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CHIAPAS TRA NAFTA E MIGRAZIONE
by murus Friday April 16, 2004 at 12:11 AM mail: murus@laneta.apc.org 

analisi dei rapporti causa effetto tra il NAFTA ed il crescente fenomeno migratorio del messico, in particolar modo in chiapas. Risposta zapatista al fenomeno

CHIAPAS TRA NAFTA E MIGRAZIONE

“Solo da quando la storia si é convertita in storia mondiale si sono condannati popoli interi, dichiarandoli come superflui... Le sentenze si proclamano a voce alta e si mettono sistematicamente in pratica, in modo tale che nessuno rimanga col dubbio di che destino gli sia stato riservato: Esodo o Migrazione, Esilio o Genocidio”. La grande Migrazione,
Hans Enzensberger

La storia della migrazione messicana verso gli Stati Uniti d’America si puó far risalire al 1880 quando due imprese ferroviarie, la Southern Pacific e la Santa Fé, cominciarono ad “importare” forza lavoro a basso costo in maggioranza indigena Yaqui, Cora e O’otam, dal vicino del Sud. Fino al 1910 circa 20.000 messicani all’anno erano reclutati dagli agenti delle compagnie ferroviarie. Durante la Prima Guerra Mondiale i lavoratori messicnai giocarono un ruolo centrale nello sviluppo dell’economia statunitense, ma la usuale gratitudine del governo Nordamericano non tardó a presentarsi sotto forma della piú feroce ondata di violenza xenofobica di cui il popolo messicano sia mai stato vittima. Mentre i veterani di guerra attaccavano i lavoratori e le lavoratrici “alieni” nei posti di lavoro, bruciando le loro case e rubando i loro averi, le imprese agricole, ferroviarie, e la sempre piú presente industria automobilistica, continuavano a contrattare i messicani per un salario da fame, lasciandoli in una situazione di permanente illegalitá e pericolosa vulnerabilitá difronte alle aggressioni delle classi povere nordamericane.

Da quegli anni fino ad oggi la ambigua politica di gestione del fenomeno migratorio da parte del governo americano, non é cambiata, da allora la clandestinitá e la pericolosa illegalitá sono la normale condizione che i migranti messicani affrontano dal primo momento che mettono piede in territorio USA.

Il 1° Gennaio del 1994 entra in vigore del Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord (NAFTA, nella sua dicitura in inglese e TLCAN in spagnolo), un accordo multilaterale che lega l’economia canadese, nord-americana e messicana al modello liberista. I principi ispiratori sono l’apertura delle frontiere alle merci, la produzione di leggi che favoriscano sicuri guadagni ai grandi capitali e la forte diminuzione del potere politico degli “stati nazione”, i quali, se nella fase negoziale rivestono un ruolo secondario, non avranno piú la capacitá di sindacare le scelte economiche imposte dal trattato. Da quel momento la contraddizione che si legge nella politica migratoria dei due paesi piú ricchi si fa di giorno in giorno piú stridente. Uno studio del United States General Accuonting Office (GAO) del 2001 segnala che, nonostate la spesa per la sicurezza della frontiera sud degli Stati Uniti sia aumentata negli ultimi sette anni, il flusso migratorio non é diminuito; come conseguenza si é avuto solo un’aumento delle morti nel tratto di frontiera dovuto allo spostamento delle rotte abituali che, ora, risultano essere passaggi piú pericolosi ed insicuri. Al riguardo il Centro di Ricerca sull’immigrazione dell’Universitá di Houston, Texas, stima che tra il 1995 ed il 1998, il numero di morti per ipotermia ed insolazione é aumentato di tre volte rispetto ai livelli degli anni ’80 . Nel 2003, secondo la Commissione di Diritti Umani del Senato della Repubblica Federale del Messico, sono stati calcolati circa 400 morti sul confine nord del Messico .
Se da una lato quindi si assite ad un inasprimento della politica nord-americana nei confronti delle persone che tentano di attraversare il confine, dall’altro si nota una massicia presenza di lavoratori e lavoratrici messicane clandestine e non, che ormai rivestono un ruolo fondamentale per la prosperitá dell’economia statunitense .
La stessa teoria neoliberista spiega che accellerando e garantendo la mobiltá del capitale e facilitando anche l’intervento del capitale estero, si fomenta la mobilitá lavorativa: “...quando il sistema politico e quello economico si interconnettono, le forze lavoro tendono a fluire verso il paese dove c’é minor stratificazione sociale e dove gli standards di vita sono piú alti” .

