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by a.i Monday, Oct. 11, 2004 at 4:18 PM mail:

ecco l'integrale del dibattito alla camera del 20 novembre 2003: il sottosegretario valentino (an) risponde a landolfi (an)...

L'integrale dell'esposizione dell'interpellanza del deputato di An, Mario Landolfi, e della risposta del sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino, nella seduta del 20 novembre 2003 della Camera dei Deputati, sull'argomento: "Pubblicazione in uno sito Internet di giudizi offensivi nei riguardi dei militari impegnati in Iraq"... Leggere ATTENTAMENTE la risposta del sottosegretario, specie per quel che riguarda l'informazione del procedimento avviato dalla Procura di Bologna su iniziativa della Polizia Postale e dell'eventualità di ROGATORIA INTERNAZIONALE PER INTERVENIRE SUL SERVER DI INDY! http://new.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed392/s260.htm http://new.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed392/s000r.htm


(Pubblicazione in un sito Internet di giudizi offensivi nei riguardi dei militari impegnati in Iraq - n. 2-00977)
PRESIDENTE. L'onorevole Landolfi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00977 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, questa interpellanza si riferisce al sito Internet italy.indymedia.org il quale, proprio nelle ore successive all'agguato di Nassiriya, pubblicava on line una serie di articoli, giudizi e prese di posizione a dir poco deliranti.
In particolare, sul portarle venivano espresse considerazioni contro la presenza dei nostri soldati impegnati nella missione internazionale di pace, si irrideva al sacrificio dei militari e dei civili morti nell'attentato in Iraq e si creavano artificiosi distinguo tra terrorismo ed una presunta resistenza irachena.
In poche parole, tutto quanto pubblicato sul sito relativamente agli atroci eventi di Nassiriya convergeva inequivocabilmente verso una tesi giustificazionista, se non addirittura assolutoria, nei confronti dei responsabili del massacro dei nostri connazionali.
Non siamo dunque, come tenterò di dimostrare nel prosieguo dell'illustrazione, di fronte ad un legittimo esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero, previsto e tutelato dall'articolo 21 della nostra Costituzione, ma ci troviamo di fronte ad una becera manifestazione di teppismo elettronico, che pone chi se ne rende autore e responsabile fuori dalla sensibilità dei cittadini italiani e delle istituzioni che li rappresentano.
Chi ha scritto e chi ha pubblicato gli articoli ed i giudizi che di qui a poco leggerò, non ha espresso considerazioni critiche o eretiche rispetto al sentimento comune dominante formatosi spontaneamente nelle coscienze degli italiani all'indomani dell'attentato di Nassiriya. Se così fosse, dovremmo non solo non criticare, ma addirittura tutelare tale forma di dissenso. Non siamo dunque in presenza di una diversa quanto legittima valutazione rispetto alla necessità di impegnare direttamente uomini, mezzi e risorse in un teatro di guerra.
No, qui c'è altro: qui c'è la volontaria e premeditata rivendicazione ideale, anzi ideologica, di un massacro. C'è un implicito inneggiare ad un terrorismo omicida, che abbiamo già sentito riecheggiare sinistramente nelle parole e nei documenti della brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce o in taluni interventi finalizzati a negare addirittura dignità umana ai martiri italiani. Non c'è una diversa sensibilità, c'è un'assenza totale di sensibilità verso un odioso eccidio che ha scosso in profondità i sentimenti dell'intero popolo italiano, al di là di steccati politici o ideologici.
La questione è molto seria. Il nostro paese ha già pagato duramente la sottovalutazione dei focolai della violenza verbale. Non è fuori luogo ricordare qui, alla Camera dei deputati, che all'inizio degli anni settanta non poche voci - cito per tutte quella del prefetto di Milano Libero Mazza - si levarono per dare l'allarme rispetto ad un'indefinita zona grigia che assumeva a volte un ruolo di fiancheggiamento del teppismo politico e altre volte ne rivendicava orgogliosamente la paternità.
La politica allora non se ne accorse e non capì che quella nebulosa sarebbe divenuta per un verso il serbatoio da cui avrebbe attinto il terrorismo e per un altro verso il brodo di coltura in cui sarebbero germogliati i teorici dell'equidistanza: né con lo Stato, né con le Brigate rosse. Negli anni settanta tutto ciò fu tollerato in ossequio alla teoria degli opposti estremismi e perché una classe dirigente tanto indulgente quanto pavida non se la sentì di competere sul terreno culturale con una poderosa ed aggressiva intellighènzia che nei salotti non faceva mistero di sognare il sovvertimento delle istituzioni e delle regole borghesi per l'avvento di una società senza classi.
Sappiamo come andò a finire: l'Italia visse una lunga stagione di guerra civile strisciante e pagò un tributo di sangue altissimo. Caddero semplici cittadini, servitori dello Stato, politici, sindacalisti, magistrati, carabinieri, poliziotti. La storia non si fa con i se, ma quante di queste persone sarebbero ancora in vita se le istituzioni dell'epoca avessero agito con diversa tempestività e determinazione? Poniamo tale interrogativo perché dobbiamo fare ammenda degli errori e delle incertezze di ieri, per agire con sicurezza oggi e per guardare con fiducia al domani.
