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Rassegna stampa su marocchino pestato dai CC
by Apo libero Saturday, Jul. 16, 2005 at 12:22 PM mail:

Rassegna stampa tratta dal Corriere Romagna di Rimini sul caso del marocchino pestato a sangue dai Carabinieri di Savignano sul Rubicone...

“Youssef non è mai stato in quella caserma”
Corriere Romagna 25 luglio 2005

RIMINI - Il ministro degli Interni Beppe Pisanu, rispondendo a un’interrogazione parlamentare dell’onorevole di Rifondazione comunista Graziella Mascia, ha sostenuto che Youssef Mihraje, non sarebbe mai entrato nella caserma della valle del Rubicone in cui ha sostenuto di essere stato picchiato da un militare graduato. La tesi del ministro è contenuta nella risposta scritta fatta avere alla deputata comunista. In pratica, in base alle informazioni raccolte dal ministero agli Interni, durante sabato nove luglio i carabinieri della Valle del Rubicone avrebbero effettuato un servizio mirato alla prevenzione dei reati contro la microcriminalità all’Iper. Il servizio, effettuato da sei militari di cui tre in abiti civili, avrebbe consentito il controllo di 36 extracomunitari, in prevalenza di nazionalità marocchina. “Tutti sono risultati in regola tranne uno”, si legge nella risposta, di Youssef neppure l’ombra.Un’analisi, quella del ministero, che viene considerata estremamente superficiale dal collega dei Verdi Mauro Bulgarelli che presentando un’interpellanza analoga ha chiesto una risposta più analitica, una sorta d’inchiesta, non invece un rapido lavoro della commissione. In particolare perché per il deputato Verde non convince la versione dei carabinieri secondo i quali Youssef non sarebbe mai entrato nella caserma.


Voci migranti contro i violenti “Noi picchiati e insultati”
Corriere Romagna 22 luglio 2005

RIMINI - “Abbiamo deciso di accompagnare Youssef nella sua lotta. Vogliamo verità, giustizia e rispetto dei diritti umani”. Con queste parole i ragazzi del laboratorio occupato Paz, insieme ai responsabili del centro islamico di Rimini, hanno presentato ieri mattina un documento-inchiesta. Si tratta di una registrazione audio, immessa in rete sul sito http://www.meltingpot.org e inviata ad Amnesty International, con la quale vengono denunciate violenze fisiche e psicologiche che sarebbero avvenute all’interno di una caserma dei carabinieri nella Valle del Rubicone.Nel cd audio parlano sei uomini che raccontano la stessa storia: violenze da parte di un carabiniere, lo stesso che Youssef, clandestino marocchino di 24 anni, ha denunciato alla Procura facendosi arrestare pur di ottenere giustizia. Dopo le interrogazioni di senatori e deputati, anche i disobbedienti del Paz hanno deciso di andare fino in fondo. E lo hanno fatto a modo loro: intervistando e registrando alcuni immigrati. “Tutti testimoniano un clima di terrore - spiega Manila Fabbri - e tutti hanno paura di denunciare personalmente quello che hanno subito”. Dietro la reticenza non vi sarebbe codardia, ma insicurezza: “Il clima che si respira in Riviera e in Italia non permette ai migranti, regolari e non, di fare valere i propri diritti di persone. Invitiamo chi per ora ha parlato dietro anonimato a trovare il coraggio per formalizzare la denuncia. Nel frattempo noi renderemo pubbliche tutte le testimonianze che troveremo”.


Corriere Romagna 20 luglio 2005
An va all’attacco: via il tricolore dalla Moschea

