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[Più verde meno cemento]post dinamico
by imc_Napoli Saturday, Nov. 12, 2005 at 12:33 AM mail:

Post dedicato alla raccolta di informazioni, aggiornamenti, e approfondimenti

::leggi la ftr ::Più verde meno cemento

:: post dinamici - howto ::

10 Novembre 05Cronaca di un consiglio comunale

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Per un sviluppo sostenibile..
by Ecologia sociale Saturday, Nov. 12, 2005 at 7:12 PM mail:

L’ENERGIA EOLICA, già ora la sorgente di elettricità a maggiore crescita nel mondo, sta acquistando ulteriore slancio. L’industria eolica europea – l’epicentro dell’adozione di questo tipo di energia – prevede che nel prossimo decennio un quarto della capacità di nuova generazione di elettricità nel continente proverrà dal vento. Per spronare e soddisfare questa domanda, i produttori stanno sviluppando nuove colossali turbine a vento offshore con aperture alari delle pale maggiori di un campo da football americano comprese le zone dietro le linee di segnatura.

La più grande turbina eolica commerciale al mondo ha una apertura alare di 104 metri e produce fino a 3,6 megawatt di elettricità, una quantità sufficiente ad alimentare 1.000 unità familiari americane medie. Ma a febbraio Repower Systems, un’azienda tedesca, ha presentato ad Amburgo una turbina sperimentale che produce 5 megawatt e ha un’apertura alare di 126 metri. General Electric sta portando avanti un progetto per una pala lunga 70 metri, che può arrivare a una lunghezza complessiva di 140 metri. GE non si è data una scadenza precisa per costruire questa imponente struttura, ma crede che una turbina di simili dimensioni possa arrivare a produrre qualcosa come 7 megawatt, dice Jim Lyons, responsabile della tecnologia a GE Wind.

“L’aspetto economico migliora quando le turbine sono più grandi, e quello che conta è l’aspetto economico”, sostiene Bob Thresher, direttore del National Wind Technology Center, un laboratorio federale a Boulder, in Colorado. L’obiettivo dei ricercatori industriali e federali è di creare fattorie eoliche che producano elettricità a circa 3 centesimi di dollaro per kilowattora contro i 4,5 centesimi di dollaro attuali; ciò consentirebbe di risparmiare sui costi del carburante delle nuove centrali elettriche alimentate a gas che si attestano sui 3,5 centesimi di dollaro per kilowattora. Se il processo di sviluppo andrà avanti senza intoppi, continua Thresher, queste enormi turbine dovrebbero essere pronte per un uso generalizzato nelle fattorie eoliche nel 2012.

Tuttavia, affidarsi a macchine di enormi dimensioni non è senza rischi, fa notare John McGowan, ingegnere meccanico ed esperto di energia eolica all’Università del Massachusetts, ad Amherst. Più grandi sono le turbine, più alto è il costo in caso di un loro fallimento. “Prima o poi ne faranno una troppo grande”, afferma McGowan, “e ci rimetteranno anche la camicia”. Inoltre, egli aggiunge, i tentativi di sviluppare turbine in un intervallo che va dai 5 ai 7 megawatt sono ancora immaturi per offrire stime attendibili dei costi da sostenere per dispiegarle nelle fattorie eoliche.

La capacità globale di energia eolica cresce del 20 per cento ogni anno e gli operatori delle reti di alimentazione sono impegnati a cercare di integrare questo surplus di prodotto nel sistema di trasmissione attuale. Turbine più grandi che sfornano ancora ulteriore energia renderebbero meno semplice la soluzione del problema. La produttività delle fattorie eoliche fluttua con il tempo atmosferico e ciò rappresenta una sfida per la rete elettrica, che deve mantenere un costante bilanciamento tra domanda e offerta. Le centrali idroelettriche, ove disponibili, possono garantire un minimo di stabilità. Lo scorso anno, per esempio, Canadian Hydro Developers ha costruito una fattoria eolica vicino a un impianto idroelettrico nella parte meridionale della provincia di Alberta. I responsabili della rete elettrica si stanno anche affidando a sistemi avanzati di previsioni del tempo per pianificare le risorse, sfruttando capacità supplementari o acquistando energia in caso di necessità.

