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il carcere e il carcere fuori dal carcere
by lucignolo Saturday, Nov. 27, 2004 at 10:25 PM mail:  

Il comportamento richiesto ad un "buon prigioniero" come ad un cittadino modello e' quello di un completo adattamento alla situazione sociale in cui viene a trovarsi.

"Non sta a noi dire di che morte dobbiamo morire; non vogliamo più giocare il gioco della penalità; non vogliamo più giocare il gioco delle sanzioni penali; non vogliamo più giocare il gioco della giustizia".
(Alain Brossat-Scarcerare la società)


E' dal 22 settembre che Paolo Dorigo ha scelto volontariamente di non toccare cibo. E ora il "militante comunista e prigioniero dello Stato", 45 anni, in carcere da quasi dieci anni sta morendo.
Nel '93, un ordigno viene lanciato contro la base Usa di Aviano, senza causare morti né feriti. Un presunto complice, ora pentito, fa il nome di Dorigo, e lo accusa anche di una rapina. Ma sono accuse che arrivano solo durante le indagini. Al processo, nessuno parla. La condanna arriva ed è impietosa: 13 anni e mezzo di carcere per associazione con finalità di terrorismo.Paolo Dorigo venne condannato nel 1994 dalla Corte d'Assise di Udine, condanna su cui la Commissione europea dei diritti dell'uomo e il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sono intervenuti ingiungendo all'Italia di «adottare le misure necessarie per porre fine a questo abuso accertato e rimediare per quanto possibile alle conseguenze gravi e persistenti per la vittima».

Paolo Dorigo militante comunista prigioniero


Condannato per "reati di terrorismo" è in cella da dieci anni senza mai un permesso. Numerose le condanne europee dell'Italia ma le nostre istituzioni restano sorde Non dimentichiamo Dorigo, detenuto senza giusto processo


L 'Italia dia una risposta alle critiche delle istituzioni giudiziarie europee sulla vicenda di Paolo Dorigo


La nuda forza dello Stato nel supercarcere di Spoleto si abbatte, nel silenzio mediatico e civile, su Dorigo come su altre centinaia di persone tra i quali Belmonte Cavazza, Sinto : " uno dei tanti liberi che vivono molta parte della propria vita dietro le sbarre di una prigione, senza grandi colpe che non siano la necessità di vivere e l’astio per le indegnità"

-"I primi giorni di maggio 2003, Belmonte si trova detenuto nel carcere romano di Rebibbia, dove in quei giorni due detenuti a breve distanza di tempo decidono di evadere togliendosi la vita. Da lì inizia una protesta, portata avanti da alcuni detenuti della stessa sezione, Belmonte riesce a salire sui tetti dell’istituto di pena per manifestare lo sdegno e la rabbia contro chi sequestra e tortura esseri viventi fino a costringerli alla morte come unica fuga verso la libertà. Dopo qualche tempo uscì di prigione, ma riarrestato per furto a Lucca, la sua città, è stato circoscritto al circuito delle carceri speciali come vendetta verso quella protesta ed è stato trasferito al carcere speciale di Spoleto dove tutt’ora si trova. Il 26/1/2005 sarà processato assieme ad altri due compagni di galera che presero parte a quella protesta. L’udienza si svolgerà al tribunale romano di Piazzale Clodio."-

ps.1
-Il carcere e il carcere fuori dal carcere-

Lo sfruttamento organizzato su scala mondiale, il sistema capitalista, non ha mai smesso di amministrare la sua notte, la negazione totale di ogni valore umano e oggi la societa' intera ridotta ad un' articolazione del rapporto di produzione capitalistico non puo' che diventare oggetto di un processo di integrazione totale in cui Stato e carcere sono un tuttuno indissolubile, in cui la dimensione del disciplinamento e della "carcerizzazione" si estendono a tutti gli ambiti sociali e individuali.
Il comportamento richiesto ad un "buon prigioniero" come ad un cittadino modello e' quello di un completo adattamento alla situazione sociale in cui viene a trovarsi.
I processi di depoliticizzazione dei problemi sociali, la derubricazione delle questioni collettive al privato oggi piu' che mai rappresentano la risposta del sistema alla pericolosa confusione e sovrapposizione che si verifica tra devianza sociale e devianza politica. La stessa sublimazione ideologica della marginalita' politica in "avanguardia" non fa' che riprodurre, su un' altro livello, quella risposta.Nello slogan neofascista "ne' di destra ne' di sinistra" ugualmente si trasfigura questa orizontalizzazione del controllo e neutralizzazione della manifestazione in termini di devianza sociale del dissenso politico.


ps.2
Assistiamo ad un' espansione globale del controllo penale, da quello soffice a quello duro.

Il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria italiana che definì il carcere attuale come 'discarica sociale', luogo ove la società rinchiude tutte le contraddizioni che non vuole o non sa affrontare. La sua dura affermazione,
in fondo, parafrasava quella di Zygmunt Bauman che parla della carcerazione riservata a quella parte della popolazione trattata come un "eccedente umano", sempre in aumento al pari dei rifiuti, anch'essi sempre in aumento nelle società ricche.(...)

Le carceri sono sempre più sovraffollate, nonostante gl'indici di criminalità siano rimasti sostanzialmente invariati, negli ultimi due decenni. Appare una precisa scelta politica destinare al potenziamento del sistema carcerario una gran parte delle risorse, prima orientate allo sviluppo di servizi sociali, sanitari ed educativi, nonché all'ammodernamento delle strutture della macchina giudiziaria.




Sono 56.532 i detenuti nelle carceri italiane, un terzo dei quali
stranieri. Una popolazione in larghissima parte composta da uomini,
53.872, mentre le donne sono 2.660. Di questi, 35.263 sono i condannati in
via definitiva che vivono dietro le sbarre (1.539 donne e 33.724 uomini),
mentre 20.108 sono gli imputati (1.042 donne e 19.066 uomini); 1.161 i
reclusi in istituti di massima sicurezza (1.118 i condannati, 43 in attesa
del giudizio definitivo). Il quadro, aggiornato al 30 giugno scorso,
emerge dai dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Poco
più di un terzo sono i detenuti stranieri: 17.783, cioè il 31.5% del
totale. Il numero più consistente, 4.015, è di nazionalità marocchina; a
seguire, gli albanesi (2.806), i tunisini (1.953), i rumeni (1.367) e gli
algerini (1.289). Quasi il 28% della popolazione carceraria, infine, è
rappresentata da tossicodipendenti: sono infatti 14.332 coloro che vivono
dietro le sbarre, 13.709 sono uomini e 623 donne.


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