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Per comprendere perchè la lotta di Paolo Dorigo è la lotta di tutti..
by Gb Thursday, May. 20, 2004 at 1:50 PM mail:

Per comprendere i fatti odierni riguardanti il compagno Paolo Dorigo si deve risalire alla sua storia di artista, intellettuale e lavoratore che, nel suo curriculum, indica come obiettivi: documentare l'irrisorieta' di certe ricostruzioni di comodo dell'apparato, tese all'annientamento di un prigioniero comunista.

Tantissimi giovani possono identificarsi nel suo percorso sociale e
politico: negli anni '70, da studente a Venezia, svolge militanza ed
attivita' redazionale come corrispondente locale di Lotta Continua, nelle
organizzazioni dell'Autonomia Operaia, nel Movimento del proletariato
giovanile e studentesco del '77, partecipando a scontri di piazza ed azioni
antifasciste di massa in diverse citta', fra cui la grande Manifestazione
nazionale del 12.3.77 a Roma (attacco allo Stato) di 70.000 giovani
proletari e comunisti, attivita' giornalistica a radio Sherwood di Venezia
e Mestre, curando rassegne stampa e trasmissioni sulle carceri speciali,
oltre che servizi sulle lotte studentesche ed operaie.

Ecco perche' la sua lotta e' la lotta di tutti noi.

Ma di quel periodo, e a seguire, Paolo racconta nel suo scritto titolato
"Controinchiesta su un'operazione di controllo mentale totale e di
annientamento psico-fisico del XXI secolo nelle carceri italiane"(V
Edizione), i fastidi sociali causati da cattiva interpretazione del diritto.


"Ad anni 18 mi dà fastidio leggere tra gli atti processuali del primo
processo, una relazione di un sincero psicoterapeuta che confonde la
relazione di sintesi della persona, con lo spiattellare i cazzi personali di
un minorenne intervistato in carcere, allo scopo sicuramente onesto di
contribuire al bene dello stesso.

ad anni 18 mi dà fastidio sentirmi rinfacciare scarsa "riconoscenza" dal
padrone di una tipografia industriale ove lavoravo per 6 mesi a part-time
come operaio guadagnando 145.000 lire al mese, che dopo 6 mesi sono stato
capace solo di sobillare gli operai contro i capireparto e contro lui
stesso, mentre in realtà mi sono limitato a lavorare, socializzare e
partecipare a riunioni sindacali settimanali restando con i compagni di
lavoro fino alla tarda sera ogni venerdì.

ad anni 25, durante un periodo di 10 mesi di isolamento carcerario in una
sezione nella quale potevo godere del braccetto chiuso 24 ore al giorno e
delle finestre a bocca di lupo senza possibilità di mettere le mani fuori
dalla finestra, denuncio un piccolo fastidio al cuore, che poi diviene
"patologia depressiva grave" (dopo che questo trattamento mi aveva un po'
rotto le palle ma niente di più perché mia morosa e compagna mi veniva a
trovare 4 volte al mese) con problemi "formativi, adolescenziali" e
minchiate varie, allorquando si rende necessaria una soluzione indolore dopo
le numerose manifestazioni in nostro sostegno, agli inquisitori che hanno
bisogno di liberarsi di una montatura che gli esplode tra le mani,
scarcerando quindi di conseguenza tutti i 20 imputati che poi, come altri
16 prosciolti in istruttoria, saranno assolti nel 1991. Mi darà però
fastidio leggere, tra le carte del processo, telefonate del tutto personali
e relazioni psichiatriche allucinanti che tuttavia, nella perizia del
Tribunale, sostengono che posso comunque restare in quelle condizioni
detentive senza problema. Durante questo periodo, posso leggere con una
bella lampadina da 25 W e ho la fortuna di potermi autoasportare con un
tagliaunghie, un pezzo di filo emostatico rimasto nel dito dove mi era
cresciuto un granuloma, senza che né dermatologi, né radiografie né
chirurghi arrivassero a dedurre una tale ridicola ma fastidiosa presenza.

ad anni 27, nel bel mezzo della vita lavorativa, vengo detenuto per altri 2
anni e poi assolto dopo altri 2.

ad anni 32 per scavallarmi da un contratto di lavoro con una ditta
rompicoglioni che mi pretende "a disposizione" 5 giorni al mese per
2.000.000 al mese ma non continuativi come previsto, mi reco per la prima e
unica volta da libero in vita mia, da uno psicoterapeuta cui spiego che
lavorare a pezzettini mi stressa e fa una carta per questa ditta che riesco
così a "scavallarmi" senza penali. Così ci sarà un ulteriore precedente per
affermare la mia congenita "depressione", cosa che rivendico con altra
parola, sentimento di sensibilità.

