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Specchietti colorati
by tro Friday March 19, 2004 at 12:21 AM mail:  

Federico Sartor, direttore stampa del gruppo Benetton, ha confutato giorni fa, in un giornale italiano, l'articolo "Instrucciones para hacer latinfundios". Quella che segue è una piccola risposta alle sue argomentazioni

Il Longko Lorenzo Quilaqueo ci insegna che prima che sorga il sole si ringrazia la natura per il nuovo giorno, chiedendole il permesso per poterla lavorare e per poter usufruire dei suoi frutti.
Dice il Longko che questo raccontavano i suoi avi, e ancora oggi, a 87 anni, egli si adopera per farlo apprendere agli altri.
E dice ancora che se non si rispetta la natura, alla fine questa ti si ritorce contro.
Nella sua cosmovisione, l'uomo non vive sopra la terra, ma è parte di essa.
Per questo il suo popolo si chiama Mapuche, che significa gente della terra.

Il Gruppo Benetton è accusato dal popolo Mapuche di usurpare terre ancestrali e di sgomberare popolazioni Mapuche, al fine di ingrandire le sue proprietà, che già si estendono per 900.000 ettari.
Uno di questi conflitti è quello con la famiglia Curiñanco, evacuata, con una denuncia degli amministratori del gruppo, dalla sua terra nelle vicinanze di Leleque, la tenuta piu' grande di Benetton.

Il caso- che si tratterà in tribunale a partire dal 14 Aprile- ha riscosso risonanza internazionale, permettendo altresì di mettere in luce diversi episodi di sgombero e sequestro di fiumi e strade comunali.
Preoccupato per la sua immagine, il Direttore Stampa e Comunicazione del gruppo Benetton, Federico Sartor, ha cercato di smentire tutte, una ad una, le accuse comparse in un articolo dello scorso anno contro la Compañía de Tierras Sud Argentino (CTSA), il latifondo del gruppo italiano in Patagonia.

Ma proprio Sartor inizia in maniera quantomeno balzana la sua risposta, smentendo addirittura sé stesso: ci informa infatti che il CTSA è una società "indipendente rispetto al gruppo Benetton" e che l'unico punto in comune è il controllo da parte della Edizione Holding, società madre e finanziaria del Gruppo.

Curioso, in primo luogo, vedere che Benetton, pur non avendo relazione diretta con la CTSA, le presti il suo direttore stampa per difendersi: forse cio' si spiega con il fatto che la Compagnia fornisce al gruppo 3.1 milioni di chili di lana l'anno, circa il 20% di quella utilizzata mondialmente. O forse sarà perchè nella direzione della CTSA compare come presidente un tale Carlo Benetton, che agli atti dell'Assemblea degli Azionisti, presso l'Ispezione Generale di Giustizia della Repubblica Argentina, si presentò con il documento numero 111.747A, dichiarando di essere di nazionalità italiana e di professione industriale.

Sospettiamo - e solo questo- che tale Carlo Benetton abbia altro a che vedere con il Gruppo Benetton SpA, per quanto Sartor lo neghi e insista che siano conosciuti solo per le linee di abbigliamento.
La generosità di Sartor non si limita soltanto alla difesa di un'impresa con la quale non avrebbe alcuna relazione, ma che ricopre con il suo manto di grazia l'intera Capitale Federale.
Secondo il portavoce sarebbe infatti falsa l'affermazione che la proprietà Benetton è 40 volte più grande della Capitale Federale, semplicemente perchè, secondo il suo parere, la città di Buenos Aires si estenderebbe per "200.000 ettari", addirittura dieci volte quello che in realtà misura.
Peccato che questa scoperta geografica, la quale certamente avrebbe potuto mettere fine ai problemi urbani di una delle città più grandi e caotiche dell'America Latina, purtroppo non sia reale.

Non contento di questo, Sartor arriva a dire che soltanto le terre (di proprietà della CTSA) della provincia di Buenos Aires sono di grande qualità e di un elevato valore unitario per ettaro. Il resto delle tenute sarebbe di scarso valore, poichè, essendo situate nella zona della Cordillera, nella steppa Patagónica e lungo la costa, possono accogliere un numero molto basso di capi d'allevamento.

Non solo, dunque, contraddice lo stesso Benetton -dichiaratosi innamorato della Patagonia- ma occulta diversi aspetti importanti.
In primo luogo che le terre possedute in Patagonia sono tra le migliori della zona, e permettono comodamente di alimentare le sue 280.000 pecore, che godono del privilegio di avere a loro disposizione 3,2 ettari ciascuna, molto più di quello che possiedono le famiglie espropriate della loro terra.
In secondo luogo, che in alcune di queste terre sono in atto progetti minerari per l'estrazione dell'oro, alcuni dei quali si trovano in prossimità delle terre al centro della controversia e almeno tre dei progetti minerari della zona di Esquel, secondo la mappa che gli stessi avvocati della compagnia hanno presentato in Tribunale, si stanno attuando nella proprietà di Benetton.

