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[post dinamico] ftr antimilitarismo
by imc Thursday, Sep. 08, 2005 at 2:50 PM mail:

Post dedicato alla raccolta di informazioni, aggiornamenti, e approfondimenti

::post dinamici -howto::

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altro materiale
by toro seduto Thursday, Sep. 08, 2005 at 4:09 PM mail:

http://triburibelli.org/sito/modules/MyAnnonces/index.php?pa=viewannonces&lid=15347 (comunicati stampa)

http://www.motherearth.org/prisoner/turi.php (maggiori informazioni, in inglese)

http://unimondo.oneworld.net/article/view/118161/1/ (altro)

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Comunicato Stampa del 15 agosto
by info Thursday, Sep. 08, 2005 at 4:15 PM mail:

Comunicato Stampa del 15 agosto

Processo veloce per il pacifista che ha messo fuori uso un
F-16

Alle 10.50 del 1° settembre, l'attivista pacifista Turi
Vaccaro, dovrà comparire davanti alla corte di Breda.
Per commemorare il bombradamneto di Hiroshima e Nagasaki,
avvenuto 60 anni orsono, Turi ha messo fuori uso due bombardieri F-16
nella base di Woensdrecht.
Il danno ammonta a milioni di euro.
L'azione è stata un'azione di disarmo, basata sulla
profezia biblica di Isaia "E sbatteranno le loro spade nei vomeri e non
impareranno mai più la guerra". Turi Vaccaro ha portato il martello usato
nell'azione da Assisi. San Francesco lo ha ispirato nella conduzione di
una vita molto sobria, rispettando le persone e l'ambiente. Perciò
l'azione è stata condotta con molta attenzione, assicurandosi che nessuno ne
fosse minacciato.

Presso la base di Volkel, sono dislocate 20 testate
nucleari, ognuna delle quali ha un potenziale 14 volte maggiore rispetto alle
bombe di Hiroshima. Gli F-16,portati regolarmente a Woensdrecht per la
manutenzione, sono preposti al trasporto e la lancio di armi atomiche.
Le armi atomiche sono armi di distruzione di massa, e contravvengono il
diritto internazionale. Turi Vaccaro tiene al futuro delle proprie
figlie e degli altri bambini del pianeta. Questa azione di disarmo ha
mostrato tale sentimento con maggiore forza di quanto avrebbe potuto fare
usando le parole.

Fine comunicato stampa.

Maggiori informazioni:
http://www.motherearth.org/prisoner/turi.php

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Il martello della pace
by Peace Thursday, Sep. 08, 2005 at 4:17 PM mail:

Il martello della pace


Turi Vaccaro, che ricordiamo con affetto, attivissimo contro la lotta dei missili a Comiso negli anni Ottanta, uno dei partecipanti, lo scorso anno, al digiuno "Per una finanziaria di pace" ed ex dipendente della Fiat di Torino, ha compiuto un’azione diretta nonviolenta fracassando con un martello (portato da Assisi, per sottolineare il riferimento ideale, politico e spirituale con il messaggio di Francesco di Assisi) due aerei F16 nella base militare olandese di Woensdrecht, con un danno stimato di milioni di dollari.

Nella base olandese ci sono venti missili nucleari quattordici volte più potenti dell’ordigno sganciato su Nagasaki. L’azione è stata compiuta il 10 agosto 2005, ma probabilmente Turi è entrato nella base il 9 di agosto, proprio a sessant’anni dall’attacco nucleare a Nagasaki.

Attualmente è detenuto e sarà processato giovedì 1 settembre alle ore 10 e 50.

Il suo attuale indirizzo (detentivo, pensiamo temporaneo) è:

Turi Vaccaro
HvB De Boschpoort
Nassausingel 26
4811 DG Breda
The Netherlands

Per ulteriori informazioni: Mariette Moors,
+31 (0)620112411

emmiee@zonnet.nl

http://www.carta.org/editoriali/index.htm

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Cinque giorni prima, in Gran Bretagna
by abcd Thursday, Sep. 08, 2005 at 8:37 PM mail:

Cinque giorni prima, in Gran Bretagna un gruppo di nove persone si è introdotto nello stabilimento di armi militari di Aldermaston per piantare viti e fichi per ricordare le vittime dei bombardamenti di Hiroshima e piantare vita laddove si lavora per la morte.

tutto l'articolo qui: http://liberainformazione.splinder.com/1124203186#5490144

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ADDIO PATRIOTTISMO !!!
by Robert Jensen Saturday, Sep. 17, 2005 at 12:06 PM mail:

Addio al patriottismo
"Credo che ci sia una luce che sorge dall’11 settembre, da tutta quell’oscurità. Una luce che credo noi americani possiamo seguire per la nostra salvezza. Quella luce è contenuta in una verità così semplice da essere ovvia, ma che gli americani non hanno mai preso a cuore: ‘Noi siamo parte del mondo.’ Non possiamo permettere ai nostri politici, ai generali, ai manager delle multinazionali, di fare i loro sporchi affari in giro per il mondo, mentre noi ci nascondiamo la verità su quanto effettivamente questi affari siano sporchi. Non possiamo più coprire i colpi di stato che preparano, le guerre che iniziano, le aziende sfruttatrici che dirigono. Per me, tutto questo significa dire addio al patriottismo.

"Un paradosso: l’11 settembre ha generato un’onda di patriottismo, un patriottismo che in molti casi è stato apertamente carico d’odio, razzista e xenofobo. Ma la vera lezione dell’11 settembre, che credo con il tempo impareremo, è che, se dobbiamo sopravvivere come un popolo libero, come persone rispettabili che onestamente rivendicano gli ideali per cui dicono di vivere, dobbiamo dire addio al patriottismo. Quel patriottismo non allevierà il nostro dolore, lo intensificherà. Non risolverà i nostri problemi, semplicemente li estenderà. Credo che non ci sia speranza per noi e per il mondo, se continuiamo ad abbracciare il patriottismo.

