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San Precario batte i confederali (Corriere)
by un precario Wednesday, May. 05, 2004 at 12:27 AM mail:

Dal Corriere della Sera di oggi: http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=RAP

dal Corriere della Sera di oggi:


Aerei e tram, i ribelli del sindacato. «San Precario» batte i confederali. La carica dei comitati di base, da zero a 700 mila iscritti in dieci anni.

ROMA - All’inizio furono i marittimi in servizio sui traghetti per la Sardegna che, nei primi anni Settanta, in coincidenza con gli esodi estivi, presero a bloccare senza preavviso le navi. Poi, nel 1975, fu la volta dei ferrovieri della Fisafs a paralizzare di colpo il traffico ferroviario. Ma l’exploit ci fu nel 1976 con «Aquila selvaggia», i piloti dell’Alitalia aderenti all’Anpac, che fermarono improvvisamente i voli tra Roma e Milano scatenando l’ira dei passeggeri: chiedevano un contratto che si occupasse solo di loro. E a contestarglielo non era tanto la compagnia di bandiera, ma la Fulat, l’allora sindacato confederale che voleva rappresentare tutti i lavoratori. È andata a finire che oggi i sindacati in Alitalia sono 10 (proprio ieri il governo ha ammesso per la prima volta anche la Cub alla trattativa). La lunga marcia dei cobas, cioè del sindacalismo di base, spesso nato da costole di Cgil, Cisl e Uil, parte trent’anni fa, con la crisi petrolifera, e arriva fino ai giorni nostri, quando una nuova crisi economica rende difficile per il sindacato ottenere miglioramenti del salario e delle condizioni di lavoro. All’inizio erano piccole organizzazioni che nascevano nei trasporti. E non poteva essere altrimenti: solo qui bastava lo sciopero di pochi a bloccare l’intero servizio. Poi il potere delle sigle di base si è allargato al resto del pubblico impiego e ha tracimato nel settore privato. Difficile la penetrazione nell’industria, ma i cobas cominciano a dare fastidio alla Fiat, non solo a Pomigliano d’Arco, ma adesso anche a Melfi, mentre c’è un forte attivismo nel commercio e in tutto il mondo del lavoro parasubordinato. Al punto che la manifestazione organizzata dalla Cub, la confederazione unitaria di base, a Milano per il Primo maggio è stata un successo. Intitolata non a caso a «San Precario», ha visto una partecipazione di 50 mila persone, maggiore del tradizionale corteo di Cgil, Cisl e Uil.
Nata nel 1992, la Cub dichiara 656 mila iscritti e nel pubblico impiego, con le Rdb (75 mila tesserati), è ammessa alla contrattazione in quasi tutti i comparti, avendo superato la soglia di rappresentatività del 5% prevista dalla legge. Alla Cub appartengono anche la Fmlu, il sindacato dei metalmeccanici fondato nel 1990 dall’ex cislino Piergiorgio Tiboni (20 mila iscritti), la Flaica (28 mila tessere nella grande distribuzione) e la Salca (1.200 bancari). E a dimostrazione di una effettiva consistenza la Cub ha ottenuto anche un seggio al Cnel, il parlamentino del lavoro, assegnatogli dal governo di centrosinistra capeggiato da Massimo D’Alema. A comporre la galassia dei sindacati di base concorrono poi molte altre sigle. Dai Cobas, creati da Piero Bernocchi, che vantano 30 mila iscritti nella scuola, al SinCobas (nato nel 1996 alla Fiat, dichiara 50 mila iscritti), dalla Gilda (40 mila insegnanti) all’Orsa, nel quale è confluito il Comu, il coordinamento dei macchinisti uniti, fondato nel 1989 dall’ex cgiellino, Ezio Gallori, che mise in ginocchio le Fs con 27 scioperi prima di essere ammesso al tavolo di contrattazione e che è tuttora decisivo nella categoria, al Sult (ex Sulta), forte di 10 mila iscritti tra assistenti di volo e autoferrotranvieri.
La pratica degli scioperi selvaggi con i quali i cobas si fecero notare portò alla legge 146 del 1990 sulla regolamentazione dello sciopero dei servizi pubblici essenziali. Poi, con la legge sulle elezioni delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) nel pubblico impiego, si tentò ancora di circoscrivere il fenomeno. Che però, sia pure largamente minoritario (Cgil, Cisl e Uil vantano 11 milioni di iscritti, anche se la metà sono pensionati), resta vitale. Una spina nel fianco delle tre confederazioni, che ricorda loro l’importanza di non perdere il contatto con la base. Tanto che adesso anche la Cisl, finora restia, è pronta a una svolta per estendere il modello del pubblico impiego (elezioni delle rappresentanze sindacali aperte a tutte le sigle) anche al settore privato. «Ma prima per via negoziale e, solo dopo, con una eventuale legge di sostegno», precisa il segretario confederale, Giorgio Santini. L’occasione potrebbe essere il rinnovo dell’accordo del luglio ’93, che conteneva il modello contrattuale e il sistema di elezione delle rappresentanze sindacali (di fatto chiuso a Cgil, Cisl e Uil). Le tre confederazioni affronteranno il tema con la Confindustria di Luca Cordero di Montezemolo. Prima che a farlo sia il Parlamento, dove giacciono progetti di legge della Lega e delle altre forze del Polo, per nulla graditi dal sindacato.




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povero picci badante Wednesday, May. 05, 2004 at 7:45 AM
Seminatori di zizzania RedWebMaster Wednesday, May. 05, 2004 at 7:14 AM
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