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Geografie del desiderio
by R.I.S.S.A. Sunday, Jul. 18, 2004 at 4:44 PM mail: rissa@bastardi.net 

Opuscolo di discussione sulla necessita' di un centro sociale occupato nella provincia di Napoli

Geografie del deside...
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L’idea era quella di un’inchiesta. Un’inchiesta sugli spazi abbandonati della zona vesuviana.

L’idea era quella di trovare spazi abbandonati, fotografarli, fare delle ricerche per sapere proprietà, uso passato, uso futuro.

L’idea era quella di passare in rassegna tutte le strutture abbandonate della nostra zona: ex officine, ex fabbriche, ville vesuviane, vecchie case, strutture pubbliche abbandonate.

A causa dell'esiguità da parte nostra di mezzi e della non sempre facile accessibilità ai documenti pubblici, la nostra ricerca è risultata limitata sia per quanto concerne gli spazi visti e fotografati (che concernono prevalentemente Portici e Torre del Greco, ed Ercolano) sia per ciò che riguarda la “storia” delle varie strutture, almeno per ora

Quello che ne è uscito è questo opuscolo.

Che comunque mette ben in luce una realtà di degrado e abbandono, di posti morti al buio della solitudine e dell’eroina, lasciati allo sciacallaggio e all’immondizia, paradiso di speculatori dalla mano mafiosa.

Dei non luoghi. O forse dei luoghi dimenticati senza neppure un po’ di pudore.

Insomma quello che ne è uscito è quest’opuscolo dei non luoghi.

Che non è un’inchiesta, ma lo potrà diventare.
R.I.S.S.A.

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R.I.S.S.A. nasce da questa esigenza. Strappare l’inutilità da quei non-luoghi, creare dei luoghi autonomi positivi e propositivi di vita sul territorio, liberare le potenzialità insite nella fusione tra spazio e uomo, liberare dei luoghi per liberare le nostre energie, per dare spazio alla creatività, per agire nel sociale, coinvolgersi e rendersi protagonisti della propria vita, creare sinergie costruttive tra individui e idee: in primis tra chi più subisce le violenze del capitalismo.

Un po’ ovunque nella zona vesuviana (da Portici a Torre del Greco, da San Giorgio a Cremano a Ercolano e ancora oltre), a vacue promesse di riaperture di spazi pubblici e di creazioni di centri sociali comunali, sono seguite solo grandi speculazioni e creazioni di ulteriori spazi istituzionali praticamente inaccessibili alla popolazione. Basti vedere a tal proposito la sorte destinata all’ex cinema Capitol a Portici, già anni fa oggetto di un occupazione temporanea che testimoniava l’allora e attuale insofferenza per la totale indifferenza delle istituzioni di fronte alle esigenze di aggregazione sociale dei paesi vesuviani, “emigrati” inevitabilmente verso Napoli e i suoi luoghi di aggregazione (le “gabbie” pubbliche, cioè le varie piazze napoletane, e le situazioni alternative dell’autorganizzazione e dell’autonomia, come il csoa officina99, lo studentato occupato TNT, il L.O.SKA, per citare quelli storici).

Di fronte a ciò, decine di strutture pubbliche abbandonate.

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Il Miglio d’Oro

Le aree interessate dalla nostra piccola ricerca sono tutte site nell’area geografica del Miglio d’Oro.

Il Miglio d’Oro è quel tratto di strada che da san Giovanni a Teduccio porta fino a Torre del Greco, attraverso Portici ed Ercolano, così detto per le caratteristiche e numerose Ville vesuviane, residenze estive del re e dei nobili di corte, costruite intorno al 1700.

Oggi quelle splendide ville settecentesche sono, tranne qualche eccezione, anch’esse nello stato di abbandono totale.
Mentre istituzioni varie avviano il recupero di alcune delle ville vesuviane in questione, anche tramite cessione o vendita a privati (come il progetto di costruzione di un albergo nella splendida quanto abbandonata a sé stessa villa de l’Elboeuf a Portici, di cui sono invece in vendita singoli appartamenti), ma più in generale per questioni inerenti lo sviluppo di un turismo forte nella zona del Miglio d’Oro, non vi sono occhi per guardare verso il recupero di altre aree pubbliche, magari non direttamente “utili” al turismo in fieri, ma che risolverebbero le svariate esigenze presenti sul territorio: casa, lavoro, spazi di socialità liberata, servizi sociali per precari, disoccupati, poveri, immigrati.

È su questo parallelismo che vorremmo giocare: da un lato le antiche, maestose, splendide, ma anche “turistiche” dunque fruttuose, dunque “recuperabili” ville del Miglio d’Oro, dall’altro il degrado di officine, fabbriche, strutture, magari pure antiche, ma assolutamente non fruttuose, dunque “irrecuperabili”, povere e lasciate nell’abbandono e nel degrado, zavorra e più spesso paradisi speculativi delle amministrazioni comunali.

