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Bolivia:in 800mila in marcia verso il parlamento
by FALCEMARTELLO AREA MARXISTA DEL PRC Tuesday, May. 31, 2005 at 9:39 PM mail:

Bolivia Socialismo o barbarie. Ora!

Di Peppe Letizia e Leonor Perez

Come annunciato solo qualche mese fa comincia il dispiegamento delle forze per la battaglia finale della guerra del gas in Bolivia. Non più un solco ma una trincea oramai separa da una parte il sempre più ampio movimento delle masse boliviane, pur ancora diviso al proprio interno, e dall'altra la borghesia nazionale e le multinazionali del petrolio, ringalluzzite dall'apertura del fronte autonomista di Santa Cruz de la Sierra nonostante il crescente isolamento sociale entro il quale muove tale rivendicazione. I proclami soprattutto della Confederaciòn Obrera Regional de El Alto (Cor), la combattiva filiazione provinciale della Cob (Confederaciòn Obrera de Bolivia) protagonista di tutte le pagine più esaltanti nella lotta di emancipazione del popolo boliviano di questi ultimi anni, come del sindacato giornalisti di La Paz attendono solo di essere messi in pratica per fare di quella boliviana la prima vittoriosa rivoluzione socialista del terzo millennio.

La "nuova" Ley de Hidrocarburos

Agli inizi di aprile arriva finalmente in parlamento, sospinta dagli scioperi di marzo, la discussione della Ley de Hidrocarburos (la legge sugli idrocarburi). In più occasioni Mesa - dopo aver pubblicamente dichiarato la totale sudditanza economica della Bolivia alle multinazionali, ed agli stati che ne rappresentano gli interessi - ricorda di aver imposto quale condizione per la sua permanenza in carica l'approvazione di una legge che fosse, a suo dire, praticabile. Per il Presidente ed il suo governo le proposte depositate in parlamento sono eccessive e mettono in fuga gli investitori, nonostante non sia più in discussione la nazionalizzazione del gas, parola d’ordine attorno alla quale erano nate le mobilitazioni contro il poi deposto Gonzalo Sachez de Lozada detto “Goni”. Sia il Movimiento al Socialismo (Mas) che le organizzazioni sindacali operaie (la Cob) e contadine (la Csuctb), tutti stretti attorno ad un nuovo Pacto de Unidad, hanno ripiegato infatti su rivendicazioni molto meno radicali. Chiedono al parlamento di riaffermare la proprietà della Bolivia sul proprio gas, sottraendolo alle multinazionali che, spesso senza investimento alcuno, ne hanno di fatto acquisito la titolarità per l’estrazione ed il commercio con l’estero. Le multinazionali però non dovranno lasciare il terreno, ma semplicemente riformulare i propri contratti e sottostare ad un nuovo regime fiscale, costituito da royalties del 18% - adesso pagano i più bassi diritti di concessione al mondo - e imposte del 32% non deducibili, esatte dallo stato fino all’ultimo centesimo.

I partiti tradizionali, dominatori del parlamento anche se cancellati dal paese alle ultime elezioni amministrative del dicembre scorso, e tra questi principalmente il Movimiento Nacionalista Revolucionario (Mnr) del deposto Goni, tentano una impossibile mediazione tra le pressioni delle multinazionali e della comunità internazionale e quelle del movimento, tenendosi comunque sempre pronto l’asso nella manica rappresentato dalla rivendicazione aUtonomista della borghesia di Santa Cruz de La Sierra, nella cui vasta e pianeggiante regione si concentra il grosso del gas che il Comitè Civico Cruceño vorrebbe sottomettere al proprio controllo diretto e quindi riconsegnare alle multinazionali alle condizioni attuali di saccheggio. Queste ultime, dalla spagnola Repsol alla brasiliana Petrobras, dalla statunitense ENRON alla francese Total, non perdono occasione per diffidare il governo e le istituzioni boliviane dall’approvare qualsiasi legge ne metta in discussione i privilegi acquisiti, minacciando ricorsi ai tribunali internazionali e richieste di ingenti risarcimenti. Ce ne è abbastanza per mantenere l’ambiente in un perenne stato pre insurrezionale.

