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CHIAPAS: ALLARME ROSSO
by Annamaria Tuesday, Jun. 21, 2005 at 9:26 AM mail:

COMUNICATO EZLN: ALLARME ROSSO NEI TERRITORI ZAPATISTI.

COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO -
COMANDO GENERALE DELL'ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE.
MESSICO

19 GIUGNO 2005.

AL POPOLO DEL MESSICO:
AI POPOLI DEL MONDO:

FRATELLI E SORELLE:

A PARTIRE DA OGGI, L'ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE HA DECRETATO, IN TUTTO IL TERRITORIO RIBELLE, UN

ALLARME ROSSO GENERALE.

IN BASE A QUESTO COMUNICHIAMO QUANTO SEGUE:

PRIMO. - IN QUESTO MOMENTO SI STA PROVVEDENDO ALLA CHIUSURA DEI CARACOLES E DEGLI UFFICI DELLE GIUNTE DI BUON GOVERNO CHE SI TROVANO NELLE COMUNITÀ ZAPATISTE DI OVENTIK, LA REALIDAD, LA GARRUCHA, MORELIA E ROBERTO BARRIOS, E DI TUTTE LE SEDI DELLE AUTORITÀ DEI DIVERSI MUNICIPI AUTONOMI RIBELLI ZAPATISTI.

SECONDO. - SI STA PROCEDENDO ANCHE ALL'EVACUAZIONE DEI COMPONENTI DELLE DIVERSE GIUNTE DI BUON GOVERNO E DELLE 'AUTORITÀ AUTONOME, PER LA LORO SICUREZZA. DA ADESSO E PER UN PERIODO INDEFINITO ESEGUIRANNO IL LORO LAVORO IN FORMA CLANDESTINA E ITINERANTE. SIA I PROGETTI CHE IL GOVERNO AUTONOMO CONTINUERANNO A PROCEDERE E LAVORARE ANCHE SE IN CONDIZIONI DIVERSE DA QUELLE PRESENTI FINO AD ORA.

TERZO. - NEI DIVERSI CARACOLES SI MANTERRANNO IN FUNZIONE I SERVIZI DI BASE DI SALUTE COMUNITARIA. A FRONTE DI QUESTI SERVIZI CI SONO DEI CIVILI, CHE IL CCRI-CG DELL'EZLN SOLLEVA DA OGNI RESPONSABILITA' PER QUALSIASI DELLE SUE AZIONI FUTURE E PER I QUALI ESIGIAMO TRATTAMENTO DA POPOLAZIONE CIVILE E RISPETTO DELLA LORO VITA, LIBERTA' E BENI DA PARTE DELLE FORZE GOVERNATIVE

QUARTO. - SONO STATI RICHIAMATI TUTTI GLI ELEMENTI DEL NOSTRO EZLN CHE STAVANO SVOLGENDO LAVORO SOCIALE NELLE COMUNITÀ ZAPATISTE E LE NOSTRE TRUPPE REGOLARI SONO STATE ACQUARTIERATE. INOLTRE, SONO STATE SOSPESE PER UN TEMPO INDEFINITO TUTTE LE TRASMISSIONI DI RADIO INSURGENTE, "LA VOCE DEI SENZA VOCE", IN MODULAZIONE DI FREQUENZA ED ONDA CORTA.

QUINTO. - CONTEMPORANEAMENTE ALLA DIFFUSIONE DI QUESTO COMUNICATO, SI ESORTANO LE SOCIETÀ CIVILI NAZIONALI ED INTERNAZIONALI CHE SI TROVANO IN ATTIVITA' PRESSO GLI ACCAMPAMENTI DI PACE ED IN PROGETTI NELLE COMUNITÀ, A LASCIARE IL TERRITORIO RIBELLE O, SE È LORO DECISIONE LIBERA E VOLONTARIA, DI RIMANERE A LORO RISCHIO E SOTTO LA LORO RESPONSABILITA', CONCENTRATI NEI CARACOLES. NEL CASO DI MINORENNI, LA PARTENZA E' OBBLIGATORIA..

SESTO. - L'EZLN ANNUNCIA LA CHIUSURA DEL CENTRO DI INFORMAZIONE ZAPATISTA (CIZ) NON SENZA PRIMA RINGRAZIARE LE SOCIETÀ CIVILI CHE HANNO COLLABORATO CON ESSO, DALLA SUA FORMAZIONE FINO AD OGGI. IL CCRI-CG DELL'EZLN SOLLEVA FORMALMENTE QUESTE PERSONE DA QUALSIASI RESPONSABILITÀ PER LE AZIONI FUTURE DELL'EZLN.

SETTIMO. - L'EZLN SOLLEVA TUTTE LE PERSONE ED ORGANIZZAZIONI CIVILI, POLITICHE, CULTURALI, CIVICHE, NON GOVERNATIVE, COMITATI DI SOLIDARIETA' E GRUPPI DI APPOGGIO CHE SI SONO AVVICINATI A NOI DAL 1994, DA QUALSIASI RESPONSABILITA' PER NOSTRE AZIONI FUTURE. RINGRAZIAMO TUTTI E TUTTE COLORO CHE, CON SINCERITA' ED ONESTA', IN QUESTI QUASI 12 ANNI HANNO APPOGGIATO LA LOTTA CIVILE E PACIFICA DEGLI INDIGENI ZAPATISTI PER IL RICONOSCIMENTI COSTITUZIONALE DEI DIRITITI E DELLA CULTURA INDIGENI.

DEMOCRAZIA!
LIBERTA'!
GIUSTIZIA!


Dalle Montagne del Sudest Messicano.
Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'
Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, nel sesto mese dell'anno 2005

(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo

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solidarietà
by lino Tuesday, Jun. 21, 2005 at 9:52 AM mail:

solidarietà all'ezln e alla popolazione tutta zapatista.
qualcuno potrebbe spiegare o fornire link di documentazione su come è degenerata la situazione negli ultimi tempi?

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ansa
by ansa Tuesday, Jun. 21, 2005 at 10:14 AM mail:

L'Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), insorto in armi nel 1994 in Chiapas contro il governo centrale messicano, ha dichiarato lo stato di "allerta rossa" in tutti i territori controllati dalla guerriglia ed ha annunciato non meglio precisate "azioni imminenti".

In un documento in 7 punti datato 19 giugno ma fatto pervenire oggi alla stampa, il portavoce dell'Ezln, il carismatico subcomandante Marcos, ha inoltre annunciato l'evacuazione e la chiusura delle comunità indigene di Oventik, La Realidad, Morelia e Roberto Barrios. "Invitiamo tutti i rappresentanti della società civile e gli stranieri che collaborano ai progetti di cooperazione nelle comunità sotto il controllo zapatista ad abbandonare il territorio in rivolta", ha scritto Marcos. Il leader zapatista ha precisato che chi intende rimanere "lo fa sotto la propria responsabilità", ma ha annunciato che "tutti i minorenni saranno obbligati a partire".

