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Corteo 17 dicembre torino - analisi sul corteo
by imc Saturday, Dec. 17, 2005 at 12:25 AM mail:

Analisi sul corteo

.: leggi la feature Giornata di lotta :.

:: post dinamici - howto ::

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Sono decine di migliaia i manifestanti
by notav Saturday, Dec. 17, 2005 at 2:32 PM mail:

Sono decine di migliaia i manifestanti in corteo a Torino, molti valligiani, Studenti, Operai, organizzazioni ambientaliste, Anarchici e centri sociali, comunisti e partiti Istituzionali, per tutti una parola d'ordine, NO TAV ! Sono diversi gli striscioni da quello semplice No tav, a quello studentesco, STUDIARE CON LENTEZZA....

http://www.notav.it

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Presente anche una delegazione di sindaci francesi
by francia Saturday, Dec. 17, 2005 at 2:59 PM mail:

Presente al corteo anche una delegazione di sindaci francesi, per dimostrare ufficialmente la loro opposizione alla tratta ferroviaria ad alta velocità...
Il corteo al momento conta più di 50.000 persone, e la mobilitazione si snoda su circa 2 Km di corteo.

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A ruba le bandiere No Tav
by fuori le bandiere ! Saturday, Dec. 17, 2005 at 3:37 PM mail:

Sono andate a ruba le bandiere NO TAV che venivano vendute al concentramento di Porta Susa, finite nel giro di un'ora, numerose bandiere No Tav sono state esposte al passaggio del corteo fuori dai balconi...
l'appello è di appendere una bandiera NoTav fuori da tutti i balconi...

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Era ora
by e mo'? Solo Bersani e Lunardi Saturday, Dec. 17, 2005 at 4:04 PM mail:

Il no francese alla Tav

"Siamo solidali alla popolazione della Val di Susa. Non vogliamo la Tav, ma il potenziamento della linea ferroviaria esistente". E' quanto sottolinea Jean Coquet, presidente della comunità montana dell'Isere, che sta partecipando insieme ad altri amministratori transalpini alla manifestazione anti-Tav di Torino.

http://www.repubblica.it/2005/l/dirette/sezioni/cronaca/valdisu/17tav/index.html

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chi tentava di spegnere il fuoco della lotta ha fallito
by NO TAV ! Saturday, Dec. 17, 2005 at 4:35 PM mail:

nell'ultima settimana contro questa manifestazione sono state diffuse voci ed e' stata fatta continuamente disinformazione, nel tentativo di gettare discredito nei confronti delle varie forme di lotta contro la TAV.

la grandissima partecipazione alla giornata di lotta di oggi dimostra il fallimento di chi aveva cercato di fare il pompiere.

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grazie per i tuoi insulti ignoranti
by No Tav Sunday, Dec. 18, 2005 at 4:43 AM mail:

"nel tentativo di gettare discredito nei confronti delle varie forme di lotta contro la TAV"???

Ma che cazzo hai capito tu??
Secondo te chi non era d'accordo si è chiuso in se stesso e non è venuto?? Ha sempliciemente espresso il suo pensiero riguardo qualcosa che gli sembrava una presa per il culo, poi comunque la partecipazione c'è stata (menomale) perchè la lotta al TAV è viva e presente...
sei un ignorante.

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SARA' DURA !
by no TAv Sunday, Dec. 18, 2005 at 12:00 PM mail:

Lo slogan "sarà dura" che è lo slogan, il grido di lotta e di battaglia di questa lotta NO TAV esprime bene l'essenza e la differenza da altre lotte, in particolare da quella vicina e perdente purtroppo della agitazione pacifista contro la guerra.

1) Sarà dura: Questo grido di battaglia esprime un giudizio sulla profondità e serietà del conflitto, sull'antagonismo delle forze in campo: grandi interessi coalizzati e forze di classe e popolari antagoniste. Perciò lo scontro sarà profondo

2) Nello stesso tempo lo scontro darà di lunga durata.


3) Lo scontro sarà di forte intensità e la mobilitazione di migliaia di poliziotti, gli scontri anche violenti, le tattiche di ammassamento, di avanzamento, di ritirata, di trattativa, lo dimostrano.

La differenza più eclatante è nella modalità politica della lotta. Non più deleghe al ceto politico, a qualche leader salvifico e riverniciatio alla Cofferati,o ai politici della marcia di Assisi, come purtroppo ha fatto il moviemnto pacifista, ma lotta prolungata di un blocco popolare. Questa caratteristica ha già dimostrato la sua capacità di vincere. L'apertura dei lavori del tunnel è stata rinviata, il movimento è diventato nazionale e più ancora.

Un sindaco francese ha affermato a nome di numerosi colleghi presenti oggi a Torino che sarà merito principalemente dei valsusini se l'infame corridoio 5 sarà bloccato.

Inoltre la modalità democratica della lotta, la conduzione cioè diretta della lotta, non delegata a qualche politico o forum senza se e senza, ma sta producendo uno spettacolare allargamento orizzontale della lotta medesima, il fiorire e l'intrecciarsi di iniziative, il traboccare a valle, lungo l'asse padano e oltre a ovest in Francia e a est in Slovenia di comitati che cominciano ad organizzare la lotta contro il corridoio 5 questo asse imperialista e militarista della ristrutturazione capitalista della metropoli europea, per dirla in termini spicci.