Lo strapotere delle multinazionali

Le multinazionali degli idrocarburi fanno veramente il bello e il cattivo tempo in Bolivia, ma il movimento, esercitando una inconsueta pressione anche sulle più alte cariche del potere giudiziario dello stato, dimostra nel dibattito pubblico che accompagna e sostiene quello parlamentare, di saper rispondere colpo su colpo alle loro reiterate minacce. Emerge così che i contratti di rischio condiviso con i quali si sono accaparrati questa preziosa risorsa - infliggendo per di più perdite enormi allo stato e senza spesso un centesimo di investimento - sono tutti incostituzionali: il Tribunale Costituzionale rileva infatti che nessuno di questi contratti è passato al vaglio parlamentare imposto dalla legge. Le multinazionali inoltre hanno frodato il fisco per 80 milioni di dollari, solo negli ultimi due anni; contrabbandato petrolio crudo con il Cile; svendUto quantità di gas all’Argentina superiori a quelle concordate. Quando il Sistema de Impuesto Nacional prova recuperare almeno una parte di queste somme, le multinazionali chiedono ed ottengono dal governo Mesa la testa del dirigente di quella agenzia dello stato.

La precipitazione degli eventi

Agli inizi di maggio il parlamento approva alla fine un papocchio col quale si pretende chiudere la vicenda del gas: 18% di royalties e 32% di imposte tanto deducibili da far dire al rappresentante locale della Repsol non è cambiato niente. E in più recupero della proprietà del gas ma prolungamento a 40 anni delle concessioni. Praticamente una beffa! Per 10 giorni nei quali il movimento si organizza Mesa tiene tutti con il fiato sospeso, disponendo che la nuova legge, che continua a ritenere inappropriata sia posta sotto osservazione dal governo prima di essere eventualmente promulgata o reinviata alle camere.

Il 16 di maggio cade il termine costituzionale dato al Presidente per decidere. Mentre una manifestazione di oltre 100.000 persone marcia verso Plaza del Murillo (luogo dove risiede il governo a La Paz) per la nazionalizzazione del gas e le dimissioni del presidente, Mesa decide di non decidere, e così la legge, come sancito dalla Costituzione, viene approvata con la firma del Presidente del Parlamento il liberale Hormando Vaca Diez. Il 17 maggio Mesa riappare in televisione e con un discorso di 72 minuti dichiara finalmente conclusa la pagina sul gas ed elenca una infinità di misure e previsioni di spesa sociale con le quali pretende governare fino al 2007 in nome di un piano per la “Bolivia solidale”. Una buffonata priva di qualunque base materiale che consegue l'unico obiettivo di esacerbare ulteriormente gli animi. Marce e scioperi iniziano in tutto il paese.

Il 16 maggio il sindacato dei minatori, la Fstmb approva all'unanimità un ordine del giorno che chiede la nazionalizzazione senza indennizzo del gas ed interrompe i lavori del proprio 29° congresso. Immediatamente circa 500 minatori della città di Huanani si recano armati di dinamite a La Paz, conquistando in breve tempo la direzione del movimento. Nel resto del paese i minatori delle cooperative bloccano le strade, mentre gli insegnanti del magisterio rural come di quello urbano entrano in sciopero indefinito. Un serie di manifestazioni a El Alto mobilita tutti i settori e le organizzazioni sociali, che convocano a partire dal 23 lo sciopero generale indefinito: riprende l’assedio alla capitale! Da Caracollo, una cittadina nei pressi di Cochabamba, parte una marcia di 196 Km con direzione La Paz, che muove in 500 fra contadini della Csuctb, disoccupati organizzati e soprattutto militanti del Mas, guidati dal dirigente della Csuctb e senatore dello stesso Mas Romàn Loayza. Giungeranno il 23 in oltre 6.000 dopo aver attraversato e svuotato sperduti villaggi dell'altiplano, scontrandosi poi all’arrivo con le forze speciali di polizia a guardia della Plaza del Murillo. Nel frattempo è un moltiplicarsi di azioni, iniziative e manifestazioni nella capitale: nella sola giornata del 19 se ne contano 3 di più di 15.000 persone ciascuna. Nelle altre città più importanti del paese, Cochabamba, Sucre, Potosì, Oruro e Tarija, si organizzano e sfilano le filiazioni della Cob, dei fabriles (operai di fabbrica), studenti, insegnanti, sindacati del pubblico impiego e della salute, oltre agli onnipresenti minatori e contadini. Il 20 in parlamento si tenta di approvare, secondo i disegni del Mnr una legge per la convocazione nell'anno del Referendum per l'aUtonomia di Santa Cruz de La Sierra. 300 tra sindacalisti e minatori guidati dal dirigente della Cob Jaime Solares irrompono in aula eludendo il controllo della polizia e mettendo in disonorevole fuga i parlamentari. Nel movimento - con la sola eccezione, di cui diremo in seguito, del Mas e della Conamaq (una delle principali organizzazioni indigene del paese), una delle organizzazioni dei popoli originari - oramai si rivendicano la nazionalizzazione del gas senza indennizzo, le dimissioni di Mesa, la chiusura del parlamento e l'immediata convocazione dell'Assemblea Costituente. La Fejuve (federazione delle consigli spontanei di quartiere nati sotto la spinta delle mobilitazioni) soprattutto la Cor di El Alto proclamano apertamente la necessità di dar vita a un governo operaio e contadino. Un documento approvato all’unanimità dall’assemblea dei delegati della Cor di El Alto il 17 maggio conclude con questo appello:

Viva la nazionalizzazione degli idrocarburi!
Viva il popolo di El Alto, valoroso e combattivo!
Abbasso il parlamento e il suo governo!
Viva il governo del popolo degli operai e dei contadini!
El Alto sempre in piedi, mai in ginocchio!

La città de El Alto, sempre in piedi e mai in ginocchio come afferma l’ultima esclamazione, marca il passo di una ascesa rivoluzionaria senza precedenti. Si inneggia al governo operaio e contadino, si disprezza il governo e il parlamento in carica! Il capo della polizia David Aramayo dichiara la città in "allerta Massima", causa il fermo di un carico di 5.000 candelotti di dinamite diretti ai minatori che si sono accampati nella zona. La UMSA, la università de El Alto, come la Uto di Oruro si uniscono alla lotta. Gli studenti cominciano a segnalare la necessità di cambiare anche le rivendicazioni politiche del movimento, ed esprimono il loro rifiUto per l’Assemblea Costituente, ritenuta oramai definitivamente compromessa, a favore di una non meglio precisata Assemblea Popolare. È già un segnale. Infatti la carta dell’Assemblea Costituente è un tentativo da parte d i un settore della borghesia e soprattutto da parte dei riformisti (Mas in testa) di costruire una nuova verginità alla democrazia borghese in Bolivia ,ampiamente screditata tra le Masse, e di salvare i padroni e l’imperialismo dallo spettro del governo operaio e contadino, cioè dalla dittatura del proletariato che per loro vorrebbe dire perdere tutto. Nelle varie facoltà della UMSA vengono accolti e sistemati dagli studenti i circa 10/15mila contadini e operai che fin dalla lontana Santa Cruz de La Sierra sono arrivati a rinfoltire l’assedio a La Paz. Ad oriente 400 famiglie di Sin Tierra occupano un latifondo a Los Yuquises sconfiggendo militarmente i circa 200 sicari inviati dalle elite cruceñe, e facendo 68 ostaggi. Il paese piomba in pochi giorni nuovamente in piena guerra civile.

L’oriente ultima spiaggia della borghesia

In questo contesto il Comitè Civico di Santa Cruz de La Sierra fa la unica cosa che gli resti fare: soffiare sul fuoco. Più si complicano le cose a livello nazionale, più la borghesia si arrocca nelle proprie pretese aUtonomiste, più la sua fortezza diventa la sua prigione, per quanto dorata. German Antelo dirigente del Comitè dichiara che di fronte all’impasse e le incertezze di governo e parlamento, a Santa Cruz il 12 agosto si voterà non solo per la elezione del Prefetto, ma anche per il Referendum aUtonomista, come afferma egli stesso per difendere investimenti, per gestire direttamente le nostre ricchezze, contro la povertà e contro l’ingiustizia. Queste ciniche parole sono però pronunciate davanti a pochi intimi, non più alle Masse oceaniche del 28 gennaio. Di fronte alla volontà di anteporre la questione delle aUtonomie all’Assemblea Costituente la Central Obrera Departamental (Cod) di Santa Cruz de La Sierra si è già defilata. Tutt’attorno la città continua ad essere accerchiata dalla presenza campesina e dei popoli originari. Tutte le città più importanti della regione hanno forti presenze del Mas, che conta anche alcuni sindaci, tra i quali quello di San Julian e Santistevan, le città più grandi dopo il capoluogo, teatro di duri scontri per la terra. Nella stessa Santa Cruz il Mas è quarto partito con alcune centinaia di militanti e 35.000 voti. Come detto più volte l’idea separatista ha avUto, di fronte ad una crisi senza via d’uscita, una indubbia presa sull’egoismo dei ceti medi, piccola borghesia e sottoproletariato urbano, quest’ultimo vittima secondo l’ufficio migrazione dipartamentale, di un vero e proprio esodo verso i paesi ricchi che tocca punte Massime di 400 emigranti al giorno!

