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Inchiesta su alta velocità - Parte I
by Diario.it Wednesday, Dec. 07, 2005 at 4:05 PM mail:

Vedi alla voce: alta velocità (prima parte) - Tutto quello che avreste voluto sapere sulla più grande mina vagante per i conti pubblici del paese... di Alberico Giostra

http://www.diario.it/index.php?page=frame.print&id=cn04091702

Assorbiti dalle disavventure finanziarie della Fiat prima, di Cirio, Parmalat e Alitalia poi, ci siamo dimenticati della più grande mina vagante dei conti pubblici del nostro Paese: il treno ad alta velocità. Terminati i lavori costerà circa 80 miliardi di euro e la collettività ne pagherà i debiti fino al 2040, al ritmo di 2 miliardi e 300 milioni di euro l’anno. Nato da una costola della madre di tutte le tangenti, lo scandalo Enimont, tra interessate distrazioni e complicità, è sopravvissuto alla crisi del 1992, a Mani pulite e alla più massiccia ondata di privatizzazioni d’Europa. E infine a se stesso, ovvero alla caduta della bugia che lo ha sorretto dall’inizio: che si trattasse di un’opera finanziata al 60 per cento dai privati. Ormai nemmeno alla Tav negano che l’opera sarà tutta a carico dello Stato, ovvero di Infrastrutture spa, mentre le maggiori imprese di costruzione del Paese lucreranno per molti anni ancora vantaggi economici ingiustificabili. Secondo i giudici perugini è la Tangentopoli 2, ma quali siano i corrotti e i corruttori è ancora da chiarire. Il maxiprocesso di Perugia, che raccoglie indagini iniziate a La Spezia nel 1996 e che dovrà rispondere a questa domanda, procede assai lentamente.

Acqua. I lavori della tratta Firenze-Bologna, che prevedono l’apertura di una galleria di 73 km con relative gallerie di servizio, hanno finora provocato la perdita di 73 milioni di metri cubi di acqua di falda (settembre 2003). Attualmente le perdite ammontano a 700 litri di acqua al secondo. La Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di 63 persone per aver danneggiato 24 corsi d’acqua con scarichi di sostanze tossiche e per averne depauperato o essicato il corso in modo anche irreversibile. Di questi 63, 16 sono tecnici del Consorzio Cavet, titolare dei lavori della tratta e composto dalle aziende Impregilo, Fiat Engineering, Consorzio ravennate di Produzione e lavoro e Cooperativa muratori e cementisti. Secondo la Procura i responsabili dei lavori non hanno fatto approfonditi studi idrogeologici, hanno omesso di sospendere i lavori una volta avvertita la gravità dei problemi e non hanno monitorato i corsi d’acqua inviando alle autorità le risultanze. Notevoli preoccupazioni sorgono ora in relazione all’attraversamento sotterraneo delle città di Firenze e Bologna.

Amato Giuliano. La sua Finanziaria del 1993 elargì 9 mila miliardi di lire alla Tav. Per evitare che, trascorso il termine del 31 dicembre 1992, si facessero gare internazionali (V.) tre suoi ministri – Barucci, Reviglio e Tesini – si riunirono d’urgenza il 29 dicembre, attribuendo senza gare tutti i lavori. Il ministro del Bilancio Reviglio puntò i piedi ottenendo almeno una gara per la Milano-Torino, l’unica non ancora appaltata. Per la Fiat significava rischiare di perdere 3 mila miliardi. Il 2.2.93 Gianni Agnelli chiamò al telefono Amato. Parlarono 20 minuti. Amato resistette alle richieste di Agnelli. Ma il governo Amato cadde e quella gara non si fece mai. Amato diventò poi presidente dell’Antitrust e, chiamato a giudicare l’architettura societaria della Tav, il 10 gennaio 1996 si liberò della questione con due righe di testo: l’indagine conoscitiva sulla Tav è chiusa; è tutto a posto. Nel novembre 2000 il suo Governo introdusse finalmente le gare europee nelle tratte non ancora appaltate.

Anatomia. 888 km la lunghezza delle linee veloci; 254 km già in esercizio e da adeguare (Roma-Firenze); 634 in realizzazione (To-Mi, Mi-Bo, Bo-Fi, Ro-Na); 143 km le nuove gallerie di linea; 491 i nuovi viadotti, i ponti, le trincee e i rilevati; 58 km le 15 nuove interconnessioni; 7 regioni attraversate; 18 province attraversate; 150 i comuni attraversati (esclusi quelli sulla Roma-Firenze); 228 km le barriere antirumore; 280 di nuove strade al servizio dei cantieri; 1.664 ettari di interventi a verde.

Aricò Natale. Controllore della Corte dei conti. Nel 1995, mentre l’organo supremo della magistratura contabile si stava occupando della Tav, venne cooptato da Necci ai vertici di Metropolis, la società immobiliare delle Fs.

