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LE BANDE DEI MONTI MARTANI
by fw-Carloz1 Wednesday April 07, 2004 at 09:59 PM mail:  

Il 13 ottobre di quell’anno,Dobric Milan,tenente dell’esercito Jugoslavo, evade con altri sessanta prigionieri dal carcere della Rocca di Spoleto.

LE BANDE DEI MONTI MARTANI



LA “BANDA LUIGI DEL SERO”

Morcicchia,non tutti conoscono questa piccola frazione al di là dei Monti Martani, eppure lì, nel novembre del 1943, fu organizzata la prima formazione partigiana delle nostre zone: la “ Banda Del Sero ”. La banda, per sette mesi, riuscì ad ostacolare le forze nazi-fasciste impegnate nell’azione di rastrellamento dei renitenti e repressione delle attività antifasciste. “Non sono mai stato propenso al fascismo; nel 1939 mi fu ritirata la tessera per non aver eseguito ordini impartiti dalla federazione di Perugia. Ho sempre nutrito per questo partito profonda avversione, che ho manifestato non appena mi è stato possibile” Inizia così il racconto di Luigi Del Sero,un uomo semplice, onesto,coraggioso, un benestante del luogo. Sua moglie, Margherita, donna dal carattere forte, è la maestra del paese. I due non si risparmiano nell’aiutare e nascondere giovani che non vogliono presentarsi all’esercito repubblicano, soldati che, presi ed inviati a forza al fronte , riescono a fuggire, ex prigionieri evasi dalle carceri fasciste. Tutti, trovano nella loro casa, indumenti, vitto,denari, alloggi e cure per parecchi giorni. Tutto il paese, comunque, grazie ai Del Sero, è compatto nel dare aiuto. La loro casa, attraverso le tante amicizie e il passaparola dei contadini, è un punto di riferimento importante per tutti coloro che clandestinamente si oppongono al fascismo e al nazismo. Il 13 ottobre di quell’anno,Dobric Milan,tenente dell’esercito Jugoslavo, evade con altri sessanta prigionieri dal carcere della Rocca di Spoleto. Dopo aver combattuto nella banda del Capitano Melis, in Valnerina, Milan raggiunge Giano dell’Umbria dove era certo di trovare, nei dintorni, molti evasi dal carcere e dal campo di lavoro N/115 di Bastardo. Subito conosce la famiglia Del Sero, con Luigi e il caporale Arcangelo Flamini, organizza un primo nucleo di resistenza composto di dodici uomini, prevalentemente giovani renitenti della zona e soldati “sbandati” ex prigionieri di guerra. Anche Margherita partecipa attivamente all’organizzazione logistica della banda; la famiglia Del Sero investe ben centomila lire per sostenere tutti i bisogni materiali del gruppo e fa sistemare gli uomini in capanne e grotte della zona. Il battesimo del fuoco avviene subito.Nel corso di due azioni, sono recuperate armi, munizioni e sessanta paia di scarpe. L’opera di contatto di Milan e Del Sero, contribuisce alla formazione di altri gruppi nelle zone di Castelvecchio, le Torri e Massa Martana. La zona dei Monti Martani è infestata da miliziani fascisti e soldati nazisti ed è teatro di continui rastrellamenti, per questo motivo le piccole formazioni, ancora male armate, agiscono con estrema prudenza. Molti partigiani sono del posto, per questo devono rendere conto dell’incolumità delle loro famiglie rispetto all’attività clandestine. 