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APPELLO DI "UN PONTE PER..."
by UN PONTE PER... Wednesday, Sep. 08, 2004 at 3:39 PM mail:  

APPELLO DI "UN PONTE PER..."

Noi, movimento italiano per la pace, fratelli e sorelle di Simona Pari
e di Simona Torretta, operatrici di pace in Iraq, chiediamo alle
persone che le detengono insieme ai due operatori iracheni, Ra'ad Ali'
Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam, di liberarli subito. Vi chiediamo di considerare
quanto danno state provocando alla causa della pace e a quella del
popolo iracheno.

Come ha scritto l'Unione delle comunita' islamiche in Italia,
"testimoniate coscienza di un debito di riconoscenza nei confronti di coloro che
hanno condiviso la sofferenza del popolo iracheno negli anni
dell'embargo, che sono rimasti nel paese quando dal cielo piovevano le bombe, che
non l'hanno abbandonato neanche in questi mesi orribili di confusione e
violenza".

Vi chiediamo di non spezzare il filo di solidarieta' che, nonostante e
contro l'embargo prima e la guerra poi, nonostante e contro le scelte
del nostro governo, persone come le nostre sorelle hanno mantenuto
tenacemente e coraggiosamente, ad esempio rifornendo di acqua la popolazione
assediata di Falluja e Najaf.

"Un ponte per", la loro Ong, insieme a centinaia di organizzazioni
sociali e politiche del nostro paese, ha organizzato gigantesche
manifestazioni a favore della pace e per il ritiro delle truppe straniere
dall'Iraq, e ha cercato di non abbandonare gli iracheni all'arbitrio
dell'occupazione militare.

In nome di questa lotta e della verita', vi scongiuriamo: liberateli
subito.

Al popolo iracheno e a tutti gli amanti della pace nel mondo, e in
Italia, chiediamo di aiutarci nel tentativo di salvare la vita di Simona
Pari, di Simona Torretta, di Ra'ad Ali' Abdul-Aziz, di Mahnaz Bassam.
Erano a Baghdad a nome di tutti noi. Nella loro prigione siamo anche noi,
oggi.

La loro liberazione sarebbe uno spiraglio di luce nel buio della
violenza. Ancora in queste ore, in molte citta' irachene, la guerra miete
vittime innocenti. Percio' continuiamo a chiedere con fermezza che
tacciano le armi, che termini l'occupazione.

Ogni forma di mobilitazione, di pressione, gli appelli e le fiaccolate,
i messaggi ai rispettivi governi sono i mezzi di cui disponiamo, noi
popolo della pace. Usiamoli tutti, adesso.

Al movimento italiano chiediamo di scendere in piazza, in ogni citta',
da subito, con i colori dell'arcobaleno e nel nome delle nostre sorelle
e dei nostri fratelli sequestrati in Iraq.

Il Comitato italiano Fermiamo la guerra, organizzatore delle marce del
15 febbraio 2003 e del 20 marzo 2004
Un ponte per Baghdad

----------

IRAQ, SEQUESTRI MIRATI

Il sequestro dei volontari del Ponte per Bagdad aggiunge un ulteriore
drammatico tassello all’escalation della situazione in Iraq. Il Ponte e'
una delle organizzazioni non governative presenti in Iraq da piu'
tempo. Si era adoperata contro l’embargo che ha decimato per piu' di un
decennio la popolazione irachena, ha in campo progetti di solidarieta' da
tredici anni e si e' sempre schierata apertamente contro la guerra.

Chi, dunque, ha ideato, guidato ed organizzato il commando che e'
penetrato direttamente e non casualmente nella sede del Ponte a Bagdad e ne
ha sequestrato i volontari? Questo sequestro, come quelli appena
precedenti del giornalista pacifista Baldoni - barbaramente ucciso insieme al
suo interprete - e di due giornalisti francesi - cioe' di un paese
schierato contro la guerra e che non partecipa all’occupazione militare del
paese-sono sequestri diversi da quelli precedenti. Lo sono negli
obiettivi e nella pratica.

Lo scenario appare infatti piu' simile al modello degli squadroni della
morte latinoamericani che conducono la guerra sporca al fianco di
quella convenzionale condotta dagli eserciti. Il loro obiettivo e' di fare
la terra bruciata intorno alle ragioni della resistenza colpendo i
testimoni scomodi, i giornalisti o attivisti schierati contro la guerra.
Queste cose non le insegnano nelle moschee ma nelle scuole antiguerriglia
negli Stati Uniti.

In secondo luogo, il fatto che ad essere colpiti non siano piu' i
mercenari o chi collabora con l’occupazione ma chi, in modi diversi, questa
occupazione la critica o vi si oppone, dovrebbe servire a fare anche
qui terra bruciata intorno alle ragioni di chi ha avversato la guerra
dimostrando che il nemico non fa distinzioni. Dunque tanto varrebbe
stringersi intorno alla campagna militare della coalizione
anglo-americana-italiana e lasciarsi cooptare nella crociata antiterrorista di Bush,
Blair e Berlusconi. I partiti dell’opposizione farebbero bene ad evitare di
cadere in questa trappola.

Eppure, proprio in queste ore di angoscia per la sorte di ostaggi a noi
sicuramente piu' vicini dei mercenari sequestrati alcuni mesi fa,
dobbiamo avere il coraggio di riaffermare alcune cose molto precise:

- L’imbarbarimento del conflitto tra occupanti e resistenza in
Iraq e' la conseguenza e non la causa della guerra e dell’intervento
militare della coalizione anglo-americana-italiana;

- Gli ultimi sequestri sembrano avere una regia piu' interna e
funzionale alle forze che sostengono il governo fantoccio iracheno
piuttosto che ai gruppi islamici che vi si oppongono;

- Il ritiro immediato delle truppe e la fine della complicita'
italiana con l’occupazione dell’Iraq non sono un cedimento al ricatto
del terrorismo ma l’unica, ragionevole e dignitosa via d’uscita da una
guerra illegale e criminale che ne espone tutto il paese alle
conseguenze;

- Il governo italiano, questa volta, deve sentire forte il
fiato sul collo per impedire il criminale disimpegno che c’e' stato nel
caso del sequestro e dell’uccisione di Baldoni, un caso che ha rivelato
una compromissione della Croce Rossa con i servizi segreti che ne ha
minato neutralita' e credibilita' e la latitanza della diplomazia italiana
con l’ambasciatore in Iraq che se ne andava in vacanza mentre un
cittadino italiano veniva sequestrato.

Sulla richiesta del ritiro delle truppe e dell’attivazione di tutti i
mezzi politici e diplomatici tesi ad ottenere il rilascio degli ostaggi
del Ponte per Bagdad, dobbiamo mettere in campo una mobilitazione
permanente e decisa che non lasci spazio alle ambiguita' del governo e alla
sua complicita' con una guerra ingiusta ed una occupazione che
incentiva la barbarie.

Editoriale di Radio Citta' Aperta 8 settembre 2004

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