Altra caratteristica rimarchevole quella della formazione dei blocchi popolari, delle zone libere o temporaneamente liberate in cui concorrono migliaia di sforzi individuali. Il blocco popolare prolungato si è dimostrato molto superiore ai cortei romani e alla delega ai vecchi vertici compartecipativi come purtroppo sperimentano i metalmeccanici da ultimo ( e infatti stanno ripensando anche loro...)

Infine da rimarcare l'enorme significato politico dell'egemonia incontrastata di una bandiera di lotta quella bianca e rossa no-tav sulle sbrindellate oramai soggettività del vecchio ciclo. Comincia veramente qualcosa di nuovo come si è potuto oseervare sui treni.

Insomma comunque la si guardi questa giornata è una grande vittoria. I Valsusini hanno manifestato in massa e migliaia decine di migliaia di compagni sono venuti da tutta Italia e delegazioni da altri paesi d'Europa. Certo non è finità. Ma è stato un buon passo. E adesso arrivederci alle prossime tappe. perchè una cosa è certa: questo movimento si batte per un obiettivo certo: bloccare il TAV

NO TAV è una scadenza generale.

NO TAV è la nostra lotta

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ECCO COME LE GRANDI OPERE TENTANO DI DISTRUGGERE IL PAESE !
by mondodisotto Sunday, Dec. 18, 2005 at 12:05 PM mail:

TAV, PONTE SULLO STRETTO; ECCO COME LE GRANDI OPERE DEVASTANO IL PAESE

Molti parlano di crisi strutturale del sistema capitalistico, di una crisi cioè che non è sintomatica di un aspetto specifico ma che interessa l’impianto totale della forma del sistema economico. Molti discutono se la crisi è di carattere inflazionistico, con il deprezzamento del costo del denaro (con la stessa somma si compra di meno), o se ha origini proprio nel principio della competitività tra i prodotti e i mercati internazionali. Spesso si arriva a concludere che la fase di recessione che sta attraversando l’Italia è frutto dell’incapacità a superare le contraddizioni nazionali (aumentano i prezzi e si precarizzano i tipi di contratti) con riforme “socialmente utili” e proposte a sostegno dell’iniziativa privata.

Ma tutti questi discorsi fanno da schermo ad un concetto più semplice ed elementare ma allo stesso tempo poco ascoltato. La benzina per il capitalismo è di tre tipi; legna, persone e struttura. La legna rappresenta la costante ricerca di materia prima a basso costo da convogliare nei processi produttivi. Le persone sono invece indicative della necessità di manodopera a basso costo e flessibile alle richieste di mercato. La struttura sono le tecnologie e le conoscenze per minimizzare i costi (e gli scarti) e massificare la produzione.

In questo quadro si può osservare una straordinaria continuità di intenti e di azione tra il governo di centro
sinistra e quello di centro destra; cosa ha iniziato il primo, il secondo lo ha portato a termine o ne ha semplicemente amplificato la vera natura. Nel campo del diritto del lavoro il governo D’Alema ha introdotto la precarizzazione del rapporto di lavoro con le agenzie interinali e i governi successivi hanno risposto alle nuove richieste di flessibilità con la legge 30. Lo stesso è successo con l’immigrazione; prima la Turco-Napolitano (che ha creato i Cpt) e poi la Bossi-Fini che ne ha amplificato l’effetto istituendo il reato di “immigrazione clandestina”. Prima le guerre in Jugoslavia e poi quelle in Afghanistan e Iraq. Prima la riforma scolastica ed universitaria e poi quella del sistema scuola più in generale.

Da Forza Italia ai Ds esiste quindi una progettualità strutturale molto simile; che differisce nell’impostazione
per le differenti radici di provenienza. Ma tutto l’arco parlamentare menzionato parte dallo stesso scenario; il
sistema capitalistico. Potendo osservare assieme gli ultimi anni balza agli occhi, dietro alle liti tutte propagandistiche, una continuità sotto ogni aspetto della vita sociale, politica, economica.

Pur modificandosi le coalizioni americane, la guerra è e rimane uno strumento di sviluppo del sistema perché porta denaro alle casse dello stato (economia di guerra) e perché fa siglare importanti accordi economici privati (come nel caso dell’API a Nassyria). Le missioni di pace sono solo un sinonimo di guerra per l’ingerenza militare del nostro paese al servizio della coalizione Atlantica.

Si combattono però anche altre guerre, conflitti ad un livello superiore, tra poteri e lobby; sono quelle inerenti lo sviluppo del capitalismo. La struttura dei corridoi internazionali è la tela sulla quale si espandono le capacità e gli interessi dei singoli e degli stati; insomma nel gioco rappresenta la regola. Non è quindi un caso che il territorio limitrofo al Caspio ospiti costantemente tensioni internazionali (con colpi di stato e “rivoluzioni” di chiaro stampo yankee) e che la Serbia di Milosevic sia stata messa a ferro e fuoco. Il corridoio non è solo il canale di distribuzione del petrolio (la forma dell’euro/dollaro) ma anche un flusso continuo di merce, persone, tecnologia (ovvero la triade-benzina del capitalismo).

Se si analizzano le priorità nel campo delle “grandi opere” ci si imbatte in un progetto che è fondamentale per lo stesso sistema economico; sull’espansione del capitalismo la destra e la sinistra (riformista) sono completamente d’accordo. Il si al TAV ha proprio queste basi. Ma analizziamo meglio il programma di sviluppo delle strutture paneuropee.