25 gennaio, Il tenente Romeo Bocchini si aggancia alla banda Del Sero con dieci uomini. L’aggravarsi delle condizioni di salute lo costringe a nascondersi presso la casa di Orfeo Santini un colono suo amico, ma è scoperto. I due tentano la fuga attraverso i campi non senza aver risposto al fuoco dei fascisti. Il Tenente Bocchini, per non mettere a repentaglio la sicurezza degli altri partigiani, si toglie la vita con un colpo di pistola e Orfeo Santini è fucilato sul posto. La morte di Bocchini e successivamente l’arresto del tenente Bociens e di molti altri componenti della banda, generano un clima momentaneo di sfiducia e lo sfaldamento della banda, ma ancora una volta Luigi Del Sero, Dobric Milan e Arcangelo Flamini, approfittando della stasi, compiono piccole azioni isolate e organizzano una fitta propaganda antifascista. Grazie al loro esempio la banda si ricompatta con rinnovato entusiasmo. Un nuovo gruppo comandato dal maresciallo Costa è dislocato a Grutti e C.Vecchio, una squadra a Monte Martano, una squadra a Castel Ritaldi, un gruppo a Pozzo e i rimanenti a Morcicchia e Giano dell’Umbria. Uno scarno rapporto della banda, consegnato al comando alleato presso Todi, così recita: l’attività della banda ha operato dal dicembre del 1943 al giugno del 1944, con una forza media di circa 140 uomini. Scontri sostenuti tre, sabotaggi telegrafici e telefonici 10 e la disattivazione di un tratto di strada minato. Perdite subite: quattro; feriti uno. Perdite inflitte morti undici;feriti due; prigionieri cinquanta. Materiale catturato: ingente e vario. Fascisti disarmati: trentasei. L’attività di Luigi del Sero si conclude all’alba del 27 maggio, una spia li ha traditi. Numerosi paracadutisti della “Nembo” circondano la casa e un gruppo di ufficiali fascisti fa irruzione all’interno. Tutto è distrutto. Luigi e sua moglie Margherita, tenuti a braccia alzate e con i mitra puntati alla testa, sono insultati ferocemente per quasi due ore presso la piazzetta del paese,di fronte ai propri figli. Portato prima a Castel Ritaldi e poi al comando tedesco presso Spoleto,dove è minacciato e gli sono asportati i denti con un colpo di calcio di moschetto,dopo 13 giorni, l’8 giugno, è condotto a Perugia per essere fucilato. Ma per volere del destino la sentenza è rinviata di qualche giorno. Il 14 giugno, fascisti e tedeschi abbandonano velocemente la città pressati dall’incalzare degli alleati. La mattina del 15 giugno Luigi è libero, sfinito dalla stanchezza e dalle sofferenze, è di nuovo in cammino per Morcicchia.


