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INSORGERE !
by Oreste Scalzone Monday, Nov. 07, 2005 at 9:10 AM mail:

-;-

INSORGERE !...
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“Insorgere : sollevarsi contro l’autorità”. “Insorto : rivoltoso, che si è ribellato”.

Ma potremmo anche chiamarli ammutinati. E’ straordinaria la capacità che hanno gli “uomini di potere” di aggiungere al danno la beffa: sul finire degli anni 70 in Italia, <insorti> per noi era aggravante, e non di poco! Significava <stato d’eccezione>, presunzione di colpevolezza, responsabilità penale anche <oggettiva>, aggravanti, carceri e regimi speciali. Ma si negava all’<insorto> la qualità di <Nemico> riducendolo a folle criminale e/o “marionetta” mossa da qualche “puparo” occulto. Oggi, si mena scandalo quando qualcuno parla di <insorti> : si riscopre che questa è qualifica nobile, e le si oppone quella di “teppaglia”.Così il Ministro francese degli Interni li aveva chiamato ripetutamente quei giovani, prima, anche nei giorni immediatamente precedenti la tragedia che ha fatto scoccare la scintilla...



Nell’immediato, si sono sollevati alle retate di polizia da anni scatenata nelle banlieues; contro giornate spese sul marciapiede davanti agli squallidi falansteri della deportazione dei poveri, più o meno ‘ad ammazzare il tempo’ come nel cortile di prigione ; contro una razionalità economica che li riduce in uno stato di “rota”tra lo stridore del martellamento pubblicitario e la realtà di uno squallore senza uscita ; contro una <legalità> che li asfissia , e una Legge che li disprezza e li umilia.



Beninteso, la <tolleranza zero> è un indice del carattere de-li-rante di certe politiche. Quella di Sarkozy, come quella di Cofferati, o del sindaco “giacobino” e “nazional-comunista” di Montreuil. Ma il problema va ben oltre questi personaggi alla cui volontà dispotica o interesse personale non può essere ricondotto il tutto. Se questa corsa incrudelita e stolta alla guerra dall’alto contro il basso continua con questi ritmi e forme c’è da prevedere una catastrofe generalizzata che comincia dal “mentale”, ben più rapida e squassante di quelle previste sul piano ecologico!



Ogni establishement, ha le sue specificità, Qui in Francia c’é il metodo dell’<assimilazione>, della standardizzazione dei <Valori della Repubblica> ; nel mondo anglosassone il modello del “mercato comunitarista”, del <mosaico> : ciascuno nel suo ghettocol “divide et impera” e il sistema di gerarchie di capi e kapò a organizzare contenimento, ordine, e in particolare il circolo vizioso del crimine: società , oltretutto, criminogena come non mai...



Io ho imparato a diffidare dei “tifosi”, che spargono culti ed epopee ed esultano in stretta proporzione alla distanza geografica dei miti di cui sono sempre in cerca...

Così un certo <terzomondismo> manifesta un relativismo etico, che porta alla corrività con episodî <stragistici> per poi trovare che, in una sommossa in città, chi spacca una vetrina non può che essere un “provocatore” da perseguire penalmente...



Non è che “potrebbe esplodere”. Bisogna piuttosto pensare, “e come potrebbe non esplodere ?”.

Sarkozy a Parigi ha risposto alla morte di 52 africani per quattro incendi di stabili fatiscenti, mandando la polizia a sgombrare di forza e – senza neanche il pretesto dell’ <insalubrità> -- scatenando rastrellamenti di sans papiers alle uscite dei metro’.

Roba da far prudere le mani alla gente più pacifica... Roba da far venire ancor più cattivi pensieri ai paranoici del <Complotto: sembra quasi una Krivendicazione del repulisti permesso dagli incendi !



Tutto vero. Ma, a New Orléans? E a Ceuta e Melilla ? Certo che i miti spagnoleschi di tanto benpensantismo delle sinistre, innamorate di Zapatero e del giudice Garzon danno anch’essi il voltastomaco... D’altronde, il clero musulmano – compresi gli <islamisti ultrà> -- in questi giorni sta pesantemente giocando al “pompieraggio” dell’ondata tumultuosa di sabotaggio e di “terra davvero bruciata. Chissà che non ci sia chi pensi a un armistizuio nella <guerra di civiltà>, proponendo di coalizzarsi contro i <sub-sahariani> ?

