Un vero e proprio giustizialista, nel nostro paese sarebbe gia quasi un criminale.
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Come ha ampiamente dimostrato Silvio Berlusconi, nel nostro paese, come in altri, esisterebbero leggi capaci di punire i comportamenti illeciti della grande finanza e delle corporations. Lo dimostra il fatto stesso che Berlusconi abbia dovuto cambiare numerose leggi ed essere accusato di aver corrotto dei giudici per conservare sé stesso ed i suoi numerosi complici a piede libero; a suo tempo lo dimostrò anche, se pur parzialmente, l’azione giudiziaria di Antonio Di Pietro. Un paese nel quale le leggi possono rivelarsi feroci verso le rapinose azioni di chi si crede impunibile perché troppo importante, è sicuramente la federazione degli Stati Uniti.
Negli Usa è impensabile che qualcuno si azzardi pubblicamente a gridare al garantismo per chi ha commesso reati finanziari, nessun politico oserebbe, molto più popolare sarebbe chiedere la forca.
Ancora di più impensabile sarebbe accusare il giudice di partigianeria politica, esilarante addirittura rinfacciargli un’eccessiva durezza. Di solito il sistema si cura di evitare che le cause giungano in tribunale o a compimento, e solo class actions lunghe e dispendiose riescono ad ottenere giustizia da certi giganti, spesso quando il danno è ormai irreparabile.
I padri fondatori, attenti al soldo e al commercio, ma consci del problema posto dall’avidità e dalla corruzione; non avevano lesinato in contromisure. Passerà quasi un secolo dalla costituzione degli Stati Uniti prima che alcuni stati autorizzino la libera creazione delle società azionarie, fino ad allora ammesse su licenza statale e solo temporaneamente. La società per azioni veniva vista come un’associazione temporanea per un singolo affare, l’associazione di più società era soggetta a controllo ed approvazione statale; lo stesso dicasi per i monopoli.
Tutte concentrazioni che avrebbero oppresso il libero commercio tra individui: insopportabile. Nel tempo diventeranno ancora di più invise le grandi piramidi azionarie, che sul finire dell’800 porteranno alla creazione dei grandi monopoli dei trasporti, delle materie prime e nella finanza. I trust, come verranno chiamati, verranno attaccati, seppur blandamente, da Theodore Roosvelt che ne provocherà lo scioglimento spinto dall’evidenza criminale dei loro comportamenti. Virtualmente impuniti ed impunibili i trust praticavano un’economia basata sulla distruzione con ogni mezzo di qualsiasi ostacolo tra loro ed i guadagni e sulla predazione e spoliazione dei territori; niente di nuovo sotto il sole.
Corruzione, omicidi, eserciti privati, leggi ad hoc; i trust potevano tutto e controllavano l’apparato finanziario, la stampa e finanziavano gran parte degli eletti americani. Dal loro scioglimento ufficiale non è cambiato molto e se ora si chiamano holding o corporations, si tratta sempre di giganti che fanno della loro massa critica monetaria un’arma per ottenere illeciti guadagni a spese delle comunità, la differenza è che ora giocano su scala planetaria.
In questa eterna lotta americana contro questo enorme potere, è capitato anche che la città di New York si dotasse di una legge che consentiva al procuratore cittadino di perseguire qualsiasi comportamento finanziariamente o commercialmente scorretto: il "Martin Act". Era appena passato il crack del ’29 e la legge non destò particolare scalpore.
Ha destato molto più scalpore invece, quando nel 2002 il procuratore generale di New York, Eliot Spitzer ha riesumato il "Martin Act" e si è messo a perseguitare il mondo newyorkese della finanza e degli affari. Ebbene sì, il "Martin Act" nella sua ampiezza, ha sotto la sua giurisdizione anche Wall Street, ed è così favorevole alla tutela pubblica che non richiede nemmeno al procuratore di provare che banche ed aziende sapessero di commettere reati, basta l’evidenza dei conti, o la constatazione dello stato di fatto.
Eliot Spitzer è di origini agiate, anche se il padre è il classico self-made man immigrato di origine ebraica, ed è arrivato alla carica dopo anni di apprendistato e studio. Studi giusti, Harvard, una precedente esperienza di quattro anni nello stesso ufficio del procuratore, quattro milioni di dollari suoi buttati per il primo tentativo di farsi eleggere (il che gli portò l’accusa di volersi “comprare” la carica), ma alla fine ce l’ha fatta. Ha un reddito di circa settecentocinquantamila dollari, dei quali seicento da affitti ed il resto dallo stipendio, non esattamente un Paperone.
Ce l’ha fatta, e dopo un periodo di immersione nelle carte ne è emerso con il "Martin Act" in mano e ha cominciato a colpire.
Indubbiamente tignoso, solitario, attacca i comportamenti scorretti citando le compagnie e portandole ad una soluzione negoziale, con durezza e vastità di documentazione, evita così lunghissime cause ed ottiene velocemente risarcimenti da capogiro. In pochi anni ha portato alle casse newyorkesi oltre quattro miliardi di dollari. Non lesina con le pene accessorie, costringendo colossi come Merryl Linch a pubblicare le mail interne nelle quali i dirigenti descrivevano come robaccia i titoli che consigliavano con più insistenza ai loro clienti. Questa azione è resa possibile dall’assenza di azioni da parte di altri enti ed istituzioni deputate ai controlli; e la coda di paglia di molti lo protegge.
