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Rilanciamo le lotte antisioniste, antirazziste e contro la guerra nelle Università
by Collettivo Universitario Autonomo - Torino Monday, May. 09, 2005 at 10:25 PM mail:

Riportiamo i comunicati scritti intorno alla vicenda relativa alla contestazione di Elazar Cohen, viceambasciatore israeliano, all'Università di Torino

COMUNICATO STAMPA DEL 9 MAGGIO 2005


Il caso giornalistico che si è creato negli ultimi due giorni in Italia e in Israele in merito a un supposto problema di antisemitismo all'Università di Torino è tutto basato su presupposti inconsistenti. Un singolo studente ha dichiarato, poi smentito sia dall'Università che dalla comunità ebraica, di aver sentito dire da altri cose sentite dire da altri ancora. Ci sembra un po' poco per gettare fango su questa Università o sui collettivi studenteschi. Anche noi possiamo dire di non aver mai sentito di episodi del genere.

A Chiamparino vorremmo dire: certo che a Palazzo Nuovo non ci sono camice brune, proprio perché i collettivi antagonisti, proprio quelli che contestano le politiche di Israele, hanno sempre impedito alla destra neofascista l'agibilità politica. Dice che siamo un gruppuscolo: ma questo non è quello che sa chi frequenta realmente l'Università, come si è visto in occasione di tutte le mobilitazioni contro la riforma Moratti o contro la guerra; se c'è a Palazzo nuovo un gruppuscolo isolato, è semmai l'appendice studentesca del suo partito.

A Ugo Volli e Daniela Santus: siete degli incompetenti, perché confondete la critica al sionismo – un'ideologia politica specifica criticata anche da grandi intellettuali ebrei come Benjamin, Fortini, Derrida, Vidal-Naquet – con l'antisemitismo, una dottrina razzista che valorizza inesistenti affinità di sangue (proprio come fanno i coloni israeliani, che mettono in dubbio l'ebraicità di Sharon perchè aveva una nonna “non ebrea”). Se non è incompetenza è malafede, perché cerca di farsi vergognosamente scudo di una strumentalizzazione della memoria storica sul genocidio nazista per fomentare il genocidio a danno della popolazione palestinese.

A Nigra: dare del fascista a chi ha idee diverse dalle proprie è un atteggiamento squisitamente stalinista. Infatti lo stalinismo è l'unica componente della tradizione comunista che i DS non hanno abbandonato.

Al Senato Accademico: intolleranza v'è stata, certo, ma da parte di una docente che ha impedito agli studenti di assistere ad una lezione con l'ausilio della polizia politica e che poi ha continuato per giorni a diffamarli a mezzo stampa. L'università deve permettere concretamente il libero confronto delle idee e non soltanto a parole: è a Daniela Santus che deve essere rivolto questo richiamo.

Domani saremo a Palazzo Nuovo per protestare contro la costruzione del muro della vergogna in Palestina, contro la politica di Apartheid del governo Sharon, in favore delle resistenze palestinese e irachena. Chiediamo all'Università di prendere posizione contro questa inumana violenza che Israele sta perpetrando a danno dei palestinesi, evitando di invitare personalità istituzionali israeliane fino a quando continuerà la costruzione del muro voluto dal criminale di guerra Sharon.
A questo scopo è in corso la creazione di un Comitato contro il Muro che riunisca collettivi studenteschi, sindacati universitari, docenti e ricercatori e una raccolta firme contro la costruzione del muro stesso.

Su quello che abbiamo fatto non abbiamo ripensamento alcuno, rivendichiamo la necessità di utilizzare criticamente i saperi che si acquisiscono all'Università, avversando una politica, quella israeliana, di sterminio e persecuzione razziale: oggi Israele, come asseriscono numerosi osservatori, è il nuovo Sudafrica. Occorre allora seguire l'esempio delle Università inglesi che hanno da alcune settimane iniziato il boicottaggio di Israele.

COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO

Qui di seguito i nostri comunicati a partire dal 20 Aprile, giorno della contestazione a Elazar Cohen.