Nel luglio del 2001 il ministro Lunardi presentava al Consiglio dei Ministri dell’UE la proposta di istituire una
commissione di supervisione delle opere da svilupparsi sugli accordi raggiunti ad Essen (ovvero il progetto di creare dei corridoi transeuropei chiamati anche TEN – Trans European Network). Nel febbraio del 2002 la De Palacio concretizzava la proposta di Lunardi istituendo il Gruppo di Alto Livello; una lobby decisionale, senza alcuna legittimità o consenso popolare, composta da un burocrate per ogni stato (aderente all’UE o esterno) e un membro della Banca Europea (per gli investimenti). Tra il 2002 e il 2003 gli incontri dell’Alto Livello sono stati tantissimi; tutti senza mai coinvolgere un’autorità locale. Le tante richieste di dialogo furono costantemente ignorate dai vertici del gruppo.

Poi nel vertice di Napoli del 4/5 luglio 2003 venne presentato un progetto finito, una mappa delle priorità con
quattro livelli d’intervento; con l’elenco da 0 a 3. Al piano 0 vi erano “i progetti da completarsi prima del 2010”, all’1 “le nuove priorità… i cui lavori erano da portare a termine entro il 2010, per renderli operativi al massimo nel 2020”, al secondo invece quelli con “prospettive di più lungo termine” e infine al terzo vi erano i “progetti importanti per la coesione territoriale” di aiuto per l’unione economica e sociale”.

Al piano 1 in Italia corrispondevano 6 interventi; il corridoio n. 5 (da Lisbona a Kiev), il corridoio n. 1 Berlino-Napoli, il ponte sullo stretto di Messina, il corridoio Genova- Rotterdam, il progetto dell’autostrada del mare del sistema occidentale del Mediterraneo, il progetto dell’autostrada del mare del sistema orientale del Mediterraneo. Al 3 invece solo due; l’avanzata del corridoio 1 fino a Palermo e il corridoio n. 8 (da Varna a Durazzo) fino a Bari. Degli oltre 20 progetti presentati e messi in programma solo 5 ebbero il via libera dalla commissione europea, ovvero la tratta Lione-Budapest (del corridoio 5), la Berlino- Palermo (del corridoio 1), la Genova-Rotterdam (della direttrice dei due mari) e le autostrade dei mari (cioè incentivare il traffico marino ampliando alcuni porti e intensificando le partenze-arrivi). Il progetto di espansione del corridoio 8 da Durazzo a Bari fu fatto rientrare nelle priorità solamente dopo una votazione in extremis della
Commissione Europea.

Le prese di posizione a favore delle grandi opere si fecero sentire sia a livello nazionale (l’ultima approvazione del Parlamento fu per il corridoio 8 l’11 marzo del 2004), sia a livello europeo con una serie di provvedimenti a garanzia (aumento dal 10 al 20% del sostegno delle Tens, la garanzia del BEI fino al 75% del debito, 35 anni la scadenza degli indebitamenti, un coordinatore e un responsabile dei progetti oltre alla ovvia dichiarazione di interesse strategico dell’UE per la realizzazione delle grandi opere).

Ma oltre agli accordi tra le parti bisogna svelare il vero modello che è alla base delle gradi opere. Questo si
compone di tre elementi. Il primo è la legge “Berluska” Obbiettivo (443 del 2001 in vigore con il ddl n.190 del 2002) che crea per la realizzazione dei progetti la figura del general contractor; una gigantesca azienda con l’incarico di decidere tutto sulla logistica, progettazione, sugli appalti, sui lavori, sulla messa in sicurezza. La seconda è la n.112 del 2002 a nome di Tremonti; questa istituisce due società miste (di capitale pubblico ma di diritto privato); la Patrimonio dello Stato spa e la Infrastrutture spa. Il terzo è dato dalla legge n. 166 del 2002. Il promotore è lo stesso ministro Lunardi e il provvedimento modifica la legge Merloni introducendo la figura del project financing. Ed ecco come funziona il triemendamento “Berluska/Tremonti/Lunardi”. Passo 1: il progetto viene deliberato nella seduta programmatica degli interventi del Ministero. Passo 2: il progetto viene dato in mano al general contractor che non ha nessun supervisore e quindi è interessato a far durare quanto più a lungo i lavori (aumentando quindi i costi di realizzazione).Il totale controllo e autonomia del general contractor vale anche per i bandi e gli appalti; ecco il modo più semplice di legalizzare le tangenti. Passo 3: il project financing è un sistema di copertura finanziaria a totale carico dello stato per i lavori del general contractor. Lo stato dovrà garantire in solido (quindi con liquidità immediata) i costi per le opere (anche qualora questi fossero sproporzionati o gonfiati o ancora anche se non ci fossero disponibilità nelle casse e nei capitoli dell’amministrazione nazionale). Il modello è quello delle tangenti mafiose inaugurato da Cirino Pomicino (e ben conosciuto da Lunardi che ha nella tratta Bologna-Firenze una sua società – la Rocksoil – per la consulenza ai lavori).