La “Banda Rossi”

Nei giorni seguenti alla firma dell’armistizio, l’8 settembre del 1944, Il capitano Giudo Rossi, che comandava il 228° Autoreparto Misto di stanza a Massa Martana, ebbe l’ordine dalle autorità fasciste di Perugia di consegnare tutte le macchine e il materiale bellico. Prevedendo che i mezzi e tutto il materiale fosse passato ai tedeschi, cercò di temporeggiare prendendo come scusa la mancanza di carburante e l’inefficienza dei mezzi appena tornati dalla Russia. Nel frattempo prese contatto con le bande di antifascisti che andavano formandosi in quei giorni nelle zone dei monti Martani, e con l’aiuto del Ten. Salmaso, dei Sottotenenti. Ferdinando Rossi, fuggito dal campo di concentramento di Parma, e Carlo Ridolfi, e dall’AUC Mario Rossi in licenza a Massa Martana, cominciarono a trasportare i mezzi e a nascondere i materiali sulle montagne ad est di Massa e nei fossi della zona. Ma il capitano Rossi non si fermò qui, costituì una banda composta da 25 uomini del suo reparto e giovani del luogo soggetti ad obblighi di leva o di lavoro. Scelse le zone di Massa Martana, Giano, Collesecco, Castelvecchio, Grutti e Collazione; per le operazioni di guerriglia contro le formazioni nazifasciste. La base fu posta in località Terra Bianca a nord-est di Colpetrazzo: un vero caposaldo, con tanto di accampamento mimetizzato, deposito di armi e vie d’accesso sbarrate. Verso la metà di ottobre la banda contava circa 100 uomini, in gran parte slavi ed inglesi fuggiti dai campi di concentramento. Alla formazione si era aggregato, in incognita, anche il capitano Carlo Barbieri con alcuni suoi militari, anche lui di stanza a Massa Martana. Tutto funzionava bene, Rossi dirigeva le operazioni militari e Barbieri ancora effettivo, inviava ai patrioti, viveri e materiali sottratti all’esercito. Ma la notizia che sui Monti Martani fosse operativa una formazione partigiana già circolava da qualche tempo nei comandi fascisti e così la sera del 3 novembre Il Capitano Barbieri è arrestato dai CC per favoreggiamento con i ribelli. Immediatamente tutta la banda, al comando di Guido Rossi, scese dai monti per tentare in extremis la liberazione del capitano ritenuto prigioniero nella caserma di Massa Martana.Tutta la città fu circondata ma era troppo tardi poichè Barbieri era stato prelevato dalla Milizia Stradale fascista e portato verso Todi, città troppo difesa per tentare una sortita. La cattura del Barbieri era solo l’inizio delle ostilità. La mattina seguente, truppe fasciste e tedesche al comando del cap. Schweiger consistenti in due compagnie di camice nere, una compagnia di SS tedesche, appoggiate da due carri armati, un’autoblinda ed un plotone di mortai da 81, sferrarono un’offensiva contro le postazioni della Banda Rossi. I patrioti attestati presso l’abbazia di S. Pietro in monte, erano centocinquanta, armati con fucili mod. 91 e bombe a mano, due fucili automatici Beretta, ed una mitragliatrice FIAT da 35mm con poche munizioni: un armamento troppo esiguo per contrastare gli attaccanti. Dopo una strenua resistenza e dopo aver subito la perdita di un compagno e il ferimento di un altro, il gruppo arretrò all’interno del bosco. La zona subì molti danni, alcune cannonate colpirono Villa Bianchini e la chiesa di S. Pietro. Tutto il materiale, gli automezzi e i viveri nascosti nei paraggi furono razziati dai tedeschi, il resto fu “prelevato” dai contadini della zona. Il giorno seguente giunse la notizia che il cap. Carlo Barbieri non era mai giunto a Todi, difatti fu portato nella sede della Milizia Stradale, presso Cappuccini. Lì subì un duro interrogatorio da parte del comandante della stazione G.B. di Todi e del maresciallo della milizia Casanova, ansiosi di estorcere informazioni da passare subito alle SS. Fu giustiziato dai due miliziani fascisti sulla stessa sedia di tortura, con due colpi di pistola alla nuca, per non aver collaborato alla cattura del cap. Guido Rossi. Questa notizia, unitamente alla disastrosa ritirata del giorno prima, influì sul morale degli uomini. Molti militari vollero andarsene ed a loro si unirono gli slavi, gli inglesi e parte di quelli del luogo.Il cap Guido Rossi, riuniti gli uomini rimasti, volle tenere un rapporto presso la casa dell’avv. Rossi a Colpetrazzo. Presero parte al rapporto il ten. Salmaso, i sottotenenti Carlo Ridolfi e Ferdinando Rossi ed il s. Ten. Mario Rossi. In questa riunione fu deciso