"Dobbiamo abbandonare il nostro ‘amore e sostegno leale o zelante per il proprio paese’, e trasferire quell’amore, quella lealtà e lo zelo, al mondo, e specialmente a quei popoli nel mondo che più hanno sofferto, perché noi americani potessimo vivere nell’opulenza. Questo tipo di affermazione potrà far arrabbiare molti, ma a questo punto dobbiamo prenderci il rischio, poiché questa non è una discussione accademica sui significati semantici. Questa è, allo stesso tempo, una battaglia per salvare noi stessi, e per salvare le vite delle popolazioni vulnerabili nel mondo."

Robert Jensen al congresso nazionale di Peace Action

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Tutti meritano di essere avvertiti....
by Antimilitarista ! Saturday, Sep. 17, 2005 at 12:07 PM mail:

Conoscete qualche soldato, oppure qualcuno che stia pensando di arruolarsi? Passategli questo messaggio.
Possono apprezzarlo oppure no... ma di sicuro meritano di essere avvertiti.

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Nell’agosto del 1990 ero in servizio attivo come caporale nella Marina degli Usa. Fui inviato in Medio Oriente, la guerra del Golfo era sul punto di scoppiare. Quattro anni prima, pensando che non avrei potuto fare nulla di meglio della mia vita, mi ero recato a Salinas, dove c’è l’ufficio di reclutamento della California e gli avevo detto: "mandatemi dove è più necessario che io vada".

Cosa fare della propria vita è sempre stata una questione capitale della giovinezza, e oggi, sulla scia dell’orrore e della tragedia dell’11 settembre, questa questione è diventata di ancora maggiore importanza per milioni di giovani.

Nessuno che abbia visto quelle immagini di New York potrà dimenticarle. In una scena apparentemente irreale, il conflitto è arrivato fin dentro l’America in un modo inimmaginabile. Impiegati e assistenti amministrativi, camerieri e pompieri, centinaia di vite sono state strappate ai loro amici e alle loro famiglie. Ed ora la televisione grida: "vendetta", "giustizia infinita", "bisogna fare assolutamente qualcosa!". Sventola una bandiera rossa, bianca e blu per alleggerire il dolore, e per dichiarare: "Noi non l’accettiamo".

Dal momento che ho passato questi quattro anni nel corpo della Marina, potrei essere portato a fare mia questa linea di condotta. Per la gran parte del tempo il mio reparto si addestrava a combattere una guerra contro contadini che hanno osato battersi contro gli "interessi americani" nei loro paesi, e cioè in Nicaragua, in Salvador e in Guatemala. Io ho visto una spaventosa povertà nelle Filippine, giri di prostituzione al servizio dei militari nella Corea del Sud protetti dal governo degli Stati Uniti, e uno sfrenato razzismo nei confronti delle genti di Okinawa e del Giappone - l’abituale risposta ad un bambino che sventolava una bandiera di pace con le sue dita a "v" rivolte verso di noi era: "yeaa, ha ha, due belle bombe, piccolo babbeo". È così che ho cominciato a capire perché miliardi di uomini in tutto il mondo odiano gli Stati Uniti -la sua macchina da guerra, le sue guerre nascoste, e il suo sistema di crescente globalizzazione economica che sostituisce la speranza [di migliori condizioni di esistenza] con giornate di lavoro di 12 ore passate in segregazione dentro micro-imprese che producono, per l’export, merci "disegnate negli Usa".

Messo di fronte a questa realtà, ho cominciato a diventare uno che pensa in modo non-americano, ho cominciato a pensare che gli interessi dei popoli del mondo sono più importanti del mio proprio personale interesse. E ho compreso che il mondo non aveva alcun bisogno, e che non desiderava, ancora altre truppe americane. Sebbene essi non mi sembrino molto simili a me, ho scoperto che avevo molto più in comune con i popoli del Medio Oriente che con quelli che mi comandavano di ucciderli. L’assicurazione del comandante del mio battaglione secondo cui "se per caso qualcosa andrà storto, noi colpiremo col nucleare queste teste di merda fino a quando non saranno bruciate tutte", non mi rassicurava per nulla. Al contrario, opponendomi a questo, ho affermato pubblicamente che non sarei stato una pedina dell’America nei suoi giochi di potere per il profitto, per il petrolio e per il dominio sul Medio Oriente. Mi impegnai a resistere, e a rifiutarmi di combattere nel caso in cui fossi stato portato nel deserto dell’Arabia saudita. Poche settimane dopo, come centinaia di altri marines, con molti dei quali avevo vissuto per anni, ero seduto sulla pista di atterraggio allineato con essi. Ho combattuto la guerra del Golfo su un’imbarcazione militare, e dopo che i manifestanti contro la guerra in tutto il mondo mi hanno aiutato ad alzarmi in piedi, abbiamo lottato insieme contro la guerra nelle strade.

Tuttavia non siamo riusciti a fermare la guerra. Dal 1990 più di un milione e mezzo di iracheni sono morti -la maggior parte non per effetto dei bombardamenti aerei statunitensi, ma per effetto di un decennio di sanzioni economiche. Nel frattempo, il governo degli Stati Uniti ha freddamente dichiarato che questi iracheni "meritano" di morire perché gli obiettivi strategici degli Stati Uniti possano essere raggiunti. E così oggi, mentre il governo degli Stati Uniti chiede al mondo di dolersi con noi delle nostre perdite, si chiede che noi, da parte nostra, ignoriamo le sofferenze che questa nazione produce in tutto il mondo.

Tutte le volte che la macchina da guerra statunitense è coinvolta in compiti impegnativi, avvengono riconoscimenti di passati "errori": la Sindrome del Golfo, l’Agente Orange e il napalm in Vietnam, i massacri di rifugiati in Corea, le truppe statunitensi usate dopo la seconda guerra mondiale come maiali-cavia. E sempre all’insegna del "Credeteci, questa volta non succederà". Ma poi succede di nuovo.