Inoltre il vero pericolo non è immediato ma a breve scadenza, cioè quando si dovranno saldare i debiti (nel caso del progetto TAV furono stimati nel 1991 in 18.400 miliardi e sono aumentati a 34.880 miliardi nel 2001 con la realizzazione – per fortuna – solamente del 25% delle tratte). Passo 3: sia la parte di finanziamenti pubblici, sia quelli privati sono interamente garantiti dallo stesso stato dalle casse di Infrastrutture spa e di Patrimonio dello stato spa (anche senza che esista la disponibilità effettiva). E’ lo stesso meccanismo che crea i buchi di bilancio e che è alla base di celebri crack finanziari (Parmalat, Cirio e prima ancora Ambrosiano – vi ricordate Calvi?) E poi esiste un altro aspetto. Qualora si fosse d’accordo anche sull’eticità dei lavori – e comunque non lo siamo – bisogna notare che le istituzioni usano come motivazione il miglioramento del traffico intereuropeo (e magari come dice Confindustria del commercio). Il vero interesse è unicamente di carattere economico. Non importa, come nel caso della TAV Torino-Lione e dello stretto di Messina, la funzionalità delle opere ma semplicemente di poterle iniziarle (anzi più tardi sono finite è meglio è per le aziende che vedono aumentare i profitti comunque garantiti dallo stato). Proprio nel caso del ponte sullo stretto vi è un’altra schifezza. Com’è possibile che pur mancando i fondi inizi la sua costruzione? Facile. Si prende l’IRI - l’Istituto per la ricostruzione pubblica (creato da Beneduce sotto il fascismo) – lo si liquida versando la disponibilità finanziaria in un’altra azienda – la Fintecna che è del ministero dell’Economia – e il gioco è fatto; i guadagni delle privatizzazioni invece di essere utilizzati per fini pubblici serviranno per finanziare un progetto che aumenterà il debito dello stato.

Il magna magna funziona anche per la questione Olimpiadi; megastrutture del tutto inutili ma fondamentali per risollevare la depressione economica del paese. Migliaia di miliardi di indebitamento, inquinamento ambientale, morti sui cantieri faraonici, domanda aggregata fittizia perchè basata sul marchio a cinque cerchi; questo modello di devastazione territoriale e la guerra in Iraq sono gli unici due sistemi che ha il governo Berlusconi - e il capitalismo più in generale - di posticipare lo scoppio della crisi e quindi della lotta al carovita.

Perchè l’antifascismo con l’economia? A un primo sguardo paiono due argomenti slegati, incongruenti. Ma ad
un’analisi più specifica si comprende che lo sviluppo del capitalismo, e la sua continuazione, passa inevitabilmente dalla salvaguardia degli interessi borghesi legati sia alla proprietà, sia al profitto (capitale). Il fascismo e l’imperialismo sono solo degli aspetti (delle facce) del capitalismo ma gli intenti e il modello economico rimangono i medesimi. Avremmo potuto parlare delle collusioni di Lunardi con la mafia e delle sue aziende (sempre in testa agli appalti che lui stesso emana), o delle aziende impegnate nella realizzazione della Tav Torino-Lione (e scoprire magari perchè i diessini la vogliono così tanto la linea ad alta velocità), avremmo potuto dire che la Tav devasta l’ambiente e che servirebbe garantire altri collegamenti più popolari (dalla provincia alla città la linea è praticamente ferma al dopoguerra) o comunque realizzare altre alternative. Ma abbiamo pensato che la priorità oggi è un'altra; è quella dire e di dare la vera forma del capitalismo. Il saccheggio legalizzato ad opera dello stato è già iniziato! Sarà dura…ma vinceremo!



LINK FOTO DELLA MANIFESTAZIONE DI IERI SAB. 17 DIC. 2005

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[INCHIESTA] Tante voci un sonlo NO !
by Inchiesta Sunday, Dec. 18, 2005 at 12:17 PM mail:

Parla la gente della valle. Tante voci, un solo no
Molto prima che l’Italia si accorgesse di Pietro Lunardi, i NoTav c’erano già: erano cinque, nel 1992, davanti al primo Tgv passato in valle con a bordo il presidente Fs Lorenzo Necci; sono diventati 70 mila alla manifestazione della settimana scorsa
di Claudio Jampaglia


Molto prima che l’Italia si accorgesse di Pietro Lunardi, i NoTav c’erano già: erano cinque, nel 1992, davanti al primo Tgv passato in valle con a bordo il presidente Fs Lorenzo Necci; sono diventati 70 mila alla manifestazione della settimana scorsa. Per questo è grande la rabbia dei valsusini contro il ministro delle grandi opere che li ha definiti «gente che non ha di meglio da fare che contestare l’alta velocità». Ma anche Mercedes Bresso, la presidente del Piemonte che ha definito «ostaggi» i 37 sindaci schierati contro il progetto e «disinformati» i cittadini, non se la passa meglio da queste parti. Il problema è che questa storia «di popolo» potrebbe sfociare molto presto in uno scontro campale. A Venaus, in Val Cenischia, il prossimo 30 novembre inizieranno gli espropri dei terreni per i primi scavi. I sindaci dell’alta e bassa valle saranno tutti lì, con i consigli comunali, i comitati, i sindacati. Se nella «battaglia del Seghino» del 31 ottobre, tra sentieri in altezza, i blocchi della gente per impedire l’inizio dei sondaggi erano finiti con qualche manganellata, che cosa succederà nel campo aperto di Venaus? I fanti sabaudi che con i valdesi sbarrarono la strada ai francesi al colle dell’Assietta nel 1747 vennero chiamati i «bogia nen», quelli che non si muovono, che non arretrano. Meglio non dimenticarlo.