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Stanotte l'obiettivo diretto era la polizia !
by da "repubblica on line" Monday, Nov. 07, 2005 at 9:20 AM mail:

L'appello all'ordine del presidente Chirac sembra caduto nel vuoto
Gravi 2 poliziotti, ferito alla testa un neonato, 900 auto bruciate
Banlieu, nuova notte di scontri
34 agenti feriti, 200 arresti
De Villepin annuncerà stasera interventi in favore delle periferie



PARIGI - A Parigi, il sole sorge su una città devastata e ferita. Trentaquattro poliziotti sono rimasti vittime dell'undicesima notte consecutiva di violenze nelle banlieue. 840 auto incendiate; 186 teppisti arrestati. Tra i poliziotti feriti, i due più gravi sono stati colpiti da rose di pallini esplose da un paio di fucili da caccia a Grigny, nella periferia sud della capitale, uno a una gamba e l'altro al collo. Gli altri feriti sono stati colpiti dal lancio fitto di sassi che ha investito senza posa i reparti della polizia in assetto antisommossa.

In provincia sono state attaccate due chiese, numerose scuole e due posti di polizia. Alcuni edifici sono stati totalmente distrutti dali incendi. Assaltati anche un centro sociale, una tesoreria, un deposito farmaceutico e un magazzino di moto. Secondo una fonte della polizia, ieri pomeriggio sono stati lanciati sassi contro alcuni autobus a Colombes, banlieue sudovest. Un bimbo di 13 mesi, ferito alla testa, è stato ricoverato in ospedale.

Oggi, il primo ministro Dominique de Villepin annuncerà in diretta tv misure strordinarie in favore delle periferie francesi. Ieri il presidente della Repubblica Jacques Chirac era sceso in campo lanciando un appello affinché fosse ristabilito l'ordine: "Oggi la priorità assoluta è il ristabilimento della sicurezza"

(7 novembre 2005)

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il soliti aculturato giustificazionista
by osservatore Monday, Nov. 07, 2005 at 9:31 AM mail:

Dimostra un buon livello culturale l'articolo , ma un altrettanto discorso qualunquista e giustificazionista grossolano ad ogni costo .
Cosi i cattivi che stanno attuando la violenza sono solo è sempre i poliziotti e le istituzioni . Il ministro li avrebbe dovuti lasciar fare e poi cercare di risolvere il problema del loro disagio . La colpa è tutta di chi li ha accolti e poi non li ha sistemati e non ha saputo creare le cahsbe come in africa per ripetto alla loro cultura .
ma non farci ridere !

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?
by boh Monday, Nov. 07, 2005 at 9:35 AM mail:

ma che <cazzo> hai scritto?

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forse ...
by nino Monday, Nov. 07, 2005 at 9:37 AM mail:

forse .... non sai nemmeno chi e' Oreste Scalzone, il che e' tutto dire.

"un buon livello culturale", roba da ridere.

stai parlando di uno che, nel bene e nel male, ha fatto la storia in Italia e anche in Francia dove vive, suo malgrado, da ormai un quarto di secolo.

del resto sei un mezzo fascista, cosa ne vuoi sapere ?

comunque la Francia non e' che "li ha accolti" , essendo storicamente un paese coloniale ce li ha in casa da circa tre generazioni ; un terzo dei francesi sono di origine degli ex paesi del colonialismo francese.

per non parlare poi di quelli che tiene ancora sotto il giogo coloniale, come i corsi che sono "insorti" soltanto una decina di giorni fa.

e prima o poi le contraddizioni, vecchie e nuove, esplodono ....

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io...
by quasi maresciallo Monday, Nov. 07, 2005 at 9:42 AM mail:

...mi aspetto qualche centinaio di Leclerc nelle strade da un momento all'altro...