Non c’è bisogno che uno sia pacifista, comunista, quacchero o umanista per opporsi a questa guerra. Tuttavia, certo, l’essere un internazionalista aiuta a comprendere che il nostro futuro collettivo è legato a quello della maggioranza dell’umanità, e non certo a quello di coloro che stanno afferrando questa orrenda opportunità per minacciare una guerra mondiale. Alle donne e agli uomini che ora vestono l’uniforme io dico: voi dovete fare una scelta. Il silenzio è ciò che i vostri "superiori" si aspettano da voi, ma gli interessi dell’umanità esigono molto di più. Pensate. Parlate. Resistete. E se vi rifiutate di combattere, sappiate che in centinaia di migliaia vi sosterranno -molti dei quali sono già scesi nelle strade a manifestare contro la guerra.

Come suo padre prima di lui, Bush jr ha tracciato una linea nella sabbia: "O siete con noi, o siete con i terroristi". Detta in breve, i governanti degli Stati Uniti ritengono di avere ancora molto "lavoro" da fare per instaurare il loro "nuovo ordine mondiale". Mentre noi ci addoloriamo, loro ghignano affermando che "non si applicano più le regole normali" (traduzione: è tempo di sistemare i conti in sospeso), e che "abbiamo un assegno in bianco, poiché la nazione è unita" (traduzione: il dissenso verrà o ignorato o represso, a seconda delle necessità). Bush ha creato uno "zar della sicurezza interna" per coordinare le attività di spionaggio interne, il controllo dei telefoni e la sorveglianza di internet. Durante una trasmissione televisiva della CNN, un uomo d’affari ha detto: "Rinuncerò con piacere al mio diritto a protestare per vivere in sicurezza". Applausi. Senonché ora più che mai i popoli del mondo non sono affatto al sicuro dagli Stati Uniti, e non lo è neppure lo stesso popolo degli Stati Uniti.

Io non sventolerò la bandiera rossa, bianca e blu - al contrario, indosserò una striscia verde per solidarietà con gli immigrati e gli arabo-americani che si trovano di fronte a crescenti attacchi.

Fermiamo la guerra!

Sosteniamo i soldati che si rifiutano di combatterla!

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ANTIMILITARISMO E OBIEZIONE, OGGI.
by Circolo Culturale N. Papini Saturday, Sep. 17, 2005 at 12:17 PM mail:

ANTIMILITARISMO E OBIEZIONE, OGGI.


L'Obiezione, di coscienza o totale, è una delle più classiche pratiche di lotta antimilitarista. Essa è stata praticata in passato da antimilitaristi ed anarchici come azione diretta contro gli eserciti e contro le guerre.

In Italia, fino al 1972, anno in cui fu approvata la legge sull'obiezione di coscienza tuttora vigente, obiettare significava aprirsi una strada verso il carcere militare. L'entrata in vigore della legge permise ad un numero maggiore di persone di praticare tale scelta, ma essa non cancellava lo status militare, pertanto molti giovani in questi anni hanno preferito optare per l'obiezione totale, anche al servizio cosiddetto "civile", come scelta di rottura totale contro il sistema militarista.

Questa strategia politica va verificata rispetto ai cambiamenti che intervengono nella politica e nel sistema militare: con un esercito formato di soli volontari per es. l'obiezione, di coscienza o totale, non avrebbe certo forza e valenza di "rottura".

Esaminiamo il caso italiano, tempi cambiano, in questi ultimi anni il "modello di difesa" è profondamente mutato, cambiano le esigenze. Nei primi anni ottanta, precedendo il crollo dei "muri", l'esercito italiano ha assunto una connotazione non più di difesa/offesa verso il nemico "comunista" dei paesi dell'est europeo. Con gli interventi in Medio Oriente (in particolare in Libano) inizia l'attivismo militare italiano all'estero. Interventismo culminato nella partecipazione alla "Tempesta del deserto", la guerra contro l'IRAQ. Oggi le truppe italiane, inquadrate nel comando NATO, sono nei territori della ex Jugoslavia.

Il vecchio modello dell'esercito, quello di "leva", sta lasciando il posto ad un esercito sempre più professionalizzato e professionista: quindi ad una riduzione degli organici dei chiamati alla leva ed ad un aumento dei volontari.

In questa nuova situazione si colloca la revisione della legge dell'obiezione di coscienza del 1972. Una revisione contrastata dai vertici militaristi, una revisione che richiede un'analisi accurata, non ci possiamo accontentare della visione, presente in alcuni partiti di "sinistra", che è sufficiente una maggior "liberalizzazione" della pratica dell'obiezione.

La resistenza del sistema militare alla nuova legge era quasi ovvia: dopo essere stata approvata, a camere "sciolte" il Presidente Cossiga l'aveva rigettata; poi nella legislatura successiva fu approvata, con alcune modifiche, dalla Camera, ma lo scioglimento anticipato del parlamento liquidò le modifiche. Il Senato aveva ri-approvato il testo della precedente legislatura, ma la Camera, anche sotto la spinta di 4.000 emendamenti e una resistenza da parte della Lega Nord, lo ha di nuovo cambiato. Si dovrà di nuovo iniziare l'iter, con il rischio incombente di un nuovo scioglimento del parlamento, e quindi, di un nuovo insabbiamento.

Tra le novità previste si nota che il nuovo sistema di "servizio civile" non sarà più gestito dal Ministero della Difesa ma, tramite l'Ufficio per il servizio civile nazionale, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la collaborazione del ministro degli affari sociali.

Per l'appunto non si tratta di una legge "sull'obiezione di coscienza", bensì una legge sul "servizio civile". Siamo purtroppo abituati a confondere le cose e ciò potrebbe sembrare una lieve differenza, ma, in effetti, essa è profondissima, come differenti sono risultati e prospettive.

La proposta di legge approvata sul "Servizio civile non armato" prevedeva l'assegnazione al servizio civile (collegato alla protezione civile), oltre che di coloro i quali adducono motivi di "coscienza", anche di coloro che, ritenuti abili alla visita di leva, erano in esubero nella chiamata di leva per il servizio militare.