RIMINI - Non entra nel merito delle questioni giudiziarie, ma quella bandiera tricolore che sventola alla finestra della Moschea - in via Giovanni XXIII - proprio non gli va giù. Così il capogruppo di An Oronzo Zilli interviene nel caso che ha per protagonista Youssef Miharaje, giovane marocchino che - seppur clandestino e quindi rischiando l’espulsione - ha denunciato un carabiniere accusandolo di maltrattamenti all’interno di una caserma nella Valle del Rubicone. Youssef è stato condannato a sei mesi, ma non espulso, proprio perchè deve essere fatta ancora chiarezza sull’episodio. E in segno di riconoscimento la comunità islamica ha esposto la bandiera italiana dal balcone della Moschea.“Mi sembra una ostentazione da parte di questi signori - spiega Zilli - che poteva essere certamente evitata. Non giudico le vicende giudiziarie: se il carabiniere ha sbagliato sarebbe deplorevole, però vorrei vedere le motivazioni della mancata espulsione. Un fatto è certo: c’è un irregolare che è rimasto in Italia in deroga alla Bossi-Fini. E poi la bandiera... cosa c’entra il tricolore che sventola dalla Moschea, che ci mettano la loro di bandiera”.Zilli coglie anche l’occasione per invitare un po’ tutti alla calma e ad abbassare i toni. Il riferimento è alle parole dell’Imam di Rimini Aadil Bouhlaoui che durante una recente preghiera del venerdì, ricordando i diritti degli immigrati, aveva lanciato una sorta di avvertimento ai partiti del centro destra: appena potremo, ci vendicheremo al momento del voto.E Zilli suggerisce. “Questo è un momento in cui tutti dovremo usare un po’ più di moderazione, nei gesti e nelle espressioni”.Al termine del suo intervento il capogruppo di Alleanza nazionale precisa: “Colgo l’occasione per esprimere fiducia e solidarietà all’Arma - e al singolo carabiniere - per l’opera quotidiana svolta al servizio e per la sicurezza di tutti i cittadini: italiani e non”.


Youssef vince la prima battaglia
Corriere Romagna 19 luglio 2005

RIMINI - Non sarà espulso, può restare in Italia - anche se clandestino - perchè ha denunciato di essere stato picchiato da un carabiniere all’interno di una caserma nella Valle del Rubicone. Morale: è un soggetto attivo di un’altra inchiesta e deve quindi testimoniare.Per Youssef Miharaje - marocchino di 34 anni - è una vittoria: ha denunciato i maltrattamenti nonostante il rischio (elevatissimo) di essere spedito al di là dei confini.Ieri mattina è stato processato dal Tribunale di Rimini. Rischiava da uno a quattro anni perchè già una volta era stato colpito da un decreto di espulsione. Nonostante ciò ha scelto di affrontare il giudice anche per dare fiducia ad altri extracomunitari che affermano di avere subìto lo stesso trattamento.Spiega l’avvocato Roberto Urbinati: “Il giudice lo ha condannato a sei mesi e ha revocato il nulla osta per l’espulsione. Adesso ricorrerò in appello e cercherò di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di giustizia”.Youssef deve soggiornare nell’abitazione dell’Imam di Rimini Aadil Bouhlaoui. Che commenta: “Credo che gli appelli lanciati in questi giorni siano serviti, la magistratura ha confermato il nostro modo di pensare e con questa sentenza ci ha teso una mano: ci ha dato la possibilità di ottenere giustizia, ci ha lanciato un messaggio di speranza”.E la mano tesa non resta nel vuoto. “Come risposta a questo segnale abbiamo appeso una bandiera tricolore alla finestra del Centro islamico in via Giovanni XXIII, la nostra Moschea”.Aggiunge il presidente del Centro islamico Alessandro Cavuoti: “Lo stato di diritto e l’uguaglianza davanti alla legge fanno parte della civiltà islamica”.L’Imam ricorda che si sta lavorando a una denuncia collettiva per portare alla luce i maltrattamenti ai danni dei ragazzi immigrati. E spiega: “La sentenza di oggi è un segnale, consentirà ad altri di farsi avanti e sollevare le ingiustizie”.E Youssef che dice? Come commenta quello che tutti definiscono un successo? Poche parole, per i parenti: “Sono contento, come primo gesto ho chiamato la mia famiglia in Marocco, erano tutti molto preoccupati, ora sono più sereni”. Poi gli amici: “Ho ricevuto le congratulazioni di tutti i fratelli, li ringrazio per l’aiuto che mi hanno dato in questi giorni difficili”.L’Imam chiude con una considerazione che diventa una sorta di appello: “Questa sentenza ci dà nuova speranza, i ragazzi si sentono più tutelati e avranno il coraggio di farsi avanti e denunciare le violenze subìte”.I no global del Laboratorio La Paz sono già al lavoro: “Vogliamo andare fino in fondo. Abbiamo il sospetto che gli abusi di Youssef non siano un caso isolato e stiamo raccogliendo altre testimonianze - registrate su nastro - che al più presto renderemo pubbliche”.