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don't feed the troll
by non meritano la banda Monday, Nov. 07, 2005 at 9:43 AM mail:

Inutile rispondere ai piccolo borghesi "fascisti per natura".
Non sprecate banda: la loro stessa merda li soffocherà

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I Leclerc ...
by Vanni Monday, Nov. 07, 2005 at 9:51 AM mail:

I Leclerc, lo penso anche io, fatalmente arriveranno ...

Ma dato che non stiamo parlando di Falluja o di Jenin e che siamo in era "mediatica", non potranno certo fare la "tabula rasa" che hanno fatto in Medio Oriente.

E quindi il fuoco potra' pure assopirsi, ma non spegnersi.

E poi, i Leclerc potrebbero pure fare da detonatore per qualcosa di piu' grosso.

Nella storia e' gia' avvenuto ....

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spero
by quasi maresciallo Monday, Nov. 07, 2005 at 9:56 AM mail:

...spero proprio che non accada. È assurdo che abbiano lasciato dilagare una follia simile.
Mi chiedo che cosa stanno predicando gli imam di Parigi. Spero ci siano inviti alla moderazione e non il contrario altrimenti tutto questo servirà solo a inasprire gli atriti etnici e religiosi e culturali in tutto il Vecchio Continente

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Gli iman ....
by keoma Monday, Nov. 07, 2005 at 10:08 AM mail:

Gli iman, come dice anche Oreste nell' articolo iniziale, infatti invitano alla moderazione .

Ma gli "insorti" se ne fottono, non e' certo gente da moschea.

Anche se farebbe comodo a molta stampa nostrana cercare di inventarsi gli "estremisti islamici" e, in parte, ci stanno pure provando.

In verita', se proprio si vuole fare un paragone comunque forzato, questi giovani somigliano piu' ai "rappers" di Chicago che agli islamisti del Medio Oriente.

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ecce foco
by guillotin Monday, Nov. 07, 2005 at 10:36 AM mail:

Bentornato compagno foco.

Non quella fiamma religiosa degli stolti destrorsi ma la rabbiosa banlieu che, sopita dalle rassicuranti pubblicità della società del consumo, consumerà nel suo braciere post-moderno il cittadino che non gli ha concesso la cittadinanza umana ma solamente lo status di sudditanza precaria.

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I leclerc, gli imam, scalzone...
by prolo Monday, Nov. 07, 2005 at 11:18 AM mail:

E poi ci si mette pure mortadellone ad auspicare che la
rivolta sia esportata anche in Italia...ignorando che la
situazione non e' comparabile.

Qualche tempo fa ho vissuto in periferia di Parigi, in un
HLM (se sapate cos'e') e vi garantisco che era tutta gente
che si faceva i cazzi suoi, qualcuno piu' strano o violento
degli altri, ma nulla piu'.

Molti "beurs" (o "bougnouls", entrambi termini dispregiativi che i francesi benpensanti danno ai figli o
nipoti di "francesi" d'origine magrebina)erano rissosi ma la situazione era tutt'altro che ingestibile.

E se in Italia abbiamo un Bossi, un Fini e un Calderoli (e TUTTI gli altri cialtroni a seguire) in Francia hanno un Le Pen...

Ora vivo nella periferia d'una grande citta' italiana,
le abitazioni sono piu' fastiscenti (gli enti proprietari
degli immobili se ne fregano della manutenzione anche perche' i locatari se ne fregano di rispettare un minimo
le case dove vivono) ma la situazione della convivenza e'
anche migliore di quanto non lo fosse in Francia.

Dire che Scalzone ("Scalzone chi?" direbbe D'Alema) ha fatto "..nel bene e nel male la storia in Italia e anche in Francia, dove vive suo malgrado.." m'induce ad amare considerazioni.

In quale Arrondissement vive Scalzone? Certo NON in un HLM.
Che fa in Francia?
Di quali mezzi dispone?

So che NESSUNO sapra' (o vorra') rispondermi e attendo,
sereno, l'accusa d'essere un fascio.



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Scalzone ...
by auprol77 Monday, Nov. 07, 2005 at 2:24 PM mail:

Scalzone vive a Parigi, non so dirti in quale quartiere, ma sicuramente non in una banlieu.