Una siffatta e mastodontica struttura veniva ritenuta dal sistema militare (in primis dal Gen. Corcione, ora ministro della Difesa) un concorrente al servizio di leva militare. Pertanto, dato che ancora il nostro sistema non prevede ancora un esercito totalmente composto di volontari, i generali hanno ben pensato di stoppare questa iniziativa, adducendo inoltre, anche la motivazione che il nuovo sistema avrebbe prodotto un'aggravio di spesa anziché risparmio (non dimentichiamo che i tagli agli organici dell'esercito sono stati "subiti" dai militari, in conseguenza della diminuzione delle risorse economiche, altrimenti avrebbero preferito più spesa, nuove armi e più uomini).

Ci riproponiamo di tornare in un prossimo futuro sui contenuti della proposta di legge modificata dalla Camera e sui quali si è già scatenata la polemica (basti pensare che è rientrata dalla finestra una durata maggiore per il servizio civile).

Ora ci interessa far rilevare che il sistema in discussione si collega direttamente ad un dibattito presente all'interno della coalizione di centrosinistra (ben espresso in uno dei dodici punti pubblicizzati dall'ex giudice Di Pietro: accanto all'esercito di volontari, valorizzazione dell'obiezione di coscienza fino alla creazione di un Servizio Volontario Nazionale. Rendere, cioè, praticamente obbligatorio un anno di servizio non più militare, ma civile (nella protezione civile, nei servizi sociali ecc).

E pensare che la vecchia legge sull'obiezione vietava la sostituzione del "servizio civile" in lavori di assistenza sociale (previsione solamente teorica, perché, nella maggior parte degli enti, associazioni o amministrazioni locali, gli obiettori sono sempre più chiamati a sostituire il personale nell'assistenza).

La classica quadratura del cerchio: valorizzazione del "volontariato" di stampo cattolico, un anno di lavoro gratis per tappare i buchi di uno "stato sociale" sempre più leggero ed inconsistente.

Sembra di essere tornati indietro, non a sessant'anni fa, ma di essere al tempo dei servizi obbligatori previsti dalle corvé medievali.

A quando il ripristino dello "Jus primae noctis"?


Circolo Culturale N. Papini

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Ai forzati, agli irregolari, ai disertori del fronte occidentale
by Alcuni Nemici Interni Monday, Sep. 19, 2005 at 4:23 PM mail:

Ai forzati, agli irregolari, ai disertori del fronte occidentale


"Non ti accorgi che ogni generazione è in attesa di un cataclisma spaventoso; che sente salire la tempesta, e che ogni borghese si affretta ad assicurarsi contro la morte vicina, dovesse pure far perire, per ciò, tutti quelli che gli sono cari? A che servono i discorsi da maestro di scuola a della gente per tre quarti annegata?". (Ernest Cœurderoy, Giorni d’esilio)

Non ci sono più illusioni.
Le bombe di Londra hanno dimostrato una cosa sola: il terrore che i governi e i capitalisti occidentali hanno sparso in ogni angolo del mondo sta tornando indietro. Le terribili esplosioni londinesi hanno portato in Europa un pezzo di Baghdad, di Kabul, di Jenin. L’odio e la disperazione non sono più confinati nelle sperdute, esotiche periferie, ma irrompono da dietro le quinte, nel bel mezzo della messa in scena democratica. La logica del fine che giustifica i mezzi (portare la pace in Iraq attraverso un genocidio) ha prodotto il suo contraccolpo. Se con il pretesto di destituire Saddam Hussein si sono massacrati un milione e mezzo di iracheni, si vorrà forse eccepire qualcosa a chi ha fatto saltare in aria 54 londinesi con il fine di fermare la politica assassina di Blair? Se è accettabile uccidere indiscriminatamente per il petrolio e per il dominio, perché non dovrebbe essere accettabile uccidere indiscriminatamente per liberare la propria terra da un’oppressione straniera? Cos’hanno da rimproverare i professionisti del terrore a questi ben più piccoli portatori di morte? L’evento eccezionale di Londra è una realtà quotidiana a Gerusalemme o a Bassora. Quello che questi vampiri di ogni coscienza ci stanno dicendo, in fondo, è che un morto occidentale vale più di mille arabi morti. Chi fa la morale a chi? Ah già… i valori occidentali. Quelli li abbiamo visti ad Abu Ghraib, a Falluja, a Guantanamo.

Non ci sono più illusioni.
Non avendo voluto o saputo dissociarsi praticamente dai propri governi guerrafondai, le popolazioni occidentali si stanno esponendo a sanguinose rappresaglie. La guerra è anche qui – questo non è più uno slogan antimilitarista. È una verità fredda come un cadavere. Ci dicono che il prossimo obiettivo potrebbe essere una città italiana. Sì, potrebbe essere. Evidentemente sanno bene quali sono le responsabilità del governo italiano nei massacri in Iraq, così come sanno che a rischiare di saltare in aria anche qui sarà la gente qualsiasi. «Non cambieranno mai il nostro modo di vivere», ha dichiarato Blair dopo le bombe del 7 luglio. Per poi aggiungere a metà agosto: «Non accetteremo tutte queste insensatezze sui bombardamenti in qualche modo collegati con ciò che gli inglesi stanno facendo in Iraq o in Afghanistan, o col supporto a Israele, o col supporto all’America, o tutto il resto. Sono insensatezze e così dobbiamo trattarle». Tutti gli oppositori alla guerra sono avvertiti.

Non ci sono più illusioni.
Purtroppo, come aveva preteso Blair, nemmeno le odiose bombe londinesi hanno cambiato il modo di vivere. Al contrario, un’ondata di razzismo si è scatenata contro gli immigrati in generale e gli arabi in particolare, con decine di negozi bruciati e diversi ragazzi linciati. Il brasiliano Jean Charles de Menezes, freddato in metropolitana dalla polizia perché sospettato di essere un attentatore, è stato semplicemente registrato nel freddo computo delle perdite della "lotta al terrorismo". Sull’altro fronte: perquisite librerie di pacifisti musulmani, libri contro la guerra sequestrati in quanto "anti-occidentali", sedi di associazioni culturali chiuse, stilati elenchi di giornalisti sospetti. Proprio come dopo l’11 settembre, le leggi più liberticide contro gli immigrati e contro i dissidenti sono state approvate con la consueta copertura dei mass media. L’Italia, al rimorchio.