Il Comitato clandestino rivoluzionario indigeno, lo stato maggiore dell'Ezln, ha inoltre "richiamato" tutti gli zaptisti impegnati in lavori socialmente utili in Chiapas. Senza spiegare i motivi dell'allerta rossa, la prima decretata in 8 anni, l'Ezln ha inoltre annunciato la sospensione di tutti i programmi della propria emittente radiofonica, La voce dei senza voce, che trasmetteva in bassa frequenza.

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info complete
by hkn Tuesday, Jun. 21, 2005 at 11:20 AM mail:

http://chiapas.indymedia.org/

la miopia della stampa e' intollerabile.

le motivazioni della scelta dell'EZLN
sono il disgusto verso TUTTI i partiti
compresi quelli che hanno promessso sostegno
ma che nei programmi elettorali propongono
per l'ennesima volta soluzioni neoliberiste.

e' scattata l'ora sesta:
INSURGENZIA!

leggetevi quest'altro comunicato del subcomandante Marcos, pubblicato su indychiapas contestualmente all'"allarme rosso".
http://chiapas.indymedia.org/display.php3?article_id=113778



La (imposible) ¿geometría? del Poder en México

Subcomandante insurgente Marcos

Lupa
Foto
Notimex

Subcomandante Marcos

¿O geografía? No, la geografía es eso de norte, sur, oriente y poniente. ¿O será la geología? No, ésa trata de las piedras (como eso de "qué bonita piedrecita para darse un tropezón"). La geometría es lo de área, volumen, largo, ancho y no-sean-mal-pensad@s. Mmh... ya me estoy haciendo el chistosito. Quizá porque a much@s no les va a gustar lo que vamos a decir. Porque nos referiremos a la supuesta diferencia entre la derecha, el centro y la izquierda en la política de arriba. Y luego pues están las complicaciones: ultraderecha, derecha moderada, derecha confesional, izquierda "leal a las instituciones", ultra izquierda o radical, izquierda moderada, centro, centro-izquierda, centro-derecha, centro-centro, defensa central y centro delantero. Pero allá arriba todos dicen ser una u otra cosa, según lo que diga el nuevo dedo, es decir, el rating. Así que a los que vemos un día en un lugar, al otro ya están en el opuesto. Y hasta duele el pescuezo de ver cómo brincan de uno a otro lado. O sea que un relajo. O una geometría imposible.

Para tratar de entender esa geometría hay que tomar en cuenta, según nuestra opinión, que el capitalismo en la globalización neoliberal está realizando una auténtica guerra mundial, en todas partes y en todas las formas. Esta guerra no sólo destruye, entre otras cosas, las relaciones sociales. También trata de reordenarlas según la lógica del vencedor. Entre los escombros producidos por esta guerra de reconquista, yacen las bases materiales, económicas, del Estado-Nación tradicional. Pero no sólo eso, también se encuentran destruidos, o con daños severos, los aparatos y las formas de dominación tradicionales (las relaciones dominante-dominado, dominante-dominante, y dominado-dominado). Por lo tanto, la destrucción también alcanza a la clase política tradicional, a su constitución, a sus relaciones internas, a sus relaciones con el resto de la sociedad (no sólo con los dominados) y a sus relaciones con las clases políticas de otras naciones (las llamadas relaciones internacionales). De esta manera, la guerra neoliberal ha desfigurado la política tradicional y la hace marchar al ritmo de un espot publicitario, y la destrucción provocada por la bomba neoliberal en la política mexicana ha sido tan efectiva que, también según nuestro modesto punto de vista, allá arriba no hay nada qué hacer. Si acaso, programas cómicos. Se supone que allá arriba, por ejemplo, hay centro, izquierda y derecha, Pero en tiempos electorales todos se amontonan en el centro. O sea que como que la geometría se encoge y todos se amontonan en el centro gritando: "YO SOY"...

"Yo soy", dice el Partido Acción Nacional.

El PAN, el partido de la nostalgia por la lucha democrática, Gómez Morín y el "humanismo político". La nostalgia por el Opus Dei, el MURO, la ACJM y Canoa. La nostalgia por la guerra de los cristeros, la sábana santa y el Cerro del Cubilete. La nostalgia por las buenas conciencias, las buenas costumbres, la gente bien. La nostalgia por el triunfo cultural y la sección de sociales en los periódicos (cuando era diferente a la policiaca). La nostalgia por Maximiliano, Carlota, Elton John y el tiempo en que fuimos Imperio. La nostalgia por la aspirina dominical administrada desde el púlpito del pederasta, el ring side en la visita del o al Papa, y los retiros espirituales de "salvemos al mundo del diablo comunista, seamos soldados de dios". La nostalgia por las tardes del bridge, el té- canasta, los Caballeros de Colón. La nostalgia por la quema de las boletas de la elección de 1988 y el cogobierno con el PRI. La nostalgia por un calendario en el que no estuvieron. La nostalgia por "la Patria, mi buen, es la historia recluida en un convento".

Al igual que el actual gobierno federal, el PAN es hoy dirigido por la organización de ultraderecha El Yunque. Bajo su peso yace el PAN histórico y su nostalgia por las familias arropadas con cobijas azules. Y es El Yunque el que (quién lo dijera) nos trata de convencer de que el PAN es ahora una organización política de centro. Y nos presenta, como posibles candidatos presidenciales, a una constelación de mediocres, donde, honor a quien honor merece, puntea el gris coupier Santiago Creel Miranda (me parece, no estoy seguro, que fue secretario de Gobernación en el interinato de Fox-Sahagún -hoy se le puede encontrar llorando al hombro de la Coyota Fernández de Cevallos-). Una lista de precandidatos en la que la única con reales posibilidades de competir no aparece... todavía. Pero ella ya mueve las piezas que El Yunque le proporciona para colarse. Primero para obtener un puesto que le asegure la impunidad (la que ya prometió Andrés Manuel López Obrador sin que nadie se lo pidiera -bueno, cuando menos no se lo pidieron públicamente-), y luego, cuando acabe de desinflarse el globo fugaz de Creel, acceder al clamor que en las catacumbas de la derecha le pide, le implora, le suplica, le demanda, le exige que sea candidata a la presidencia de México. Candidata de centro, por supuesto.

"Yo soy", dice el PRI, el Partido Revolucionario Institucional.