Questa teoria, peró, non ci racconta delle terribili condizioni che spingono i lavoratori messicani ad abbandonare le proprie case, i propri affetti, le proprie comunitá per affrontare un insicuro e pericoloso viaggio verso una prosperitá economica che probabilmente non incontreranno, essendo obbligati, per la loro condizione di clandestini, ad accettare lavori mal pagati ed insicuri. Un’investigazione dell’Associated Press USA, afferma che in america muore un lavoratore messicano al giorno, sebbene sia aumentata la sicurezza sui posti di lavoro, le quantitá di morti messicane aumentano: 30% a metá degli anni ’90; 80% nel 2003. Gli stessi ufficiali della Pubblica Sicurezza si spiegano il fenomeno considerando che i messicani, dato il loro status di illegalitá, sono costretti ad accettare qualsiasi tipo di lavoro gli sia proposto, e generalmente questi sono lavori mal pagati e ad alto rischio, in totale assenza di equipaggiamento e preparazione adatta.
La cosa che stupisce di piú é al reazione delle autoritá federali in caso di incidente mortale di un lavoratore clandestino: l’OSHA (Occupational Safety and Health Administration) multa il datore di lavoro per mancato compimento degli standards di sicurezza. La cifra é di 50,475 dollari . Questo é il prezzo che il governo americano ritiene appropriato per ripagare della morte di un non cittadino.

Si calcola che attualmente siano presenti in territorio statunitense circa 8,5 milioni di messicani di cui 5,5 milioni rispondono con i requisiti legali per la permanenza ed i restanti 3 milioni sono indocumentati, quindi a rischio di deportazione o incarceramento ad oltranza; inoltre si stima che ogni anno emigrino temporalmente circa 610 mila messicani la cui maggiornaza non ha la documentazione necessaria per affrontare il viaggio . A questi dati va aggiunto il ruolo crescente che riveste all’interno dell’economia messicana il valore delle rimesse dei lavoratori che risiedono negli USA che nel 2002, raggiungendo i 6.75 miliardi di dollari, rivestivano la sesta fonte di ingresso valutario del paese, ma giá nel gennaio del 2004, con un valore che socilla tra i 9.4 ed i 14 miliardi di dollari , risultavano al secondo posto, superate solo dalla vendita del petrolio.
A dieci anni dall’ingresso del Messico nel mercato globale il salario minimo nazionale ha perso il 20% del suo valore d’acquisto, la classe politica messicana non ha saputo affrontare e risolvere il problema della mancanza di posti di lavoro, ed é costante la domanda di mano d’opera nei settori agricoli, industriali e dei servizi da parte degli Stati Uniti d’America. Considerando inoltre la differenza salariale che sussiste tra le due economie, non stupisce che il fenomeno migratorio messicano verso il piú ricco vicino del nord sia in costante crescita e che 1,3 milioni di famiglie dipendano direttamente dalle rimesse economiche provenienti dagli USA .
Quello che stupisce in realtá é la mancata intenzionalitá, da parte dei due governi interessati, di regolare questo fenomeno permettendo che bande di “polleros”, contrabbandieri di mano d’opera, si organizzino in una impresa transazionale conosciuta come la “Gringo Coyote Company” e gestiscano un traffico clandestino di persone che frutta circa 8 miliardi di dollari all’anno . Se si considera che nel 1995 un messicano che affidava la sua vita nelle mani di un “pollero” per attraversare la frontiera con gli Stati Uniti pagava tra i 20 ed i 30 dollari e che oggi, con un aumento considerevole del rischio, deve pagare tra i 1500 ed i 2500 dollari, ci si fa una rapida idea del volume di denaro che giornalmente si sposta da un lato all’altro della frontiera fomentando il traffico clandestino di lavoratori e la corruzione degli agenti doganali .