COMUNICATO STAMPA DEL 20 APRILE 2005


Stamattina 20 aprile 2005, alle ore 8.30, la professoressa Daniela Santus, del corso di Geografia culturale presso la Facoltà di Lingue di Torino ha personalmente invitato a tenere una lezione (che sarà programma d’esame per gli studenti del corso) il vice ambasciatore israeliano in Italia. In questa occasione l’ingresso del Palazzetto Aldo Moro, la struttura adiacente Palazzo Nuovo – sede delle Facoltà umanistiche – e le porte dell’aula erano presidiati da digos e polizia. Alcuni studenti, sia della facoltà di lingue che di altre facoltà dell’ateneo, interessati ad assistere alla lezione, questa mattina si sono recati al Palazzetto con l’intenzione di entrare nella struttura. Alcuni di questi sono stati fermati dalla polizia su indicazione della digos già all’ingresso della sede universitaria e sono stati caldamente invitati ad allontanarsi. Altri, riusciti ad entrare, sono stati successivamente individuati dalla docente che, verificando la loro non appartenenza al corso, li ha accompagnati fuori dall’aula, sostenendo che la lezione non era aperta al pubblico. Usciti dall’aula gli studenti hanno dovuto mostrare i documenti agli agenti di polizia e sono stati anch’essi allontanati. Altri studenti ancora, tra cui una frequentante del corso, sono stati trascinati fuori dagli agenti della digos quando all’interno dell’aula hanno tentato di distribuire un volantino e di aprire uno striscione - con su scritto “fuori le truppe sioniste dai territori, intifada dappertutto” . Anch’essi infine sono stati identificati e scortati all’esterno. La celere si è poi schierata davanti al cancello, costringendo gli ignari studenti che si recavano ad altri corsi a passare in mezzo al cordone di polizia, ad essere perquisiti ed identificati.
Gli studenti allontanati e privati del loro diritto di entrare dentro una struttura universitaria, hanno deciso di rimanere al di fuori del Palazzetto per attendere l’uscita della docente ed avere spiegazioni sulla sua condotta inaccettabile. La professoressa, scortata dalla polizia al di fuori della struttura, esprimeva tutta la sua soddisfazione e scherniva gli studenti a cui era stato impedito l’accesso.
Non ci soffermiamo sulla parzialità della docente e sulle dichiarazioni a dir poco infelici della Santus e del suo ospite (come ad esempio “Grazie a Dio Arafat è morto”), ma vogliamo sottolineare che la professoressa da circa un mese e mezzo parlava di questa lezione con ambiguità, minacciava gli studenti affinché non invitassero amici esterni e non frequentanti il suo corso, dichiarava che durante la lezione del vice ambasciatore le porte dell’aula sarebbero state chiuse alle 8.30 per evitare qualunque contestazione, e aveva già contattato di persona digos e polizia. Il tutto senza rendere partecipe o coinvolgere nell’iniziativa né la facoltà né il rettorato.
Quando l’auto del vice ambasciatore è uscita velocemente dal cortile del Palazzetto, gli studenti costretti fuori, hanno sventolato alcune bandiere palestinesi e lanciato sulla vettura alcune uova. Poco dopo è uscita la docente scortata dalla polizia che ha schernito e provocato gli studenti, creando ulteriore tensione con gli stessi.
Dopo quanto accaduto gli studenti hanno deciso di recarsi prima alla presidenza di lingue per redigere un esposto al Preside e poi al rettorato dove hanno conferito con il Prorettore che ha promesso di far luce sulla situazione.

Le lezioni universitarie sono notoriamente pubbliche e aperte a tutta la cittadinanza. A maggior ragione studenti regolarmente iscritti all’università, che in alcuni casi devono sostenere l’esame di Geografia culturale, non possono essere privati del diritto di assistere a una lezione. L’allontanamento degli studenti non è stato in alcun modo preceduto da una contestazione, ma è stato preventivo, dimostrando che ancora una volta è la digos a decidere in anticipo chi sono gli studenti buoni e quelli cattivi, sulla base della loro attività politica o anche solo dell’abbigliamento. Significativamente un agente della digos si è rivolto ad uno studente con queste parole “Tu non puoi entrare perché non vai bene per questa lezione”.
L’università dal canto suo deve prendere una posizione chiara e impedire il ripetersi di episodi simili. L’ateneo deve rassegnarsi ad essere anche luogo di contraddizione – proprio in quanto luogo di studio - e i tentativi messi in atto negli anni scorsi di limitare la libertà di espressione e di manifestazione delle proprie idee, hanno sempre sortito l’effetto contrario, ovvero l’inasprirsi delle contrapposizioni. Anziché incentivare la passività e l’apatia che regna in tanti corsi universitari dove il punto di vista del docente non viene mai messo in discussione, chi crede realmente nella formazione dovrebbe valorizzare i comportamenti che esprimono atteggiamento critico; tutto il resto è ragion pigra o peggio conformismo travestito da cultura.


