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Il preventivo della guerra
by alessandro robbecchi Wednesday April 14, 2004 at 08:33 PM mail:  

il manifesto domenica 11 aprile CONTRORDINE

Quindicimila dollari al mese? Ventimila? Le notizie di stampa sono sommarie e confuse, non si capisce bene. Dopo un anno di guerra (mission accomplished!) si viene a sapere che in Iraq c'è pure qualche esercito privato, pietosamente chiamato «security», manco fossimo in discoteca. Un po' esercito americano in outsorcing (meno stato, più mercato!), un po' supporto all'intelligence e un po' aiuto tecnico-militare. Insomma, c'è un sacco di gente (15.000 persone circa, secondo esercito per numero presente in Iraq) che con la guerra ha trovato un buon lavoro: fare il mercenario. Gabbie salariali rigidissime, non fatevi illusioni, la globalizzazione funziona, e pure meglio, anche in guerra. Se sei iracheno prendi 150 dollari al mese, mica male. I gourka nepalesi e i guerrieri delle isole Fiji possono arrivare a duecento. Questa nota salgariana mi ha sorpreso, ma alla fine perché no... uno delle Fiji può essere scemo tanto quanto uno scemo del South Carolina. Naturalmente gli ex Sas inglesi prendono di più, un americano allenato può valere - appunto - 15, 20 mila dollari al mese. Un italiano non lo so, ma per cultura, ricchezza e creatività credo di poter pretendere anch'io una bella sommetta.
Ho deciso: mi iscrivo ai mercenari. Nel sito della Blackwater - la prima ditta a cui voglio mandare il curriculum - c'è scritto che lavorano «In supporto alla libertà e alla democrazia ovunque». Mi piace, anche se «ovunque» mi inquieta un po', e infatti la home page si apre con sentite parole di cordoglio per i colleghi caduti a Falluja il primo aprile (c'è anche la sottoscrizione). Comunque, è un'azienda sana, in espansione: con malcelato orgoglio annuncia di aver appena aperto due nuove sedi internazionali (Baghdad e Kuwait City).
Molto chiare le modalità di assunzione, dove si spiega tutto alla prima riga: «La Blackwater Security Consulting, non ti assume, ti contrattualizza come lavoratore indipendente». Una specie di co.co.co della guerra. No, grazie, cerco ancora. Provo con la Vinnel, che fa parte (da appena un anno) del Northrop Grumman Company. Hanno buone offerte per l'Arabia Saudita, dove forniscono aiuto alla Guardia Nazionale locale. Si elencano anche i pro e i contro di passare qualche annetto nel deserto: tra i «pro», al primo punto, è che è tutto esentasse e così ti puoi fare i soldi per il college. Tra i «contro» si ammette che non si può bere alcol né fare altre «western cultural amenities». Peccato. Anche qui piangono il loro colleghi morti (nell'attentato di Ryhad). Trovo di meglio alla MPRI (sta per Military Professional Resources Increment, la sigla campeggia su uno spadone). Cercano urgentemente supporto logistico per il personale di aziende in Qatar e Iraq, la paga è definita «competitiva» e tra i benefits c'è la copertura dentistico-sanitaria completa per tutta la famiglia. Perbacco, ecco un welfare a mano armata. Ma si capisce che sarei meglio piazzato in graduatoria se fossi un ex-marine o qualcosa del genere. Mi rendo conto che la cosa sta diventando un po' triste. La voglia mi è passata, tenderei a non arruolarmi. E' che queste aziende della guerra abbelliscono sempre più i loro comunicati roboanti, le loro «carte dei valori», le dichiarazioni di intenti patriottico-liberisti, la loro retorica paracula del noi-facciamo-la-guerra-ma-siamo-i-buoni. Ma basta leggere qui e là sui loro siti per capire che quella è una vernicetta a stelle e strisce per gli allocchi. Dentro, dietro, c'è la guerra vera: affari per milioni di dollari, forniture militari, ricerche avanzatissime su come spararti addosso da un sommergibile, da un satellite o con un razzo teleguidato. Per la libertà e la democrazia, ci mancherebbe! Ultimo giro di web: faccio un controllino su come vanno le cose in questa dannata guerra che doveva finire subito e non finisce più. Negli ultimi 12 mesi (un anno secco di guerra) la Northrop Grumman Company ha guadagnato in borsa il 25,4 per cento. Mi chiedo se a questi patrioti qui, a questi volenterosi della Iraqi Freedom e dello Stock Exchange, convenga finire la guerra velocemente. O se convenga ai mercenari una pace che gli fa secco lo stipendio. Non è credibile: pure se produci missili, se costruisci navi con armamenti nucleari, se assoldi mercenari - o forse proprio per quello - non ti conviene prendere a fucilate la gallina dalle uova d'oro. Cioè la guerra. Un affare così redditizio non può finire troppo in fretta.

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