El PRI, el partido del "desarrollo estabilizador". El creador del sistema de partido de Estado, desnudado en su momento por los análisis de José Revueltas, Adolfo Gilly, Daniel Cosío Villegas, Pablo González Casanova. El de "Mister Amigou". El de la represión a los médicos, los ferrocarrileros, los electricistas. El de las matanzas del 2 de octubre de 68 y del 10 de junio de 1971. El de la guerra sucia en los 70 y 80. El de las devaluaciones. El de los fraudes electorales. El de los "ratones locos", las "casillas zapato", la "operación tamal", la democracia electoral sintetizada en la consigna de "matraca y gorra, refresco y torta". El del robo, el despojo, el fraude, el asesinato, a obreros, campesinos, estudiantes, maestros, empleados. El de Fidel Velásquez, Rodríguez Alcaine, Jonguitud, Elba Esther Gordillo. El de la Colina del Perro. El de Absalón Castellanos, El del fraude electoral de 88. El del clan Salinas de Gortari. El de la contrarreforma al artículo 27 de la Constitución. El de la frustrada entrada al Primer Mundo. El de la matanza del mercado de Ocosingo. El del solitario Aburto y el aún más solitario Colosio. El de la traición de febrero de 95. El del IVA. El de Acteal, El Charco y Aguas Blancas. El del inicio de la pesadilla en Ciudad Juárez. El de "firmo un acuerdo y no lo cumplo". El de "no traigo cash". El de la ruptura violenta de la huelga estudiantil en la UNAM, en 1999. El de la historia como propaganda electoral. El de la imposición de las políticas neoliberales que han destruido los cimientos de México. El de la privatización de las empresas estatales y paraestatales. El del voto por el desafuero. El del crimen organizado en partido político. El de "la-Patria-mi-buen-es-una-puta-que-regentea-el-más-picudo-o-sea-yo-mero".

Sobre el PRI no hay mucho que agregar a lo dicho y padecido de él. El PRI, surgido de la revolución mexicana de 1910, es, hoy por hoy, el partido con más posibilidades de provocar una nueva revolución en todo el país. El PRI no tiene ligas con el crimen organizado: él forma parte de la dirección de los cárteles del narcotráfico, del secuestro, de la prostitución, del tráfico de personas. El cinismo con el que sus dirigentes desechan la memoria los lleva a hablar y hacer como si no llevaran más de 70 años abusando del poder y lucrando con su ejercicio. Las precampañas y campañas del PRI son el mejor vehículo para provocar la indignación de la gente... y su rebelión.

¿Ejemplos? Enrique Jackson financia su campaña con dinero del crimen organizado, es decir, el narcotráfico, la prostitución y el secuestro. Lo usado para publicidad televisiva lo obtiene de los rescates por el secuestro de miembros de las familias pudientes a las que ahora promete "orden" en horario estelar. En su lado, Roberto Madrazo, un gángster sin escrúpulos, ha pasado de planear la eliminación de sus contrincantes a planear su seguridad para que no lo asesinen a él (aunque el traer como perrito faldero al Croquetas Albores no lo protege de nada). Por su parte, Montiel, Yarrington y Martínez, mientras tanto, pasan lista a sus pistoleros, y la Paredes suspira, es decir, acecha. En la mejor tradición priísta, la candidatura se resolverá en las cloacas del poder político (o sea que Elba Esther decidirá). La violencia criminal que azota el país no es más que la lucha entre los cárteles por la candidatura presidencial del PRI. Los que pierdan se irán, junto con sus jefes priístas, no a la cárcel... sino al PRD. Quien quede nos dirá que es de centro.

"Yo soy", dice el PRD, el Partido de la Revolución Democrática.

El PRD, el partido de los "errores tácticos". El error táctico de, con sus pactos electorales, fomentar los negocios de familias disfrazadas de partidos. El error táctico de aliarse al PAN en algunos estados y al PRI en otros. El error táctico de la contrarreforma indígena y los paramilitares de Zinacantán. El error táctico de Rosario Robles y los videoescándalos. El error táctico de hostigar y reprimir el movimiento estudiantil de la UNAM en 1999. El error táctico de la "ley Ebrard" y la "ley Monsanto". El error táctico de ceder el Zócalo de la ciudad de México a los monopolios de espectáculos. El error táctico de hacer equipo con los salmistas. El error táctico de la importada "tolerancia cero" y de perseguir a jóvenes, homosexuales y lesbianas por el "delito" de ser diferentes. El error táctico de traicionar la memoria de sus muertos, hacer candidatos a sus asesinos y reciclar a los desaforados de las candidaturas priístas. El error táctico de convertir movimientos populares en burocracias partidista y gubernamental. El error táctico de manipular las muertes de Digna Ochoa y Pável González para halagar a la derecha. El error táctico de la indefinición frente a los movimientos de resistencia y liberación en otros países, de bajar la cabeza frente al poder estadunidense y de tratar de congraciarse con los poderosos. El error táctico de sus luchas intestinas y los fraudes en las elecciones internas.

El error táctico de la alianza con el narcotráfico en el DF. El error táctico de pedirle dinero a la gente mintiéndole al decir que es para ayudar, "bajo el agua", a los zapatistas. El error táctico del cortejo vergonzante a los sectores más reaccionarios del clero. El error táctico de usar a los muertos en la lucha como carta de impunidad para robar, despojar, corromper, reprimir. El error táctico de correr, loco de contento con su cargamento de errores tácticos, al centro. El error táctico de "la Patria, mi buen, no es más que un presupuesto en disputa".

Y en el centro del PRD... "Yo soy", dice Andrés Manuel López Obrador, AMLO.

Y contra AMLO se lanzó la (alguna vez feliz) pareja presidencial, desenfundando la PGR en una mano, la Suprema Corte de Justicia en la otra, el Congreso de la Unión en gayola, y los medios de comunicación compensando la pérdida de rating de sus reality shows y su barra cómica. El proceso de desafuero fue, además de una comedia con ribetes trágicos, un indicador del descontento popular (no mi buen, ya no puede uno burlarse de la gente como antes) y, sobre todo, un inmejorable empuje electoral... para el desaforado.

Y contra AMLO se lanza Cárdenas Solórzano acusándolo de declararse de centro desde el inicio y no seguir su tradición de iniciar declarándose de izquierda... e irse corriendo al centro conforme avanza la campaña. Criticándole el tener el control del PRD y hacer uso discrecional de él... después de que Cárdenas hizo lo mismo tantos años. Echándole en cara las alianzas que hace, olvidando que a las hechas por Cárdenas se debe el enriquecimiento de familias (como el Partido de la Sociedad Nacionalista, de los Riojas) y la liga del PRD con el sinarquismo -el mismo que encapuchó la estatua de Juárez (el Partido de Acción Social), cuando aceptó la postulación por esos dos partidos en 2000-. López Obrador. El AMLO proyectado a las alturas de la democracia "moderna" (o sea, las encuestas) por la absurda y ridícula campaña de la pareja presidencial. El que convirtió la movilización ciudadana contra el autoritarismo del desafuero en un acto de promoción personal y de destape electoral. El que no dijo, en la movilización contra el desafuero, la frase que realmente correspondía, a saber, "ningún dirigente tiene derecho a encabezar un movimiento en torno a una causa justa para, a espaldas de la mayoría, sujetarlo a su proyecto personal de búsqueda del poder y negociarlo para eso". El que convoca a una marcha del silencio y, en lugar de respetarlo, la usa para hablarle al Poder, imponiéndole a todos la palabra de uno. El de la alquimia que transforma un millón 600 mil silencios en la voz de Don Porfirio que, a pesar de la silbatina (ésa sí "histórica"), fue escuchada por quien fue el interlocutor de esa marcha: el Poder. El que trastocó (y devaluó) el triunfo popular de la marcha del 24 de abril y lo convirtió en un logro personal en su carrera presidencial. El ex desaforado. El que acusó al Poder de arbitrario y luego intercambió con él exoneraciones mutuas. El denunciante de "complots" que luego elogia como "estadistas" a quienes acusó de urdirlos. El que tiene, como uno de sus primeros "comités de apoyo" indígenas en Chiapas, a los caciques y paramilitares de Zinacantán, los mismos que agredieron la marcha zapatista del 10 de abril de 2004. El que ya se ve a sí mismo cruzado por la banda presidencial. El que, entre sus primeras ofertas de gobierno, garantizó la impunidad para quienes han asesinado y desaparecido a luchadores sociales, a quienes han sumido a México en la miseria y se han enriquecido a costa del dolor de todos. El que, con sus actos, le dice a la gente "los desprecio desaforadamente".

