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torino: volantino presidio contro la guerra 07/04
by network antagonista torinese Thursday April 08, 2004 at 05:08 PM mail:  

quello che segue è il testo del volantino distribuito ieri pomeriggio durante il presidio in piazza castello contro la guerra e per il ritiro delle truppe d'occupazione dall'Iraq

L’IRAQ AGLI IRACHENI
FUORI LE TRUPPE ITALIANE DALL’IRAQ



La sollevazione in armi della popolazione irachena che sta scuotendo tutto l’Iraq da alcuni giorni si presenta come un incendio a lungo covato, che difficilmente potrà essere estinto: in tutto il paese le principali città sono invase dalle manifestazioni, ovunque sorgono barricate e le truppe d’occupazione vengono attaccate, molte stazioni di polizia sono in stato d’occupazione, nei quartieri, nelle università e nelle moschee si distribuiscono armi e istruzioni per i combattimenti. Se nei mesi scorsi la resistenza era radicata soprattutto nelle regioni attorno a Baghdad e si esprimeva prevalentemente con la tattica della guerriglia e con imboscate che hanno inflitto durissime perdite ai soldati occupanti (furono necessari tre anni di presenza nel Vietnam perché si raggiungesse un numero di vittime statunitensi che in Iraq è già stato superato), oggi abbiamo di fronte agli occhi uno scenario fatto di combattimenti strada per strada, dove la media dei soldati morti supera ogni giorno le dieci unità.
Tutto questo non rappresenta affatto un peggioramento della situazione irachena, dal momento che l’interesse primario non soltanto di quel paese, ma di tutto il pianeta, è che l’occupazione militare americana cessi, e le difficoltà in cui si trovano le truppe occidentali, attaccate da ogni parte, ci devono rendere ottimisti sul fatto che gli eventi potranno andare, col tempo, in questa direzione.
La menzogna di turno, che ha il solito obiettivo di screditare gli iracheni e giustificare la presenza militare nel paese, è che l’Iraq sia “sull’orlo di una guerra civile”: al contrario, tutte queste scemenze sono smentite dai fatti, visto che le diverse comunità hanno come obiettivo comune i soldati stranieri e si guardano bene dallo scontrarsi tra di loro; è indicativo per esempio che i feretri dei ribelli caduti vengano avvolti nelle bandiere irachene e non in quelle dei singoli movimenti, e che gli insorti considerino apertamente la loro lotta come un’estensione di quella palestinese e libanese. La rabbia di queste persone contro chi occupa i loro paesi è ad oggi la reale – e non immaginaria – “seconda superpotenza mondiale”, in grado di mettere in difficoltà la macchina bellica statunitense.
In questa situazione, in cui quotidianamente i militari sparano sulle manifestazioni uccidendo donne e bambini - come hanno fatto i militari italiani a Nassiriya -, dove si moltiplicano i rastrellamenti nelle case e interi quartieri di Baghdad o città come Falluja vengono massicciamente bombardate, dove da mesi mancano lavoro, benzina, elettricità, acqua, generi di prima necessità, è sempre più difficile far credere alle popolazioni mondiali la favola della “guerra umanitaria” o addirittura quella, circoscritta ormai a qualche fanatico, dello “scontro di civiltà”; in Iraq come in Palestina e in Afghanistan, dietro il velo della pace e della democrazia, si celano gli interessi degli oligopoli economici occidentali.
Di fronte a tutto ciò appellarsi all’ONU significa avere una considerazione dei fatti pari a zero, visto che non si capisce come un coinvolgimento di più variegati interessi attorno al petrolio iracheno (Russia, Francia, Germania) potrebbe aiutare un ripristino della sovranità nazionale sul territorio; del resto il “club degli amici dell’ONU” dovrebbe ricordare che proprio di quella organizzazione è la responsabilità della guerra all’uranio del ’91 e del terribile embargo che ne è seguito. D’altro canto a fare questi discorsi sono quegli stessi personaggi responsabili dell’invio dei soldati italiani in Iraq, come Fassino e Rutelli, che nonostante questo si pretendono strenui fautori della pace e con questa ipocrisia si presenteranno alle elezioni, aiutati da tutta la sinistra parlamentare, come “alternativa” all’attuale governo. Del resto che anche all’interno del movimento contro la guerra le idee non siano sempre chiare è dimostrato dal permanere dello slogan che accetta il fuorviante binomio “guerra e terrorismo” coniato dall’amministrazione Bush e ripreso da improbabili ideologi e moralisti non all’altezza del ruolo che si sono attribuiti.
Dal nostro punto di vista l’unico terrorismo è quello di chi bombarda e reprime (USA, Israele, Gran Bretagna, Italia, Spagna), mentre chi si oppone, in Iraq come in Palestina, compie soltanto nobili atti di resistenza. Ciò che occorre fare è rilanciare la resistenza sociale contro la guerra e la campagna per l’immediato ritiro di tutti i soldati dall’Iraq, opponendosi alla logica di chi vuole confondere gli aggrediti con gli aggressori, denunciando le strategie imperialiste per quello che realmente sono e creando antagonismo e conflittualità sociale per ostacolare concretamente i piani criminali di chi ci governa.

NETWORK ANTAGONISTA TORINESE
CSOA ASKATASUNA CSA MURAZZI
Fipvsott20to COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO

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