Credo viva in una casa che e' di proprieta'degli eredi dell' attore Gianmaria Volonte', suo amico da sempre e che lo aiuto' a fuggire nel 1981, portandolo con la sua barca a vela dalla Sardegna alla Corsica.

Vive di ripetizioni saltuarie di italiano agli studenti, dello stipendio della moglie Lucia che lavora in una impresa di pulizie e dei magri diritti d'autore dei libri che ha pubblicato nelle edizioni del "Il Manifesto".

Insomma, sicuramente non e' ricco.

Ma altrettanto sicuramente, per capacita' di analisi e conoscenza sul terreno dei fatti, e' in grado di capirne di piu' di tanti pennivendoli italiani e di molti improvvisati "analisti" che frequentano Indymedia.

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DA UN PUNTO DI VISTA ANTAGONISTA ...
by aladino govoni Monday, Nov. 07, 2005 at 2:29 PM mail:

.... potrei dire "D'Alema chi ?" ........

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.....
by Vanni Monday, Nov. 07, 2005 at 2:51 PM mail:

Gia' dover io difendere Prodi e lo stesso D'Alema che ha confermato le dichiarazioni di Prodi, mi pare strano.

Pero' e' evidente che sia Prodi che D'Alema hanno posto un problema reale.

Sicuramente nelle nostre periferie non esiste un problema "etnico" tipo quello che esiste in Francia e che sicuramente e' uno ( ma solo uno dei tanti) motivi della rivolta.

Cio' non toglie che le nostre periferie, specie nel centro sud, sono decisamente peggiori di quelle francesi.

E quindi il rischio di qualcosa del genere anche in Italia, in una situazione di oggettivo "impoverimento" generale, e' tutt'altro che peregrino.

E per la verita', con tutte le debite proporzioni, i continui incendi notturni a Roma e anche in altre citta' del centro-sud dovrebbero far riflettere.

E chiaro che Prodi e D'Alema parlano della cosa per evitare che succeda.

E' chiaro invece che il sottoscritto, da anarchico, invece la auspica.

Ma, al di la' di questa importante differenza, non hanno certo detto cazzate.

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Ah, ecco....
by Prolo Monday, Nov. 07, 2005 at 3:59 PM mail:

Adesso abbiamo pure gli esuli in...barca a vela!!!

Ottimo e abbondante.

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Intervista ad Oreste Scalzone
by Radio Onda D'Urto - Brescia Monday, Nov. 07, 2005 at 7:07 PM mail:

16.04 - 07 Novembre
Undicesima notte di rivolta nelle banlieues parigine: 395 le persone arrestate, il numero maggiore dall'inizio della rivolta.1400 le auto incendiate. Dalla capitale la rivolta si è estesa ad altre città francesi, interessando 274 comuni. Le situazioni più tese a Marsiglia, Saint- Etienne, Tolosa e Lilla. Ascoltiamo l'intervista con Oreste Scalzone da Parigi.

http://www.radiondadurto.org/agenzia/scalzone-rivolta-francia.mp3



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perche' ....
by Vanni Monday, Nov. 07, 2005 at 7:36 PM mail:

Perche', se Oreste fosse scappato valicando i Pirenei, cambierebbe qualcosa ?

Peraltro la barca a vela di quel meraviglioso e coerente comunista che era Gianmaria Volonte' me la ricordo, sempre ormeggiata a Cannigione, nei pressi di Arzachena, ed era proprio una barchetta a vela, da navigatore solitario ( e infatti quello ci faceva di solito), nulla di lussuoso o similare ...

Per quanto riguarda Oreste, vorrei ricordare che e' stato condannato, mi sembra a 24 anni, in quel famigerato processo-monstre che si chiamo' 7 Aprile, questione del tutto avulsa dal cosiddetto "terrorismo" esploso in epoca successiva ai fatti contestati e SENZA AVERE ALCUNA IMPUTAZIONE PER REATI DI SANGUE.