Non ci sono più illusioni.
Il cosiddetto «pacchetto Pisanu», cioè il decreto legge 27 luglio 2005 n. 144, diventato poi legge a tutti gli effetti, contiene le «Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale». Esso introduce, attraverso l’articolo 270 sixies, la seguente definizione di terrorismo: «Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un paese o a un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un paese o di un’organizzazione internazionale». Non è forse terrorismo, allora, intimidire la popolazione irachena con i bombardamenti, le torture e gli squadroni della morte? Viceversa, non è proprio per costringere i "poteri pubblici" a compiere o astenersi dal compiere un qualche atto che vengono in genere organizzati manifestazioni e scioperi (ad esempio per pretendere il ritiro delle truppe dall’Iraq)? Mentre si occulta il terrorismo dello Stato e delle multinazionali, si definisce terrorista ogni forma di dissenso reale, ogni tentativo di destabilizzare un assetto politico, economico e sociale assassino.

Non ci sono più illusioni.
È evidente quali sono i nemici individuati da questa nuova legge. Ogni immigrato è considerato un terrorista potenziale. Se collaborerà con la polizia nella "lotta al terrorismo" potrà ottenere il permesso o la carta di soggiorno, altrimenti, sulla base di semplici sospetti, potrà essere immediatamente espulso, anche se in possesso dei documenti in regola. Secondo una logica premiale che dal carcere si è estesa all’intera società, l’ultimatum rivolto agli immigrati è netto: o delatori da utilizzare o criminali da espellere. Ma il resto vale per chiunque metta in discussione la presente organizzazione sociale. Per identificare qualcuno sospettato di "terrorismo" è ora possibile attuare il prelievo coattivo dei capelli e della saliva, ovviamente «nel rispetto della dignità personale del soggetto» (articolo 10), mentre viene quasi raddoppiata la pena per il semplice possesso di un passaporto falso (da 1 a 4 anni, aumentabile di un terzo o della metà se lo si fabbrica da sé o lo si detiene non per uso personale). È consentito l’arresto, anche fuori dei casi di flagranza, di chi vìola la sorveglianza speciale, l’obbligo o il divieto di soggiorno, per cui è prevista una pena che va da 1 a 5 anni (art. 14). Sulla base di semplici sospetti, poi, possono essere sequestrati soldi, negozi, beni. Inoltre, il fermo di polizia è portato da 12 a 24 ore (modificando così una legge promulgata dopo l’assassinio in questura dell’anarchico Pinelli). Mentre viene allungato fino a 5 anni il periodo di archiviazione del traffico telefonico e telematico di chiunque (con un aumento dei soldi stanziati per le intercettazioni telefoniche e ambientali, in un paese che a tal scopo spende, in percentuale, più degli stessi Stati Uniti), sarà d’ora in poi necessario esibire un documento d’identità per utilizzare internet in qualsiasi negozio o locale pubblico – insomma, una schedatura di massa. È resa ufficiale la pratica dell’infiltrazione da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria, i cui poteri sono pressoché illimitati. Sono affidati compiti di polizia all’esercito e persino alle guardie giurate. Ecco alcune delle misure introdotte dalla destra e che la sinistra perbene ha subito approvato e definito ragionevoli (quando non addirittura considerato troppo limitate). Appena votate, nella sola Lombardia, in un giorno, sono stati espulsi 52 immigrati.

Non ci sono più illusioni.
Le dichiarazioni di Pisanu sui centri di permanenza temporanea – cioè i lager in cui vengono rinchiusi gli immigrati privi di documenti – quale strumento nella lotta contro il "terrorismo" sono emblematiche, così come i suoi riferimenti a chi "fomenta" le rivolte e le evasioni. Lo straniero nemico si confonde con il nemico interno, il "barbaro" con il rivoluzionario, entrambi minacce che la civiltà deve soffocare. La decisione di inasprire le pene (fino a 2 anni) e la proposta di consentire l’arresto di chi indossa il burqa, lo chador o il "casco protettivo" non vanno forse in tal senso? Chi scende in piazza deciso a non indietreggiare davanti alle eventuali cariche della polizia e lo Straniero senza volto si confondono in un’unica isteria securitaria, in un’unica dichiarazione di guerra.
È insensato – un’insensatezza che è follia, una follia che è crimine – sostenere che le bombe di Madrid e di Londra siano state una risposta ai massacri compiuti in Medio Oriente dalle truppe occidentali, mentre è sensato raccontare che chi vuole compiere un attentato se ne vada in giro con il burqa (tanto per non dare nell’occhio) o senza documenti (tanto per passare tranquillamente i controlli). È evidente a chiunque non abbia la stessa sensatezza di un capo di Stato o di un ministro degli interni, che non c’è protezione poliziesca possibile contro chi, gonfio d’odio e di disperazione, è disposto a compiere il gesto militare più semplice: colpire nel mucchio. Contro chi non teme di farsi saltare in aria – diventando così "martire", cioè testimone – non c’è dispositivo o apparato che tenga. Tutte queste misure poliziesche servono solo a mostrare i muscoli e, soprattutto, a giustificare un maggiore controllo sociale e a reprimere qualsiasi pensiero o comportamento difforme: una società blindata non ammette critiche. La barbarie, tuttavia, non viene da un Altrove terrifico e incomprensibile, ma sgorga dalla più tecnologica delle civiltà. Non c’è riparo contro l’unico nemico che non vogliamo guardare in faccia: il nostro modo di vivere.
Che il dolore si trasformi in coscienza, che la coscienza diventi rifiuto ostinato di continuare così. Perché così si muore.