15 luglio 2005 corriere rimini
“Youssef esempio per i musulmani”

rimini - Tutta la comunità islamica riminese si è stretta attorno a Youssef, il ragazzo che ha trovato il coraggio di farsi arrestare pur di denunciare il carabiniere che - secondo la sua versione - l’avrebbe picchiato e insultato soltanto perché marocchino.Ieri alla moschea di viale Giovanni XXIII, in occasione della preghiera del venerdì a cui hanno partecipato circa duecento musulmani arrivati da tutta la provincia, l’Imam Aadil Bouhlaoui ha sostenuto che “nessuno può calpestare la nostra dignità, non possono restare impuniti coloro che incitano l’odio o praticano la violenza nei nostri confronti”.Un messaggio in apparenza dai toni forti, ma subito corretto verso il rispetto delle leggi. “Youssef - ha detto infatti l’Imam - ha dimostrato un grande coraggio andando a denunciare il carabiniere che l’ha picchiato così come ha fatto con tanti altri musulmani. Purtroppo nella zona in cui opera quel comandante per gli islamici la vita è diventata un incubo. Un incubo che però deve finire al più presto perché noi dobbiamo respingere ogni atto di violenza denunciandolo come ha fatto Youssef. Da lui dobbiamo imparare che non dobbiamo violare le leggi, né fare di tutta un’erba un fascio perchè i carabinieri non sono tutti come quello che lui ha denunciato. Youssef è la dimostrazione che ci sono altre strade per aver giustizia, strade che non hanno nulla a che vedere con il terrorismo. Infine dobbiamo essere grati al Giudice che gli ha dato la possibilità di trascorrere qui in moschea invece che in cella i giorni che lo separano dal processo che si terrà martedì (per la violazione della Bossi-Fini, ndr)”.Alla moschea ieri è stato inoltre ricevuto il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli che ha già presentato un’interpellanza alla Camera dei Deputati sul caso di Youssef. “Dovremo impegnarci - ha detto Bulgarelli alla presenza dell’Imam - per consentire a Youssef di restare in Italia almeno fino a quando non sarà chiamato a testimoniare nel processo in cui accuserà il carabiniere. Ci sono tanti precedenti che giocano a suo favore, molti giudici hanno dato la possibilità di chiedere giustizia a dei clandestini se coinvolti in un processo”. Bulgarelli ha poi sostenuto la necessità di presentare un ulteriore denuncia, magari anche collettiva, contro il carabiniere. “Sarebbe importante perchè sono davvero tanti quelli che in questi giorni hanno riferito di aver subito violenze analoghe, dovrebbero trovare il coraggio di seguire l’esempio di Youssef”. I ragazzi del Laboratorio Paz hanno esposto uno striscione fuori dalla Moschea (“Youssef non è solo”) e portato un omaggio floreale.Sul caso è intervenuto ieri anche il segretario comunale della Quercia Tonino Bernabè: “Esprimo la mia solidarietà. Le accuse lanciate dal marocchino Youssef Mihraje se risultassero vere rappresenterebbero un’offesa ai Riminesi e a quel clima di solidarietà e di difesa della dignità umana che è loro proprio. Inoltre l'episodio rappresenterebbe una grave macchia all’Arma dei carabinieri sempre apprezzata e radicata in questo territorio e nell'affetto di molti italiani. Esprimo di conseguenza la mia solidarietà all'Arma dei carabinieri che saprà - caso fosse - reagire e isolare quei militari che la offendono nella deontologia professionale e nella civiltà che hanno sempre difeso”.


