in spalla. Arrivarono dalla terra a sud del Bio Bio, in quello che adesso chiamano Cile, perseguitati e spossati. Vennero con le loro speranze e il dolore da San Martin de los Andes, da Neuquen e dalle antiche frontiere che arrivavano fino al sud di Buenos Aires, dove si era combattuto centimetro per centimetro contro le truppe invasori.

Durante il cammino macellavano animali, alzavano tende per riposare e continuavano. Avanzavano al ritmo della repressione, dello strepitio dei fucili che rompevano il silenzio della notte per portare via altre vite.

Molti viaggiarono a piedi, dormirono in grotte o improvvisarono ripari con giunchi e fango. Si muovevano a gruppi, perche' quando il nemico li cacciava, li portavano camminando e legati fino alle residenze di Buenos Aires, e quelli che non morivano per strada di fame, stanchezza o per ribellione, erano usati come schiavi nelle proprieta' che si erano conquistate in punta di fucile. Quella che prima era una terra di liberta', si era convertita in un campo di concentramento alla luce del sole.

La leggenda racconta che alcuni scapparono dalla prigionia nudi e affamati e che un enorme animale apparve sul loro cammino, e l' intervento di una tigre li
salvo' da sicura morte. Come un regalo della terra, l' animale divento' il loro protettore; affilo' i suoi artigli contro un albero e si mise a cacciare per
nutrire i suoi nuovi figli. Da questo deriva il soprannome Nahuelquir, figlio della tigre.

Proprio Miguel Nancuche Nahuelquir si chiamava il combattente Mapuche che pellegrino' da piu' di un secolo dalle terre dei sopravvissuti fino a Buenos Aires. Viaggio' portando sulle spalle la speranza di un pugno di famigle, per avere un po' di respiro nella persecuzione. La sua gente si era stabilita tra òa cordigliera e il fiume Chubut, proprio li' dove prima erano vissuti quelli che erano conosciuti come Los Manzaneros, del pueblo Chehuelche.

Nel 1899, una volta spartite le terre migliori tra il latifondisti, l' allora presidente Roca riconobbe l' occupazione territoriale de la tribu di Nahuelquir.
Con un decreto creo' la riserva indigena conosciuta come Colonia Pastoril Cushamen, di 260.000 ettari, limitata e circondata da insediamenti inglesi nella zona che ancora oggi costituisce la gran parte della provincia di Chubut.

Lo stesso Nahuelquir si installo' con altre famiglie nella zona che oggi si conosce come Vuelta del Rio, e li' cercarono di fare, finalmente, una vita legata
alla terra senza soffrire piu' persecuzioni.

Il primo registro pubblico di una ispezione in questa zona e' datato 1905, e ci parla di case di fango con il tetto di paglia e piantagioni di grano e ortaggi.
La terra era, come oggi, divisa in lotti, pero' i limite erano sempre molto larghi e chi stava un anno in un lotto poteva spostarsi in un altro l' anno dopo,
per cercare cibo migliore per le pecore, vacche e bovini che nascono in quella regione. Le famiglie che arrivavano erano sistemate dalla comunita' in differenti zone, e i campi erano utilizzati - come si continua a fare anche oggi - in maniera condivisa.

Fino a questo punto arrivarono i protagonisti di questa storia, famiglie Mapuche che ancora oggi sono in pericolo di essere sgomberate.

I massacri avevano anche aperto le porte della Patagonia ad avventurieri, commercianti, speculatori che viderono nella regione una opportunita' per
'fare l' America'. Tra quelli che arrivarono, c' erano le famiglie Breide e El Khasen, due famiglie turche i cui nomi ancora oggi riecheggiano nella
regione.

Dona Segunda Huiliano, abitante di Vuelta del Rio da quando e' nata, ci racconta la storia. Non sa ne' leggere ne' scrivere
pero' quando ci dice "Lo so perche' i miei nonni me lo raccontavano", la sua testimonianza diventa una delle piu' precise per capire quello che successe
e che sta succedendo. Nella memoria collettica e' dove rimangono iscritte le verita' del suo popolo.

"Quando vennero i Breire arrivarono come persone qualsiasi, con un carretto e gli alimenti in un baule, vendendo al chilo e siccome non c' erano affari da fare la gente comprava. Facevano il cambalache, cosi' si chiama il cambio in animali. E cosi' comincio' a lavorare e apri' una bottega, in una casa che non era di sua proprieta'. Era la casa di Fernando Nahuelquir e cosi' e' rimasta fino ad oggi. Successivamente si sposto' in una bottega piu' grande. A quel punto arrivo' anche El Khasen. Tutta quella cordigliera la' e' di El Lhasen, da quando si approprio' di tutto, terra e animali e con l' aiuto di uomini armati e di un giudice mise tutto sotto recinzione. Breide fece la stessa cosa, in un primo momento recinto' dove viveva Dona Fidelina, viveva sola e Breide venne a bruciarle la casa, distruggerle l' orto, tutto quello che aveva, e le buttarono tutte le sue cose nel luogo dove vive ancora oggi. Nessuno disse niente di quello che stava succedendo, pensavano che se commettevano qualche crimine sarebbero stati denunciati, ma in realta' non avrebbe potuto aver alcun seguito dal momento che erano le stesse autorita' che stavano facendo il lavoro per loro. Le cose andarono cosi', negli anni 30 e 40. Mi sembra che fosse questo periodo".

"Gli anziani del villaggio avevano i documenti di proprieta' delle terre. Loro andavano ai mercati e portavano frutta, pelle e lana. Gli affaristi li invitavano a mangiare, a bere e a quel punto succedeva il disastro. Gli anziani si confidavano e quando erano ubriachi gli venivano chiesti i documenti delle terre ma una volta che si ricordavano di andare a ritirarli gli dicevano che non li avevano piu' perche' avevano dovuto portarli in un altro posto. Piu' o meno tutti finivano cosi'. Con Breide funzionava cosi', gli portavano le loro merci e quando andavano a ritirare i soldi mai gli davano dei soldi ma solo farina, erbe, tutto in sacchi. Siccome non sapevano leggere li truffavano con le misure. Succedeva questo perche' loro non sapevano fare i conti ne sapevano il valore delle cose. Qui la gente era ignorante e umile. Aveva paura di parlare con le autorita', di sporgere denunce. Gli dicevano di firmare e loro firmavano tutto. E se non sapevano firmare i commercianti firmavano per loro. Cosi fecero fortuna i Breide, i El Khasen e tutti gli altri turchi. Ma quando morirono i vecchi persero tutto. Adesso sembra che non ci sia stato niente, se si va a vedere le loro aziende non rimane niente. I Breide fecero la stessa fine, avevano macchinari per lavorare la lana e adesso non c' e' piu' niente. Delapidarono tutto."


continua... http://argentina.indymedia.org/news/2003/09/136320.php

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