La polarizzazione della società spaventa le stesse elite. I duri scontri tra studenti e lavoratori e gruppuscoli autonomisti a Tarija mostrano nuovamente che è impossibile pretendere di sostituire lo scontro regionalista al conflitto di classe, quando questo è scatenato ed irrompe in modo così cosciente e fragoroso sulla scena. In altre parole le elite sanno fin troppo bene che quand’anche riuscissero a conquistare l’aUtonomia che cercano per riaffermare il controllo delle multinazionali sul gas e quello della borghesia sulla terra e le fabbriche dell’oriente boliviano, sposterebbero solo lo scontro dall’altopiano al cuore stesso della pianura cruceña e nella stessa Santa Cruz. Minatori delle imprese pubbliche e delle cooperative minacciano che marceranno in armi fino a Santa Cruz per impedire qualsiasi referendum. Un comunicato dei vertici militari annuncia che l’istituzione militare non accetterà, per questioni di prestigio e non solo, nessuna idea secessionista nè iniziative referendarie fuori dal recinto costituzionale. Ciononostante la borghesia teme che l’Assemblea costituente stabilisca la riduzione e la frammentazione del latifondo e già solo questo le basta per farle proseguire la strada verso il vicolo cieco nel quale si è cacciata: deve quantomeno tentare di controbilanciare le pressioni sociali sul tema del gas. Ed in nome della vera e propria guerra civile che, come più volte ricordato in passato, non si è mai fermata dal 2002 tra latifondisti e Sin Tierra, non rinuncia a fare appello alla più statalista delle istituzioni locali, la prefettura, spingendo il prefetto in carica a dimettersi e quello nuovo ad inviare 500 militari e 300 poliziotti per sgomberare le occupazioni di terre a Los Yuquises. Ogni parola pronunciata da Antelo e dai suoi a Santa Cruz provoca decine di manifestazioni in tutte le altre città del paese. Ancora una volta però le ambigue dichiarazioni di Morales, le sue formali aperture ad una diversa visione dell’autonomia dentro l’assemblea costituente impediscono l’organizzazione del dissenso e di contro manifestazioni per provare la forza dei lavoratori dell’oriente. Come si chiede un giornalista boliviano sulle colonne de El Diario: chi rappresenta oggi il Mas?

La crisi del Mas

Il 23 come detto giunge a La Paz la marcia campesina da Caracollo. Intervistato al 4 giorno di cammino Romàn Loayza (dirigente del sindacato contadino e senatore del Mas) afferma testualmente: “chiedevamo il 50% di royalties e imposte. Il popolo ci ha scavalcato e chiede la nazionalizzazione. Si deve lottare per la nazionalizzazione!” Peccato che nelle stesse ore Morales fischiato nelle manifestazioni, dica esattamente il contrario. Nell’assemblea aperta che si tiene nella centralissima Plaza San Francisco di La Paz davanti a decine di migliaia di militanti, minatori, contadini, la differenza diventa addirittura imbarazzante. Dopo Morales che tenta nuovamente di spiegare le sue ragioni moderate, interviene Loayza per letteralmente comunicare che “diamo 4 giorni di tempo al governo per convocare l’Assemblea costituente e nazionalizzare senza indennizzo il gas, in caso contrario prenderemo il parlamento!”.

Il 25 ad una conferenza stampa che i due tengono congiuntamente dopo tre giorni di silenzio si nota chiaramente il faticoso lavoro di ricucitura dello strappo. Afferma Morales che la richiesta di recuperare il possesso di tutti i pozzi che erano già in uso prima dei contratti siglati da Goni in violazione della costituzione rappresenta una nazionalizzazione di fatto, e che la priorità è adesso quella della immediata convocazione dell’Assemblea Costituente. Loayza conferma l’importanza della Assemblea Costituente senza seguire però il proprio dirigente nelle sua arrampicata sugli specchi sul tema del gas e comunicando una tregua di tre giorni al governo, giustificata dalla lunghezza della marce e dalla durezza dei primi scontri più che dal sopraggiungere delle due festività del Corpus Domini e del Dia de la Madre. Loayza sa bene che la base del Mas in tutto il paese si è oramai completamente integrata nel coro generale ni treinta ni cincuenta: Nacionalizacion! Che quello tra Morales e Loayza sia un gioco delle parti o qualcosa di più profondo, e comunque vadano le cose, sembra sempre più probabile una resa dei conti in questo partito.