ad anni 34, mi crea una patologia da persecuzione il fatto che allo stesso
infame che ha fatto arrestare me e una compagna a cui volevo bene e altri
due compagni, venga dato lo spazio per calunniare sulla stampa col
beneplacito del pm, la cui moglie vengo poi a sapere che lavora nello stesso
studio avvocatizio di una piccola bastarda città dove lavora l'avvocato di
questo pentito, titolare il suo padre di questo, tanto che nel 97 questo poi
si trasferirà a Treviso come gip per incompatibilità territoriale con la
sede pordenonese.

ad anni 35, detenuto da un anno, mi dà fastidio venire ad apprendere da un
avvocato pirla per sua dimenticanza di una fotocopia bollata di un
documento, il Tribunale di Roma ha negato il riconoscimento della
riparazione per una ingiusta detenzione, col che perdo 90.000.000.

ad anni 37 o poco meno mi infastidisce che 15 lettere, in partenza ed in
arrivo, non arrivino a destinazione nel carcere di Novara, e che finanche
una raccomandata faccia la stessa fine. Mi dà fastidio anche che su questa
base, anziché tornare coi compagni, mi spediscano col torto, ad Opera,
anche se dopo due anni una sentenza di condanna ad una guardia mi darà
ragione (4.12.1998).

Ad anni 37 e mezzo mi secca venire licenziato dalla Spes di Opera perdendo
uno stipendio fisso di 1.400.000 lire al mese, dopo neanche due mesi, a
causa del fatto che voglio fare solo il tecnico con la scusa del comandante
del carcere che avevo utilizzato i macchinari della Spes per stampare una
ventina di fogli di una raccolta firme per "aizzare" i detenuti contro la
direzione del carcere e con la scusa legale che non c'era ancora l'
assunzione e che non avevano più bisogno del mio lavoro. In cambio ci
guadagno un "colpo della strega" con conseguente ernia che ancora mi porto
dietro, a causa di un'attività di facchinaggio per la quale non ero stato
assunto.

Ad anni 40 mi dà fastidio venir chiuso da un'attività lavorativa autogestita
grazie ad una lettera anonima di chissà chi usata da un ispettore per dire
che avevo intenzione di fare danni nella sezione in cui stavo da 2 anni;
successivamente mi farà incazzare leggere l'ennesima relazione di un
direttore che afferma che "non ha prodotto nulla" in un anno e mezzo, mentre
avevo realizzato ben 4 cdrom di cui uno è stato messo in vendita dentro il
Politecnico di Milano come dispense di sostegno allo studio, ed un altro è
stato lodato in una conferenza pubblica per il 90° compleanno di un pittore
antifascista di avanguardia noto in tutto il mondo.

Ad anni 41 mi fa specie che dopo 4 anni e mezzo mi si ricordi dalla
direttrice sanitaria di un nuovo carcere ove faccio ingresso, che ho avuto
una crisi depressiva, come mi sento, e qua e là, come se fossi uscito dall'
ospedale il giorno prima.

Ad anni 43 mi fa più che orrore che si possa chiudere gli occhi sulle
persecuzioni delle guardie contro una persona scomoda e difficile da
controllare e che si ponga invece l'attenzione su questa persona come degna
di analisi criminale, quando giuridicamente sul piano del diritto
internazionale ed interno è ancora "innocente", sbattendola in "osservazione
psichiatrica" per aver dato a due gaglioffi quel che si meritavano da molto
tempo, anziché fermarsi un attimo a riflettere su come mai una persona che
non aveva mai aggredito in 12 anni di detenzione alcun poliziotto, in due
mesi ne aveva aggrediti 3. Mi secca anche che lo psichiatra di "parte",
anziché arrivare a Livorno dove gli dico di essere stato vittima di due
pestaggi dalle guardie e parlarmi a lungo di cosa abbia originato questa
situazione, metta insieme quattro appunti e dopo 20 minuti mi porga la sua
manina, per leggere poi che avrei avuto chissà che problemi di relazioni
sociali ed ambientali sin da ragazzo, cosa che è completamente fuori da
qualsiasi dato storico della mia vita.

In generale quello che non riesco ad apprezzare è non solo l'esistenza di
troppe cimici e radio a Galena che dir si voglia, di troppe antenne e di
carichi magnetici, ma anche di "radio carceri" che sono spessissimo il
terminale delle chiacchiere infami delle più luride canaglie di regime,
ufficiosamente gestite dai vari apparati investigativi polizieschi e dei
servizi, interni ed esterni alle carceri. Penso che il miglior carcere sia
quello raso al suolo, ma non per questo ritengo che chi vive in carcere
debba subire passivamente le provocazioni più pazzesche per il solo fatto di
pensarla con la sua testa."



Paolo Dorigo
V. Maiano 10
06049 Spoleto (PG)

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