López Obrador. El que se comparó a sí mismo con Francisco I. Madero... olvidando que el símil con Madero no termina con el demócrata encarcelado por Porfirio Díaz, sino que continúa con el Madero que formó su equipo de gobierno con los mismos porfiristas (y que fue traicionado por uno de ellos). Con el Madero que, dando las espaldas a las demandas de los desposeídos, se dio a la tarea de mantener la misma estructura económica de explotación, despojo y racismo construida en el régimen porfirista. A AMLO y a los jilgueritos que revolotean a su lado se les "olvidaron" esos detalles.

Y, sobre todo, se les "olvidó" que, frente a Madero, los zapatistas enarbolaron el Plan de Ayala, aquel plan sobre el que Madero dijo, palabras más o menos, "publíquenlo, que todos sepan que ese Zapata está loco". Pero basta de historia pasada y de comparaciones. Estamos a principios del siglo XXI y no del siglo XX, en una sucesión adelantada por la ambición desbocada de una mujer.

Para saber cuál es el proyecto de quien aspira al Poder no hay que escuchar lo que dice hacia abajo, sino lo que dice hacia arriba (por ejemplo, en las entrevistas a los diarios estadunidenses New York Times y Financial Times). Hay que escuchar lo que les ofrece a quienes mandan en realidad.

La oferta central del programa presidencial de AMLO no es vivir en Palacio Nacional y convertir Los Pinos en la nueva sección del Bosque de Chapultepec. Es "estabilidad macroeconómica", es decir, "ganancias crecientes para los ricos, miseria y despojos crecientes para los desposeídos, y un orden que controle el descontento de estos últimos".

Cuando se critica el proyecto de AMLO no se trata de criticar un proyecto de izquierda, porque no lo es, así lo ha declarado y prometido López Obrador al Poder de más arriba. El ha sido claro y sólo no lo ven quienes no quieren verlo (o no les conviene verlo) y se siguen esforzando por verlo y presentarlo como un hombre de izquierda. El de AMLO es un proyecto, según él mismo lo definió, de centro.

Y el centro no es más que una derecha moderada, una puerta a la clínica de cirugía plástica que transforma a los luchadores sociales en déspotas y cínicos, una macroeconomía estabilizada con segundos pisos y conferencias de prensa mañaneras.

Nosotros hemos visto y analizado de cerca el gobierno de AMLO en el DF. Y no en la prensa, en los círculos selectos o en los segundos pisos, sino abajo, en la calle. Creemos que hay ahí el germen de un autoritarismo y un proyecto personal transexenal. La imagen de Carlos Salinas de Gortari construida por AMLO es, en realidad, un espejo. Por eso la conformación de su equipo. Por eso su programa tan cercano a aquel del "liberalismo social" del salinismo. ¿Dije "cercano"? Más bien, la continuación de ese programa. Esto se encuentra todavía oculto por la avasallante estupidez de la ultraderecha (que parece chivo en cristalería) y por el mismo caos ideológico que reina en la clase política mexicana, pero no tardará en hacerse evidente. Tal vez por ese ocultamiento, algun@s intelectuales, además de destacad@s luchador@s sociales, le proporcionan su cálido aliento al huevo de la serpiente que hoy anida en el gobierno de la ciudad de México.

Frente a López Obrador no estamos enfrente de un líder nostálgico del pasado nacionalista revolucionario, sino de alguien con un proyecto muy claro de presente... y de futuro. AMLO no está pensando en realizar su proyecto en un solo sexenio (por eso su equipo es el mismo de aquel célebre "gobernaremos por muchos años"). Y, contra lo que piensan algunos, López Obrador no ofrece volver al pasado populista que tanto aterra al poder económico. No, AMLO oferta una mediación y una administración "modernas" (o sea terminar lo que dejó pendiente Salinas de Gortari). Y más: ofrece crear las bases de un Estado "moderno", por eso se esfuerza en diferenciarse de Lula, Chávez, Castro y Tabaré. Y el ofrecimiento no lo hace a los de abajo o a lo que queda de la Nación mexicana, sino a quien manda en realidad: el poder financiero internacional. La de él no será una administración neoliberal con la mano izquierda (Lula en Brasil, Tabaré en Uruguay, Kirchner en Argentina), ni un gobierno socialista (Castro en Cuba), ni un nacionalismo popular (Chávez en Venezuela), sino EL NUEVO MODELO DE ESTADO NO-NACIONAL (ese engendro de la guerra neoliberal) en América Latina.

Si Carlos Salinas de Gortari fue el gobernante ejemplar de operador de la destrucción neoliberal en México, López Obrador quiere ser el paradigma del operador del reordenamiento neoliberal. Ese es su proyecto. Aunque falta que lo dejen o que pueda.

No nos vamos a dedicar a descalificar a AMLO (de eso se encargará, y con inmejorable eficiencia, el PRD -sobre todo en la lucha por la candidatura al gobierno del DF-), pero consideramos nuestro deber advertir, definir y definirnos. Es necesario porque, en el gatopardismo de arriba, una definición no clara se convierte en un apoyo explícito: "si no está contra nosotros, entonces está en favor de nosotros". La definición frente (y no a un lado) a lo que representa AMLO es imprescindible. Su propuesta (y en esto no hay ninguna diferencia con la de Cárdenas en el PRD, ni con la de cualquier precandidato de cualquier partido en el superpoblado "centro" político del México de mediados del 2005) es llenar DESDE ARRIBA Y POR ARRIBA el vacío provocado por la hecatombe neoliberal.

En resumen, allá arriba reinan la indecencia, la desfachatez, el cinismo, la desvergüenza.

Esto es lo que pensamos de la geometría política en el México de arriba. Decir otra cosa sería mentir y tratar de engañar a quienes nunca hemos engañado: en primer lugar a nosotros mismos, pero también a la gente en general. Nos produce rabia e indignación ver lo que vemos, y lucharemos para impedir que esos sinvergüenzas se salgan con la suya.

Porque es la hora de empezar a luchar para que todos esos que allá arriba desprecian la historia y nos desprecian, rindan cuentas, para que paguen.