La crisi arriva dentro le Forze Armate

L’esercito, con la sola eccezione delle diffide pronunciate al Comitè Civico Cruceño, sembra arbitro impassibile degli eventi e garante della costituzione. Ma è solo apparenza. Già durante le giornate del febbraio e dell’ottobre 2003 la partecipazione attiva di militari e quadri intermedi della polizia e dell’esercito aveva giocato un ruolo decisivo a favore delle lotte. Anche oggi si avverte che qualcosa di simile stia accadendo. Il ministro dell’interno Saul Lara denuncia che alcuni dirigenti dei settori sociali in lotta stanno bussando alle porte delle caserme per preparare un colpo di stato. Nei giorni precedenti il dirigente della Cob Jaime Solares lancia numerosi appelli affinché l’esercito combatta fianco a fianco degli operai, e chiede che emerga finalmente dalle forze armate un militare nazionalista che si opponga alla spoliazione della Bolivia e si presti a dar vita ad un governo civico militare con le dirigenze sindacali. Dopo pochi giorni due tenenti colonnello Julio Herrera e Julio Galindo, facendo proprie i proclami del dirigente sindacale, in una conferenza stampa da loro stessi convocata dichiarano di rappresentare un movimento "generazionale" delle forze armate che chiamano ad uscire allo scoperto per dar vita con la Cob ad un governo che nazionalizzi il gas, cacci dal paese le oligarchie e convochi l’Assemblea Costituente. Al momento pare che i due rappresentino solo se stessi, tant’è che sono stati degradati senza evidenti sommovimenti nell’esercito. Ma è evidente che, anche sulla base dei messaggi diretti di molti dirigenti sindacali, le forze armate, con base prevalentemente contadina, stiano interiorizzando la crisi complessiva della società boliviana.

Solares nei suoi appelli richiama esplicitamente Hugo Chavez e l’esperienza della rivoluzione bolivariana, la cui influenza nel continente sudamericano cresce di giorno in giorno, anche se come in questo caso, per fare passi indietro più che in avanti. Più che al Venezuela infatti il riferimento è ad una esperienza tutta boliviana, i due bienni tra il 1968 ed il 1971, quando il generale Alfredo Ovando, e soprattutto successivamente il generale Juan Jose Torres, di fronte ad una situazione di impasse politico istituzionale, contro le grandi multinazionali del settore minerario e del petrolio statunitensi (United States Stewel and Quemical Phillips Corporation, International Metal Processing Co. e Gulf Oil Company) ed il controllo statunitense dello stato boliviano diedero vita a due giunte militari di sinistra con programmi fatti di nazionalizzazione e Assemblea Costituente.

In luoghi dove le condizioni economiche (oggi sempre più risicate ovunque) e quelle politiche non permettono margini di mediazione tra le classi sociali, le forze armate rappresentano l’elemento in molti casi decisivo per regolare le oscillazioni del pendolo della lotta di classe. Lo sanno bene negli USA dove si sono premurati di addestrare intere generazioni e generazioni di militari sudamericani. Un paese lontano come quello boliviano ha circa 4.000 quadri militari addestrati alla Escuela Militar de Las America istituzione USA a Panama. L’esercito già di per sé, per la sua struttura gerarchica, può essere portato completamente a favore della rivoluzione solo decapitandolo della sua direzione borghese, mettendo cioè i soldati di fronte alla scelta tra la organizzazione rivoluzionaria della società e la fedeltà all’ordine borghese e gerarchico militare, tra i propri amici e familiari in marcia per la giustizia e gli interessi privati e di classe dei propri comandi. Senza di ciò basta che venga meno, si spezzi uno degli anelli della catena di comando per far si che l’esercito torni a svolgere il suo ruolo di garanzia della proprietà privata. Così, nel caso citato, dopo due anni di smobilitazione delle lotte, Torres fu deposto dal colpo di stato del generale Bànzer, il cui governo fortemente repressivo durò per quasi tutti gli anni ’70, fino a quando non furono raccolte forze sufficienti a farlo cadere.

Hanno ragione in questo caso Morales e gli altri che con lui rigettano qualsiasi tentativo di golpe da qualsiasi parte venga, anche se lo dicono per difendere la democrazia borghese. Un governo civico militare adesso, con la situazione attuale, potrebbe essere niente più e niente meno che il cavallo di troia attraverso il quale rispedire a casa quanti oggi occupano le strade, per poi al momento opportuno iniziare un ciclo nuovo di dittature militari, col pretesto che qualsiasi governo civico militare oggi, senza portare a termine i compiti della rivoluzione boliviana, avrebbe ben pochi margini per fare veramente quanto promesso.