Non ci sono più illusioni.
Uomini di Stato, con il sorriso affilato e il vestito impeccabile, inviano soldati a bombardare, dall’alto dei loro aerei high tech, una popolazione intera, massacrando uomini, donne e bambini, provocando centinaia di migliaia di morti. Qualche giovane – gli esseri umani, questa variabile non prevista dagli staff dell’esercito e delle multinazionali – si fa esplodere per vendicare i propri cari o il futuro che non ha avuto. Al riparo dei loro gorilla e dei loro giornali, i nostri uomini di Stato spiegano a una platea di civilizzati impauriti che i kamikaze sono dei fanatici e dei vigliacchi. Proprio così: vigliacco non è chi gioca con la vita di milioni di persone standosene al sicuro, bensì chi è disposto a dare e a darsi la morte piuttosto che vivere (o sapere che altri vivono) tra il filo spinato e le macerie. Questa scena riassume da sola una delle più grossolane menzogne che i Ministeri della Propaganda e della Paura abbiano mai avuto la sfrontatezza di raccontare. Una menzogna che descrive assai bene, come uno spietato atto di accusa, lo sfacelo attuale delle coscienze, lo scarto spaventoso fra l’orrore che ci circonda e le conseguenze che sappiamo trarne.

Non ci sono più illusioni.
Per milioni di dannati della Terra, spinti fin sotto la soglia della sopravvivenza dai disastri della merce, il kamikaze è diventato una figura del riscatto. Ecco cos’è riuscito a fare questo mondo divorato dal cancro del dominio e del denaro.
Ma la violenza indiscriminata verso gli occidentali è anche il segno della sconfitta delle lotte per l’emancipazione sociale, il fallimento della solidarietà pratica tra gli sfruttati del pianeta contro i propri comuni sfruttatori. Alla possibilità della violenza rivoluzionaria – contro gli oppressori e mai contro gli oppressi – si sta sostituendo la violenza più cieca, la furia che non distingue fra governanti e governati, fra ministri e pendolari della metropolitana. Si tratta, a ben guardare, della più grottesca e terribile parodia delle lotte che, dall’Iran al Nicaragua, dall’Italia agli Stati Uniti passando per il Sudafrica, hanno scosso l’ordine della guerra e dello sfruttamento negli anni Settanta.
Le bombe di Londra non ci parlano solo di padroni orientali (sceicchi, speculatori finanziari, grossi proprietari) che muovono pedine sacrificali sullo scacchiere di una guerra per difendere il loro potere e il loro petrolio. Ci parlano anche e soprattutto di poveri che, isolati nella loro sete di riscatto, abbandonati dai loro fratelli d’Occidente, vedono in ogni bianco un imperialista. Di poveri che, alla ricerca di una redenzione che spesso ha ben poco di religioso, trovano nell’Islam combattente una comunità con cui identificarsi. Di poveri a cui si aggiungono – lo si è visto di recente – altri attentatori un po’ più benestanti, nati e cresciuti in Occidente, ma legati per religione e cultura a terre e genti martoriate dalla guerra. Solo esperienze di rivolta comune ridaranno alla parola fratellanza il suo senso più autentico. Esperienze che matureranno fra le stesse macerie da cui nascono i kamikaze, trasfigurando in una lotta radicalmente diversa quella disperata disposizione al conflitto. Lì ci attende la coscienza di un’umanità per tre quarti annegata. È tardi ormai per le lezioni di educazione civica.

Non ci sono più illusioni.
Le garanzie democratiche sono una foglia di fico squarciata.
La "guerra al terrorismo" è la forma più adeguata di uno scontro mondiale per la spartizione del potere e delle ultime risorse energetiche che mobilita e militarizza l’intera società. Il "terrorista" è ovunque, dentro come fuori dei confini: può essere l’immigrato, il dissidente oppure uno "Stato canaglia" con la "sua" popolazione. Il Nemico non ha una forma precisa proprio perché è il Male assoluto. Per questo la guerra è totale, e i mezzi quelli dell’annientamento. «L’annientamento diventa quindi del tutto astratto e assoluto. Non si rivolge più contro un nemico, ma è ormai al servizio solo di una presunta affermazione oggettiva dei valori più alti – per i quali, notoriamente, nessun prezzo è troppo alto» (Carl Schmitt, Teoria del partigiano). Il collaboratore di ieri (Saddam Hussein, Bin Laden…) diventa il terrorista di oggi.
Questo è il contesto in cui si inseriscono le nuove misure repressive contro il "nemico interno": un nemico senza documenti, senza volto, o con il casco protettivo.

Non ci sono più illusioni.
La democrazia rivela il suo reale funzionamento se osservata su scala planetaria. Si scoprirà allora una minoranza di "cittadini liberi" attorniati da una massa di schiavi costretti ai lavori forzati. L’antica città greca è oggi il mondo intero: solo che il cibo è inquinato, la polizia è ovunque e la libera piazza (l’agorà) da nessuna parte. In tal senso, la democrazia israeliana è sempre più un avamposto di quello che sta diventando la società in cui viviamo. Una società sotto assedio, con l’esercito all’entrata dei cinema e dei ristoranti. Una società che disumanizzando gli stranieri ha disumanizzato se stessa. Una società in preda alla psicosi degli attentati – contraccolpo dell’occupazione militare, dei rastrellamenti, delle deportazioni, dei massacri –, incapace di mettere in discussione il proprio modo di vivere. Una società in cui il decreto legge d’emergenza è il modo stesso di governare. Una società in cui la possibilità dell’annientamento totale dell’Altro viene discussa da eleganti presentatori televisivi. Una società in cui il riferimento alla distruzione nucleare è ormai una semplice metafora giornalistica.

Non ci sono più illusioni.
Qualche giorno fa, in un quartiere popolare di Torino, un ignoto cittadino ha sparato, dalla finestra del proprio appartamento, un colpo in testa a un ragazzo africano. La carabina era ad aria compressa, ma il ragazzo ha rischiato di morire. Una volta dimesso dall’ospedale, Alì è stato espulso. Nonostante non avesse droga, per la stampa era un "pusher". La polizia ha rafforzato i controlli ai danni degli immigrati. Un comitato di cittadini ha cominciato una raccolta di firme per pretendere il pugno di ferro contro la microcriminalità. Neanche un’innocua, generica, democratica parola di condanna dello sparo. Gerusalemme si avvicina.