Qui di seguito il volantino che è stato distribuito.
NO ALLA PROPAGANDA SIONISTA ALL’UNIVERSITA’
Oggi una docente dell’università di Torino ha invitato a parlare all’interno del suo corso di “Geografia culturale”, un rappresentante dello stato di Israele. Il vice ambasciatore in Italia è stato infatti chiamato ad intervenire sull’economia israeliana e la sua relazione costituirà, insieme al programma del corso, materia d’esame per gli studenti e le studentesse.
Già come avviene durante le lezioni della professoressa Daniela Santus, il cui punto di vista è chiaramente di parte – la docente non perde infatti occasione per celebrare le magnificenze di Israele e per denigrare la lotta di liberazione palestinese – anche in questo frangente sarà una sola la voce a trovare spazio all’interno delle mura dell’ateneo torinese.
L’università, che dovrebbe distinguersi dai salotti televisivi e dalla propaganda mediatica per essere invece luogo di formazione critica e spazio aperto al dibattito e al contraddittorio, dimostra nuovamente la propria volontà di monopolizzare le coscienze, di impedirne un approccio critico all’esistente e di indirizzarne la formazione verso un pensiero unico, omologato e compatibile.
La professoressa Santus ha ben pensato di cedere oggi la sua cattedra a un rappresentante di Israele, ma si è ben guardata dall’affiancargli una controparte che riportasse anche la voce e le ragioni del popolo palestinese. Che fine ha fatto il contraddittorio, così spesso esaltato a massima forma di “confronto democratico”? Un’unica voce qui oggi, un unico punto di vista, come se le parti in causa – ed è bene ricordarlo, in conflitto – non fossero due, ma una soltanto e dall’altra ci fosse un’entità astratta, senza nome, senza legittimità e senza diritto di parola. Invece dall’altra parte c’è un popolo oppresso che da decenni grida al riscatto e lotta contro l’occupazione dell’esercito sionista. Un esercito, quello del governo di Ariel Sharon, che quotidianamente rende impossibile la vita di un intero popolo. Ai palestinesi sono impediti gli spostamenti e le necessità più elementari, vengono repressi e costretti a subire violenze e soprusi, ma nonostante tutto, questo popolo non ha mai perso la propria dignità così come non ha mai rinunciato a lottare con ogni mezzo possibile per la propria autodeterminazione. I check-points dell’esercito israeliano impediscono agli studenti di raggiungere la scuola, ai lavoratori di recarsi sul posto di lavoro, ai malati e alle donne incinte di andare all’ospedale. I muri e il filo spinato circondano i villaggi e le città palestinesi, rendendoli delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. I soldati di Sharon hanno mano libera sulla popolazione palestinese, che oltre a subire una violenza fisica costante è anche sottoposta a subdole forme di oppressione psicologica, basti pensare alle perquisizioni notturne, ai rastrellamenti, al coprifuoco, etc…Il terrorismo è creato, praticato e organizzato scientificamente dallo stato sionista e non - come qualcuno vorrebbe farci credere – da chi in Palestina lotta contro quella che è a tutti gli effetti un’occupazione militare illegittima e ingiustificabile.
Chissà se il vice ambasciatore, parlando dell’economia israeliana, si ricorderà di dirci che essa si sviluppa e si basa sullo sfruttamento indiscriminato dei territori nonché della popolazione araba. Chissà se si ricorderà di aggiungere che i palestinesi sono privati della loro acqua e delle loro fonti idriche perché queste sono invece destinate a riempire le lussuose piscine dei coloni israeliani, comunità di cosiddetti civili, armati fino ai denti che vivono a ridosso dei territori occupati e dalle loro finestre giocano al tiro a segno colpendo i giovani palestinesi. Chissà se ci racconterà che i palestinesi non possono godere dei frutti della loro terra perché questi servono a riempire le pance e le tasche degli israeliani…E potremmo continuare all’infinito con gli esempi di storie che semplicemente l’ambasciatore ometterà con il beneplacito della professoressa Santus che dalla sua aula ancora una volta ha escluso la voce del popolo palestinese e ha impedito il contraddittorio, nella pretesa di riscrivere la storia e gli eventi.