Bond-Tav. Il prestito di 5 miliardi di euro lanciato lo scorso gennaio da Infrastrutture spa, per il finanziamento dell’Alta velocità.

Camorra, penetrazione della. È l’ex giudice Ferdinando Imposimato a denunciare in una relazione per la Commissione parlamentare antimafia che la camorra campana aveva messo le mani sui lavori della tratta Tav Roma-Napoli e su 10 mila miliardi di lire. È il 27 luglio 1995. Secondo Imposimato la torta sarebbe stata divisa per sei decimi tra i partiti, tutti meno Rifondazione e Lega, mentre i rimanenti quattro decimi erano per camorristi, mafiosi, affaristi e faccendieri. La camorra penetrò attraverso i subappalti avuti da Icla e dalla Società Condotte dell’Iri, con la fornitura di materiali e il noleggio di autoveicoli, estorcendo danaro in cambio di tranquillità e nascondendosi dietro aziende decotte per riciclare danaro sporco. Un ruolo importante lo rivestì anche la società Calcestruzzi di Ravenna caduta in mano alla mafia siciliana. La relazione di Imposimato non fu mai né discussa né votata dalla Commissione. Le indagini della Dda napoletana il 18 marzo 2003 hanno prodotto 6 condanne e 14 assoluzioni. Tra i condannati i boss camorristi Pasquale e Antonio Zagaria, titolari della Edilmoter, società legata alla Icla. Il 13 giugno 2003 130 uomini delle forze dell’ordine hanno ispezionato i cantieri Tav della Roma-Napoli. Sono state identificate 300 persone molte delle quali con precedenti penali e il sospetto che il clan camorristico dei Moccia controlli i subappalti sta avendo delle conferme.

Castellucci Giorgio. Sostituto procuratore della Procura di Roma. Fu il primo magistrato ad aprire un fascicolo giudiziario sulla Tav in seguito alla denuncia di Luigi Preti della primavera 1993. Si accordò con Antonio Di Pietro per dividere l’inchiesta: a Roma quella sulle procedure di costituzione della Tav, a Milano quella sulle tangenti negli appalti dell’Alta Velocità. L’inchiesta di Di Pietro restò nel cassetto dopo la sua uscita dalla magistratura mentre Castellucci proseguirà con tempi e modi particolari. Nel dicembre 1993 chiese una proroga alle indagini. Il gip Augusta Iannini gliela concesse disponendo l’iscrizione sul registro degli indagati di Ercole Incalza e Emilio Maraini. Castellucci rifiutò e mantenne il procedimento a carico di ignoti. L’8 luglio 1994 chiese l’archiviazione dell’esposto di Preti, ma il gip Iannini respinse la richiesta. Il 5 maggio 1995 reiterò la richiesta di archiviazione ma il 23 dicembre il reggente dei gip, Carlo Sarzana, dispose un’ulteriore proroga delle indagini. Castellucci si decise a iscrivere nel registro degli indagati Incalza e Maraini, ma poi tornò alla carica e il 17 febbraio 1996 chiese una nuova archiviazione. Il 25 marzo Sarzana dispose invece il rinvio a giudizio dei due manager. Sei mesi dopo Castellucci finì nei guai, accusato di aver percepito soldi per far archiviare l’inchiesta: è ora sotto processo a Perugia.

Cirino Pomicino Paolo. L’autore dell’architettura economico-finanziaria della Tav. Dopo aver coinvolto Fiat, Iri e Eni, 21 banche e le maggiori imprese di costruzioni, si dovette a lui, allora ministro del Bilancio, la prima grande bugia, che la Tav fosse un affare privato. Così si potè affidare a trattativa privata l’incarico ai General Contractor (V.), altra invenzione pomiciniana. Poi ‘O Ministro ricicciò la «concessione di sola costruzione» e la «concessione di sola progettazione e costruzione» (V.) utilizzate nella ricostruzione post terremoto in Campania e con cui Tav affidò i lavori a Fiat, Iri e Eni e questi a loro volta affidarono gli appalti ai sette consorzi. Secondo le norme europee le concessioni erano appalti e ci sarebbe voluta una gara, ma non per Pomicino & C. L’invenzione assoluta il ministro del Bilancio la partorisce quando si tratta di scegliere il contratto tra Fs e Tav coniando la «concessione per lo sfruttamento economico» (V. alla voce Tav).

Comitato dei nodi e aree metropolitane. Una delle due authority inventate da Necci il 23.1.1992. Ne facevano parte Susanna Agnelli (in evidente conflitto di interessi essendo la Fiat General Contractor Tav) Carlo Maria Guerci, Giuseppe De Rita e Renzo Piano. L’altra era il Garante dell’Alta Velocità, impersonata da Romano Prodi per soli tre mesi. Le due trovate di Necci furono contestate dal collegio dei revisori dei conti Fs per il costo: 9 miliardi di lire.