Non ci sono più illusioni.
Un uragano, ed è già guerra civile. Mentre New Orleans è sommersa dall’acqua e dal fango, con centinaia di morti e una popolazione che ha perso tutto, il governo sospende l’invio dei soccorsi, affidando subito dopo ai militari appena rientrati dall’Iraq la gestione dell’ordine pubblico: «Chi saccheggia i supermercati sarà giustiziato sul posto».

Non ci sono più illusioni.
Il ritiro delle truppe dall’Iraq e la chiusura dei lager per immigrati senza documenti sono il minimo indispensabile che le nostre lotte devono strappare. La solidarietà pratica contro la repressione è ormai, se vuole essere conseguente, una critica dei fondamenti stessi dello Stato e del capitale. Oggi non si può parlare di guerra senza parlare di espulsioni o di carcere, e viceversa. "Fomentare" rivolte ed evasioni dai CPT è un compito di cui la realtà si fa carico molto più generosamente dei rivoluzionari. Organizzare l’autodifesa contro la sbirraglia, imparare il coraggio, passare all’attacco, cambiare insieme la propria vita – ecco, al di là delle etichette, delle sigle, dei gruppi, della retorica, la sola fratellanza concreta, la più bella sfida scagliata contro quel «formicaio di uomini soli» che ancora chiamiamo società.
Mentre l’umanità si trascina tra il più vuoto "benessere" e la più cruda miseria, mentre i civilizzati annaspano tra cataclismi che hanno ben poco di naturale, rinchiusi nelle loro trappole di cemento armato, l’antico sogno di mettere tutto in comune, di liberare l’esperienza del mondo e dei propri simili dalla mediazione del potere e del denaro, diventa la sola promessa di felicità, la sola concreta speranza di redenzione.


ALCUNI NEMICI INTERNI

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PENSIAMO ALL'IRAQ E L'AFGHANISTAN !
by Pacifista Monday, Sep. 19, 2005 at 5:55 PM mail:

Terrorismo e guerra, due facce della stessa medaglia, due boia che si alimentano a vicenda. In sostanza, la stessa cosa. Chi ammazza uomini donne e bambini a Londra come a Falluja è un assassino, un nemico dei popoli e di chi, singoli e movimenti, a tutte le latitudini si batte per la pace. Su questo concetto, declinato in modi e con linguaggi diversi a seconda delle culture e delle pratiche d'appartenenza, converge l'intero movimento arcobaleno italiano. Per la Tavola della pace che chiama tutti a raccolta per la marcia Perugia-Assisi del prossimo 11 settembre, bisogna costruire «insieme un argine umano al crescente disordine e all'insicurezza internazionale» rompendo, dice Flavio Lotti, «le catene dell'odio. Diciamo no al terrorismo, alla guerra e alla violenza». Per il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, «la logica della barbarie e della guerra sembra prevalere e travolgere ogni elemento di coesistenza pacifica. E' una logica infernale che va fermata prima che sia troppo tardi. Colpire autobus e metropolitane è un atto criminale e come tale va perseguito. Il popolo della pace deve reagire di fronte a questa situazione con un solo obiettivo: contro il terrorismo e contro la guerra». Il tam-tam è partito pochi minuti dopo l'esplosione della prima bomba a Londra e insieme alla notizia, è rimbalzata da un angolo all'altro della costellazione pacifista italiana la domanda di sempre, con più dolore e rabbia di sempre: che fare? Che il movimento, per quanto acciaccato dalle guerre perse (nel senso che ogni guerra che scoppia per noi, come per le popolazioni coinvolte, è una guerra persa) debba reagire subito, lo dicono tutti. Inizia Fausto Bertinotti, prosegue l'Arci, le associazioni del volontariato, i leader di Cgil e Cisl ma anche dei sindacati di base. Emergency si pone un interrogativo retorico: «E' davvero un'ottica limitata la nostra, se il primo pensiero che ci ossessiona, senza lasciare posto ad altre considerazioni, è il pensiero delle vittime?». E' un approccio diverso quello dei pacifisti, rispetto a chi, come il papa tedesco, piange per l'attacco alla cristianità: non è la cristianità il bersaglio delle guerre statuali e delle guerre terroristiche, è l'umanità.

Che fare, dunque? L'Arci rifiuta «la logica di dominio e ingiustizia che rappresentano» i G8 riuniti in Scozia, a cui «i movimenti sociali e le campagne globali hanno opposto la protesta democratica, la partecipazione di massa, la forza della mobilitazione sociale, civile e culturale». E' ancora questa la strada da seguire, senza dimenticare che «le bombe di Londra colpiscono anche noi». Londra si aggiunge alla lista degli orrori, dicono in casa Arci: «Baghdad, Kabul, New York, Madrid, Gerusalemme, Gaza».

A qualcuno potrà sembrare ripetitivo o deviante ricordare che da un lato stanno guerra, terrore e ingiustizie, dall'altro pace, disarmo, convivenza, diritti, democrazia. Il punto, invece, è proprio questo e di questo si è discusso ieri sera a Roma tra le componenti del movimento contro la guerra, ancor prima di fissare luoghi d'incontro e di protesta e di stilare comunicati e preparare striscioni. Se il punto è questo, è chiaro che la logica degli esportatori internazionali di democrazia dev'essere ribaltata: rispondere colpo su colpo al terrorismo alimenta il terrorismo e lo esporta - questo sì - senza peraltro rispondere alla domanda di sicurezza che viene agitata per legittimare il rifornimento dei bombardieri.

I morti e i feriti di Londra «sono i frutti amari della guerra al terrorismo fatta solo con la forza», ci dice Lisa Clark, Beati i costruttori di pace, «che serve a dare nuova forza al terrorismo. Vorrei però dirti che, mentre sto andando all'appuntamento convocato dal sindaco di Firenze in piazza della Signoria per esprimere la solidarietà ai cittadini londinesi, mi sorge spontanea e triste una domanda: perché non sono stata convocata, un'altra sera, nella stessa piazza, per esprimere lo stesso sentimento ai cittadini di Falluja?». Ma questo è pacifismo, insopportabile per un tipo come il sottosegretario agli interni Antonio Dalì che ieri ha sentenziato: in Italia è vietato esporre sulle facciate degli edifici pubblici la bandiera della pace.