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DISASTI AMBIENTALI E RIBELLIONE DEL CLIMA
by green Saturday, Nov. 12, 2005 at 7:13 PM mail:

La violenza di Mitch non era imprevedibile. Di anno in anno gli uragani si fanno più frequenti e più devastanti: la forza del vento cresce, i danni aumentano, il numero delle vittime sale. Le cifre che danno la misura della progressione del disastro sono contenute in un rapporto della Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) degli Stati Uniti distribuito alla Conferenza sul riscaldamento globale che si svolge a Buenos Aires. L'istituto americano ha censito 37 catastrofi climatiche da almeno un miliardo di dollari di danni avvenute a partire dal 1980. Ebbene, 31 di questi 37 flagelli si sono concentrati nel decennio '88- '98, il decennio più caldo dal 1880.

E' possibile considerare semplicemente casuale una simile serie di dissesti climatici? "Questa concentrazione di eventi è in linea con le previsioni dell'Intergovernamental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite: nel processo di mutamento climatico ci si aspetta di trovarsi di fronte a fatti del genere", risponde Alex Alusa, responsabile del settore atmosfera dell'Unep, il programma ambiente dell'Onu. "Tuttavia il periodo preso in considerazione è troppo breve. Non possiamo affermare con certezza scientifica che Mitch sia una conseguenza dei processi fisici causati dall'uomo bruciando combustibili fossili e deforestando il pianeta. Anche se i sospetti continuano a crescere".
Nella lista di questi sospetti figurano indiziati di primo piano. Ad esempio Andrew, l'uragano che nel 1992 ha devastato la Florida e la Louisiana provocando danni per 27 miliardi di dollari. O la siccità della scorsa estate che negli States ha prodotto 6 miliardi di danni e almeno 200 morti. O gli effetti devastanti causati dal Niño del '97-'98.

Secondo l'Unep il livello del rischio è così alto da rendere urgente una contromossa: bisogna smettere di consumare petrolio e alberi alla velocità attuale, cioè investire in tecnologie per migliorare l'efficienza energetica e in fonti alternative come il solare, l'eolico, le biomasse. Ma non tutti sono disposti a pagare il pedaggio per la transizione energetica: alla conferenza di Buenos Aires il fronte del rinvio ha acquistato forza e si sta saldando un cartello di Paesi che, per evitare contrasti tra il Nord e il Sud del mondo, vogliono guadagnare tempo. Per altri però questo guadagno si trasforma in una perdita secca. E' il caso del settore assicurazioni che ormai dichiara ufficialmente di non essere più in grado di fronteggiare il livello di esposizione causato dall'aumento degli "eventi estremi", cioè siccità, alluvioni, uragani.

Già tra il 1990 e il 1991, a causa di una delle prime ondate di disastri climatici i Lloyd's di Londra hanno perso 4,4 miliardi di dollari spingendo 8 mila soci del cartello a cambiare genere di affari. E da quel momento il mondo assicurativo vive nel terrore che un uragano della potenza di Andrew colpisca una grande città. Per ora il settore si è limitato ad evitare di stipulare polizze nelle zone a maggior rischio, ma si tratta di un palliativo. Nel 1997 il dissesto climatico è costato alle assicurazioni altri quattro miliardi e mezzo di dollari rischiando di mettere in ginocchio un'industria con un budget annuale che supera i 2.300 miliardi di lire.
E il '98 ha ripetuto il canovaccio dell'anno precedente rincarando la dose. E' stato un succedersi ininterrotto di alluvioni (50 mila senzatetto in Russia, 80 mila in Corea, 2 mila morti in Cina), siccità (180 milioni di dollari di danni a Cuba, il 90 per cento delle riserve di riso distrutto nelle Filippine), incendi (centinaia di migliaia di ettari di foresta bruciati in Borneo, 10 mila focolai in Messico), uragani (oltre un miliardo i dollari di danni in Perù).