14 luglio 2005 corriere rimini
Youssef, oggi la moschea accoglie Bulgarelli
RIMINI - E’ stato trasmesso ieri per competenza da Rimini alla procura della Repubblica di Forlì, l’esposto presentato da Youssef Mihraje, il clandestino marocchino che ha denunciato alla magistratura presunti maltrattamenti fisici subiti sabato scorso all’interno di una caserma dei carabinieri della Valle del Rubicone dov’era stato condotto, stando alla sua ricostruzione, con altri magrebini per un controllo. In attesa che la procura esamini la denuncia ed avvii gli accertamenti per ricostruire la vicenda, il comandante della stazione ha dato mandato all’avvocato Gian Paolo Colosimo di “smentire - precisa il legale - la ricostruzione dei fatti così come è stata presentata dalla presunta vittima, affermando di essere estremamente sereno e fiducioso per il prosieguo dell’inchiesta”. “A me sembra che la chiave di lettura che si può dare di questo episodio - sottolinea l’avvocato Colosimo - è quella di un tentativo di delegittimazione per un comando che, grazie alla sua opera di controllo e prevenzione sul territorio, nonostante l’elevata presenza di extracomunitari di cui molti irregolari, ha permesso di ridurre al minimo i fenomeni di criminalità. Si stia attenti a ciò che viene detto adesso perché in futuro, se smentito, le conseguenze possono essere estremamente pesanti”.Nel frattempo prosegue invece l’attività dei parlamentari che si stanno adoperando per far luce su tutta la vicenda. La segreteria provinciale di Rifondazione comunista di Rimini ha già fatto sapere che alcuni parlamentari presenteranno nuove interpellanze sul caso oltre a quelle già annunciate o depositate come quelle del senatore Sergio Zavoli (Ds) e i deputati Sergio Gambini (Ds) e Bulgarelli (Verdi). Quest’ultimo oggi alle 13 sarà alla moschea di Rimini in via Giovanni XXIII 100 per incontrare la Comunità islamica (riunita per la tradizionale preghiera del venerdì) e Youssef, il ragazzo che ha denunciato il trattamento che avrebbe subìto dal carabiniere. “In casi analoghi a quello di Youssef i tribunali hanno spesso concesso all’imputato la possibilità di restare in Italia se testimone di un altro processo - ha aggiunto Bulgarelli -. Se Youssef fosse rispedito al suo paese non avrebbe la possibilità di muovere l’accusa contro chi, secondo quanto ha denunciato, l’avrebbe trattato come davvero nessuno meriterebbe. A calci, schiaffi e insulti”.Il sottosegretario alla Difesa Filippo Berselli, tra i destinatari delle interpellanze, ha assicurato che “non c’è ombra di dubbio che un fatto del genere sarà verificato con il massimo scrupolo dalla procura. Si tratta di un episodio che se fosse confermato dagli inquirenti sarebbe di una gravità estrema. Stupisce però che il giovane marocchino e anche altri che hanno sostenuto di aver subito abusi analoghi si rivolgano soltanto ai parlamentari del centrosinistra. Così sembra quasi che questi siano contro l’Arma dei carabinieri, non è bello”.Sulla questione interviene anche lo scrittore riminese Paolo Severi che mette in evidenza “doppio merito di Youssef che oltre al coraggio di presentare una denuncia contro il carabiniere ha anche scelto di affrontare il tribunale che lo deve processare perché è clandestino”.

13 luglio 2005 corriere rimini
Il caso di Youssef conquista subito il Parlamento
rimini - Il caso di Youssef ha già conquistato il Parlamento. Sono infatti almeno tre, ma probabilmente saranno anche di più le interrogazioni che verranno presentate alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica affinché si faccia luce su quanto successo sabato sera nella caserma dei carabinieri in cui è stato portato Youssef Mihraje, il ragazzo marocchino che ha denunciato alla Procura di Rimini di essere stato picchiato. Il senatore Sergio Zavoli e l’onorevole Sergio Gambini, annunciando la presentazione dell’interpellanza al ministero degli Interni e a quello della Difesa, hanno hanno espresso numerose perplessità sull’operato del carabiniere: “Colpisce il fatto che Youssef Mihraje, il giovane marocchino, si sia presentato alla magistratura ben sapendo di incorrere nello stato d'arresto e nel rischio di espulsione per reclamare i propri diritti. Ci sono diversi aspetti che richiedono maggiore chiarezza, dal resoconto letto sui giornali non sono note le ragioni per le quali è stato fermato dai carabinieri il marocchino, quali indagini e controlli abbiano svolto durante il periodo del fermo, le modalità del rilascio. Il maghrebino parla di un fermo di un'ora e mezza circa, un lasso di tempo sufficiente per permettere ai militari di rilevare il suo status di clandestino e il provvedimento di espulsione emesso dal tribunale di Bologna, cosa che non appare essere avvenuta, come indica il rilascio. Quando in discussione c'è il diritto alla sicurezza dei cittadini del nostro Paese, le forze preposte sono richiamate non solo alla tutela dei diritti dell'individuo, ma anche ad una ulteriore attenzione, perché proprio sulla tutela di quei diritti e sull'osservanza delle leggi si fondano i loro tratti istituzionali e viene riconfermato il loro riconosciuto prestigio. Tutti, in ogni caso, siamo richiamati ad una urgente esigenza di verità”.Il deputato Verde Mauro Bulgarelli chiederà ai ministri Pisanu e Martino (rispettivamente titolari di Interni e Difesa) “quale sia la valutazione dei fatti e quali azioni si intendano intraprendere per assicurarsi che simili accadimenti non si verifichino e, in particolare se i fatti in oggetto fossero confermati, affinchè la caserma della valle del Rubicone non sia mai più teatro di simili atti disumani ed illegali indegni del corpo dei Carabinieri”. “Episodi di questo tipo - è la valutazione di Bulgarelli - minano alle radici il processo d’integrazione facendo venir meno la credibilità delle istituzioni italiane agli occhi della comunità musulmana”.Sul caso di Youssef è intervenuta anche la segreteria provinciale di Rifondazione comunista che per bocca di Paolo Pantaleoni ha puntato il dito contro il comportamento del militare e ha chiesto una mobilitazione generale di protesta. Anche il Laboratorio occupato Paz ha usato toni durissimi: “Il capro espiatorio ora è Youssef - questa una frase di un lungo comunicato - , un ragazzo di 23 anni, pestato, con grandi occhi scuri così come la pelle, color della terra, color delle sabbie del Marocco. Youssef oggi ha esercitato il suo diritto di resistenza, ha denunciato, a scapito di essere arrestato perché privo di documenti, i soprusi e le violenze subite, per questo sarà processato”.

