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Parigi, il Fuoco
by Il Maggiordomo di Des Esseintes Sunday, Nov. 06, 2005 at 7:56 PM mail:

Avvampando come soli

Ormai non vi è più speranza. Ormai siamo alla disperazione. Questa è l'epoca brulla della disperazione definitivamente dispiegata; abbiamo oltrepassato il meridiano zero, il punto di non ritorno e tutti gli orizzonti, sia in una direzione che nell'opposta, si dileguano in brumose ed indeterminate lontananze, in tratti baluginanti e lentissimi, in una mestizia dalla quale nulla si evince. Nulla si vince. Siamo alla rivolta della fine, alla fine della rivolta. Lottare è diventato un automatismo fisiologico, non si aspira più a nulla. Lugubri fuochi simili a lumi cimiteriali ardono e adornano nelle notti francesi, e nessuna spiegazione od analisi sensata e/o sociologica potrebbe dire il perchè della combustioni, ammesso e non concesso che la qual cosa ci interessasse ancora. E' veramente finita. E' finalmente finita. Tutto il mondo è una immensa, sterminata periferia. Non vi è scampo: non scamperete. Solo, in un angolo buio di questa mia stanza, mi illudo forse di non essere coinvolto, ma fuori di qui bussa alla porta la Morte, che non è mai stata così radiosa ed allettante. Là fuori intanto, in girum imus nocte et consumimur igni. La rivolta dilaga. Ma nessuno chiede nulla. Nessuno parla di socialismo, un tramontato sogno impensabile al culmine di tanto mostruoso e siffatto incubo. Nessuno vuole nemmeno giustizia; anche il significato di questa parola, che pure un tempo, proudhonianamente, ebbe una qualche dignità, si dissolse e si sperse e sparve nell'angoscioso crepuscolo che prelude e allude ai nuovi incendi. Giustizia? Di chi, per chi, per cosa? Un ghigno agghiacciante emerge e si strappa dai nostri patetici singhiozzi, ma è stato così subitaneo da essere probabilmente e soltanto il frutto di una mente allucinata, un'impressione lancinante di qualcosa che non vi è mai stato. Qualche critico borghese parla tristemente di mancata integrazione: ma non è ben chiaro, nemmeno a costui, chi dovrebbe integrarsi ed in che cosa, dal momento che viviamo in un'epoca di disgregazione e disaggregazione. Il mito del tessuto sociale è consunto, logorato, e facendo una certa attenzione, potremmo anche sperare di vedere le termiti che divorano voracemente l'ultima sua lanugine. Qualcuno si illude che esista ancora qualcosa che ci tenga uniti, di questi tempi. Ma nemmeno costui sa bene di cosa possa trattarsi. La Patria, un Ideale forse? Qualche rivoluzionario imbecille, di quelli che credono ancora in qualcosa-ve ne sono ancora, ahimè, e ad ogni disillusione nella loro ottusità trovano ancora i motivi di cui e per cui vivere e sperare-sussurra, se è sensibile, blatera, se è arrogante, di piccoli gruppi in moltiplicazione: ma non vi è nessun gruppo, tantomeno piccolo, e l'unica moltiplicazione fu quella dei pani e dei pesci. Da allora uno stillicidio di sottrazioni è proseguito fino ad oggi, fino all'accelerazione odierna di dolore e di orrore, di solitudine e di affannoso silenzio. Ma questi ultimi fantasmi non si moltiplicano: già esistono dentro ognuno di noi, languiscono per una vita se necessario, ma non possono fare a meno, ad un certo punto, che sia prima o che venga dopo-dipende dalla inane sovranità di ciascun Individuo-di esplodere in un tremendo e inopinato mugghio che il vento sferzante e gelido porta sulle sue ali, balenando l'Inespresso, e poichè lo allontana, con ciò crederemo di non averlo mai udito e veduto. Epperciò il fuoco si propaga, ma non è un bene ne' un male; ma neppure è un "Al di là del Bene e del Male" di nicciana memoria, non c'è nessun eroismo in quel crepitare, esso è e non può non essere. Non si sfugge impunemente a questo Fato. Eccola, frattanto, bussa ancora e mi lusinga con le sue persuaditrici attrattive, la Morte. Parlano di te con compunzione, o Mia Signora, quasi tu non esistessi, o Cara, o Amata, quando sei invece l'unica cosa certa, l'unica cosa dolce. Brucia, o Fuoco, ardi e purifica annullandolo tutto questo marcio e sozzo e lercio mondo, questo letamaio che ha ucciso la speranza, ha travolto la fede, il suono e il significato delle cose, la memoria dell'amore e del socialismo; in questo algido e desolato deserto, dove le lacrime versate evaporano in un istante per il calore delle tue fiamme, e quelle rimaste sul ciglio ottenebrano la vista nell'unica piacevolezza restataci che è quella del Vago, con selvaggia tristezza e con gioia smisurata vediamo profilarsi quello che sarà il principio della Fine, un fremito febbrile e stanco che penetrerà nell'animo nostro esacerbato e ci condurrà in istrada, ad invocare nottetempo il bagliore di una fucilata, che ci renderà immortali, sì, al suono della cetra di Morfeo, con il grido strozzato, per sempre, lì, soli, avvampando come soli.

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