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Intervista a Paolo Maras del SULT
by gimbo Saturday, Aug. 27, 2005 at 2:30 PM mail:

Il comma 22- intervista a Paolo Maras, segretario nazionale Sult, pubblicata su www.megachip.info/ a cura di Marco Ferri

Paolo Maras è un uomo di cinquant'anni appena compiuti, un viso aperto, occhi azzurri vivaci, un paio di baffi folti. Parla un italiano con proprietà di linguaggio, segno di buone letture. Mi colpisce che un sindacalista non parli sindacalese. Dice le cose con chiarezza, a tratti con calore, ma appare una persona serena, nonostante il suo telefono squilli in continuazione e lui risponda con tranquillità a giornalisti, che lo cercano, che non ci sono novità, che aspetta una convocazione al Ministero del Lavoro, il cui appuntamento non è ancora stato fissato. Maras è del Sult, il sindacato cui con un fax sono stati sospesi dall'Alitalia i diritti sindacali.

Maras è vero che fate più scioperi che trattative?

Il Sult è il sindacato con il più alto numero di iscritti tra il personale di volo dell'Alitalia. Non si conquistano consensi se non si è capaci di condurre trattative. A volte si dicono sciocchezze per sentito dire o per partito preso.

Perché trovate difficoltà a radicarvi in altre compagnie?

C'è una nuova normativa sulle rappresentanze sindacali che dice che non
puoi essere sindacato se non ha firmato il contratto. Ma non puoi firmare il contratto perché non sei ancora un sindacato che ha firmato un contratto. Ti ricordi il Comma 22 ? Se sei matto puoi andare in infermeria, ma se vai in infermeria perché sei matto, vuol dire che non sei matto.

Perché non avete firmato l'ultimo contratto?

Lo abbiamo firmato, di mala voglia, ma lo abbiamo fatto. Non abbiamo, invece sottoscritto il piano industriale, perché non è un piano industriale, ma un memorandum di intenzioni finanziarie, propedeutico alla privatizzazione di un'altra tranche dell'azienda. Non firmammo neppure quello di Cempella, di Mengozzi e avevamo avuto ragione. Loro se ne sono dovuti andare, uno dopo l'altro, lasciando poi a noi la situazione drammatica che Cimoli vorrebbe risanare.

Che cos'è che non va nel piano Cimoli?

Sul settore del trasporto domestico, l'azienda perde competitività sul mercato, a favore di vettori low cost e dell'ingresso sempre più massiccio di grandi compagnie. Molti voli interni in Italia vengono oggi fatti da regolari tratte di linea da Air France e da Lufthansa. Contemporaneamente, Alitalia ha chiuso rotte strategiche: Pechino, Hong Kong, Singapore, Sidney. Praticamente, non andiamo più neanche in Africa. Cimoli pensa di fare con il trasporto aereo quello che ha fatto con il trasporto ferroviario. Le ferrovie agiscono in regime di monopolio, l'Alitalia ha competitor che hanno risolto da anni i loro problemi strutturali.

Alitalia sostiene che così come vi comportate voi non si aiuta l'azienda ad uscire dalla crisi.

E' vero il contrario. Non è brutalizzando le relazioni sindacali che si compatta un'azienda in difficoltà. Così si rischia di diffondere sfiducia non solo nei confronti del personale, ma anche dei passeggeri, che sono la nostra risorsa. Con la finanza creativa non si risanano le aziende, gli annunci possono far salire il titolo in borsa un giorno, ma quando il giorno dopo viene fuori la verità, il titolo va in picchiata. E non è una buona cosa, soprattutto per una compagnia aerea.

Pare ci sia una sentenza del Tribunale di Roma che vi dà torto e dalla quale è partita l'iniziativa di sospendere i vostri diritti di rappresentanza sindacale.