eneaabati@corriereromagna.it

13 luglio 2005 corriere rimini
“Musulmani denunciate ogni abuso”

rimini - Era sorridente ieri pomeriggio Youssef Mihraje. Dopo una notte passata nella cella della Questura, ha ottenuto dal Giudice di Rimini Sante Bascucci la facoltà di restare libero fino a martedì prossimo quando sarà processato di nuovo per aver violato la Bossi-Fini.Il giudice durante la direttissima ha convalidato l’arresto, ma ha limitato la custodia cautelare all’obbligo di dormire in casa dell’Imam di Rimini Aadil Bouhlaoui ed essere sempre al suo fianco durante il giorno. Una notte tra le sbarre non gli è pesata granché - ha raccontato - perché da sabato sera ha in mente solo un obiettivo, quello di avere giustizia sul carabiniere che l’avrebbe picchiato in caserma (dopo averlo prelevato all’Iper di Savignano). Ovviamente questa è la sua versione, che poi è la stessa che ha formulato nelle tre pagine di denuncia depositate presso la Procura della Repubblica di Rimini. Il carabiniere - come già riferito - nega ogni addebito.In attesa del processo sarà libero (o quasi) di girare per la città, poi - il 19 luglio - scoprirà se dovrà tornarsene in Marocco in seguito a un decreto di espulsione - come sembra probabile - oppure no.Il suo caso - a sentire i responsabili della comunità musulmana riminese - non sarebbe però isolato. Altri - secondo il presidente del Centro islamico di Rimini Alessandro Cavuoti avrebbero infatti subìto trattamenti analoghi a quello che dice di aver ricevuto Youssef (“calci, schiaffi in faccia e insulti: sporco marocchino tornatene al tuo paese”). Alcuni marocchini ieri hanno trovato il coraggio di presentarsi alla redazione del Corriere Romagna e raccontare tutto, non è detto però che faranno lo stesso in Questura o presso una stazione dei carabinieri, sedi deputate per le denunce.“Non siamo di fronte a un caso isolato - ha detto ieri Cavuoti - lo stesso carabiniere ha alzato le mani su altri marocchini che fin ora non hanno trovato lo stesso coraggio di Youssef, ma forse proprio il suo esempio potrebbe spronarli”.Per questo il presidente del Centro islamico lancia un appello. “Chiedo a tutti di denunciare gli abusi subìti, episodi del genere devono venire a galla. I musulmani devono sapere che noi saremo sempre dalla loro parte, li sosterremo sempre così come del resto faremmo con i cittadini di qualunque altro paese. Non è questione di religione, ma di diritti, qui siamo di fronte a dei soprusi che sono intollerabili. E’ vero, al momento siamo di fronte alla parola di uno contro quella dell’altro, ma se Youssef non fosse stato picchiato si sarebbe andato a far arrestare rischiando di essere espulso?”.Cavuoti, che è italiano e musulmano dal 1993, precisa però di avere il massimo rispetto per le forze dell’ordine: “Siamo di fronte a una persona che sbaglia, ha trattato male tantissime persone ed è giusto che s’intervenga al più presto anche per non incrinare la fiducia e la stima nei confronti delle forze dell’ordine. Fiducia che deve restare, a patto che gli autori di abusi del genere vengano puniti, un paese civile non può tollerarli”.