Concessione di costruzione e progettazione. È il cuore delle discusse soluzioni contrattuali su cui è cresciuto l’affare Tav e costituisce un’anomalia tutta italiana, estranea a ogni normativa e logica di mercato. Viene sperimentata da Cirino Pomicino (V.) in Campania e codificata dalla legge 80/1987 voluta da Claudio Signorile, legge poi condannata dalla Corte europea di Giustizia. Con la giustificazione dell’urgenza ed eccezionalità delle opere, il concessionario, a differenza di quanto accade nei normali appalti, gode di funzioni proprie del committente pubblico: direzione dei lavori, espropri, progettazioni. Tutto meno la gestione dell’opera che è invece la peculiarità dei contratti di concessione tradizionali e grazie alla quale l’impresa recupera i soldi spesi per la costruzione. Insomma si tratta di appalti mascherati: le imprese hanno poteri pubblici e non sono sottoposte ai controlli ad esempio di un direttore dei lavori espresso dalla Pubblica amministrazione. Risultato: qualità scadente e costi altissimi. Questo perché quando un’impresa deve recuperare con la gestione quello che ha speso nella costruzione ha tutto l’interesse nel far bene i lavori e nel farli costare il meno possibile. Nell’affare alta velocità le concessioni di sola costruzione e progettazione regolano i rapporti tra la Tav spa e i General Contractors (V.) mentre tra le Fs e la Tav spa vige una concessione di sola costruzione.

Costi. Quando il treno ad alta velocità fu presentato, il 7 agosto 1991, il costo previsto era di 26.180 miliardi di lire. Poi iniziò l’escalation dei costi. Le tratte (dati Tav) sono passate dai 9.254 milioni di euro del 1991 a 23.241. I nodi ovvero le nuove stazioni da 1.063 a 3.460. Aumenti oscillanti tra il 300 e il 400 per cento. Ma secondo l’Istituto Qua.s.co. le cose stanno assai peggio e per le tratte si prevede una spesa di 41.050 milioni di euro e per i nodi di 7.670. A questi vanno aggiunti 2.660 milioni per le infrastrutture aeree, 6.390 per il materiale rotabile, 9.450 di costi diretti Fs, Tav, Italferr, 2.300 di opere indotte e 8.690 di interessi intercalari (V.). Totale 78.210 milioni di euro: 151.435.676 miliardi delle vecchie lire. Un aumento del 525 per cento.

Crisci Giorgio. Ex presidente del Consiglio di Stato. Era in carica quando il 1 ottobre 1993 il Consiglio di Stato, a proposito di Tav si pronunciò sulle procedure e i tempi di entrata in vigore delle direttive europee sugli appalti. Il Consiglio di Stato in seduta plenaria prese per buone tutte le informazioni fornite da Fs a partire dal falso storico per cui la maggioranza della Tav era privata. Crisci insieme ad altri membri del Consiglio era stato collaudatore delle Fs, generosamente remunerato. Nel 1994 Berlusconi lo volle nel collegio dei tre saggi che doveva risolvere il suo conflitto d’interessi. Nel 1995 venne nominato da Dini presidente delle Fs spa.