il riordino della banda e la scelta di una nuova base operativa. Durante il rientro alla vecchia base, giunti all’altezza di casa Fiore, furono assaliti da parecchi miliziani e CC di Massa Martana. Tale fu la sorpresa che non poterono ne fuggire ne difendersi. Subirono un primo interrogatorio presso le carceri di Massa, poi furono condotti a Todi, di nuovo interrogati e condannati a morte mediante fucilazione per aver partecipato attivamente a “bande di fuorilegge”. Il tempestivo intervento del Vescovo di Todi, mons. F. Maria de Sanctis, fermò l’esecuzione e auspicò l’avvio di un regolare processo al termine del quale il cap. Guido Rossi fu internato in Germania e gli altri ufficiali assoggettati al servizio militare.In seguito Mario Rossi tentò di nuovo di costituire una nuova formazione con i superstiti dell’ex banda, ma questa volta solo italiani. Si unì il s. ten. Dante Paolucci e ben presto ritornarono, fuggitivi, anche Carlo Ridolfi e Ferdinando Rossi. La repressione, intanto, si era fatta pesante; altri patrioti purono arrestati e due di loro Vulpetti e d’Ambrogio fucilati, a molti altri fu distrutta la casa, Abramo Mossa fu costretto ad andare in montagna con tutta la famiglia. Per non mettere a ulteriore repentaglio le famiglie ed i contadini della zona, decisero di operare esclusivamente in zone isolate, soprattutto con azioni di sabotaggio evitando di fare vittime. Il s. ten. Paolucci si distinse per le azioni di propaganda antifascista che da solo svolse presso Montignano, Colpetrazzo, Cimacolle, Raggio e Collevalenza.
Dal rapporto della Banda Rossi:
12 settembre: catturato ai tedeschi, nel campo di aviazione di Perugina, un autobus della RA e un camion Fiat 666
13 settembre: cattura a S. Gemini di un camion di benzina.
24 settembre: azione da parte del cap. Rossi e di Rossi Mario per procurarsi armi. L’azione non fu portata a termine per una spiata.
15 ottobre: cattura di una spia tedesca che aveva portato in casa di Ridolfi tedesci e fascisti per la ricerca di una radio trasmettitore. Tale spia fu giustiziata dagli slavi della banda.
25 ottobre: azione del cap. Rossi e di quattro uomini contro due fascisti nella strada di acquasparta. I fascisti furono disarmati.
4 novembre: Tentativo di liberazione del cap. Barbieri da parte dell’intera banda. Circondata Massa Martana, l’azione non riesce perché il prigioniero è gia nelle carceri di Todi. Appostamenti a Todi per cercare di far evadere il capitano.
5 novembre: combattimenti sul Monte Martano,…
6 novembre: arresto del cap. Rossi, dei s.t. Rossi Ferdinando e mario e Ridolfi Carlo.
8 novembre: arresto del sergente Calì Giuseppe in località Caciaro.
Dic. Gen. Feb. Riorganizzazione della banda.
2 marzo: arresto di una pattuglia inviata a Castelvecchio. Rimasero prigionieri Gogo Jevitich, Gruttutin, Picchiantonio Primo, Manni Giuseppe, Manni Felice.
15 marzo: disarmo di tre fascisti a Mezz’anelli.
15 marzo: Azione del patriota Massa Abramo e di Comodo Mario contro il fascista Tosti e altri due fascisti che vennero disarmati.
17 marzo: incursione a Castelvecchio, dove rimase ucciso il fascista Carlo Sbarra e disarmato il tenente della Milizia Fasciani.
26 marzo: una pattuglia comandata da Massa Abramo si reca a rinforzare la banda del ten. Bocchini, per un’azione contro i fascisti di Marcellano e di Collesecco. Il patriota Massa Abramo rimane ferito e fatto prigioniero.
4 aprile: disarmo a Giano del paracatudista Budioli
12 aprile: il Patriota Comodo Mario arrestato a Giano.
7 maggio: rastrellamento fasista nella zona di Frontignano e Cacciano. Il s.t. Bocchini viene ucciso insieme al patriota Santini Orfeo. Rimasero prigionieri: Indo Alunni, Petruccioli Umberto,Bastianini Leonida, che poi riuscì a fuggire. Arresto e fucilazione del Patriota Mercuri Mario.Presero parte al rastrellamento il Federale di Perugina Narducci ed il podestà di Collazone.
15 giugno: cattura di un tedesco da parte del s.t. Paolucci, e di una batteria da 75/13, fatti due prigionieri. Neutralizzazione delle mine poste dai tedeschi in ritirata sotto i ponti e dei numerosi depositi di munizioni sotto Massa Martana poche ore prima della loro detonazione. Il maggior merito spetta all’artificiere della banda Unali Giovanni. Arrivo nella zona d egli alleati. Consegna dei prigionieri e rastrellamento della zona. Flamini Manlio, da solo, cattura tre tedeschi.

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