Vale. Salud y atención, que abajo el reloj marca ya la hora sexta.

Desde las montañas del sureste mexicano.

Subcomandante Insurgente Marcos

México, en el sexto mes del año 2005

P.D. SOBRE CHIAPAS. Si antes las Juntas de Buen Gobierno informaron que había algunas relaciones con el gobierno estatal, ahora informan que, desde diciembre del año pasado, se terminaron por el incumplimiento del gobierno en los pocos compromisos que hizo. Ni indemnizaron ni regularizaron, ni hicieron justicia en los pocos casos que se les demandó. No cumplieron porque en el fondo son tan racistas como cualquiera. Están absorbidos por el autoritarismo y la soberbia, la justicia local dedicada al negocio del tráfico de personas, los presupuestos gastados en las señoritas que se anuncian en la sección de avisos clasificados de los periódicos locales o que trabajan en la zona Galáctica, el dinero derrochado en campañas mediáticas, ridículas y desvergonzadas, de desprestigio de opositores (como la emprendida contra el movimiento magisterial de hace unas semanas) y de promoción del culto a la personalidad. Ni modos.

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by solid Tuesday, Jun. 21, 2005 at 12:08 PM mail:

tradurre tradurre non tutti capiscono lo spagnolo. grazie

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traduzione
by traduzione Tuesday, Jun. 21, 2005 at 1:03 PM mail:

Il giorno prima dell'"allarme rosso generale" lanciato dall'Esercito zapatista di liberazione nazionale [vedi notizia e testo del comunicato], la Jornada di Città del Messico aveva pubblicato un lungo comunicato del subcomandante Marcos dedicato alla ituazione politica in Messico, dove il prossimo anno si vota per eleggere il nuovo presidente. Ecco il testo completo di quel comunicato, in italiano.

La (impossibile) Geometria? del Potere in Messico.

O geografia? No, la geografia è quella cosa del nord, sud, oriente e ponente. O sarà la geologia? No, questa si occupa delle pietre (tipo "che bel sassolino per inciamparci"). La geometria è quella cosa che ha a che vedere con area, volume, lunghezza e non-siate-malizios@. Mmh... sto già facendo lo spiritoso. Forse perché a molt@ non piacerà quello che diremo. Perché faremo riferimento alla presunta differenza tra la destra, il centro e la sinistra nella politica in alto. E poi ci sono le complicazioni: estrema destra, destra moderata, destra confessionale" sinistra "leale alle istituzioni", estrema sinistra o radicale, sinistra moderata, centro, centro-sinistra, centro-destra, centro-centro, difesa centrale e centro attaccante. Ma in alto tutti dicono di essere una o l'altra cosa, secondo quanto dice il nuovo indice, cioè, il "rating". Cosicché, quelli che vediamo un giorno in un posto, l'altro giorno sono all'opposto. Viene perfino mal di testa a guardare come saltano da una parte all'altra. Una baruffa. O una geometria impossibile.

Per cercare di capire questa geometria, secondo la nostra opinione, bisogna considerare che il capitalismo nella globalizzazione neoliberista sta realizzando una vera guerra mondiale, in ogni luogo e in tutti i modi. Questa guerra non solo distrugge, tra altre cose, le relazioni sociali. Cerca anche di riordinarle secondo la logica del vincitore. Tra le macerie prodotte da questa guerra di riconquista, giacciono le basi materiali, economiche, dello Stato-Nazione tradizionale. Ma non solo, sono distrutti, o hanno subito gravi danni, anche gli apparati e le forme di dominazione tradizionali (le relazioni dominante/dominato, dominante-dominante, e dominato-dominato). Pertanto, la distruzione riguarda anche la classe politica tradizionale, la sua costituzione, le sue relazioni interne, le sue relazioni col resto della società (non solo con i dominati) e le sue relazioni con le classi politiche di altre nazioni (le cosiddette relazioni internazionali). Così facendo, la guerra neoliberista ha sfigurato la politica tradizionale e la fa marciare al ritmo di uno spot pubblicitario, e la distruzione provocata dalla bomba neoliberista nella politica messicana, è stata così efficace che, anche secondo il nostro modesto punto di vista, là in alto non c'è niente da fare. Caso mai, programmi comici. Si suppone che là in alto, per esempio, ci siano centro, sinistra e destra. Ma in periodi elettorali tutti si ammucchiano al centro. Cioè, come se la geometria si contraesse e tutti si ammucchiassero al centro gridando: "SONO IO" ...

"Sono io", dice il Partito di Azione Nazionale.

Il PAN, il partito della nostalgia per la lotta democratica, Gómez Morín e "l'umanesimo politico". La nostalgia per l'OPUS DEI, il MURO, la ACJM e Canoa. La nostalgia per la guerra dei cristeros, la sacra sindone ed il Cerro del Cubilete. La nostalgia per le buone coscienze, le buone abitudini, la gente perbene. La nostalgia per il trionfo culturale e la sezione degli affari sociali sui giornali (quando era diversa dalla sezione di cronaca poliziesca). La nostalgia per Massimiliano, Carlotta, Elton John e i tempi quando eravamo un Impero. La nostalgia per l'aspirina domenicale somministrata dal pulpito del pederasta, il "ring side" nella visita dell'o al Papa ed i ritiri spirituali di "salviamo il mondo dal diavolo comunista, siamo soldati di dio". La nostalgia per i pomeriggi del bridge, il tè-canasta, i Cavalieri di Colombo. La nostalgia per l'incendio delle schede elettorali del 1988 e del co-governo con il PRI. La nostalgia per un calendario in cui non ci furono. La nostalgia per "la Patria, mio bene, è la storia reclusa in un convento".

Così come l'attuale governo federale, il PAN oggi è guidato dall'organizzazione di estrema destra "El Yunque". Sotto il suo peso giace il PAN storico e la sua nostalgia per le famiglie avvolte nei mantelli azzurri. Ed è "El Yunque" quello che (chi l'avrebbe detto) cerca di convincerci che il PAN adesso è un'organizzazione politica di centro. E ci presenta come possibili candidati presidenziali, una costellazione di mediocri, dove, rendiamo merito, primeggia il grigio "coupier" Santiago Creel Miranda (mi sembra, non sono sicuro, che fu segretario di governo nell'intinerato di Fox-Sahagún - oggi lo si può incontrare mentre piange sulla spalla della Coyota Fernández de Cevallos -). Una lista di precandidati nella quale non compare l'unica con reali possibilità di competere .... non ancora. Ma lei già sta muovendo i pezzi che El Yunque le fornisce per accodarsi. Primo, per ottenere un posto che le assicuri l'impunità (quella già promessa da AMLO senza che nessuno glielo chiedesse - beh, almeno non pubblicamente -), poi, quando si sarà sgonfiato il fugace pallone Creel, accedere al clamore che nelle catacombe della destra le chiede, la implora, la supplica, le impone di essere candidata alla presidenza del Messico. Candidata di centro, ovviamente.