Enea Abati
12 luglio 2005 corriere rimini
“Un carabiniere mi ha picchiato”

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<javascript:loadcx('../isapi/corriere.exe?imgrande=ok&id=344988')>RIMINI - Ha raccontato alla Procura della Repubblica di Rimini di essere stato picchiato da un carabiniere per oltre un'ora dentro una caserma della valle del Rubicone. Calci alle gambe e schiaffi in faccia - secondo la sua versione - poi insulti, giochetti macabri da naja e una minaccia da telefilm americano: “Sporco marocchino, non farti più trovare nella mia zona”. Ieri mattina Youssef Mihraje è stato arrestato dagli agenti della Polizia giudiziaria di Rimini. La Bossi-Fini prevede l'arresto per i clandestini. Giovane marocchino, nato nel gennaio del 1981 a Khouribga e da tre anni in Italia senza permesso di soggiorno tra Torino e la Riviera, sapeva perfettamente che presentandosi spontaneamente alla Polizia giudiziaria per lui sarebbero scattate le manette e forse anche l'espulsione, molto probabile dato che in passato aveva già subìto un decreto di espulsione dal tribunale di Bologna. Non gliene è importato nulla, da sabato notte aveva soltanto un desiderio: “Giustizia. Posso sopportare tutto, ma non che qualcuno calpesti la mia dignità”, ha raccontato al Corriere, accompagnato dal presidente del Centro islamico di Rimini Alessandro Cavuoti e dall’Imam Aadil Bouhlaoui. Anche per questo si è presentato al pronto soccorso dell’Infermi di Rimini poco dopo la mezzanotte di sabato, il medico che l’ha visitato gli ha dato sette giorni di prognosi. “Tumefazione in regione zigomatica destra e limitazione funzionale del polso destro”, dice il referto.Il racconto di Youssef, tradotto anche per la Polizia giudiziaria dall’Imam dato che lui parla pochissimo l’italiano, comincia dall'Iper di Savignano. “Stavo mangiando una pizzetta, saranno state le nove di sera, quando mi hanno avvicinato due persone in abiti civili: vieni con noi senza far storie. Li ho seguiti senza obiettare, immaginavo fossero agenti delle forze dell'ordine. Per un'ora sono rimasto chiuso dentro una Fiat Punto dei carabinieri fuori dall'ipermercato mentre assistevo a una retata in piena regola di extracomunitari. Poi, insieme a un altro ragazzo marocchino, sono stato portato in una stazione dei carabinieri”. Qui sarebbe cominciato il “trattamento speciale”, negato però dal comandante della stessa stazione da noi contattato telefonicamente. “E' vero - si è limitato a dire -, tra sabato e domenica notte abbiamo portato in caserma dei marocchini senza documenti, non è vero invece che abbiamo messo loro le mani addosso". Non una parola di più.Youssef, che non ha precedenti penali, nelle tre pagine di denuncia presentate ieri mattina riferisce di essere stato portato dentro l'ufficio “utilizzato presumibilmente dal più alto in grado e qui picchiato ripetutamente dal carabiniere dal quale tutti gli altri prendevano gli ordini”. Alla Procura della Repubblica - lunedì mattina è stato ricevuto anche dal Procuratore Capo di Rimini Franco Battaglino - ha riferito di non conoscere il nome dell’uomo che lo malmenato, ma lo ha descritto minuziosamente: “Potrei riconoscerlo tra migliaia”. “Appena seduto nel suo ufficio - secondo la denuncia - mi si è messo davanti e ha iniziato a schiaffeggiarmi con violenza; io cercavo di ripararmi con le mani, ma lui mi diceva di abbassarle, sembrava ci provasse gusto. Mi ha colpito con dei violenti calci alle gambe e mentre mi picchiava mi diceva di lasciare la sua zona e mi offendeva ripetendomi che ero uno sporco marocchino e che dovevo tornarmene nel mio Paese”. Il trattamento - sempre stando al racconto del ragazzo - sarebbe durato una decina di minuti. “Poi mi hanno fatto uscire e hanno portato dentro l'altro giovane marocchino. Sono rimasto in sala d'attesa, ma l'ufficio aveva la porta aperta e ho potuto vedere che anche lui è stato picchiato come me, sempre dallo stesso carabiniere. Anche mentre me ne stavo in sala d'attesa è venuto a schiaffeggiarmi davanti agli altri militari, loro sembravano provare pena, lui no, continuava ad accanirsi su di me semplicemente perché sono marocchino". E' finita dopo un'ora e mezza. Quando il carabiniere che l'avrebbe picchiato ha chiesto agli uomini ai suoi ordini di “portarci fuori dal loro territorio. Io e il mio connazionale siamo stati abbandonati nei pressi di un cavalcavia che passa sopra l'autostrada”. Appena libero, Youssef ha chiamato al telefono l'amico Aadil che, una volta capito dove fosse finito, l’è andato a prendere e l’ha portato al pronto soccorso di Rimini. “Ho deciso di denunciare il carabiniere che mi ha picchiato perché non avevo fatto niente di male per subire tutto ciò. Ho sempre lavorato in campagna e qualche volta anche sulla spiaggia come vu’ cumprà per mantenermi e mandare qualche soldo alla mia famiglia. Episodi del genere nelle caserme del Marocco sono la regola, venendo in Italia speravo fosse diverso e invece tanti mie connazionali mi hanno riferito di trattamenti subìti anche peggiori”. Non sarà semplice per Youssef ottenere giustizia, sempre ammesso che il suo racconto convinca la magistratura. Non ha testimoni se non l’altro ragazzo marocchino che sarebbe stato malmenato insieme a lui. La Procura ne conosce il nome, sta scritto nella denuncia, e forse nei prossimi giorni riuscirà a sentirlo, ma prima anche lui dovrà convincersi ad affrontare la giustizia italiana partendo dalla posizione di clandestino e subire un processo anche per questo. Youssef ha deciso di rischiare, questa mattina, difeso dall’avvocato Roberto Urbinati, sarà processato per direttissima. Poi si vedrà.