Uno degli stati dove la Gringo Coyote Company ha maggiori connessioni é il Chiapas. Nel municipio di Comalapa, ad esempio, il 24 Marzo del 2004, seicento uomini intrapresero il viaggio della speranza verso il vicino del Nord, contrattati da una delle tante “agenzie di viaggio” che sono sorte nel municipio.
-“Qui a Comalapa non c’é piú lavoro, in ogni angolo di strada c’é una cantina, i prezzi del café e del mais stanno scendendo ed il pinche governo non fa altro che promettere, non sviluppa l’industria e non si accorge che da qui partono ogni mese 2400 persone verso gli Stati Uniti, non si accorge che dipendiamo economincamente dai soldi che ci inviano da lá”- Cosí si esprimeva Joaquín López López , un uomo che con la sua famiglia ha piú volte tentato di attraversare la frontiera.
Intanto a Comalapa (un municipio che conta 7500 abitanti nella zona urbana e 52.111 considerando anche le comunitá rurali ed ejidali ) hanno aperto 30 casse di cambio, due banche e uffici delle poste il che da una chiara idea dell’importanza che riveste per questo municipio il ponte economico con gli USA. E non é certamente un esempio isolato all’interno dello stato: nel municipio di Siltepec, zona Sierra, si calcola che ogni mese partono 200 persone di un’etá compresa tra i 20 ed i 45 anni e che l’ammontare delle rimesse mensili che giungono dalgi Stati Uniti superino il milione di dollari. Nella comunitá di Las Delicias, appartenente al medesimo municipio, oramai non si vedono piú uomini. Sono rimaste solamente le donne e gli anziani che sopravvivono unicamente grazie al denaro che i mariti ed i figli riescono ad inviare a casa .
Infine, saranno circa 90 mila i chiapanechi che annualmente affrontano la difficile scelta di lasciare casa ed affetti per cercare fortuna dopo il confine. E si stima che circa 380 milioni di dollari l’anno siano frutto delle rimesse di questi lavoratori, il che risulterebbe essere il 4.5% del Prodotto Interno Lordo dello stato.

Per meglio comprendere le ragioni di questo esodo imposto ed i suoi stretti legami con il Trattato di Libero Commercio del Nord America, ci si puó soffermare sulle conseguenze che ha subito il mercato del mais successivamente al 1994.

Il Chiapas storicamente ha basato la sua sopravvivenza sulla coltivazione del campo, rappresentadno la produzioine agricoal il 45% del PIL dello stato. Per di piú il 95% dei produttori di mais, a cui é dedicata la coltivazione del 65% del terreno chiapaneco, lavorano un’estenzione di terra inferiore ai 5 ettari . Con l’entrata in vigore del NAFTA si sono aperte le frontiere anche per questo prodotto, cosa che implica naturalmente una forte competizione tra la piccola produzione messicana e la grande industria agricola statunitense. Infatti: il rendimento medio di produzione di mais negli USA é di 8 a 10 tonnellate per ettaro, mentre in Messico oscilla tra 2 e 5 e in Chiapas solo tra 1 e 3 . Inoltre, grazie ad una legge promulgata nel 2002, lo stato nord americano concede ad ogni agricoltore una cifra pari a 52,30 dollari al giorno come sussidio all produzione, mentre il Messico concede solo 1,8 dollari al giorno . Quindi la produzione del mais messicano costa 181,9 dollari la tonnellata, ma il prezzo al mercato internazionale é di 123,18 dollari. Il governo messicano e le corporazioni trasnazionali, quindi, possono comprare il mais dagli USA a minor prezzo incluendo anche le spese di trasporto.
Ed é esattamente quello che fanno.
I piccoli contadini messicani e chiapanechi, trovandosi schiaccaiti da questa irragiungibile ed ingiusta competenza, sono costretti ad abbandonare il campo e cercare fortuna altrove. Il lavoro che per millenni ha dato da mangiare agli abitanti di questa regione é stato svalutato con il leggero tratto di una penna, un tratto che ancora oggi causa la fuga o peggio la morte di migliaia di persone.