"Sono io", dice il PRI, il Partito Rivoluzionario Istituzionale.

Il PRI, il partito dello "sviluppo stabilizzatore". Il creatore del Sistema del Partito di Stato, messo a nudo a suo tempo dalle analisi di José Revueltas, Adolfo Gilly, Daniel Cosío Villegas, Pablo González Casanova. Quello di "Mister Amigou". Quello della repressione dei medici, dei ferrovieri, degli elettricisti. Quello dei massacri del 2 ottobre del '68 e del 10 giugno del 1971. Quello della guerra sporca negli anni '70 e '80. Quello delle svalutazioni. Quello delle frodi elettorali. Quello dei "ratones locos", le "casillas zapato", la "operación tamal", la democrazia elettorale sintetizzata nello slogan "fischietti e berretti, bibite e panini". Quello del furto, il saccheggio, la frode, l'assassinio di operai, contadini, studenti, insegnanti, impiegati. Quello di Fidel Velásquez, Rodríguez Alcaine, Jonguitud, Elba Esther Gordillo. Quello della Colina del Perro. Quello di Absalón Castellanos. Quello della frode elettorale dell'88. Quello del Clan Salinas de Gortari. Quello della controriforma all'articolo 27 della Costituzione. Quello della mancata entrata nel Primo Mondo. Quello del massacro nel mercato di Ocosingo. Quello del solitario Aburto e dell'ancor più solitario Colosio. Quello del tradimento del febbraio del '95. Quello dell'IVA. Quello di Acteal, El Charco e Aguas Blancas. Quello dell'inizio dell'incubo a Ciudad Juárez. Quello del "firmo un accordo e non lo rispetto". Quello di "non ho contanti". Quello dell'interruzione violenta dello sciopero studentesco della UNAM, nel 1999. Quello della storia come propaganda elettorale. Quello dell'imposizione delle politiche neoliberiste che hanno distrutto le fondamenta del Messico. Quello della privatizzazione delle imprese statali e parastatali. Quello del voto per l'esautoramento. Quello del crimine organizzato in partito politico. Quello di "la-patria-mio-bene-è-una-prostituta-che-governa-il-più-abominevole-ovvero-proprio-io".

Sul PRI non c'è molto da aggiungere a quanto detto e subito da lui. Il PRI, sorto dalla rivoluzione messicana del 1910 è, attualmente, il partito con le più altre probabilità di provocare una nuova rivoluzione in tutto il paese. Il PRI non ha legami con il crimine organizzato, esso è nella direzione dei cartelli del narcotraffico, dei sequestri, della prostituzione, del traffico di persone. Il cinismo col quale i suoi dirigenti scacciano la memoria, li porta a parlare ed agire come se non fossero 70 anni che stanno abusando del potere e lucrando nel suo esercizio. Le precampagne e campagne del PRI sono il miglior veicolo per provocare l'indignazione della gente... e la sua ribellione.

Qualche esempio? Enrique Jackson finanzia la sua campagna elettorale con denaro del crimine organizzato, cioè, il narcotraffico, la prostituzione ed i sequestri. Quello usato per pubblicità televisiva, l'ottiene dai riscatti del sequestro di membri delle famiglie benestanti alle quali ora promette "ordine" in prima serata. Da parte sua, Roberto Madrazo, un gangster senza scrupoli, trama l'eliminazione dei suoi avversari e provvede alla sua sicurezza per non essere assassinato (benché il portare come cagnolino da compagnia il "Croquetas" Albores non lo protegge affatto). Da parte loro, Montiel, Yarrington e Martínez, nel frattempo, passano la lista ai loro pistoleri, e la Paredes sospira, cioè, spia. Nella migliore tradizione priista, la candidatura si risolverà nelle cloache del potere politico (cioè che Elba Esther deciderà). La violenza criminale che affligge il paese non è altro che la lotta tra i cartelli per la candidatura presidenziale del PRI. Quelli che perderanno se ne andranno, insieme ai loro capi priisti, non in prigione,... ma nel PRD. Chi rimarrà ci dirà che è di centro.

"Sono io", dice il PRD, il Partito della Rivoluzione Democratica.

Il PRD, il partito degli "errori tattici". L'errore tattico, con i suoi patti elettorali, di fomentare gli affari di famiglie mascherate da partiti. L'errore tattico di allearsi con il PAN in alcuni stati e con il PRI in altri. L'errore tattico della controriforma indigena e dei paramilitari di Zinacantán. L'errore tattico di Rosario Robles ed i video scandalo. L'errore tattico di perseguire e reprimere il movimento studentesco della UNAM nel 1999. L'errore tattico della "legge Ebrard" e la "legge Monsanto". L'errore tattico di cedere lo Zocalo di Città del Messico ai monopoli dello spettacolo. L'errore tattico di fare squadra con i salmisti. L'errore tattico della importata "tolleranza zero" e di perseguire giovani, omosessuali e lesbiche per il "crimine" di essere diversi. L'errore tattico di tradire la memoria dei suoi morti, candidare i loro assassini e riciclare gli espulsi dalle candidature priiste. L'errore tattico di trasformare movimenti popolari in burocrazie di partito e di governo. L'errore tattico di strumentalizzare le morti di Digna Ochoa e Pável González per lusingare la destra. L'errore tattico di non dichiararsi rispetto ai movimenti di resistenza e liberazione di altri paesi, di abbassare la testa davanti al potere nordamericano e di cercare di ingraziarsi i potenti. L'errore tattico delle sue lotte intestine e delle frodi nelle elezioni interne. L'errore tattico dell'alleanza con il narcotraffico nel DF. L'errore tattico di chiedere denaro alla gente mentendo e dicendole che è per aiutare, "sotto sotto", gli zapatisti. L'errore tattico del vergognoso corteggiamento dei settori più reazionari del clero. L'errore tattico di usare i morti nella lotta come certificato di impunità per rubare, saccheggiare, corrompere, reprimere. L'errore tattico di correre al centro, pazzo di gioia, col suo carico di errori tattici. L'errore tattico di "la Patria, mio ben, non è altro che un bilancio in discussione".

E nel centro del PRD... -"Sono io, dice AMLO, Andrés Manuel López Obrador.

Contro AMLO si era lanciata la (a volte felice) coppia presidenziale, sfoderando la PGR in una mano, la Suprema Corte di Giustizia nell'altra, il Congresso dell'Unione in gabbia, ed i mezzi di comunicazione per compensare la perdita di "rating" del suo "reality show" e della sua striscia comica. Il processo di esautoramento è stato, oltre ad una commedia dai risvolti tragici, un indicatore dello scontento popolare (no mio caro, non ci si può più prendere gioco della gente come prima) e, soprattutto, un'insuperabile spinta elettorale... per l'esautorato.