Quello che però non trova spiegazione è la supposta mancanza di proporzioni.
Il conflitto con la famiglia Curiñanco interessa lo 0,001285% di quelle proprietà che Sartor disprezza, ma ciò non impedisce che Benetton contatti lo studio legale più prestigioso della città di Essi Medesimi.
E quando Carlo Benetton chiama a notte inoltrata per chiedere informazioni, i suoi avvocati soffriranno certo più di un mal di testa, senza neppure rendersi conto che stanno difendendo qualcosa che non ha nessun valore.
Ma, secondo la particolare visione di Sartor, gli avvocati sarebbero riusciti ad ottenere il sorpasso della giustizia, dal momento che nel suo articolo scrive, a proposito del caso Curiñanco, che "il giudice competente ha emesso sentenza a favore della compagnia ed ora è in corso una causa per stabilire la pena"

Se questo fosse certo- ma non lo è- sarebbe la prima volta nella storia del diritto moderno che un accusato riceve la sentenza un mese e quattro giorni prima di essere giudicato. Chissà, questa profezia si spiega con il fatto che il giudice che presiedeva la causa, e ordinò lo sgombero preventivo della famiglia Curiñanco, è tale Dr. Collabelli, lo stesso che sta ora affrontando un giudizio politico per le sue sentenze contro il popolo Mapuche, da lui comparato senza esitazioni all'ETA.

Tutto il resto della risposta di Sartor continua con la stessa musica: menzogna.

In riferimento alla chiusura dei fiumi, spiega che se il passaggio è impedito da tre lucchetti, sarebbe semplicemente per preservare la sua proprietà privata e l'ambiente.
Sempre secondo Sartor, chiunque chieda la chiave può accedervi, sia per transito che per fermarsi a pescare nella zona. Ciò che non dice è che quel "chiunque" non include i suoi impiegati - che sono stati i primi ad informarci della situazione della chiusura dei fiumi- nè tantomeno gli abitanti di Leleque.

In un altro articolo, tempo fa, lo stesso direttore stampa aveva con disprezzo definito coloro che protestavano "attivisti che vogliono solo richiamare l'attenzione dello stato, strumentalizzando l'azienda per quest'obiettivo".
Su questo punto gli diamo ragione: Doña Candelaria, "un'attivista" mapuche di 86 anni, salta tutti i giorni un reticolato, installato dagli amministratori dell'impresa, per poter cercare acqua ad un ruscello per fare ginnastica sovversiva.

Rispetto invece al caso della Scuola 90, situata nella stazione Leleque, la sua omissione sembrerebbe confermare le sue reali intenzioni.
Scrive infatti: "La scuola è responsabilità esclusiva dello stato".
Peccato che questa, per funzionare, necessiti degli alunni, ovvero la ventina di ragazzini che vivono alla stazione Leleque, una piccola isola, che Stato e Benetton hanno in programma di evacuare, per far posto ad un'impresa turistica, descritta da Sartor nelle ultime righe del suo articolo.

Chiaro che, tuttavia, la compagnia non ha il potere di chiudere le scuole.
Ha però quello di farle sparire per mancanza di alunni.
Perchè Sartor non può negare la sua partecipazione nel progetto turistico, che prevederebbe lo sgombero delle famiglie della zona.
Progetto che sia lo Stato, sia l'amministratore della tenuta -che si chiama suggestivamente Ronald Mac Donald-, cercano di concretizzare da circa un anno.

Tornando all'inizio, quando il Longko Lorenzo Quiraqueo ci racconta che tutto ritorna, e che gli ultimi 500 anni di colonizzazione finiranno per dare inizio ad un ciclo ascendente, che punirà gli invasori e redimerà gli oppressi, parla la stessa lingua di molti altri popoli originari del Sudamerica.

Sarà per via di questo futuro cambiamento, che nel pacchetto di investimenti per 5 milioni di dollari, previsto da Benetton per le sue tenute patagoniche, è inclusa la costruzione di un commissariato privato?

Forse questo sarà il modo di chiudere il cerchio e di convertirsi nei nuovi conquistadores della Patagonia.
Comprano la terra a prezzi ridicoli, la polizia lavora privatamente per loro, e Sartor, come gli anacoreti di 500 anni fa, distribuisce perline, gingilli e specchietti colorati, con la differenza che oggi si chiamano United Colors of Benetton.

Sebastián Hacher
Buenos Aires, 18 de Marzo del 2004.


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Lo scritto di Sartor si puo' leggere qui:
http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=204941



"Estoy preocupado por la precisa manipulación de palabra e imagen para crear una acción, no para salir a comprar una Coca-Cola, sino para crear una alteración de la conciencia del lector".
William S. Burroughs

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