Per far fronte a tutte queste sicure omissioni, siamo qui a ribadire la legittimità della lotta del popolo palestinese contro l’occupazione sionista dei suoi territori e a esprimere tutta la nostra solidarietà alla tenace ricerca di autodeterminazione che il popolo palestinese insegue da quasi sessant’anni.

COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO - TORINO


COMUNICATO STAMPA del 21 APRILE 2005


Ci teniamo a smentire nel modo più categorico le vergognose menzogne contenute nelle dichiarazioni di Daniela Santus. Nessuno ha pronunciato la frase “gli ebrei non devono vivere”. Il nostro collettivo si è sempre caratterizzato per le sue attività antifasciste, come ognuno può verificare senza difficoltà. Il 15 Aprile abbiamo partecipato, insieme ai partigiani dell’ANPI, ad una fiaccolata commemorativa che si è conclusa presso il Sacrario del Martinetto, luogo simbolo della resistenza torinese; nello stesso luogo saremo nuovamente nel pomeriggio del 25 Aprile, per rendere onore a quanti avversarono (molti di loro erano ebrei) le truppe nazifasciste 60 anni fa.
Altro è esprimere giudizi duri sullo Stato di Israele e sulla sua politica di sterminio, in piena continuità ideale con l’antifascismo, che avversava appunto politiche di sterminio, altro essere antisemiti. Solo chi concepisce la politica come un confronto tra razze, stirpi e religioni (è il caso di Daniela Santus) può concepire, tutt’altro che ingenuamente, simili volgarità. Ricordiamo, di passaggio, che quella palestinese è popolazione di lingua semitica (non diremo mai che “è semita”, rivangando categorie, in uso nelle lezioni di Daniela Santus, care, quelle sì, alle ideologie razziste).

Due parole in più vanno necessariamente spese per il sorprendente articolo de “La Repubblica”.
“Grave episodio di intolleranza” v’è stato, sì, ma da parte di chi ha impedito l’accesso all’aula a chi non aveva le stesse opinioni politiche della docente, non da parte di chi voleva, crediamo legittimamente, contestare politicamente una personalità politica. Il divieto di entrare non è succeduto ad alcun atto da parte dei presenti, ma è stato preventivo, secondo una logica inquietante.
Infine le “fosche tinte antisemite” di cui vaneggia l’autrice dell’articolo impongono una seria riflessione sulla sua professionalità. Che un giudizio così diffamatorio potesse provenire da una fanatica come la Santus c’era da aspettarselo; molto meno da chi scrive su un giornale come Repubblica, che in assenza di idee migliori o di competenza avrebbe potuto almeno astenersi da un insulto tanto gratuito quanto infondato.

Collettivo Universitario Autonomo





COMUNICATO STAMPA DEL 2 MAGGIO 2005


Qualsiasi docente ha diritto di scegliere l’argomento del suo corso e di esprimere le proprie idee e la propria legittima parzialità, ma qualsiasi studente ha diritto di criticare qualsiasi idea e qualsiasi contenuto didattico. Se Daniela Santus non ha compreso questo, ha fallito sul piano professionale. Se deciderà di tenere le sue lezioni altrove, è facile prevedere che ovunque potrà trovare studenti che esprimono atteggiamento critico; più che una fuga da Torino, sembra una fuga dall’intelligenza.
Le idee antisioniste e antirazziste non possono essere squalificate con il ricorso alla polizia, ed ogni studente ha diritto di poter entrare all’Università, anche lo studente che appoggia la lotta palestinese.

Come studenti contro la guerra e contro il razzismo, chiediamo all’Università di Torino di prendere posizione contro il governo Sharon, come recentemente hanno fatto altre Università europee, evitando di ospitare rappresentanti istituzionali israeliani fino a quando proseguirà la costruzione del muro dell’apartheid in Palestina.

COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO





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