Una situazione che, secondo gli ambientalisti, non consente ulteriori rinvii del piano di riconversione energetica. Ieri un gruppo di attivisti di Greenpeace ha scalato l'obelisco davanti al teatro Colon chiedendo di non bruciare più di un quarto delle riserve di combustibili fossili. E il Wwf ha rinnovato la richiesta di misure immediate: "Ogni anno la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera aumenta dell'1 per cento", afferma Aldo Jacomelli. "Se non passiamo a una forma di energia meno inquinante dovremo fronteggiare ogni anno fenomeni come Mitch. E visto che per pulire il cielo ci vuole tempo bisogna cominciare subito: solo intervenendo con grande determinazione riusciremo ad evitare che l'aria si trasformi in un nemico".

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Inceneritori! Nè qui, nè altrove
by campagna no inceneritori Sunday, Nov. 13, 2005 at 4:12 PM mail:

Inceneritori! Nè qui, nè altrove

"…Il capitalismo tende a ridurre il ciclo di vita ed il tempo di circolazione delle merci, in ragione della necessità di aumentare la velocità di circolazione del denaro e di estrazione del profitto.
Nella attuale fase di massima liberalizzazione dei commerci e dei mercati finanziari e di flessibilizzazione dei mercati del lavoro ("neoliberismo"), la riduzione del tempo di circolazione e di vita delle merci si radicalizza e si estende a scala globale nello spazio unico del mercato.
Questa necessità di aumentare la velocità di circolazione delle merci e del denaro e l' effetto conseguente di ridurre il ciclo di vita dei prodotti (e della materia ed energia in essi incorparate), si riscontra tanto nella produzione dei rifiuti (che aumentano, seppure in presenza di un ciclo economico non espansivo), quanto nelle politiche dei trasporti ed infrastrutturali : politiche energivore, distruttrici di materia, dannose per la salute umana e per i cicli ecologici ( come avviene per il ciclo delle acque)" …(Carta di Firenze - FSE Novembre 2002)

I rifiuti fanno parte dei danni che un modello di sviluppo consumistico e globalizzato sta producendo sull'ambiente, sulla natura e sulle persone; perché sono il prodotto di un modello e di un sistema di consumi ingiustificati da parte dei ricchi e dei potenti ai danni dei più poveri e fanno parte di quella cultura dell'"usa e getta" che vale per i materiali ma vale purtroppo anche per le persone.
Solo un modello che veda in un ciclo chiuso l’utilizzo delle risorse (risorsa- utilizzo- recupero) permette di avere la misura della reale validità dell’attività umana.

Bisogna riscoprire le reali necessità dell’essere umano e, per quanto possibile, i tempi e le regole della natura perché altrimenti si alimenterà la violenza contro le persone, i popoli, la natura: contro le persone perché il modo di produrre industrialista nel senso più generale, significa sfruttamento dei lavoratori usati prima di altro come un mezzo, senza diritti, senza stabilità di occupazione, sempre più precari, sempre più flessibili, buoni per lavorare al momento giusto, ma da "buttare fuori" nel momento in cui la produzione non li richiede più.; contro i popoli perché questo modo significa intromissione in usi e culture e tradizioni, intromissione nei loro modi di produrre e di sostentarsi e di consumare e per quei territori ricchi di risorse naturali significa volontà di sottomissione e di appropriazione di ricchezze naturali utili al modello di vita e di consumo capitalistico ed occidentale; contro la natura perché la si depreda e la si inquina, la si obbliga ad ospitare colture, meglio monoculture, senza nessun rispetto per la vocazione naturale, senza nessun rispetto per la natura, che è parte della vita e del corpo dell’uomo.

I rifiuti sono lo specchio di un modo di produrre e di consumare sbagliati. Per gestire il problema dei rifiuti bisogna intervenire su livelli diversi, coinvolgendo attori diversi: chi progetta e chi produce i diversi materiali d'uso, deve farlo con l'obiettivo del minor consumo di materie vergini, con il più alto uso di materie riciclabili a fine vita dei prodotti e con imballaggi più leggeri; chi consuma deve farlo con un'attenzione all'acquisto di prodotti che garantiscono un ciclo di vita più lungo e che possono essere riutilizzabili e a fine vita riciclabili; chi amministra deve farlo trasformando in atti direttive, leggi nazionali e propri piani di gestione dei rifiuti.