Il leghista e la comunista. Mauro Carena e Nicoletta Dosio hanno quasi sempre combattuto su diverse barricate. Ex sindaco di Moncenisio e ora presidente della Comunità montana alta valle (con Sestrière, Bardonecchia, Salice…), Carena ha simpatie leghiste e vorrebbe inserire il piemontese tra le lingue delle Olimpiadi invernali, «ma per favore non dite che sono di destra», dice. «Qui la gente non vuole capi, né padroni, non si fa mettere nessun cappello in testa. Semplicemente siamo di qui, abbiamo proposte alternative. Il nostro non è un no ideologico, ma è una bocciatura del progetto, il sistema-valle non è a compartimenti stagni e va preservato nella sua eccellenza». Ovvero: con dieci anni di cantieri, ad andare bene, chi verrà a fare vacanze su da noi? Nicoletta Dosio, invece, non ha di queste preoccupazioni, insegna al liceo scientifico di Bussoleno per cui si è battuta, come ha fatto contro l’autostrada, l’elettrodotto, lo smantellamento del polo ferroviario. Sempre in prima fila, sempre rompiscatole, anche per il suo partito (Rifondazione). La sera la si trova con il compagno della vita Silvano Giai alla Credenza, una «casa del popolo» ispirata a Dolcino da Novara dove si mangia bene e si incontrano i protestatari della valle. «La vocazione della valle è sempre stata quella di una zona di passaggio, ma ora la vogliono rendere un corridoio senza vita per far passare i magazzini viaggianti del capitalismo globale».

Il prete e il partigiano. In valle a ogni incrocio sono bandiere e grandi scritte «NoTav» sui lampioni e in mezzo ai pascoli. Gente comune, come Luna col piccolo Eugenio in corteo in passeggino: «Qua ci conosciamo tutti, è questa la nostra forza, non solo da oggi. Sono anni che ci sono i lavori e che non sappiamo che cosa respiriamo». Salendo a Mompantero, il paese dove è in funzione l’unica trivella, s’incontra Laura, l’assediata: «Per uscire di casa devo fare vedere i documenti ai carabinieri, al ritorno idem. Loro si alternano e io ogni volta devo spiegare chi sono, dove vado e perché. Non si può vivere in questo modo». A fianco di questa gente ci sono tanti preti e frati, come padre Beppe Giunti, del convento di Susa: «Non siamo davanti alla solita storia di difesa locale, tutta questa gente chiede rispetto. Chi vuol fare un’opera a casa mia, deve venire da me e convincermi. Invece hanno deciso da soli, lasciandoci il rosmarino amantifero». Il comandante partigiano Ugo Berga, commissario della 106a Garibaldi (tra le prime formazioni della Resistenza italiana), dice le stesse cose: «Qui non ci ascoltano. Succedeva anche durante la Resistenza di non essere in sintonia con la politica, ma abbiamo lottato. Oggi come ieri, cittadini e lavoratori sono uniti e anche se trovassero la Nutella nella montagna invece dell’amianto saremmo contro, per la loro arroganza, per la mancanza di rispetto». Come loro la pensano i pompieri, il coordinamento dei medici della Val di Susa, gli agricoltori...

Viva, viva, la ferrovia. A Bussoleno i treni per la Francia si fermavano per attaccare un secondo locomotore per la salita fino a Modane. «Qui c’era un deposito, l’officina e la scuola macchinisti», racconta Gino Bar, macchinista dal 1965 e migliaia di valichi sulle spalle. «Eravamo 900 ferrovieri in paese, di cui più di un terzo venivano da fuori». Adesso rimane poco o niente, il polo è stato smantellato e trasferito a Orbassano. Gino discute con tutti al dopolavoro ferroviario e alla bocciofila: «Sono un ferroviere e figurati se non sono orgoglioso a vedere treni che battono gli aerei, ma qui si tratta di ben altro». E giù a spiegare le pendenze della tratta, la differenza tra merci e passeggeri. E Barbara De Bernardi, insegnante di religione e sindaca di Condove: « Questa Tav fa male anche alla ferrovia che si vede tagliare risorse enormi per favorire una sola opera interamente finanziata con denaro pubblico». Di compensazioni gli amministratori non vogliono sentir parlare: «Sono 15 anni che invitiamo i poteri a confrontarsi con noi». De Bernardi continua a scrivere a Mercedes Bresso chiedendole un confronto senza televisioni, con i progetti sul tavolo, guardandosi negli occhi e dicendosi la verità. Spera in una risposta che per ora non c’è stata: perché nessuno si è ancora confrontato con le proposte della valle? Comune e Provincia di Torino, Ds e Cgil non sono interessati a conoscere le ragioni della loro gente in Valsusa?

http://www.diario.it

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FOTO NO TAV:
by 17/12/2005 Sunday, Dec. 18, 2005 at 12:25 PM mail:

http://www.sconfini.net/modules.php?op=modload&name=My_eGallery&file=index&do=showgall&gid=49

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NO TAV FOTO DAL CORTEO :
by Mondodisotto Sunday, Dec. 18, 2005 at 3:40 PM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2005/12/948631.php

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17/12/05: una grande vittoria!
by aaa Sunday, Dec. 18, 2005 at 5:02 PM mail:

17/12/05: una grande vittoria!