Siamo di quelli che le sentenze non le criticano, le impugnano. Abbiamo fatto ricorso, perché riteniamo di essere nel giusto, quando non firmiamo lo facciamo consultando la nostra categoria. E comunque, la sentenza è del 5 agosto, mentre il fax è datato il 4, ma ci è stato spedito un paio d'ore dopo la pubblicazione del dispositivo. Tutto fa pensare ad un piano preordinato, nato, suppongo, dal fatto che a Cimoli non piacciono le critiche in genere, le nostre in particolare. Ma questo è il ruolo che ha il sindacato e non ci possono essere fax che d'un baleno scaraventano le relazioni sindacali ai livelli di scontro degli anni Cinquanta. Noi abbiamo idee, le sappiamo esprimere, lo facciamo con competenza. Se qualcuno crede che i dipendenti siano solo un coefficiente numerico, una percentuale di spesa, da iscrivere alla voce costo del lavoro, si sbaglia e lo fa a danno dell'azienda. Sono in Alitalia da 22 anni, che è quasi metà della mia vita. Non sono un funzionario, sono un assistente di volo, che continua a svolgere il suo lavoro, anche se eletto nella segreteria nazionale del Sult. Voglio bene al mio lavoro, rispetto le persone che lavorano nella mia azienda e gli utenti che ne sono la principale fonte di redditività.

C'è chi dice che siete corporativi, c'è chi dice che siete no global.

Il Sult è un sindacato che agisce nel comparto del trasporto aereo, ferroviario del trasporto locale e marittimo. Siamo presenti anche negli scali, con percentuali alte di adesione, tra i lavoratori degli aeroporti, anche tra quelli addetti alla ristorazione, alle pulizie, e nei negozi e nei duty free. Basta informarsi e le dicerie si eliminano da sole. Quanto agli orientamenti politici tra di noi, che solo in Alitalia siamo 1150, il 50 per cento dei lavoratori sindacalizzati, ce ne sono di diversi. Personalmente non credo che no global sia un epiteto. Il movimento no global è stata una delle più promettenti novità politiche di questo millennio, ha espresso una buona qualità del dibattito attorno a grandi temi: la guerra, l'ecosistema, le libertà politiche e civili, la critica allo sfruttamento del terzo mondo, l'integrazione politica delle differenze culturali e religiose. Insomma, la critica all'Impero. Partecipiamo molto volentieri alla marcia della pace di Assisi, per esempio. E a tutte le iniziative contro la guerra: come lavoratori del trasporto aereo, siamo tra i più esposti al terrorismo ed è logico che abbiamo sviluppato una sensibilità alta su questi temi. Abbiamo iscritti e delegati che si collocano a destra dello schieramento politico. Ci unisce il rigore etico nella difesa della dignità della categoria e la voglia di contribuire allo sviluppo della compagnia. Siamo una risorsa non un ostacolo all'Alitalia.

Ma siete un sindacato autonomo, di quelli che fa storcere il naso ai sindacati confederali? La Cgil vi ha attaccato duramente.

Il Sult è un soggetto negoziale, capace, competente. Sul piano politico rivendichiamo la nostra autonomia, non sentiamo il bisogno di cinghie di trasmissione. Non siamo simpatici a dietrologi, trasversalisti o cerchiobottisti. Perché con noi non è possibile contrattare nessuna merce di scambio: favori, assunzioni, ricatti, promozioni, non portiamo acqua a nessun mulino. Facciamo bene il nostro lavoro, sia come dipendenti che come sindacalisti. Appariamo strani proprio perché siamo normali. La migliore risposta alla Cgil e agli altri sindacati l'ha data in queste ore Giorgio Cremaschi della Fiom: "In ballo non c'è soltanto Alitalia, ma una politica che rischia di capovolgere la funzione stessa del sindacato: da rappresentante dei lavoratori presso l'azienda ad interlocutori dell'azienda presso i lavoratori." Gli altri sindacati che hanno applaudito all'ostracismo contro di noi riflettano molto attentamente su queste parole. I lavoratori lo stanno facendo.

Ma insomma, i sacrifici li volete fare o no?