E' stato poi lui, senza che nessun giudice glielo avesse mai contestato, a dichiarare di aver collaborato alla nascita del gruppo armato Prima Linea, partecipando personalmente ad una rapina di "finaanziamento".

E di aver poi mollato tale gruppo perche' non era passata la sua posizione di rifiuto della pratica dell' omicidio.

E fu sempre Oreste, in epoca non sospetta (gennaio 78), a dichiarare che l' azione romana contro la sede missina di Acca Larentia era una cosa "non da comunisti" ma una stupida e criminale vendetta rusticana.

Si', e' vero, nel bene e nel male ha fatto la storia, molto piu' di " D'Alema chi ?" che pure per un periodo giovanile e' stato spesso al suo fianco e poi ha fatto finta di non averlo mai conosciuto.

Leader tra i piu' intelligenti del movimento del 68 ( quasi ammazzato dai fascisti di Caradonna in quel periodo E NE PORTA ANCORA ADDOSSO PESANTI CONSEGUENZE FISICHE), teorico dell' operaismo ma avulso dagli intellettualismi dannunziani di Negri, Tronti, Asor Rosa , Cacciari ecc. ecc., fondatore e poi "sfasciatore" di Potere Operaio, sostenitore dell' "autonomia operaia diffusa" estranea da ogni logica "di partito", armato o no che fosse ...

E da 24 anni esule in terra di Francia, se non povero in canna quasi ( a differenza sempre di Negri e di altri "esuli d'oro" ), e ancora testardamente teso ad analizzare, a capire, a spiegare da un punto di vista di classe, i fenomeni sociali ....

E senza mai "pentirsi" di nulla ( che poi non aveva molto, come dicevo, da "pentirsi") ne' rinnegare la propria storia, le proprie radici, anche le proprie, tranquillamente ammesse, cazzate .....

Tanto di rispetto, quindi, per quanto mi riguarda, pur non essendo mai il sottoscritto stato marxista o operaista, e grande interesse per la sua enorme capacita' di analisi delle trasformazioni economico/sociali dell' occidente capitalistico.

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Scusa ma....
by anrfabeto Monday, Nov. 07, 2005 at 8:47 PM mail:

Scusa ma, ECCHEVORDI'...??!!!

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7 Novembre - Un saluto a Oreste Scalzone
by controguerra Monday, Nov. 07, 2005 at 11:18 PM mail:

VIVA SEMPRE IL SETTE NOVEMBRE, VIVA LA RIVOLUZIONE PROLETARIA MONDIALE

un saluto ad Oreste Scalzone


In Francia stanotte 1500 vetture incendiate, poliziotti attaccati e feriti, scontri dovunque. è una rivolta proletaria di grandi dimensioni. non ci siamo sbagliati a seguirla fin dal suo nascere giovedì 28 ottobre, magari nel fastidio di qualche admin incompetente. hic Rodhus, hic salta

ciao Oreste. Mi fa piacere risentirti e leggerti. Mi fa piacere risentirci in linea. oggi ti saluto e ti immagino camminare trasandato e indaffarato come sempre. magari potremmo sederci da qualche parte di via Rambuteau o in qualche bar vicino alla vecchia Bourse du travail, la prima storica camera deel lavoro vicino a place de la republique, la dove i poligrafici prestavano la salle per fare qualche riunione di esuli. cara vecchia Republique, centro su cui convergeva la rabbia di Belville, la grande banlieue dell'epoca della Comune. E anche adesso la rabbia entra a Parigi dalla soglia dell'est, da quelle sterminate serie di cités più o meno degradate che adesso sono scoppiate e sono insorte. Dopo anni di rafles, di rastrellamenti, di angherie. Non ce ne meravigliamo. Quel che mi meraviglia è l'estensione: dal pas de Calais à Bordeau, da Pau a Toulouse a Marseille si sono rivoltati. Finite le mobilettes, le marce che finivano con Harlem Desir, i socialisti e qualche rokettaro in grandii barbecues dalle parti del parco di Versailles! Finita la filantropia della sinistra buonista. Qui siamo arrivati a questa formidabile rivolta delle banlieues e non solo. Il vento è girato. Comincia di nuovo a fischiare. Un nuovo ciclo è cominciato. Sono del tutto d'accordo con le tue emozioni e le tue osservazioni, Oreste. Sono d'accordo nel denunciare certo antimperialismo di maniera che ben conosciamo, tanto più duro e truce quanto più è distante il focolaio di lotta da appoggiare.( Mi vengono in mente graziose e compite ragazzine di Trento che si infervorano per il Nepal). Ma non è neanche Oreste da sottovalutare l'esotico, in quanto stiamo osservando. Vale a dire l'importanza della guerra contro l'Iraq, e prima e sempre l'Intifada palestinese. Voglio dire specificamente : l'importanza della resistenza palestinese e irachena. Sentivo un'intervista di schiena a un ragazzo di una cité di Lyon: diceva qui non scherziamo, qui ci sentiamo come in Iraq!! E' questo legame che mi sembra di dover sottolineare tra guerra interna e guerra esterna.
Lo voglio sottolineare particolarmente oggi, Oreste, oggi 7 novembre, data appunto di una grande insurrezione.