(continua)

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Foto e commento da Torino NO TAV
by (controguerra) Sunday, Dec. 18, 2005 at 5:04 PM mail:

Foto e commento da Torino NO TAV

(continua)

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Torino: migliaia di anarchici contro il Tav
by FAI - Torino Sunday, Dec. 18, 2005 at 6:33 PM mail: fat@inrete.it

Decine di migliaia di persone sono scese in piazza ieri a Torino per dire No al Tav, no alle grandi opere, no alla devastazione ambientale.

Ma non solo.
Uomini e donne della Val Susa, di Torino e di ogni dove in Italia hanno manifestato contro un potere vorace ed arrogante che vuole imporre le ragioni del profitto e del comando a quelle della vita, della libertà e della dignità di tutti.

Ma non solo.
Il popolo No Tav ha detto a voce alta che su vita, libertà, dignità non si tratta. Ha detto a chiare lettere che né il bastone di Pisanu né la carotina di Letta potranno fermare la marcia della Val Susa.

Ma non solo.
A chi ha tentato di cancellare il corteo di ieri dopo l’apertura del tavolo di trattative/truffa del governo i Valsusini a migliaia e migliaia hanno gridato che il solo tavolo di trattativa è la piazza.
Non si tratta con chi manganella, atterrisce, occupa militarmente la tua terra e la tua vita. Non si tratta con chi vuole negare il futuro ai tuoi figli.

Ma non solo.
A chi desiderava che il corteo di ieri fosse teatro di scontri e violenze la risposta è stata che il solo terrorista è lo Stato, il solo devastatore è il Tav voluto da destra e sinistra unite dal comune interesse a spartirsi la torta. Una torta che sottrae risorse alla salute, alla scuola, ai trasporti locali.
Oggi la lotta dei valsusini è la lotta di tutti noi.

Ma non solo.
Il corteo di ieri ha dimostrato che il movimento contro la predazione del territorio e la devastazione dell’ambiente è ormai un movimento che attraversa la penisola e passa le Alpi, coinvolgendo la gente della Maurienne accanto a quella di Sicilia e Calabria che si oppone al Ponte sullo stretto.

Migliaia di anarchici e anarchiche hanno risposto da tutt’Italia e dalla Francia all’appello per uno spezzone libertario per una lotta senza se e senza ma al treno della morte.
Indicati dai media per giorni e giorni come violenti a caccia di scontri la nostra presenza al corteo è stata cancellata da quegli stessi media delusi che gli anarchici non avessero voluto recitare la parte loro assegnata nel teatrino della disinformazione mediatica.

Come sempre insuscettibili di ravvedimento. Come sempre inadatti ai giochi dei media e a quelli della politica istituzionale. Come sempre indisponibili a fare, come certi antagonisti new global, gli uomini di piazza e quelli di governo.
C’è chi nega l’evidenza: noi non ci stiamo. Ieri a Torino hanno manifestato due anime di uno stesso movimento, due anime che si sono fisicamente incontrate ma certo non fuse. Da una parte la kermesse alla Pellerina, voluta da Ferrentino & C. in opposizione e negazione del corteo del 17, dall’altra il movimento, coloro che non sono disponibili a barattare la lotta con un tavolo romano.
La questione è semplice o il Tav si fa o il Tav non si fa.
Noi, come le decine di migliaia di valsusini che hanno scioperato, bloccato ferrovie, strade ed autostrada per giorni e giorni sappiamo che solo la lotta popolare, in prima persona senza mediazioni, potrà fermare il Tav. Come l’8 dicembre, dopo le violenze della polizia, quando 50.000 uomini, donne, bambini, anziani hanno riconquistato i terreni presi con la forza dalle forze del disordine statale. Siamo orgogliosi di esserci stati, perché la lotta della gente della Val Susa conferma quel che pensiamo e pratichiamo da sempre: fermare i potenti è possibile, l’azione diretta paga.

Eravamo in tanti ieri a Torino perché anche noi come i comitati e i cittadini della Val Susa abbiamo scelto di scendere in piazza nonostante i politicanti – anche locali – che volevano che si restasse a casa per consentire ai giochi della politica di palazzo di decidere al posto nostro.
Eravamo in piazza ieri come lo siamo sempre stati in questi anni, quando la lotta della Val Susa era taciuta dai giornali e gli anarchici nominati solo come criminali. Due di noi non erano al corteo di sabato perché morti in carcere, dopo il processo sommario e la condanna senza appello loro inflitti dai media. Ma i loro nomi sono echeggiati spesso negli slogan di tanti e nella memoria di tutti.
Eravamo in piazza ieri convinti che la lotta della gente della Val Susa è la nostra lotta, una lotta contro il treno della morte, contro i terroristi di Stato che reprimono e criminalizzano chiunque si opponga ai loro affari ed al loro potere.

Ieri la storia di chi vuole riprendere nelle proprie mani il proprio destino senza deleghe e senza tutele ha fatto un passo in avanti.
Domani ci attendono nuove sfide: la prima, la più importante, consisterà nell’evitare che quel che si è conquistato sui sentieri di Venaus venga cancellato da una tregua olimpica – ed elettorale – che servirebbe solo ai signori del Tav a preparare indisturbati il cantiere per lo scavo.

La strada che abbiamo di fronte è ancora in salita, ma i montanari della Val Susa hanno mostrato a tutti che non c’è strada abbastanza impervia che possa fermare i partigiani di oggi come quelli di ieri, non c’è gioco istituzionale che non possa essere sventato da chi ha imparato a decidere senza mediazioni, senza padri e padrini.