Il primo intervento è la riduzione a monte, quel percorso e quei processi che consentono di produrre meno rifiuti e ci sono ormai esperienze e "buone prassi" consolidate per agire in questa direzione.
Bisogna poi separare i rifiuti, differenziarli e per farlo è sì necessaria la volontà dei cittadini ma è prima ancora necessario un sistema di raccolta differenziata che consenta a tutti di poterlo fare e come dimostrano, di nuovo, esperienze positive, il modo per farlo è quello di passare dalla raccolta rifiuti stradale fatta con grossi cassoni alla raccolta differenziata domiciliare (porta a porta).

A Volpiano, a Rosta, a Monza, a Verbania ma anche in tanti altri Comuni ha funzionato e funziona e dimostra che in pochissimi mesi, con questo sistema di raccolta, le percentuali di Raccolta Differenziata aumentano in maniera non modulare, ma esponenziale e ne guadagnano le popolazioni e il decoro dei territori.

E' necessario riutilizzare tutto quello che deve essere progettato, prodotto e venduto a questo scopo; tornare al vuoto a rendere o a cauzione; usare imballaggi che possono essere riutilizzati per contenere lo stesso prodotto (i contenitori per i liquidi, per esempio).

Tutto quello che si raccoglie in maniera differenziata, deve diventare materia prima per nuove produzioni attraverso il riciclaggio con la creazione di un sistema di imprese che trasformano i materiali da raccolta differenziata a nuovi prodotti e significa fare nuova occupazione in un tempo in cui il sistema "usa e getta" vale per le persone e per i lavoratori così come per le merci.

Quello che resta dalla fine di questo sistema di gestione dei rifiuti (dettato da direttive comunitarie e da leggi nazionali e da piani di gestione dei rifiuti di provincia e comuni) è una percentuale di rifiuti talmente bassa che non giustifica il costo dell'impianto di incenerimento (intorno ai 500 miliardi delle vecchie lire), è una quantità di rifiuti che se opportunamente trattata (stabilizzata e ulteriormente ridotta attraverso sistemi che lo consentono) non è in grado di soddisfare i bisogni di alimentazione di un inceneritore che richiede 335.000 tonnellate all'anno di rifiuti.
Questo è il dimensionamento dell'inceneritore di cui si sta discutendo e la cui ipotesi di installazione è nell'area Servizi Industriali ad Orbassano o Gerbido (Grugliasco) e che dovrebbe servire 1.700.000 abitanti circa.
La Provincia di Torino, i Sindaci, i Consorzi da anni ormai hanno smesso di fare gestione dei rifiuti e da anni ormai sono solo impegnati nella scelta del sito per costruire l'inceneritore perché è da quello che vogliono guadagnare.
Ma le popolazioni, i territori, il pianeta hanno solo da perdere da una scelta così sciagurata che non rispetta l'ambiente, la salute, le risorse, l'occupazione.

E' una balla che dai rifiuti si ricava energia! Bruciare materia, significa buttar via per sempre tutta l’energia spesa per produrre un materiale (l’energia direttamente ed indirettamente utilizzata per produrlo, l’energia utilizzata per dargli la forma desiderata, il potere calorifico, l’energia spesa per le varie operazioni di trasporto, l’energia spesa per la raccolta) sancendo la sua prematura morte termodinamica. L’energia conservata è superiore e varia da 3 a 5 volte a seconda dei materiali rispetto a quella che si produrrebbe bruciandoli.

Orbassano o Beinasco o Gerbido o Strada Del Francese o Volpiano o Mirafiori Sud, non fa differenza, bisogna smetterla di usare tempo e risorse per trovare il sito, bisogna invece assumere un altro modo di gestire i rifiuti.
E' quello che da anni diciamo è quello che continuiamo a chiedere e che vogliamo, è quello che vorremmo diventasse un impegno per chi amministra la Città, la Provincia e i Comuni.