Che ne dici, Oreste, del 7 novembre?? Noi qui siamo arrivati Oreste, a questa nuova generazione che ha già cominciato a darci il cambio. La vediamo finalmente e non solo in America Latina, ma anche in Europa. Ho seguito in diretta il riformarsi del movimento nelle scuole, università, nelle valli, nel territorio. Senza mai dimenticare la connessione col movimento contro la guerra, il padre di tutti i movimenti.

Auguriamo a questa nuova generazione di essere più fortunata, decisa, ampia e risolutiva di noi! Ma qualcosa ci resta ancora da fare. Sulla base delle nostre oramai lunghissime esperienze ci resta da dire qualcosa sul telos, sul fine a cui convergere e sulle false piste su cui siamo talvolta scivolati.

Ti ribadisco una valutazione e mi piacerebbe sentire la tua. Il sette novembre, la rivoluzione proletaria è più che mai il telos, il fine a cui tendere. In modo ampio articolato larghissimo, non settario con al centro, forse, un blocco e non un partito monolitico che sovradetermini e schiacci. Ma un movimento complessivo che unisca molti livelli sociali, econimici, politici e che sappia incidere in maniera decisiva, che unisca le lotte, le ribbellioni, le rivolte. Come solo la rivoluzione inglese, francese, russa seppero fare.

Le immagini e le notizie che ci arrivano da tutto il mondo e oggi particolarmente dalla Francia ci dicono che questo non solo è possibile, ma è anche l'unica soluzione reale.
Basta coi gamberi rossi. E' ora di nuovo di andare avanti. Ciao Oreste, buona giornata a te e a tutti i proletari e il popolo di Francia che noi tanto amiamo.

VIVA SEMPRE IL SETTE NOVEMBRE





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Per gli "analfabeti", alcuni cenni sull' "operaismo"
by new dada Tuesday, Nov. 08, 2005 at 12:33 PM mail:

Per gli "analfa...
ultras_cosenza.jpg, image/jpeg, 600x402

Il futuro alle spalle di una tradizione tutta da inventare

«Gli operaisti» e «L'insurrezione armata». Tra analisi critiche, interviste e racconti autobiografici, due libri tentano di ricostruire le vicende dell'operaismo, un'esperienza segnata da conflitti interni, da un alto tasso di innovazione teorica, ma anche di contraddittorie scelte politiche .

Percorsi accidentati l'incontro con il pensiero negativo novecentesco e la grande tradizione sociologica alla ricerca di una teoria politica all'altezza dello sviluppo capitalistico

di ANDREA COLOMBO

C'era una volta l'operaismo italiano, e il suo passaggio non è rimasto senza conseguenze. Ma dire con chiarezza cosa sia stato è meno semplice. Forse la sola definizione possibile è quella di Mario Tronti: «Una cultura e una pratica del conflitto». Ma è una definizione la cui vaghezza è di per sé eloquente. Si trattava certamente di un marxismo radicalmente antidogmatico, oltre i confini di quella che ancora nei `60 era considerata eresia, e poi, in una fase successiva, dell'inedito incontro fra la tradizione marxista e il grande pensiero nichilista europeo, sino a quel momento sbrigativamente liquidato dalla sinistra come protonazista. Ma si trattava anche, se non soprattutto, di far marciare con lo stesso passo, continuamente intrecciandole, la ricerca sociologica, l'elaborazione di una teoria rivoluzionaria all'altezza dei tempi, la sperimentazione di forme dirette di intervento militante.