Il Chiapas é uno degli stati del Messico dove piú é presente il duro morso della politica liberista, dove le risorse naturali e culturali, ricchissime nel territorio, sono facile preda di grandi compagnie transnazionali, ma dove la resistenza quotidiana dei popoli indigeni é l’unica vera diga contro l’invasione dell’omologazione targata Coca Cola. In questo scenario di lotta si afferma il fenomeno migratorio che, da diligente figlio del sistema liberista, impone l’esilio e la criminalizzazione dell’esule.

Dopo gli attentati dell’11 Settembre, gli Stati Uniti hanno inasprito e di molto la loro politica nei confronti dello straniero trasformandolo di per se in un potenziale “terrorista”. La paura stillata negli animi della gente permette e giustifica il comportamento congiunto del governo e delle grandi corporazioni che, in nome di una sicurezza nazionale sempre piú indefinita e sempre piú richiamata dai discorsi ufficiali, mantengono illegale la condizione del migrante. Cosí facendo impediscono che lo stesso aquisisca e goda dei diritti che i lavoratori hanno conseguito in secoli di lotta (salario degno, orari di lavoro umani, assicurazione sanitaria, diritto all’educazione ed all’organizzazione sindacale, ecc...) ed accetti, sotto la minaccia di una pronta deportazione, anche i lavori piú rischiosi facilitando inoltre i giá prosperi affari delle grandi imprese di esportazione agricola nord-americane.

Questo circolo vizioso frutto del sitema globalozzatore –apertura dei mercati, conseguente discesa dei prezzi che portano alla migrazione, criminalizzazione e permanente illegalitá del migrante che mantengono bassi i salri- alimenta questa ragnatela dove sono le grandi corporazioni agricole quelle che continuano a guadagnare, insieme ai canali di trasmissione delle rimesse, come la Western Union, Elektra, Telégrafos Nacionales, Servicios Panamericanos y Cometra, le banche, ecc...
Parallelamete a questo schema incontraiamo un nuovo modello che sorge dalla stessa terra chiapaneca: il movimento zapatista. Questo fa della solidarietá e della tradizione indigena le sue fondamenta, e risponde alle minacce di morte del liberismo con un proggetto di autonomia comunitaria che risulta essere la possibile alternativa nei confronti di un barbaro mercato internazionale che fa della mancaza di regole la sua unica regola. In un’epoca storica dove l’imposta omogeitá culturale si trasforma facilmente nel genocidio dei differnti saperi, l’orizzonte disegnato dagli indigeni del Chiapas sembra essere la risposta piú efficace per la sopravvivenza e per il riscatto di questo popolo che, anche a causa dell’acuirsi del fenomeno migratorio, continua a subire la politica colonizzatrice delle grandi potenze mondiali. Da ció l’importanza del zapatismo, del suo impegno nel costruire alternative al modello neoliberale, partendo dalle sue 11 domande fondamentali: salute, educazione, terra, tetto, lavoro, alimentazione, pace, giustizia, indipendenza, democrazia, con dignitá per tutti i popoli.


murus


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da cio' anche un@ Thursday April 15, 2004 at 11:49 PM
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