A chi dovesse trovare eccentriche o esagerate queste considerazioni, è giusto rispondere citando qualche illuminante brano tratto dal sito indymedia: «Peccato che la realtà sia completamente all'opposto di come la presenti la borghesia. Prima di tutto, questi "bravi ragazzi" che sono andati in Iraq sono gli autori delle pagine più nere della violenza di Stato italiana negli ultimi anni. I carabinieri di stanza a Nassiriya sono tra quelli che "si distinsero" per i pestaggi e le torture durante la mobilitazione per il G8 di Genova nel 2001, fino ad uccidere il compagno Carlo Giuliani. E i militari sono di quell'esercito che ha compiuto bravate in mezzo mondo, dagli stupri alle torture in Somalia passando per gli atti di pedofilia in Mozambico, e poi nella ex Iugoslavia e in Afganistan».
Non c'è bisogno di alcun commento. Il senso del delirio elettronico è chiarissimo: cari militari, quanto alla morte, ve la siete cercata. E la morte è una giusta punizione per ciò che voi o quelli che hanno la vostra stessa divisa avete - secondo i teppisti internauti - fatto.
Una conferma che questa nostra interpretazione è giusta arriva da un successivo brano che si sofferma sul sacrificio dei martiri di Nassiriya che, secondo indymedia, sono mercenari sul libro paga dello Stato, morti in una guerra di resistenza. Nulla di più. Perché esprimere dolore per gli esecutori della volontà dello Stato imperialista? Pietà e solidarietà non esistono per gendarmi ed oppressori. L'appoggio ai guerriglieri arabi, ai feddayn, ai kamikaze che si battono per la liberazione dell'Iraq dev'essere incondizionato per tutti gli antimperialisti, perché la solidarietà internazionale per gli oppressi non si unirà mai a quella per gli aguzzini. Quindi, i nostri soldati impegnati in una missione internazionale di pace sono - per questi signori, per questi teppisti elettronici - aguzzini.
E ancora: quei morti valgono quanto migliaia di lavoratori morti sul lavoro? No. Non piangeremo né per i primi né per i secondi ma ci batteremo affinché spariscano eserciti e Stati e lotteremo con tutte le nostre forze per la liberazione di tutti gli oppressi e anche del popolo iracheno. Peccato non essersi accorti prima del popolo iracheno, quando era oppresso da un tiranno sanguinario che ha sterminato con il gas centinaia di migliaia di cittadini del suo stesso Stato. Questo ed altro si legge su indymedia. Naturalmente, abbiamo volutamente tralasciato di riportare frasi ed espressioni ingiuriose ed irriferibili: i militari italiani caduti per la pace diventano su quel sito elementi turpi, bersagli immobili sui quali scaricare l'odio ideologico per tutto ciò che rappresenta lo Stato, l'ordine civile, la legalità repubblicana.
Signor Presidente, onorevole sottosegretario, è opportuno ribadire che mai avremmo chiesto misure estreme nei confronti di una pubblicazione e, quindi, di un sito Internet se estrema non fosse stata la gravità delle affermazioni e dei giudizi espressi da questo stesso sito. Chiediamo simili misure anche alla luce di elementi che vanno ben oltre la cronaca degli ultimi giorni. Nel febbraio 2003 lo stesso sito mostrava nelle sue pagine web un riprovevole e sconcertante gioco: il gioco del kamikaze, un delirante videogame dal titolo Kaboom, the suicide bombing game. È un giochino - tra virgolette - innocente, grazie al quale si può vedere l'esplosione virtuale, ovviamente, di un kamikaze palestinese tra donne e bambini, in un paesaggio che riecheggia quello israeliano. Questo sito, non nuovo ad iniziative dai contenuti violenti, figura tra i numerosi link di svariati siti della sinistra parlamentare, dai Democratici di sinistra, ai Comunisti italiani, a Rifondazione comunista.
E non è finita. Sempre nello stesso periodo, sono stati pubblicati su indymedia suggerimenti tecnici per fermare i treni in corsa o per sabotare i binari ferroviari. Della serie: come passare dalle parole ai fatti. Si tratta di un vero e proprio manuale del sabotatore o, se si preferisce, dell'apprendista terrorista, in cui si legge - cito testualmente: collegare i binari con una sbarra di ferro o anche con una limatura di ferro bagnata per far durare di più l'effetto e far scattare il blocco automatico della linea con il semaforo rosso. Dopo l'uso del freno di emergenza su due treni, si possono trovare altri suggerimenti per il boicottaggio attivo delle linee ferroviarie. Oltre al collegamento dei due binari per segnalare al sistema un fittizio passaggio del treno, c'è anche chi suggerisce di spalmare le rotaie con del grasso, specialmente nei tratti in salita.