Contro AMLO si lancia Cárdenas Solórzano accusandolo di dichiararsi da subito di centro e di non seguire la sua tradizione di cominciare dichiarandosi di sinistra... e correre poi al centro man mano che procede la campagna elettorale. Criticandolo di mantenere il controllo del PRD e farne un uso discrezionale... dopo che Cárdenas ha fatto la stessa cosa per tanti anni. Gli rinfaccia le alleanze strette, dimenticando che a quelle fatte da Cárdenas si deve l'arricchimento di famiglie (come il Partito della Società Nazionalista, dei Riojas) e la lega del PRD con il sinarquismo [setta francomassonica -n.d.t.] - la stessa che incappucciò la statua di Juárez (il Partito di Azione Sociale), quando accettò la candidatura da quei due partiti nel 2000. López Obrador. AMLO proiettato ai vertici della democrazia "moderna" (cioè, le inchieste) dall'assurda e ridicola campagna della coppia presidenziale. Colui che ha trasformato la mobilitazione cittadina contro l'autoritarismo dell'esautoramento in un atto di promozione personale e di lancio elettorale. Colui che, nella mobilitazione contro l'esautoramento, non ha pronunciato la frase che avrebbe forse dovuto dire, "nessun dirigente ha il diritto di guidare un movimento intorno ad una causa giusta, per poi, alle spalle della maggioranza, sottometterlo al suo progetto personale di ricerca del Potere e negoziarlo per questo". Colui che convoca una marcia del silenzio e, invece di rispettarlo, la usa per parlare al Potere, imponendo a tutti la parola di uno solo. Quello dell'alchimia che trasforma unmilione seicento mila silenzi nella voce di Don Porfirio che, nonostante i fischi (quelli sì "storici"), è stata ascoltata dall'interlocutore di quella marcia: il Potere. Colui che ha mutato (e svalutato) il trionfo popolare della marcia del 24 aprile e lo ha trasformato in un successo personale nella sua corsa presidenziale. L'ex esautorato. Colui che ha accusato il Potere di arbitrio e poi ha scambiato con esso mutue scuse. Colui che denunciava "complotti" che poi elogia come "statisti" coloro accusati di ordirli. Colui che vanta, come suoi primi "comitati di appoggio" indigeni in Chiapas, i caciques e paramilitari di Zinacantán, gli stessi che aggredirono la marcia zapatista il 10 aprile del 2004. Colui che si vede già avvolto nella fascia presidenziale. Colui che, tra le sue prime promesse di governo, garantiva l'impunità a chi ha assassinato e fatto sparire gli attivisti sociali, chi ha gettato il Messico nella miseria e si è arricchito sul dolore di tutti. Colui che, con le sue azioni, dice alla gente "vi disprezzo smisuratamente". ["desaforadamente" - in spagnolo, gioco di parole con il termine "desafuero" - n.d.t.].

López Obrador. Colui che ha paragonato se stesso a Francisco I. Madero... dimenticando che la similitudine con Madero non finisce con il democratico imprigionato da Porfirio Díaz, ma continua con il Madero che formò la sua squadra di governo con gli stessi porfiristi (e che fu tradito da uno di loro). Con il Madero che, voltando le spalle alle richieste dei diseredati, si dedicò a mantenere la stessa struttura economica di sfruttamento, saccheggio e razzismo costruita dal regime porfirista. AMLO e gli uccelletti che gli volteggiano intorno "hanno dimenticato" questi dettagli.

E, soprattutto, "hanno dimenticato" che, di fronte a Madero, gli zapatisti impugnarono il Piano di Ayala. Quel piano a proposito del quale Madero disse, parola più, parola meno, "pubblicatelo, che tutti sappiano che quel Zapata è pazzo". Ma, basta storia passata e confronti. Siamo agli inizi del XXI° secolo non del XX° secolo, in una successione anticipata dalla sfacciata ambizione di una donna.

Per sapere qual'è il progetto di chi aspira al Potere, non bisogna ascoltare quello che dice rivolgendosi in basso, ma quello che dice rivolgendosi in alto (per esempio, nelle interviste ai quotidiani nordamericani New York Times e Financial Times). Bisogna ascoltare quello che promette a chi in realtà comanda.

La promessa centrale del programma presidenziale di AMLO non è vivere nel Palazzo Nazionale e trasformare Los Pinos nella nuova sezione del Bosco di Chapultepec. È "stabilità macroeconomica", cioè, "guadagni crescenti per i ricchi, miseria e privazioni crescenti per i diseredati, ed un ordine che controlli lo scontento di questi ultimi."

Quando si critica il progetto di AMLO non si tratta di criticare un progetto di sinistra, perché non lo è, così ha dichiarato e promesso López Obrador al Potere là in alto. Egli è stato chiaro e non lo vede solo chi non vuole vedere (o non gli conviene vedere) e continua a sforzarsi di vederlo e presentarlo come un uomo di sinistra. Quello di AMLO è un progetto, come lui stesso lo ha definito, di centro.

Ed il centro non è altro che una destra moderata, la porta della clinica di chirurgia plastica che trasforma gli attivisti sociali in despoti e cinici, una macroeconomia stabilizzata dei secondi piani e conferenze stampa mattutine.

Noi abbiamo visto ed analizzato da vicino il governo di AMLO nel DF. Non sulla stampa, nei circoli esclusivi o ai secondi piani, ma dal basso, per strada. Crediamo che lì si annidi il germe di un autoritarismo ed un progetto personale ultrasessennale. L'immagine di Carlos Salinas de Gortari costruita da AMLO è, in realtà, un specchio. Per questo la formazione della sua squadra. Per questo il suo programma è così vicino a quello del "liberalismo sociale" del salinismo. Ho detto "vicino"? Piuttosto, la continuazione di quel programma. Questo è ancora nascosto dalla servile stupidità dell'ultradestra (che sembra un caprone in una cristalleria) e dallo stesso caos ideologico che regna nella classe politica messicana, ma non tarderà a rendersi evidente. Forse a causa di questo occultamento, alcun@ intellettuali, oltre a distint@ attivist@ sociali, forniranno il loro caldo alito all'uovo del serpente che oggi si annida nel governo di Città del Messico.

Davanti a López Obrador non ci troviamo di fronte ad un leader nostalgico del passato nazionalista rivoluzionario, ma a qualcuno con un progetto molto chiaro di presente... e di futuro. AMLO non sta pensando di realizzare il suo progetto in un solo sessennio (per questo la sua squadra è la stessa di quel celebre che disse "governeremo per molti anni"). E, contrariamente a quanto pensa qualcuno, López Obrador non promette di ritornare al passato populista che tanto atterrisce il potere economico. No, AMLO promuove una mediazione ed un'amministrazione "moderne" (cioè, finire quanto lasciato in sospeso da Salinas de Gortari). Ed ancora: offre di creare le basi di un Stato "moderno", per questo si sforza di differenziarsi da Lula, Chávez, Castro e Tabaré. E l'offerta non la fa a quelli che stanno in basso o a quello che rimane della Nazione messicana, ma a chi comanda in realtà: il potere finanziario internazionale. La sua non sarà un'amministrazione neoliberista con la mano sinistra (Lula in Brasile, Tabaré in Uruguay, Kirchner in Argentina), né un governo socialista (Castro a Cuba), né un nazionalismo popolare (Chávez in Venezuela), ma IL NUOVO MODELLO DI STATO NON-NAZIONALE (l'embrione della guerra neoliberista) in America Latina.