Firenze-Bologna. La tratta più difficile. 78,5 chilometri di cui 73,3 in galleria. Doveva essere terminata nel 2003, non lo sarà prima del 2008. L’impatto ambientale nella zona del Mugello ovvero Monte Morello, il Giogo, Sasso di Castro, la conca di Firenzuola, la colla di Casaglia, Monte Beni, tutti siti di importanza comunitaria, è stato devastante e con conseguenze idrogeologiche irreversibili (V. Acqua). Gli abitanti, rimasti senz’acqua, hanno dovuto far ricorso alle autobotti e lamentano danni anche all’agricoltura e alla zootecnia. A ciò vanno aggiunti i rischi che corrono le meravigliose tombe etrusche di Sesto Fiorentino. Il progetto iniziale della tratta risale al 1995, nel 1997 è stato modificato ma la Valutazione d’impatto ambientale non è stata rifatta. Non è l’unica irregolarità tecnica e amministrativa. La galleria di soccorso non esiste e addirittura Aurelio Misiti si è rifiutato di firmare il collaudo. Le Autorità di Bacino, i servizi di Protezione civile sono stati esclusi dalla consultazione e dall’approvazione del progetto e la Asl 10 di Firenze lo è stata dalla Conferenza dei servizi. I Comuni del Mugello recalcitranti sono stati «minacciati» di perdita delle opere di compensazione e i sindaci hanno accettato i tracciati contro il parere dei Consigli comunali. Nell’Osservatorio ambientale nazionale (organo di controllo) il rappresentante della Toscana è il dirigente responsabile del Servizio infrastrutture della Regione Toscana che ha firmato la deliberazione di approvazione del progetto esecutivo Tav Firenze-Bologna (Del. n. 03884 del 24/07/1995). Controllore e controllato coincidono. Contro la previsione di legge non è stato stilato il bilancio idrico del bacino dell’Arno, ossia il confronto tra la quantità di acqua esistente nel bacino e la quantità di prelievi effettuati per i diversi usi. C’è poi la questione del Nodo di Firenze: da brivido le prospettive per il capoluogo toscano: il treno ad alta velocità le passerà nel ventre con un tunnel di sette chilometri. Oltre 1.700.000 metri cubi di inerti, 300.000 metri cubi di sabbia, 265.000 tonnellate di cemento, 110.000 tonnellate di acciaio, 372.000 tonnellate di conci prefabbricati stanno per piovere addosso alla città di Brunelleschi. I materiali di risulta da portare a discarica ammonteranno a oltre 3.800.000 metri cubi di smarino, oltre a 145.000 metri cubi provenienti da demolizioni. Per i cantieri saranno consumati 6.912.000 litri d’acqua al giorno da attingere alle falde locali. 170 edifici e la Fortezza da Basso a rischio cedimenti, una scuola demolita e tre trasferite. Il tunnel tagliando la falda locale provocherà un effetto diga con allagamenti di scantinati e fenomeni di subsidenza. L’assessore all’Ambiente della Regione Toscana ha dichiarato il 24 luglio 2002: «Nei due anni di scavo che ancora ci saranno, ci aspettano dei problemi molto gravi di impatti inevitabili e non mitigabili nella realizzazione della galleria». Se lo dice lui.

Gare europee. Sono le grandi assenti. Se si fossero fatte la Tav sarebbe costata la metà. In Spagna, con le gare europee, un chilometro di alta velocità nel 1993 costava 9,5 miliardi di lire, in Italia 26 miliardi, senza contare le stazioni, il materiale rotabile e le infrastrutture aeree. La vicenda delle gare europee comincia nel 1992 con il governo Amato (V. Amato). Reviglio e Tesini il 3 marzo 1993 si rivolsero all’Antitrust e al Consiglio di Stato che però diedero pareri favorevoli ai contratti assegnati senza gara. I successivi governi Ciampi, Berlusconi I e Prodi non faranno nulla per introdurre le gare europee. Fino all’Amato II che, grazie al ministro Bersani, stracciò gli appalti già affidati senza gara nelle tratte Milano-Genova e Milano-Verona per un totale di 10 mila miliardi di lire e bandì gare europee. La decisione produsse subito un risultato eccezionale: la gara bandita per il nodo di Bologna fu vinta da un’impresa spagnola con un ribasso del 50 per cento. La decisione del governo Amato provocò molti malumori. In aula l’Udeur di Mastella, che faceva parte della maggioranza, votò contro e il governo Berlusconi II rimise le cose a posto. Con l’art.10 della Finanziaria 2003 si ristabilì la situazione degli appalti così com’era nel 1992, evitando gare europee. L’art.10 è stato approvato nonostante il presidente dell’Antitrust Tesauro avesse giudicato l’abrogazione delle gare europee non conforme alle normative comunitarie. Tra le società escluse dal governo Amato c’era, tra le altre, l’impresa dell’europarlamentare di Forza Italia Luisa Todini. Le 32 imprese raggruppate nei 7 consorzi hanno ottenuto gli appalti nel 1992 senza gara e senza applicare ribassi, ma per assegnare le decine di appalti ad altre ditte hanno indetto delle gare e ottenuto da queste ribassi notevoli.

General Contractor. La più recente arma di distruzione di massa dei conti pubblici. Il G.C. venne inaugurato proprio con la Tav e rappresenta la peggiore soluzione possibile per i lavori pubblici, al punto che il governo Berlusconi l’ha prontamente adottato con la legge obiettivo. Il G.C. è un concessionario con l’esclusione della gestione ed è una soluzione tecnica che favorisce le imprese e svantaggia il committente pubblico perché il G.C. ha tutti i poteri del committente pubblico nella gestione dei subappalti, nella direzione dei lavori, negli espropri ecc. ma non ha poi la gestione diretta dell’opera e dunque non ha nessun interesse a far bene i lavori e a spendere il meno possibile per recuperare più in fretta possibile i soldi spesi. Pomicino aveva teorizzato e messo in pratica questo metodo con le concessioni di sola committenza, con le quali l’impresa era retribuita con una percentuale del costo finale dell’opera, tra il 17 e il 25 per cento. Per cui più l’opera costava più l’impresa guadagnava. Questa percentuale con la legge obiettivo è stata portata al 100 per cento. Gli effetti sui conti pubblici li avvertiremo nei prossimi anni.

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