Follia? Oppure - come affermò improvvidamente un autorevolissimo esponente della sinistra socialista negli anni settanta, a proposito dell'effervescenza dei gruppuscoli extraparlamentari - siamo di fronte ad una palestra rivoluzionaria, che altro non è, se non l'anticamera della violenza più becera? È quello che dobbiamo capire oggi: quanto sia lungo il passo tra chi fornisce suggerimenti per il sabotaggio e chi scrive «sbirri morti» o «10, 100, 1000 Nassiriya».
Signor Presidente, onorevole sottosegretario, non siamo - e lo vogliamo ripetere - in presenza di una libera manifestazione del pensiero. Siamo di fronte ad una consapevole e, persino, rivendicata operazione di apologia di reato e di istigazione a delinquere. Non siamo nell'ambito della Costituzione: siamo nel recinto del codice penale. Per questo, onorevole sottosegretario, attraverso di lei chiediamo al Governo di agire con tempestività e determinazione, non arrivando ad escludere di oscurare il sito degli insulti e delle infamie rivolte ai ragazzi morti in divisa, ai nostri militari morti per la pace e per la patria (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo, naturalmente, condivide le espressioni censorie che in maniera così avvertita sono state pronunziate poc'anzi dall'onorevole Landolfi, il quale nel testo della risposta predisposta potrà rilevare come siano state avviate tutte quelle iniziative che sono doverose di fronte a fatti di tale gravità.
Il sito http://www.italy.indymedia.org, sul quale sono comparse nei giorni scorsi frasi volgari ed aggressive nei confronti delle Forze armate italiane, carabinieri ed alpini, costituisce un noto sito di cosiddetta «controinformazione», che accoglie notizie ed e-mail riguardanti le tematiche affrontate dai centri sociali, dalla estrema sinistra e dall'area dell'autonomia.
Il suddetto sito fa parte del network internazionale http://www.indymedia.org, la cui società di gestione è ubicata negli Stati Uniti d'America, nato nel 1999 a Seattle per documentare le manifestazioni di protesta tenutesi in occasione dello svolgimento in quella città della riunione dell'Organizzazione mondiale per il commercio. Il sito è registrato a nome della società IMC, mentre il sottosito italiano è registrato presso i server inglesi della società Rackspace Maged Hosting, a sua volta avente sede in San Antonio, negli Stati Uniti d'America.
Indymedia si definisce un network di media gestito collettivamente e comprende una rete di soggetti che lavorano nel mondo della comunicazione con lo scopo di diffondere un'informazione dei fatti asseritamente «obiettiva», lo dico tra virgolette, beninteso. Non è un'associazione e non ha sedi fisiche. Il materiale presente negli spazi offerti gratuitamente viene redatto da qualsiasi utente del network, mentre quello presente nella «colonna centrale» viene pubblicato dalle sole persone iscritte alle mailing list di Indymedia. Costoro partecipano, inoltre, ai meeting che si svolgono sui canali chat di IRC, internet relay chat.
Deve, altresì, evidenziarsi che in merito ai commenti apparsi sul predetto sito aventi ad oggetto l'attentato del 12 novembre scorso ai danni del contingente militare italiano in missione di pace in Iraq, il compartimento polizia postale di Bologna ha inoltrato apposita informativa alla procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna. Tale autorità giudiziaria ha immediatamente iscritto un procedimento penale a carico di ignoti configurando l'ipotesi di reato di cui all'articolo 290 del codice penale - vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze armate - ed ha prontamente avviato le indagini, anche di natura tecnica, all'esito delle quali, essendo i server del sito in questione attestati al di fuori del territorio nazionale, potrebbe anche essere valutata l'opportunità di attivare la procedura della rogatoria internazionale al fine di acquisire elementi di prova.
Infine, è opportuno segnalare che numerose procure della Repubblica - in particolare, sulla base dei dati finora acquisiti, quelle di Napoli, Salerno, Vallo della Lucania, Brescia e Bari - proprio avendo avuto conoscenza del contenuto dell'interpellanza dell'onorevole Landolfi - a seguito della sua trasmissione che doverosamente ne ha fatto il Ministero della giustizia -, hanno immediatamente disposto l'iscrizione di procedimenti penali a carico di ignoti, ipotizzando la commissione del reato di cui all'articolo 290 del codice penale. Molte altre procure si sono in ogni caso prontamente attivate al fine di individuare la localizzazione del sito indicato nell'interpellanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Landolfi ha facoltà di replicare.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta del Governo perché ho ravvisato nelle parole del sottosegretario, onorevole Valentino, la preoccupazione del Governo, delle istituzioni. Pertanto, sono rassicurato sulla loro volontà di non abbassare la guardia, di non banalizzare né di sottovalutare un fenomeno che oggi si manifesta sul sito Internet come «controinformazione» come pure nelle espressioni verbali. Dobbiamo tenere d'occhio tutto questo proprio alla luce della storia tragica del nostro paese.


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Titolo Autore Data
Commento Autore Monday, Nov. 08, 2004 at 11:22 AM
ma basta pegi Friday, Oct. 29, 2004 at 11:01 AM
Ma daiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! GG Sunday, Oct. 17, 2004 at 10:24 PM
E,se per caso Davide Friday, Oct. 15, 2004 at 1:22 PM
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