La crisi del governo e la fine della tregua

Perché è sempre più evidente la impossibilità di rimandare a casa a mani vuote le decine di migliaia di minatori, operai e contadini che continuano ad accorrere a La Paz per chiedere la nazionalizzazione del gas. Il governo non è assolutamente in grado di farlo, pur riuscendo a mettere qualche pezza temporanea come nel caso dei minatori delle cooperative private, prima soddisfatti nelle loro rivendicazioni settoriali, poi coinvolti nuovamente nella lotta dalle spinte secessioniste d’oriente. Durante la tregua del Dia de la Madre sono scesi in piazza, dall’alba, gli insegnanti in tutto il paese. A La Paz hanno fatto 3 feriti tra la polizia e costretto nella stessa giornata la Ministra Quiroga a dimettersi. Era appunto un giorno di tregua. Oggi lunedi 30 la tregua termina definitivamente e martedì si riunisce nuovamente il parlamento. Se da quella seduta non dovesse venire, cosa molto più che probabile, nessuna concessione alla piazza, il proposito di lanciarsi alla presa del parlamento diventerà piano di guerra! Una settimana decisiva inizia per la rivoluzione boliviana!

Il valoroso popolo boliviano non potrà mantenersi mobilitato per sempre, e quanto accade in questi giorni in Bolivia, specie a La Paz, dimostra una volontà inedita di giocarsi stavolta il tutto per tutto. Basta fare una visita ad Indymedia Bolivia (http://www.bolivia.indymedia.org) per rendersi conto che la consegna generale, da La Paz a Cochabamba e in tutto il paese, è nacionalizacion o muerte. Ci è capitato, ascoltando una trasmissione in diretta su la Radio Erbol, di ascoltare militanti chiamare per chiedere e chiedersi “come si fa adesso a fare il socialismo”. In realtà i lavoratori i contadini e gli studenti boliviani hanno ben chiaro cosa vogliono fare, come dimostrano i documenti della COR, del sindacato giornalisti e quello dei minatori, che affermano tutti la necessità di dar vita ad un governo operaio e contadino: tutto questo andrebbe semplicemente organizzato a partire da quelle strutture di contropotere esistenti, quali sono diventate in questi anni di lotta le juntas vecinales di El Alto. Ma né Solares né tantomento Morales o Loayza sembrano pensare a questo. In questa situazione e di fronte all’impossibilità di giovarsi veramente come vorrebbero dell’autonomismo cruceño, l’unica alternativa possibile alla borghesia sembra davvero essere quella di una svolta aUtoritaria, che per affermarsi però, dovrebbe necessariamente lasciarsi alle spalle una lunga scia di sangue. Non è certo che l’esercito abbia dentro la fermezza per farlo, né tantomeno è detto ci riesca. In alternativa l’assist offerto da Solares potrebbe essere raccolto da personaggi diversi da quelli che il dirigente sindacale chiamava ad esprimersi. In questi giorni il governo è impegnato in una campagna di discredito del movimento del tutto nuova: chi sciopera è accusato di farlo in cambio di denaro - costume che invece, è provato, appartiene al Comitè Civico Cruceño - proveniente non si capisce bene da chi. Secondo alcuni analisti questo potrebbe servire a preparare un intervento militare, forse anche esterno pur essendo questa, oggettivamente, la più remota delle possibilità. La mediazione offerta da Argentina e Brasile serve a ben poco, essendo mossa dai precisi e particolari interessi di questi due paesi.

La situazione è tutt’altro che semplice. Liberarsi di queste direzioni miopi del movimento, estendere ad oriente la mobilitazione offrendo una alternativa a quei settori sociali di ceto medio e sottoproletariato urbano conquistati dalla propaganda secessionista, estendere a tutto il paese l’organizzazione delle strutture di contropotere per dar vita al governo operaio contadino che si rivendica: queste sono gli attuali compiti della Rivoluzione Boliviana. Socialismo o barbarie: questa l’unica alternativa!

30 maggio 2005

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Titolo Autore Data
in ritardo ma vale comunque Peppe Letizia Thursday, Jun. 08, 2006 at 12:21 PM
PS sempre io Wednesday, Jun. 01, 2005 at 1:27 AM
Da La Paz Non esageriamo Wednesday, Jun. 01, 2005 at 1:17 AM
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