Sarà Dura!

I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 – ogni giovedì dopo le 21,15
011 857850
338 6594361
fat@inrete.it

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Foto NO TAV dal sito di Grillo
by Pan Monday, Dec. 19, 2005 at 1:19 PM mail:

Foto NO TAV dal sito...
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Foto no Tav, 8 dicembre 2005.

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Foto ritorno manifestanti: Milano stazione centrale
by heelens Monday, Dec. 19, 2005 at 1:48 PM mail:

Qui: http://italy.indymedia.org/news/2005/12/949388.php

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ORA E SEMPRE NO TAV
by Confederazione Cobas Tuesday, Dec. 20, 2005 at 9:37 PM mail:

ORA E SEMPRE NO TAV...
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ORA E SEMPRE NO TAV

Sabato 17 dicembre a Torino un enorme corteo, valutabile attorno alle 70
mila unità, ha portato in piazza le ragioni del popolo NO TAV con una
compattezza e determinazione senza precedenti.

I/le cittadini/e della Val Susa hanno risposto alla grande all’appello a
partecipare al corteo, ma ha risposto alla grande anche la città di
Torino, ha risposto alla grande l’intero Paese.

Se ancora ce n’era bisogno, il corteo e la manifestazione del 17 hanno
dimostrato una volta di più e definitivamente che la questione TAV non è
una questione locale o regionale, ma una questione nazionale.
Il segnale lanciato da questa eccezionale lotta ormai viene raccolto e
fatto proprio da tutte quelle realtà che in tante parti d’Italia si
battono per l’affermazione del diritto alla salute, ad un ambiente
ecosostenibile.

Hanno partecipato al corteo delegazioni dalla Sicilia che si battono
contro il ponte sullo stretto di Messina, da Acerra ove lottano contro
l’inceneritore, dal Mugello contro l’alta velocità, dalla Val d’Aosta
contro il passaggio distruttivo dei Tir, da Genova contro il terzo valico,
da Brescia contro la centrale di Offlaga, da Civitavecchia contro la
centrale a carbone, da Roma ed Empoli per il boicottaggio della Coca Cola,
da Napoli e Firenze i comitati contro la privatizzazione dell’acqua, e
tantissime altre.

E’ l’intero modello neoliberista, basato sulla produzione di profitto a
mezzo di profitto, incurante della salute e del diritto alla vita e a una
mobilità sostenibile dei/delle cittadini/e che comincia ad essere
seriamente messo in discussione.

Ed in questa lotta della Val di Susa, che -partita in sordina tanti anni
fa da parte di qualche decina di cittadini della Val di Susa e di
militanti ambientalisti e antiliberisti a cui va reso atto per la loro
splendida tenacia ed abnegazione- ha saputo rompere la cortina di silenzio
e di isolamento costruendo mobilitazioni formidabili a partire dai blocchi
a Mompantero del 31 ottobre, passando per il plebiscitario sciopero
generale autorganizzato dell’intera valle del 16 novembre, al blocco degli
espropri a Venaus il 30 novembre, alla liberazione di Venaus l’8 dicembre
e all’ultimo bellissimo corteo di Torino, è cresciuta tra la popolazione
una coscienza e una determinazione nuova per la difesa ed affermazione dei
propri diritti e la pratica di massa della democrazia diretta.

La grande mobilitazione del 17 a Torino è stata realizzata alla faccia di
Berlusconi e Lunardi, di Letta e Fassino, di Rutelli e Prodi, di
Chiamparino, Bresso e Saitta, di LTF e CMC.

Il corteo di massa pacifico e determinato è stata la migliore risposta a
chi, a cominciare da Chiamparino e Pisanu, ha fatto di tutto per
costruirvi attorno un clima di paura e divieti, a chi ha tentato di
dividere il movimento in buoni e cattivi, ma anche a chi ha introiettato
la logica che ormai bisogna solo sedersi al tavolo di trattativa
istituzionale e confidare in un ripensamento del governo o in qualche
aiutino da parte di un’”opposizione” di centrosinistra che è impelagata
fino al collo nel sostenere la bontà dell’alta velocità e nell’appoggio al
trasversale partito degli affari che si spartirà la gigantesca torta degli
appalti.

Dal clima di caccia alle streghe che ha preceduto la manifestazione non si
sono fatti coinvolgere i tredici sindaci valsusini che insieme a cinque
sindaci francesi hanno giustamente scelto di essere in corteo con la
popolazione e il movimento No Tav.

Ed il movimento No Tav ha dato un’ulteriore dimostrazione della sua forza
e maturità: dopo la liberazione di Venaus è arrivata la convocazione del
governo, dopo il corteo di Torino è arrivata la chiamata di Prodi.
Chi si è seduto e continuerà a sedersi al tavolo di trattativa non potrà
non tenere conto che indietro non si può tornare, inciuci non se ne
possono fare, tregue olimpiche non se ne possono dichiarare (e poi a nome
di chi?).

Sicuramente sono cominciate e continueranno frenetiche le grandi manovre
per dividere il movimento, saranno possibili provocazioni repressive e
colpi di mano polizieschi, tentativi gattopardeschi di cambiamenti di
facciata per lasciare intatto il nocciolo duro del Tav.