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DISERTORI NELLA GUERRA GLOBALE PER COSTRUIRE RIBELLIONE
by Ass. YA BASTA ! Tuesday, Sep. 20, 2005 at 12:35 PM mail:

DISERTORI NELLA GUERRA GLOBALE PER COSTRUIRE RIBELLIONE

L?Ass. YA
BASTA!
vi invita

al TPO
Giovedì 22 sett. 2005 ore 21:00


Incontro con

Alberto Spagnolo
?prete piquetero?
portavoce del

Movimiento dei Lavoratori Disoccupati di Solano, Buenos Aires, ed ex-
parroco della Chiesa di Nuestra Senora de Las Lagrimas (Solano).

La
sua presenza sarà occasione di incontro e confronto sulle attuali
esperienze
di autonomia e resistenza sperimentate in America Latina
come in Europa.

Tpo, viale Lenin 3, Bologna
Bus 27 - 19 - 62 notturno


Per Info: 051-5873066
yabasta.bologna@tin.it
http://www.yabasta.it

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w zapata
by abe Tuesday, Sep. 20, 2005 at 11:26 PM mail:

w zapata w villa!!!!!!!!!!

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geopolitica.info
by alfonso Friday, Sep. 23, 2005 at 7:14 PM mail:

Grazie ad un’informazione multimediale sempre più accessibile, riceviamo in tempo reale notizie da tutti gli angoli del globo, che però, troppo spesso, si limitano al nudo resoconto dei fatti, senza far luce sulle cause reali che li determinano. geopolitica.info offre un servizio a chi vuole approfondire, conoscere e studiare le dinamiche sottese ai processi di politica internazionale e di globalizzazione che incidono sulla nostra società. Nella galassia di siti del settore geopolitica.info nasce con l’ambizione di essere chiaro e minuzioso al tempo stesso. Il portale è articolato in otto aree tematiche, di cui sette divise geograficamente, dove vengono inseriti articoli di taglio giornalistico facilmente fruibili tramite un archivio sempre aggiornato. Per facilitare chi non è esperto della materia è stato previsto anche un glossario con oltre 130 tra vocaboli e sigle ed un bottone dedicato alle recensioni di film e libri che trattano, in modo meno ortodosso, le tematiche del settore. Per scendere più nel dettaglio, ogni mese viene pubblicato un dossier su un argomento per cui si ritiene necessaria una trattazione più approfondita, senza rinunciare al principio della facile consultazione, al quale è ispirato tutto il sito. geopolitica.info inoltre, nell’intenzione dei giornalisti, dei ricercatori e di tutti i protagonisti che hanno intrapreso questa iniziativa, vuole essere uno strumento per superare la superficialità e la faziosità che alterano le analisi dei più importanti avvenimenti della nostra epoca. Una finestra di riflessione per tutti coloro che avvertono i rischi derivanti dall’internazionalizzazione delle crisi.

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NESSUNA TREGUA ! CORTEO NAZIONALE !
by PUNK TO Wednesday, Oct. 12, 2005 at 3:13 PM mail:

SENZA TREGUA CONTRO SGOMBERI E CITTA’ GALERE.

L’inverno olimpico incombe su Torino.
Politicanti e imprenditori si ingrassano, devastando l’ambiente e saccheggiando le risorse.
Tutti gli altri, depredati e presi in giro, sono costretti al silenzio dalla TREGUA OLIMPICA, un ignobile ricatto che nessuno ha firmato.

In una società in guerra stretta tra precarietà e paura, Torino diventa così un vero e proprio laboratorio di repressione, avanguardia di quella militarizzazione della società in atto ovunque.
Ogni giorno, gli immigrati vengono rastrellati, internati, deportati; la polizia spara nelle strade; gli stadi divengono campi di concentramento per la domenica; i lavoratori, sfruttati, ricattati e gettati via dopo l’uso; i territori e le popolazioni martoriati per progetti inutili e nocivi come il TAV.

Su tutto, il tentativo di cancellare chi non si allinea, i recenti sgomberi di Alcova e RRosalia, sono l’ultimo capitolo di una campagna di arresti, denunce, e attacchi polizieschi e fascisti, contro gli spazi autogestiti e il “movimento antagonista”. Nella democrazia totalitaria il dissenso diventa un “nemico interno” da schiacciare.

Le esercitazioni antiterrorismo e le restrizioni della libertà sancite dal “decreto Pisanu” vogliono assuefarci alla catastrofe, a vivere terrorizzati e sotto assedio. Noi non ci stiamo! Non ci abitueremo mai a vivere in trincea, all’ombra dei gipponi e delle telecamere ad ogni angolo di strada! Nessuna tregua contro guerra e repressione!
Per una città viva, libera e solidale. All’assalto dell’Olimpo!


CORTEO NAZIONALE
TORINO - SABATO 22 OTTOBRE 2005


- dettagli a breve

intanto ascolta sostieni e resisti....

http://diciannove.net:8000/blackout

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il 27 ottobre c'e' il processo a Turi
by info Wednesday, Oct. 26, 2005 at 5:31 PM mail:

Disarma due F16: rischia 6 mesi
http://italy.indymedia.org/news/2005/10/906748.php


Rischia 6 mesi il nonviolento italiano che ha demolito due F16 nella base NATO

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TURI VACCARO E' STATO CONDANNATO!
by info Friday, Oct. 28, 2005 at 10:43 AM mail:

TURI VACCARO E' STATO CONDANNATO!
http://italy.indymedia.org/news/2005/10/907879.php

(ANSA) - ROMA, 27 OTT - Il pacifista italiano Turi Vaccaro e’ stato condannato dal tribunale di Breda, in Olanda, a 6 mesi di reclusione e ad un risarcimento danni di 750 mila euro (che dovrebbero essere convertiti in ulteriori 12 mesi di pena detentiva), per avere danneggiato a colpi di martello due cacciabombardieri F-16 USA in riparazione nella base Nato di Woensdrecht. [...]

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