Le libertà democratiche non sfiorano il vertice. Migliaia di rappresentanti ad Hong Kong solo per svolgere una più efficace pressione sui governi che gestiscono le trattative sull'agricoltura
Da una parte regole inique per l'agricoltura, dall'altra diritti umani e sociali dimenticati. Il settore del cotone, di cui si è tornato finalmente a parlare in queste ultime ore, è paradigmatico dell’intero accordo agricolo. Ognuno dei venticinque mila coltivatori di cotone degli Stati Uniti riceve in media 114 mila dollari l’anno di sovvenzioni. Tale pratica produce una diminuzione delle quotazioni della materia prima sulle borse merci internazionale pari al quindici per cento. Venti milioni di coltivatori africani vengono così ridotti alla fame. Tra loro vi sono contadini del Mali, Benin, Burkina Faso, Ciad, Niger, tutti Paesi che occupano già gli ultimi posti nella graduatoria dell’ONU sullo sviluppo umano. La situazione non cambia anche a livello più generale. Sia l’UE che gli USA si rifiutano di tagliare le sovvenzioni all’export dei prodotti agricoli: viene così prorogata una politica fondata sul dumping (vendita a prezzi inferiori dei costi di produzione) con il risultato di distruggere completamente le fragili economie dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS), dove il settanta per cento della popolazione vive dei prodotti della terra. Washington e Bruxelles si rimpallano a vicenda le accuse, ma concretamente nessuno è disposto a tagliare i propri sussidi, finalizzati a mantenere inalterata una situazione di oligopolio protetto a vantaggio delle multinazionali dell’agro-business. Per contrastare questo oligopolio sarebbe necessario chiedere che nelle regole del WTO siano inserite delle clausole sociali, prime fra tutte quelle per la tutela dei diritti dei lavoratori. Nelle piantagioni di banane delle grandi compagnie transnazionali vi sono bambini che lavorano dodici ore al giorno per quattro euro ma di questo, qui a Hong Kong, nessuno parla. I diritti, le libertà democratiche non interessano le migliaia di uomini di affari, rappresentanti di centinaia di grandi aziende, che si sono trasferiti per una settimana a Hong Kong per svolgere una più efficace pressione di lobby sui governi che gestiscono le trattative. Basterebbe scendere nelle strade della metropoli, dove sfilano quotidianamente i sindacati e le associazioni provenienti da ogni parte del mondo, per avvertire il profondo senso di malessere e di angoscia sul futuro. Il leader dei contadini sudcoreani ha dichiarato che hanno due sole alternative: ottenere la cancellazione delle sovvenzioni all’agricoltura da parte di UE e USA o morire. E purtroppo questo non è un proclama generico: due anni fa a Cancun un contadino coreano si suicidò dopo una dichiarazione simile. Ma la Conferenza del WTO non gli dedicò neppure un minuto di silenzio. Eppure la condizione di questi contadini, da quando la Corea è entrata nel WTO, é diventata tragica: centinaia di migliaia di padri di familgia si sono visti schiacciare dai debiti che ricadranno sui loro figli. Una disperazione senza fine».
Eurodeputato del gruppo GUE – Sinistra unitaria europea
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