Un altro mondo è possibile e per costruirlo davvero, è necessario rompere anche con la continuità di un modo politico di gestire, sbagliato.


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ACQUA UN BENE COMUNE
by radio fabbrica-to- Sunday, Nov. 13, 2005 at 4:15 PM mail:

L’ acqua è un bene comune (per l’umanità), lo si pensa di scrivere attraverso trattati costituzionali,contratti e manifesti, a livello mondiale, nazionale ed anche municipale.
I cittadini del mondo si stanno rendendo conto dell’ importanza vitale di questa risorsa che come l’aria è indispensabile e insostituibile.
La risorsa naturale di cui tutti dovrebbero goderne è ancora ad oggi, inaccessibile per 1,5 miliardi di persone e questo numero tende ad aumentare, le cause principali sono la diminuzione del livello delle falde acquifere dovuto allo sfruttamento esasperato del suolo soprattutto in agricoltura e le condizioni climatiche che aumentano i deserti nelle zone sud del mondo.
Ci sono guerre in tutte le parti del mondo per il controllo delle risorse di acqua, ormai chiamata oro blu per la sua importanza, si costruiscono enormi dighe, smisurati acquedotti per utilizzare al meglio questo patrimonio.
La ragione principale per la quale si vuole affermare l’acqua come bene comune è che la si vuol rendere uguale a qualsiasi prodotto di mercato, un bene economico, privatizzato.
Ci sono state rivolte popolari contro la privatizzazione dell’acqua, a partire da paesi del sottosviluppo come in Bolivia dove i contadini hanno mandato via una multinazionale americana che appropriatasi della gestione idrica del paese, ha fatto salire i costi sproporzionatamente, altrettanto stanno cercando di fare in India contro la coca cola,ci sono state anche dimostrazioni a Nairobi e Città del Messico.
In Europa attraverso la direttiva Bolkestein si vorrebbero privatizzare i servizi pubblici essenziali, quali trasporti, poste, energia, comunicazione, sanità, istruzione, assistenza, servizi di protezione ambientale (acqua).
Il nostro paese nonostante sia molto ricco di acqua, non riesce a soddisfare le esigenze di tutti, questo è principalmente dovuto agli sprechi, non solo nelle reti di distribuzione ma anche per la leggerezza con cui si abusa di questo bene.Lo stato della manutenzione delle infrastrutture e le tubazioni vecchie fanno perdere
Fino al 40% della risorsa. Ci sono problemi anche per la qualità dell’acqua, i fiumi sono contaminati ed inquinati, è anche per questo che il nostro paese è uno dei maggiori consumatori di acque minerali, il mercato di queste è dominato dai grandi gruppi, anche stranieri: tra questi, le multinazionali Nestlè, e Danone, che detengono i marchi più conosciuti e ancora, più di 700 sorgenti e 175 stabilimenti operativi lungo lo stivale.
In Italia, ci sono mobilitazioni contro la privatizzazione dell'acqua, legittimata da leggi nazionali e regionali, dall'Abruzzo, nel mirino delle multinazionali per la grande riserva idrica del Gran Sasso; alla Toscana, dove un movimento locale ha sventato il pericolo della privatizzazione e sta cercando di rendere di nuovo pubblico il servizio; da Viterbo, scenario delle lotte del Comitato Cittadino Acqua pubblica; alla Campania, dove in circa 138 comuni la distribuzione dell'acqua non è più un servizio pubblico (si stà provando anche a Napoli città); a Rieti, dove si è costituito un comitato per la difesa dell'acqua pubblica e delle Sorgenti del Peschiera; in Toscana nella zona del mugello (tratta ferroviaria Alta Velocità Bologna-Firenze) alcune associazioni ambientaliste hanno denunciato le società responsabili dell’inquinamento delle falde acquifere nei cantieri e sono sotto processo.
In Piemonte i comuni della Val Susa insieme ad associazioni ambientaliste si oppongono alla realizzazione delle tratte di linea ad Alta Velocità Torino Lione.Il mega tunnel che dovrebbe essere realizzato creerebbe danni ambientali enormi, oltre all’amianto ed all’uranio che verrebbero liberati dagli scavi si devasterebbero zone ricchissime di acquiferi e sorgenti.
Le esperienze di mobilitazione, resistenza e lotta dicono una sola cosa: la gestione dell'acqua deve essere rimessa ai cittadini e alle comunità locali perché ne garantiscano la giusta distribuzione e conservazione, per consegnarla alle generazioni future.