Enea Abati

12 luglio 2005 corriere rimini
“Così più debole la lotta al terrorismo”

rimini - Rabbia e indignazione. La comunità islamica ha reagito composta, ma demoralizzata alla notizia - tutta da confermare, per ora c’è solo una denuncia di parte - che un ragazzo marocchino era stato picchiato da un carabiniere solamente perché proveniente da quel paese. L’Imam di Rimini Aadil Bouhlaoui ha già lanciato una sottoscrizione in favore di Youssef che dovrà sostenere spese legali per ottenere giustizia e forse, dato che probabilmente sarà espulso, dovrà anche sostenere i costi del ritorno in Italia per il processo. Ma soprattutto, dopo che successivamente all’attentato di Londra aveva parlato di fedeli dell’Islam perseguitati, l’Imam si ritrova a dover fare i conti con una comunità musulmana che rischia di vedere ridotta al lumicino la propria fiducia nelle istituzioni italiane. “Il difficile ma non impossibile processo d'integrazione dei musulmani nella società italiana - ha detto l’Imam - passa anche attraverso una presa di coscienza nostra dell'importanza della lotta al terrorismo e lo smantellamento della tesi jihadista. Ma la necessità di contribuire alla sicurezza di questo territorio, che nei fatti appartiene a tutti coloro che ci vivono, contrasta con episodi come questi che, pur essendo isolati, anomali e totalmente estranei alle nostre forze dell ordine, incoraggiano gli immigrati a chiudersi e diffidare delle divise, e purtroppo anche del sistema che rappresentano”. Chi volesse aiutare Youssef può farlo con il conto corrente Unicredit (Filiale di viale Vespucci) intestato al Centro di cultura islamica di Rimini, causale “Per Youssef”. Il numero è 000020134023, Abi 02008, Cab 24201. Il deputato Mauro Bulgarelli ha fatto sapere che presenterà un’interrogazione in Parlamento.



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