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[Bergamo] Una scuola sotto strettissima sorveglianza
by dal manifesto Tuesday, Sep. 14, 2004 at 9:31 AM mail:  

Telecamere accese 24 ore su 24 per controllare gli alunni. Il preside: «Potrebbero chiacchierare nei corridoi». La videosorveglianza non esclude i bagni, e comprende anche docenti e bidelli. Il garante della Privacy: «Situazione illegale».

Ventiquattro telecamere in funzione 24 ore su 24. Nelle aule, nei corridoi, per le scale, all'ingresso dei bagni. In barba alla privacy e allo Statuto dei lavoratori. A beneficiare del discreto dono non sarà un carcere di massima sorveglianza ma l'Istituto Capitanio di Bergamo, un complesso scolastico parificato che accorpa classi di ogni ordine e grado anche se a godere di tanta amorevole attenzione saranno, per il momento, solo gli alunni delle elementari e delle medie.

A darne il trionfalistico annuncio è stato lo stesso preside della scuola, Giovanni Quartini: «Sarà un ottimo deterrente per chi, magari con la scusa di andare in bagno, ne approfitta per chiacchierare nei corridoi o fare scherzi ai compagni». Reati evidentemente considerati gravissimi da un dirigente scolastico sin troppo «protettivo» o da chi per lui - magari il consiglio dei docenti - ha varato il provvedimento.

Una decisione, quella del Capitanio di Bergamo, che viola decisamente le nuove norme in materia di videosorveglianza fissate e rese pubbliche - nel maggio scorso - dal Garante della Privacy. «Spero soltanto - commenta Mauro Paissan, membro dell'Autorità Garante insieme a Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello e Gaetano Rasi - che le notizie di agenzie siano esagerate. Se il progetto di videosorveglianza fosse esattamente così come viene raccontato ci troveremmo di fronte alla violazione di molti dei principi generali che tutelano la privacy: come la liceità, la necessità e la proporzionalità. Prima di installare un impianto di questo tipo occorre valutare se la sua utilizzazione sia realmente proporzionata agli scopi perseguiti o se non sia invece superflua. Altrimenti è come decidere di sganciare l'atomica per uccidere un moscerino».

E nel caso del Capitanio, il fine - impedire le chiacchiere dei bambini nei corridoi - appare decisamente superiore al mezzo usato. Un sistema capillare di controllo per giustificare il quale non si fa nemmeno ricorso a presunti atti vandalistici, episodi di pedofilia o spaccio di stupefacenti.

Del resto, neanche eventi come questi - in base alle regole del Garante - legittimerebbero l'uso di telecamere interne e a circuito continuo. In particolare - nel caso degli istituti scolastici - eventuali sistemi di video controllo, sono ammessi «in casi di stretta indispensabilità, circoscritti alle sole aree interessate ed attivati negli orari di chiusura». Per non parlare della dovuta delicatezza con cui i dati sui minori dovrebbero essere trattati.

Quanto al sacrosanto e riconosciuto diritto dello studente alla riservatezza si tratta evidentemente - per l'esaltato preside bergamasco - di questione di poco conto. Così come in minima considerazione sembra essere tenuto anche il divieto - sancito dallo Statuto dei lavoratori - di controlli a distanza. Bambini, docenti, bidelli, personale tecnico-amministrativo: da domani nessuno di loro avrà più un attimo di tregua.

Così come non hanno un attimo di tregua - dall'aprile del 2002 - tutti i cittadini di Bergamo costretti a sorridere davanti alle 61 telecamere disposte in ogni angolo della città. «L'episodio del Capitanio - commenta Roberto Trussardi, consigliere comunale di Rifondazione comunista - è solo uno dei segnali del clima pseudosecuritario che respiriamo qui». Silvana Nespoli, assessora alla pubblica istruzione del comune di Bergamo, così commenta: «Sicuramente è un provvedimento che mi lascia perplessa soprattutto come educatrice poiché ho sempre pensato che educare alla responsabilità sia la cosa più importante. Credere che uno si comporti bene solo perché ci sono le telecamere mi sembra ingenuo». A questo punto si può solo sperare che qualche genitore si appelli all'ufficio del garante invitandolo a intervenire con un giudizio di merito o che lo stesso garante decida spontaneamente di agire.

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