L’ex-biblioteca comunale di Torre del Greco, l’area ex officine Fiore tra Ercolano e Portici e l’area ex-Kerasav di Portici ne sono alcuni esempi.

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L’area ex officine Fiore (Ercolano - Portici)

Il gruppo industriale "Fiore" è sorto alla periferia di Napoli nel 1920 come industria operante nel campo delle costruzioni in legno, e ne ha seguito, via via, la trasformazione in azienda metalmeccanica.
Le Officine Fiore, e la consociata S.p.A. Officine Meccaniche Casertane, erano stabilimenti specializzati, oltre che nel settore del materiale ferroviario, anche nel campo degli automezzi ruotati e cingolati. Il Gruppo Fiore aveva interessi operativi anche nel settore delle costruzioni edili.
Dopo la dismissione, anche a causa della presenza di amianto nelle strutture, l’area in questione, sita tra Ercolano e Portici, con entrata in via Arturo Consiglio a Ercolano e ampi passaggi verso il mare del Granatello, è stata abbandonata al degrado, a cumuli di macerie e rifiuti, scarafaggi e siringhe.
In un primo momento, l’area è stata nel mirino di svariati comuni della zona vesuviana, tra cui quelli del Miglio d’Oro, che, nel 1991, hanno avanzato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Ambiente, al ministro degli Interni e al ministro della Sanità, in cui si proponeva l’acquisto dell’area per far fronte all’emergenza rifiuti che interessava (e interessa) la zona.
In un secondo momento, le ex officine Fiore sono state acquistate dall’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con l’intenzione di dislocarvi la Facoltà di Agraria dall’attuale ubicazione, la Reggia di Portici. Inoltre, nel piano triennale 2003/2005 del CNR, nella sezione dedicata al Piano Gestionale, le ex officine Fiore sono individuate come ottimali per la creazione del Polo Agrario del CNR, proprio in quanto proprietà dell’università che ne concede l’usufrutto parziale, previa ristrutturazione dei fabbricati esistenti.
In effetti sia i capannoni centrali che quelli laterali, oltre alle rivestiture in eternit, presentano gravi fratture sulle mura portanti e sull’estradosso della copertura superiore, e nelle stesse condizioni si trovano il fabbricato adiacente ai capannoni centrali e le palazzine che contornano l’area, tra cui la vecchia mensa e i bagni.

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L’area ex-Kerasav (Portici)

La KE.RA.SAV fu impiantata a Portici nel 1952, nella zona superiore del comune a confine con Ercolano, su una superficie pari a circa 4800 mq. Il complesso sorse in prossimità di preesistenti strutture tardo ottocentesche che furono inglobate all’interno dell’area in questione. Lo stabilimento si dedicò in un primo momento alla poligrafica e carte valori per alcuni Stati africani ma successivamente il settore fu distaccato altrove. In un secondo momento si interessò alla lavorazione della ceramica, ed a tale periodo si può far risalire l’ampliamento relativo ai padiglioni retrostanti l’edificio in muratura portante. Da quel momento in poi tutte le risorse vennero impiegate nel campo della ceramica, con la produzione di pavimenti e rivestimenti interni con decorazioni a mano, monocottura per esterni, clinker e mosaico ceramico.
Nel periodo di piena attività la fabbrica impiegava 755 unità lavorative con una produzione totale giornaliera di circa 3500 mq, tra pavimenti e rivestimenti che venivano esportati soprattutto all’estero. La fabbrica iniziò ad andare in crisi a partire dal 1969-70, con l’insorgere a Sassuolo (MO) di grosse industrie per la produzione della ceramica che si inseriscono sul mercato internazionale a prezzo concorrenziali. La KE.RA.SAV., salvata da un finanziamento governativo del 1972, fallì definitivamente nel 1978. Oggi fa parte del patrimonio comunale di Portici.

Lo stabilimento era formato da tre grossi capannoni, di cui due utilizzati per la produzione, e uno come magazzino mentre l’edificio preesistente fu adibito a sede per gli uffici.

Nei primi anni del 2000, il comune di Portici, neoproprietario della struttura, ha compiuto una gara d'appalto al fine di attivare una bonifica di una parte della struttura per eliminare l'amianto presente sui tetti di alcuni dei capannoni. La gara d'appalto è stata espletata con l'individuazione come appaltatario di una società ecologica specializzata nell'eliminazione di sostanze nocive (l'Ecologia Bruscino s.r.l. di San Vitaliano).
E' stata inoltre effettuata un'ulteriore bonifica al fine di eliminare 200 litri di olio combustibile da alcune vasche presenti in uno dei capannoni.
Per accertare le avvenute bonifiche è stata anche eseguita un'ispezione a cura di consulenti delegati della Procura della Repubblica. I risultati delle bonifiche sono ignoti e da verificare.