E' singolare che uno ti dia un pugno in faccia e poi ti chieda di fare un sacrificio per aiutarlo ad uscire dalla crisi di nervi. Perché quel fax è un pugno in faccia, scagliato a freddo in un caldo giorno d'Agosto. Comunque sia, chi vuole capire come stanno davvero le cose, deve sapere che da un po' di tempo non facciamo altro che firmare contratti a perdere. Oggi un navigante, pilota o assistente di volo lavora fino a 13 ore consecutive, con una sequenza di riposi che non è sufficiente al recupero fisico. Ne va della qualità del servizio nonché degli standard di sicurezza. Vengono impiegati stagionali fino a 1.200 unità: ci sono stagionali che vanno verso il 15 rinnovo, e ogni volta è come se lavorassero per la prima volta, ai fini previdenziali. Abbiamo congelato aumenti e dato vita a fondi di solidarietà. Per poi scoprire che l'aumento del prezzo del petrolio ha prosciugato gli accantonamenti, relativi ai risparmi sul costo del lavoro e sulle forniture. Noi razioniamo l'acqua e quelli non si accorgono che il tubo perde? La priorità è fare sacrifici o pretendere competenza? Noi non vogliamo insegnare a nessuno come si fa il capo di un'azienda del trasporto aereo, però non vogliamo che qualcuno ci venga ad insegnare come si fa il sindacato.

E' stato un Agosto terribile per il trasporto aereo, abbiamo avuto scene raccapriccianti di brutti incidenti aerei. Che cosa succede nei cieli?

Di tutto. Dal contrabbando dei pezzi di ricambio, alla manutenzione sommaria dei velivoli, alla falsificazioni dei registri. Per fare margini, molte compagnie allentano sui costi della sicurezza. Per fare business, molti si improvvisano vettori, si affidano a consulenti, praticano l'outsorcing a tutti i livelli. Ma questa tendenza non riguarda solo le compagine piccole, i charter. Il problema non è neppure l'aumento dei controlli. C'è un modo sbagliato di affrontare il problema anche nelle compagni grandi. Una volta tutta la filiera dei controlli era all'interno delle compagnie, c'erano figure professionali dotate di competenze alte e di memoria storica. Avevano sapere e lo sapevano trasmettere. Queste figure sono state soppresse, per via del costo del lavoro. Oggi, per esempio è lo stesso pilota che controlla il velivolo a ogni tratta. Ha dovuto imparare a farlo, ma non è stato formato per questo. E' vero che gli aeromobili moderni sono dotati di più tecnologia, ma se si considerano l'aumento del monte ore di volo e un certa logica commerciale che tende a condizionare l'attenzione rigorosa alla sicurezza, anche le grandi compagnie rischiano di vedere diminuire i margini di sicurezza. La blood priority, come la chiamano gli americani, cioè la priorità della propria pelle, quella di chi pilota, rischia di non essere più un sensore affidabile ai possibili rischi.

Vincerete la battaglia del ripristino dei vostri diritti di rappresentanza sindacale?

Sì. Perché è cosa giusta e largamente condivisa, non solo in Alitalia. Non si fa così, Cimoli lo sa. Il Governo lo sa, lo sa il Ministro del Welfare, lo sanno anche gli altri sindacati. Lo devono sapere tutti, anche i nostri passeggeri. La diversità delle opinioni non è un attentato alla leadership di una azienda, perché l'azienda non è un luogo separato dalla società. La diversità dei punti di vista e anche lo scontro delle posizioni, sono una ricchezza che alimenta la cultura di un'azienda. Senza cultura, nessuna azienda può affrontare le sfide dei mercati globali. Cimoli ha commesso un errore che danneggia l'immagine della compagnia, in un momento molto delicato della sua esistenza sul mercato. Non è possibile credere che gli assetti strategici del futuro di Alitalia siano fatti privati dell'attuale management e che il sindacato ne debba restare fuori, e fare solo ciò che gli si ordina di fare, ciò mandare giù la minestra salata in gola ai lavoratori. Noi abbiamo diritto di cittadinanza nella nostra azienda, perché siamo parte attiva del suo ruolo. Come può ripartire il sistema Italia senza un trasporto aereo efficiente, lungimirante, in grado di contribuire allo sviluppo delle infrastrutture? Noi non trasportiamo passeggeri, ma persone, le loro idee, le loro professioni, la loro creatività, le loro opportunità economiche. Siamo un importante canale di comunicazione, economica, culturale, professionale. Collegando le città italiane tra loro e con il resto del mondo, noi immettiamo nella rete complessiva degli scambi commerciali, ma anche culturali, il modo di fare e di pensare del nostro Paese. E riceviamo il modo degli altri. Risanare Alitalia non significa solo rimettere a posto i numeri, ma progettare, pensare, reinventare una grande compagnia aerea con più di cinquant'anni di storia sulle ali.

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