Sia la teoria che la pratica dell'intervento diretto scartavano drasticamente rispetto non solo alle parole d'ordine del movimento operaio tradizionale, ma anche alle suggestioni allora imperanti nella sinistra rivoluzionaria, in particolare il terzomondismo e le lotte di liberazione nazionale. L'operaismo manteneva lo sguardo fisso sul conflitto che si esprimeva nei punti più alti dello sviluppo: l'antagonismo diretto, frontale, crudo e feroce tra il capitalismo al suo picco e una classe operaia che pareva all'angolo e che gli operaisti scoprivano invece fortissima.

Il vivaio delle riviste

Il pensiero e la ricerca operaiste si sviluppano e si articolano nell'arco di tre decenni, attraverso il lavoro collettivo di una serie di non dimenticate riviste (Quaderni rossi, Classe operaia, Contropiano, Metropoli, Luogo comune). Ma sin quasi dall'inizio, con le Cronache dei Quaderno rossi, al duplice obiettivo di mettere a fuoco la composizione di una classe operaia diversissima da quella alla quale ancora faceva riferimento esclusivo il movimento operaio ufficiale e di elaborare una teoria corrispondente alle esigenze e alle potenzialità di questa nuova classe operaia se ne accompagnò un terzo: quello di innescare un nuovo ciclo conflittuale impegnandosi direttamente nelle fabbrica. Da questo punto di vista Potere operaio è il tentativo più compiuto, longevo e incisivo, ma non il primo né tantomeno l'unico.

L'esperienza politico culturale dell'operaismo e quella militante di Potere operaio sono oggetto di due libri che, pur uscendo solo per caso negli stessi giorni, si rivelano tuttavia strettamente complementari. Gli operaisti, curato da Guido Borio, Francesca Pozzi e Gigi Roggero (Derive e Approdi, pp. 338. € 20) raccoglie 26 interviste autobiografiche ad altrettanti rappresentanti storici dell'operaismo, da Romano Alquati a Mario Tronti, da Alberto Asor Rosa a Vittorio Rieser, da Toni Negri e Franco Piperno a Paolo Virno. In Insurrezione armata, di Aldo Grandi, già autore un paio d'anni fa di una dettagliata storia di Po (Bur, pp. 426, € 9.50) 28 ex militanti di quell'organizzazione raccontano la loro esperienza in altrettante brevi biografie.

Questione di metodo

Tra Gli operaisti figurano tutti i principali esponenti di quella eccezionalmente ricca corrente del marxismo italiano, a eccezione di Massimo Cacciari, e offrono un quadro sintetico ma esauriente sia del prisma operaista che delle non secondarie differenze al suo interno. Ma dietro e attraverso i numerosi conflitti, traspare anche la permanenza di alcune tonalità di fondo comuni: da un lato la rottura drastica con l'eredità populista, pauperisitica e intrisa di cattolicesimo del movimento operaio, dall'altro lo scontro acerrimo con il movimento operaio ufficiale, con il riformismo e con la pretesa di incarnare un interesse generale che è quanto di più estraneo alla cultura antagonistica dell'operaismo.

Le interviste migliori, come quella a Mario Tronti, non si limitano agli anni gloriosi del movimento. Aggiungono una interpretazione di alcuni percorsi successivi rintracciando linee di continuità e di consequenzialità - nei termini della ricerca se non in quelli, sempre discutibili, dell'approdo - laddove l'apparenza mostrava invece solo scarti e fratture. E' il caso soprattutto dell'autonomia del politico, il principale oggetto della ricerca di Tronti (e della rivista non operaista Laboratorio politico) negli anni `80. «Il discorso dell'autonomia del politico - dice Tronti - è implicito già nell'esperienza operaista. Che la soggettività operaia dovesse fornirsi di una teoria politica forte quanto la sua soggettività sociale, quindi una teoria realistica della politica, era cosa già implicita prima, e che il discorso sull'autonomia del politico rende soltanto esplicita».