Attualmente uno dei locali preposti alla produzione si presenta in un discreto stato si conservazione poiché la copertura a volta in travature di cemento armato precompresso è rimasta integra; diversa sorte è toccata al secondo padiglione che è molto degradato ed ha perduto quasi interamente l’estradosso della copertura a volta ribassata lasciando a vista la capriata metallica che costituisce e lo scheletro portante della struttura. Il locale adibito a magazzino è in piccola parte stato riutilizzato dal vicino Istituto Antoniano, a differenza dell’edificio ottocentesco che risulta completamente abbandonato anche se in un’accettabile stato di conservazione.

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L’ex biblioteca comunale di Torre del Greco

L'edificio, situato alle spalle della villa comunale, fu concesso in gestione nella prima metà degli anni '90 dalla Provincia di Napoli al comune di Torre del Greco che ne fece una biblioteca-emeroteca, funzionante a singhiozzo per alcuni anni.
Nel 1998, la regione Campania è entrata in possesso dello stabile diviso in due livelli con un'estensione di 500 mq per uno. Nel secondo livello è presente un anfiteatro a cielo aperto.
Nel 2001 è stato oggetto di ristrutturazione e da allora non se ne conosce la destinazione d'uso né per progetti privati né per progetti pubblici se non quella di (generici?) uffici della regione.

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All’indifferenza verso queste strutture, è corrisposta anche, e fortunatamente, l’esigenza di organizzarsi per soddisfare tale bisogno: associazioni varie, organizzazioni partitiche, collettivi autorganizzati, compagni singoli.

R.I.S.S.A. nasce proprio in questo contesto.

R.I.S.S.A. è una rete di soggetti individuali e collettivi e si propone come centro di aggregazione socioculturale e di produzione politica che, sulla base dell’autorganizzazione, dell’antifascismo e dell’anticapitalismo, ha deciso di concentrare le proprie lotte nella liberazione di uno spazio in zona vesuviana, nel nostro locale e nel nostro quotidiano.

Abbiamo più identità, nessuna preconfezionata: affidiamo alla partecipazione diretta, alla narrazione di percorsi di ognuno, la possibilità di coinvolgere ed essere coinvolti.
Vogliamo stimolare forme di riappropriazione e protagonismo nei nostri comuni e nelle nostre città, nelle strade e nelle piazze dove si colloca la spontaneità delle relazioni sociali.
Intendiamo promuovere un percorso di lotte per il diritto alla socialità, alla cultura, alla libera circolazione, ma anche alla casa, agli spazi sociali, al lavoro ed ad ogni altra necessità che questa provincia manifesta: un percorso sostenuto dalla partecipazione reale e diretta di ognuno finalizzato al soddisfacimento dei nostri bisogni.

R.I.S.S.A. è un progetto di occupazione nel sociale.
Forse parziale, colla consapevolezza che il protagonismo pretende ad ogni momento l’instaurazione di relazioni sociali e politiche positive e aperte alle esigenze territoriali.

Allo stesso tempo R.I.S.S.A. è un progetto di occupazione del sociale.
Nel senso che siamo noi stessi parte del sociale e, in quanto tali, legittimati a liberare uno spazio e a gestirlo in base alle nostre esigenze e pratiche di vita, nel rispetto che pretendiamo in misura eguale delle diversità e delle critiche.

La chiusura delle piazze, la recinzione dei parchi, la riduzione di queste a elementi di banale arredo urbano piuttosto che la loro valorizzazione in quanto luoghi naturali delle relazioni sociali, ma pure la presenza pressante di telecamere e forze dell'ordine sono parte del più ampio contesto di controllo
sociale e repressione del dissenso.

Ci schieriamo contro l’esclusione e l’abbandono, contro il controllo e la repressione, contro le speculazioni politico/mafiose, contro la mercificazione dei nostri luoghi pubblici di socialità e lo facciamo mettendo in campo progetti che sperimentano alternative alle forme mercificate, vuote e selettive del capitalismo, imposte come le uniche possibili.

Quello cui vogliamo opporci è un progetto, ormai generalizzato, di trasformazione urbanistica teso a trasformare le città in luoghi idonei alla mercificazione di ogni comportamento sociale: una politica che al bisogno della socialità risponde con la chiusura dei luoghi pubblici e con la tutela dei soli luoghi privati il cui unico intento è l'utilizzo economico dell'individuo inteso unicamente come consumatore.

Ai loro progetti opponiamo le nostre azioni, i metodi dell' autogestione, la pratica delle occupazioni.

Per scardinare la natura stessa di questo sistema che fonda la sua forza sulla speculazione, sull’esclusione e sullo sfruttamento, chiamiamo in causa il protagonismo e l’autorganizzazione, e ci rivolgiamo a tutti i soggetti e gruppi presenti sul nostro territorio che intendono partecipare a questo percorso e che vedano nell’intervento diretto sulle scelte che riguardano le proprie vite, la strada per costruire le condizioni per il mutamento radicale di questa società.

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by R.I.S.S.A. Sunday, Jul. 18, 2004 at 4:44 PM mail: rissa@bastardi.net 

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