E’ stato comunque accusato di coltivare ambizioni politiche, e lui ha risposto dicendo altrettanto chiaramente di ispirarsi a Roosvelt, Theodore Roosvelt, il primo, quello che aveva come motto “ Parla piano e gira armato”, quello che sciolse i trust. Dice che non c’è niente di male per chi lavora duro, ad essere un po’ ambizioso. Wall Street ha reagito male, lo hanno presto accusato di tutto, e hanno spesso sollevato perplessità sui suoi metodi e sulla loro “brutalità”, una sua tipica frase sarebbe: “Oggi pagate 50 milioni, martedì 100 e giovedì vi porto in tribunale.” Una brutalità che le compagnie esercitano quotidianamente per estorcere denaro in eccesso ai cittadini, mal sopportata quando tocca i potenti.
Per tutta risposta lui ha randellato nel mucchio, ed in pochi mesi ha circondato la Sec, una dozzina di altri uffici regolatori nello stato e dieci delle più grosse banche di Wall Street, costringendoli ad un accordo globale consistente nel pagamento di 1.4 miliardi di dollari, e a profonde revisioni nelle procedure interne; non lo hanno fatto più. Con gli stessi sistemi ha ottenuto l’uscita della mafia dai trasporti newyorkesi, il cambiamento di interi consigli d’amministrazione, la riduzione di alcune tariffe, dalla repressione degli annunci ingannevoli alle frodi in commercio, Spitzer non ne fa una questione di dimensioni e non guarda in faccia a nessuno; prima di guadagnare notorietà attaccando Wall Street aveva citato anche la Croce Rossa a proposito della raccolta dei fondi per il 9/11.
Con Marsh & Mc Lellan, broker assicurativo che ha perso il 50% del suo valore di borsa alla notizia della citazione, di fronte ad un’offerta degli avvocati della società, consistente in seicento milioni ha rilanciato a settecentocinquanta e una lettera di scuse; ora ci si attende che l’azienda offra più dei settecentocinquanta per evitare la lettera, che la consegnerebbe rea confessa alle richieste di risarcimento dei clienti. Finirà come è finita con le altre banche, alle quali ha tolto 2.3 miliardi di dollari come multe e penalità per transazioni scorrette ai danni dei risparmiatori.
Un furore che Spitzer dice essere indirizzato non contro le compagnie, ma al fine di ottenerne il corretto funzionamento. Gli piace descriversi come uno che ripara le cose; chi gli è vicino dice che se è convinto diventa inarrestabile.
Fa venire tristezza pensando che nel nostro paese l’unica azione risarcitoria di peso, quella contro le compagnie assicurative, sia finita con il governo che ha cambiato una legge per renderla inefficace; mentre nella vicenda dei bond argentini lo stesso governo ha addirittura allestito un task force per indirizzare la giusta ira dei risparmiatori truffati dalle banche sul governo argentino; il caso Parmalat finirà in nulla perché a Parma non c’è una procura con i mezzi e le conoscenze necessarie a perseguire truffe di tale calibro. Banche palesemente responsabili anche nel caso Parmalat, banche che hanno truffato platealmente i piccoli risparmiatori e ora si fanno paladine del mercato, coperte dal governo e dai media che tengono per il collo; non rileva nemmeno che nel frattempo facciano ostruzione al rimborso disposto dalla condanna subita sull’anotocismo (trattenevano gli interessi sugli interessi).
Nel nostro paese al danno si aggiunge sempre la beffa.
Mentre si depenalizza il falso in bilancio e si accorcia le prescrizione per chi può far durare cento anni un processo, siamo purtroppo rimasti senza magistrati comunisti. I più cinici si aspettano che Spitzer, dopo aver assunto la candidatura democratica a governatore dello stato, affievolisca la sua furia; altri pensano che non tutte le cause aperte giungeranno a buon fine, ricordando Rudolph Giuliani, un altro procuratore spinto alla poltrona di governatore da casi che alla lunga si rivelarono inefficaci. Accusa deboluccia, visto che solo Grasso, il capo della Sec, ha finora deciso di varcare la soglia di un tribunale ed affrontare Spitzer.
Lui è in ogni caso un beniamino cittadino, consegue un clamoroso gradimento anche tra il 65% dell’elettorato repubblicano. Alan M. Dershowitz, che lo ha avuto in studio, si dice stupito del cambiamento, ricordandolo come il classico topo da biblioteca e definendo “amazing” la trasformazione. Ma Spitzer dice che proprio non ci pensa, e dice che nel frattempo ci sono i broker assicurativi, le compagnie farmaceutiche, e le agenzie interinali e…
Tra chi ostenta noia ed indifferenza, e chi, come gli hedge funds, ne finanzia la campagna a governatore per toglierselo dai piedi, Spitzer ed il "Martin Act" continuano a colpire.
mazzetta redazione@reporterassociati.org
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