Se Carlos Salinas de Gortari fu il governante esemplare esecutore della distruzione neoliberista in Messico, López Obrador vuole essere il paradigma dell'esecutore del riordinamento neoliberista. Questo è il suo progetto. Sempre che gli sarà permesso farlo.

Non ci dedicheremo a criticare AMLO (di questo si occuperà, con insuperabile efficienza, il PRD - soprattutto nella lotta per la candidatura al governo del DF -), ma riteniamo nostro dovere avvertire, definire e definirci. È necessario perché, nel gattopardismo dell'alto, una definizione non chiara diventa un appoggio esplicito: "se non sei contro di noi, allora sei con noi". La definizione davanti (e non di fianco) a quello che rappresenta AMLO è imprescindibile. La sua proposta (ed in questo non c'è nessuna differenza con quella di Cárdenas nel PRD, né con quella di qualunque precandidato di qualsiasi partito nel sovrappopolato "centro" politico del Messico di metà 2005) è riempire DALL'ALTO E PER QUELLI IN ALTO il vuoto provocato dall'ecatombe neoliberista.

In sintesi, in alto regnano l'indecenza, la sfacciataggine, il cinismo, la sfrontatezza.

Questo è quello che pensiamo della geometria politica del Messico di sopra. Dire un'altra cosa sarebbe mentire e cercare di ingannare chi non abbiamo mai ingannato: in primo luogo noi stessi, ma anche la gente in generale. Ci fa rabbia e indignazione vedere quello che vediamo e lotteremo per impedire che questi svergognati l'abbiano vinta.

Perché è l'ora di incominciare a lottare affinché tutti quelli che dall'alto disprezzano la storia e ci disprezzano, rendano conto, e paghino.

Bene. Salute e attenzione, che in basso l'orologio segna l'ora sesta.
Dalle montagne del Sudest Messicano
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, nel Sesto mese dell'anno 2005

P.S. SUL CHIAPAS.- Se in precedenza le Giunte di Buon Governo hanno comunicato di avere qualche rapporto con il governo statale, adesso informano che, da dicembre dell'anno scorso, queste si sono interrotte per l'inadempimento del governo nei pochi impegni presi. Non ha risarcito, né regolarizzato, né fatto giustizia nei pochi casi per cui era stato interpellato. Non ha adempiuto perché in fondo è razzista come chiunque. E' assorbito dall'autoritarismo e dalla superbia, la giustizia locale è dedita all'affare del traffico di persone, i bilanci spesi in signorine che si offrono dagli annunci sui giornali locali o che lavorano nella zona Galáctica, il denaro dissipato in campagne mediatiche, ridicole e svergognate, di discredito degli avversari (come quella intrapresa contro il movimento degli insegnanti di alcune settimane fa) e di promozione del culto della personalità. Ni modos.
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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scusate l'ignoranza io non ho capito un cazzo, ma che cazzi e' sucesso in chiapas??
by disoccupato Thursday, Jun. 23, 2005 at 4:02 PM mail:


scusate l'ignoranza, ma io non c'ho capito un cazzo
cosa e' successo in chiapas

chi me lo sa spiegare in poche parole

perche c'e ssssssa questo allarme??

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Non è che ci vuole tanto
by io Thursday, Jun. 23, 2005 at 7:02 PM mail:

E' semplice, l'EZLN ha saputo che il governo sta per mettere in atto un ondata di massacri volta ad eliminare definitivamente il movimento zapatista. Quindi si preparano a combattere!

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spunti spuntati
by alessio Friday, Jun. 24, 2005 at 4:49 AM mail:

la situazione mi appare alquanto complicata e controversa, pertanto non posso far altro che chiedere, domandare spiegazioni.
i riferimenti simboli espressi da marcos nell'intervista rimandono ad una strategia già teorizzata, meglio, le sei o la sesta ora (non ricordo bene) significa qualcosa in particolare. A me sembra di capire che fondamentalmente vi sia una chiusura del territorio, una specie di legge marziale (uso questo termine anche se connotato negativamente nell'uso ma non trovo altra parola).
Dubito che l'eznl voglia intraprendere altro che la difesa del proprio territorio.
Si hanno notizie di intensificazione di manovre militari sui confini da parte del governo messicano?

In sintesi, in alto regnano l'indecenza, la sfacciataggine, il cinismo, la sfrontatezza.
dice marcos nella lunga intervista facendomi propendere per una lettura di queste parole come un'amara/amarissima presa d'atto dell'implacabile devastazione in atto sul pianeta, in messico in particolare, ad opera del sistema capitalistico che lo governa.
La scelta dell'eznl non mi è chiara e poco conosco di quella realtà, ma il fascino di questa rivoluzione, il fascino del subcomandandante, del popolo del chiapas, credo eserciti su chiunque uno straniamento raro. Appare tuttociò come una reminescenza del passato, la capacità di avere il popolo dalla propria parte è l'essenza del problema sollevato, mi pare ora di capire, da marcos. Il sistema distrugge ogni legame fra le persone atomizzandoci in individui dipendenti da stimoli artefatti; forse solo in un angolo sperduto del mondo, lontano e che lontano vorrebbe restare, tuttociò è ancora possibile; le rivoluzioni sembrano appartenere al passato, lontane da noi.


Aggiorniamo le informazioni, raccogliamo informazione.

Grazie per la traduzione all'associazione di Bergamo.


riporto una frase che credo





ps. alle forze dell'ordine (quale ordine?) che filtrano questi post auguro un buon lavoro! rivendicando la libertà costruita in questo spazio che pretestuosamente è oggetto di pressioni ignobili.

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Beh mi sembra abbastanza chiaro
by claudio Saturday, Jun. 25, 2005 at 8:15 PM mail:

Beh anche a me sembra abbastanza chiaro quello che sta accadendo,il governo messciano sta cercando di mettere la parola fine all'ezln e per ezln non intendo solo l'sercito zapatista di liberazione nazionale ma bensì a tutto quel progetto che solo grazie all'insurrezione dell'ezln si è potuto creare,l'ezln siamo tutti,ogniuno di noi dentro di se cova un sognio un desiderio di lebertà di democrazia di futuro migliore di DIGNITà quindi compagni e compagnie secondo me bisognia raccogliere più informazioni possibili sulla vicenda portarle il più possibile dinanzi all'opione pubblica dinanzia la gente e organizzare presidi di solidarietà.

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e' arrivata
by zzzz Monday, Jun. 27, 2005 at 8:10 PM mail:

e mo so cazzi...........

W L'EZLN.................................


VAI MARCOS SIOAMO CON TE

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Eh...
by Stellarossa Sunday, Jul. 17, 2005 at 4:25 PM mail:

PORCO DIO
PORCO DIO
PORCO DIO

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