http://www.radiofabbrica.it/acqua.htm

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Manzano (UD) no al potenziamento degli inceneritori...
by Ecologia Sociale Sunday, Nov. 13, 2005 at 4:47 PM mail:

La giunta Macorig ha negato l’assenso alla richiesta presentata dalla Nuova Romano Bolzicco di potenziare l’attività dell’inceneritore di Manzinello. Il progetto sta mobilitando il Comitato contro il termovalorizzatore e gli ambientalisti che annunciano esposti in Procura e manifestazioni davanti alla Provincia.
«Riteniamo necessari ulteriori controlli sulle emissioni di diossina e di inquinanti pesanti, analisi sulle ripercussioni per il problema traffico e vogliamo evitare che le deroghe chieste dall’azienda si traducano in limitazioni per lo sviluppo urbanistico di Manzinello. Il Comune di Manzano prenderà la sua decisione solo in conferenza dei servizi davanti a ulteriori garanzie». Così il vicesindaco del Comune di Manzano Lidia Driutti commenta la decisione della giunta dinanzi all’avvio del procedimento di deroga al vincolo delle distanze con contestuale autorizzazione ad operare in conto terzi con la quale l’inceneritore di Manzinello potrebbe arrivare a bruciare fino a 20 mila tonnellate di materiale all’anno.
Una prospettiva dinanzi alla quale il Comitato sorto contro il termovalorizzatore ha ripreso la sua attività. «Stiamo organizzando un incontro con la popolazione per decidere che tipo di iniziative dovremo intraprendere - spiega un componente del Comitato - pensiamo di organizzare una manifestazione davanti al palazzo della Provincia per far sentire le nostre ragioni, inoltre dovremo affrontare anche i risvolti legali della vicenda». Un aspetto del quale è Marino Visintini, presidente del circolo udinese di Legambiente, a parlare. «Ho presentato alcuni esposti alla Procura della Repubblica per denunciare le irregolarità nella gestione dell’impianto, segnalazioni in seguito alle quali sono stati avviate indagini. Credo sia doveroso far luce su quanto è avvenuto fino ad ora all’interno dell’impianto prima di programmare deroghe che consentiranno di potenziare l’attività dell’inceneritore e di trasformarlo in una struttura capace di soddisfare il fabbisogno a livello provinciale».
Gli esposti presentati fra il 2001 e il 2002 dal presidente del “cignoverde” segnalavano i disagi provocati alla popolazione dall’emissione di rumori, polveri e fumi, chiedevano di verificare i rischi per la salute dei cittadini e le eventuali contaminazioni ambientali sollecitando l’intervento delle autorità per porre fine a tale situazione. Un ulteriore documento depositato in procura eccepiva sulla regolarità dell’attività svolta fra il 2000 e il 2001 nell’impianto e chiedeva indagini sui conferimenti in carico alla Chenna spa di San Vito di Fagagna, ricordando il vincolo posto alla Nuova Romano Bolzicco per la termodistruzione di rifiuti speciali prodotti dalle ditte facenti capi al proprio gruppo finanziario. «Si ritiene - si legge nell’esposto - che la ditta abbia violato il divieto del decreto di autorizzazione in quanto presso l’impianto sono stati smaltiti rifiuti provenienti dall’attività produttiva di ditte diverse rispetto a quelle elencate nei provvedimenti autorizzativi, rifiuti semplicemente transitati attraverso lo stoccaggio della ditta Chenna». Accuse in base alle quali sono sono stati avviati controlli in merito ai quali ora il Comitato attende precise risposte.


http://www.ecologiasociale.org

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Alcune foto
by (((i))) Sunday, Nov. 13, 2005 at 4:50 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2005/11/921344.php

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