Ma il movimento ha la capacità e l’intelligenza sufficiente per rintuzzare
attacchi, blandizie e cedimenti, dopo il 17 dicembre è molto più forte di
prima, aver mantenuto, accresciuto e moltiplicato la propria dimensione di
massa, nonostante le minacce poliziesche e i defilamenti interni di quelle
forze più sensibili alle sirene istituzionali, è una gigantesca vittoria.
Certo c’è ancora tanta strada da fare, ma il cammino è tracciato.

La talpa meccanica del cantiere di Venaus è ancora in Canada, invece la
nostra talpa, quella della democrazia diretta, del conflitto sociale
autorganizzato, della lotta per l’affermazione dei diritti, ha ben
scavato.

In questo momento di legittima soddisfazione vogliamo esprimere tutto il
nostro affetto e la nostra vicinanza alla compagna Nicoletta Dosio,
militante infaticabile antiTav della prima ora, costretta ad operarsi al
setto nasale rottole da una manganellata della polizia nel giorno della
Liberazione di Venaus.

CONFEDERAZIONE COBAS





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Foto spezzone anarchico e volantino
by FAI - Torino Wednesday, Dec. 21, 2005 at 2:26 AM mail: fat@inrete.it

Foto dello spezzone anarchico alla manifestazione No Tav del 17 dicembre a Torino a questi indirizzi:

http://italy.indymedia.org/news/2005/12/950760.php

http://italy.indymedia.org/news/2005/12/950859.php

http://italy.indymedia.org/news/2005/12/950880.php


Di seguito il volantino distribuito in piazza dalla FAI Torinese

Nessuna tregua contro il TAV

Il popolo NO TAV oggi è in piazza perché lo ha scelto, decidendo in prima persona, in assemblea, senza alcuna mediazione politica istituzionale. La lotta che da anni i valsusini stanno sostenendo contro chi vuole devastare il loro territorio ha saputo conquistare anche la giornata di oggi con la ferma determinazione di chi sa che le proprie ragioni non han bisogno dei manganelli della polizia per trovare ascolto.
Una terra è difesa dal suo popolo contro chi vuole violarla e con questo appropriarsene. Come agli albori del capitalismo, recintare e far proprio un campo significa affermare il dominio su coloro che del campo, nel campo, vivevano. Significa appropriarsi non solo di un lembo di terra, ma delle vite che da quella terra han tratto e traggono nutrimento, delle vite che quella terra sostiene.
Ma il campo di Venaus e l'intera Valle Susa non sono dei signori dell'Alta Velocità, né dei politici a libro paga, né di quegli idioti in divisa armati di manganello che odiano il popolo quando è libero perché ricorda loro quanto sono servi. Il campo di Venaus è del popolo che se lo è ripreso in pieno giorno quando gli fu sottratto da vigliacchi che per vergogna si muovono meglio solo di notte.
La forza di questa lotta sta nella capacità di essere autonoma dai poteri istituzionali, sta nella capacità di agire senza la tutela di sindaci o presidenti di comunità montane a cui tutti i giorni, soprattutto oggi, chiede conto della loro appartenenza a quelle istituzioni che compatte si sono schierate contro di essa: Presidente della Repubblica, Parlamento, Governo, Regione, Provincia, Comune di Torino. Chiede conto di un tavolo di trattativa che ha il marchio netto della truffa.
Questo popolo non ha bisogno di tutele e di tutori, non certo di quei tutori del disordine statale che vorrebbero soffocare con manganelli, processi e galera i gesti di libertà di coloro che ieri oggi e domani nelle strade e nelle piazze gridano la loro opposizione ad un sistema che rapina, distrugge, uccide. Giudici che hanno sulla coscienza la morte di due anarchici morti in galera, poliziotti e carabinieri ancora sporchi del sangue dei manifestanti di Genova che agiscono come truppe di occupazione: questo è lo Stato nella Valle di Susa, a Torino e in Italia.
Non si tratta con gente del genere, la vita e la libertà non sono oggetto di trattativa. Il nostro tavolo è la strada e la piazza: ci provino lor signori ad arrestare la lotta di un popolo.
Tregua olimpica per far cosa? Per consentire a chi vuol portarsi via la Val Susa di presentarsi come buon padrone di casa? Fermare i lavori fino a maggio? Ma se comunque prima di allora non sarebbero davvero iniziati! Ma chi vogliono prendere in giro?
Oggi la gente della Val Susa, come ieri i partigiani, lottano contro l'oppressione e la barbarie, contro l'uso dei beni comuni a fini privati, contro l'interesse di pochi per la vita, la libertà, la dignità di tutti. La loro lotta è la nostra, perché vogliamo che ciascuno possa prendere in mano il proprio destino, decidendo in prima persona, senza padroni e senza padrini. Senza i padroni del Tav, senza i padrini della politica asservita ai grandi interessi dei soliti noti.
Il fatto è che i signori del TAV e i loro servitori, prigionieri della loro sete di denaro e rapina, non si sono accorti che la loro storia è ormai al tramonto, anche se, come tutte le bestie con le spalle al muro, sono più aggressivi e pericolosi, terrorizzati dal senso della loro fine.
È iniziata un'altra storia, quella di un popolo che sa conquistarsi la libertà ogni giorno, non solo in Val Susa, la storia di un popolo che abbatte i recinti e le frontiere e sa camminare con passo sicuro e a testa alta, senza padroni e tutori politici. Un popolo libero e vivo, quel popolo che siamo tutti noi oggi!

Sarà dura!

I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese - FAI
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