A ben vedere è la stessa urgenza che si trova di fronte, alla quale cerca di dare risposta e sulla quale si divide il gruppo dirigente di «Potere operaio» o quando, come ricorda Franco Piperno ne Gli operaisti, sterza dalla lotta di fabbrica a quella contro lo stato e di conseguenza scivola anche, come dice ancora Piperno, in «una certa deriva verso la violenza». La crisi petrolifera del `73-74 mette il gruppo di «Potere operaio» di fronte allo stesso nodo indicato da Tronti nel passaggio sull'autonomia del politico: la coesistenza tra una soggettività sociale fortissima e una strumentazione pratico-teorica politica di fatto inesistente. Il tentativo leninista di serrare i ranghi con l'obiettivo irrealizzabile di trasformarsi in partito e passare così direttamente allo scontro politico è un tentativo di uscire da quel vicolo cieco, come le assemblee autonome operaie su cui puntava invece Negri ma anche come la riscoperta di Carl Schmitt e dell'autonomia del politico di Tronti. Che le risposte individuate da «Potere operaio» non fossero all'altezza del compito è provato dalla disfatta operaia degli anni seguenti. Ma proprio quella disfatta indica pure quanto quelle domande fossero puntuali, e quanto esiziale sia stato non aver saputo o potuto dare una risposta.

L'analisi di Piperno è contenuta nel volume dedicato agli operaisti, ma è fondamentale aggiungerla alle testimionianze di Insurrezione armata. Per quanto pruriginosi, i racconti di scontri, bottiglie molotov e servizi d'ordine che abbondano nel volume di Grandi non fanno infatti avanzare di un millimetro la comprensione di quella fase storica. Non che il libro di Grandi sia solo questo. Il suo limite maggiore è una certa carenza di selezione. L'autore ha fatto la comprensibile scelta di dare voce a un numero molto ampio di ex militanti, col risultato di alternare alcuni racconti ripetitivi ad altri che invece valgono l'intero libro: come quelli, bellissimi, di Cecco Bellosi, Mario Dalmaviva, Alberto Magnaghi, Italo Sbrogiò o Amedeo Timperi, le cui vicende spesso arretrano o avanzano di alcuni anni rispetto all'esperienza propriamente detta di «Potere operaio».

L'ordine ristabilito

Perché i fatti degli anni `70 sono noti, ce li ricordano da anni e decenni innumerevoli sedicenti televisive, rivelazioni a orologeria, ripensamenti agitati nella piazza mediatica. A scarseggiare sono racconti capaci di restituire il senso profondo di un'epoca storica e delle scelte assunte al suo interno, e ricostruzioni analitiche come quelle offerte da Piperno o da Paolo Virno che interpreta i `70 come «la seconda rivoluzione fallita del `900». Una rivoluzione che, a differenza della precedente, negli anni '20, fu «la prima contro il modo di produzione capitalistico, e non arretratezza e pauperismo», e della quale, «il postfordismo è sostanzialmente la replica in grande, la controrivoluzione», se con questo termine si intende «una rivoluzione al contrario, una cosa straordinariamente innovativa che utilizza molte delle spinte, delle istanze, dei modi di essere, delle inclinazioni che avevano nutrito di sé la rivoluzione».

Le parole di Virno indicano anche, implicitamente, cosa resta di una «scuola» all'apparenza tra le più desuete. In un'epoca in cui la sinistra radicale è trincerata dietro i valori etici e il riformismo si è trasformato in un credo universale, quel che rimane dell'operaismo è essenzialmente un metodo. Per esempio l'abitudine a distogliere lo sguardo da un'apparenza che mette sempre al centro della storia lo sviluppo autonomo del capitalismo per rintracciare quella stessa spinta, sia pure recuperata, addomesticata e «messa a profitto» dal capitalismo, dall'altra parte della barricata.







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