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Milano, guerriglia in pieno centro
by dal manifesto Tuesday, Mar. 14, 2006 at 10:14 AM mail:

Duecento «antagonisti» attaccano la polizia per protestare contro il corteo della Fiamma tricolore. Che comunque sfila. 45 fermati, quattro automobili incendiate, un negozio elettorale di An bruciato, nove agenti delle forze dell'ordine feriti lievemente. E' finita male la manifestazione contro la parata dei fascisti che da più di vent'anni non sfilavano in città.

Come si mette? Male. Lo si era capito già una settimana fa. Ma il corteo dei fascisti lo autorizzano? Mi sa di sì. E Rifondazione, l'Anpi che fanno? Un presidio, ma lontano, in piazza Mercanti. «La vedo brutta». Che si metteva male lo si è capito anche ieri a mezzogiorno a Porta Venezia, quando circa duecento - come li vogliamo chiamare? - antifascisti, incappucciati, giovanissimi, con le mazze, i caschi, pronti allo scontro, si sono dati «appuntamento» con le forze dell'ordine, troppo in forze. Decine di camionette, centinaia di poliziotti e carabinieri. E' toccato a questi «antagonisti» opporsi, nel più stupido dei modi, alla calata dei neo fascisti della Fiamma Tricolore autorizzati a sfilare da Porta Venezia a piazza San Babila. Non è facile da spiegare, ma i milanesi non sono abituati a sopportare una sfilata di pagliacci in camicia nera che gridano Duce Duce. Nemmeno se sono una forza politica «riconosciuta», alla faccia della Costituzione italiana. A Milano, città che pomposamente si definisce ancora Medaglia d'Oro della Resistenza, parate simili non si vedevano da più di venti anni. Toccherà farci l'abitudine.

Qualche ora prima delle teste rasate, c'è stato molto fumo ieri in corso Buenos Aires, ma nessun ritorno agli anni Settanta. Siamo in pieno 2006, semmai. E una premessa è d'obbligo, tanto per non mandare in fibrillazione il centrosinistra a due settimane dalle elezioni. Incendiare automobili (quattro), spaccare le vetrine, rovesciare cassonetti, bruciare un negozio, ancorché sede elettorale di Alleanza Nazionale, spaventare i clienti di McDonald's, lanciare grossi petardi da stadio, e attaccare uno schieramento impossibile di forze dell'ordine, è un'idiozia. Che poteva finire anche peggio. Anche se il bilancio degli scontri - ma nessuno si è fatto veramente male - è piuttosto pesante. Nove agenti lievemente feriti (Piero Fassino è andato in questura per esprimere solidarietà), quarantacinque arrestati, di cui fino a ieri sera si sapeva ben poco, anche se i rilasciati hanno detto di aver passato dei brutti quarti d'ora. La sensazione è che con loro questa volta non andranno tanto per il sottile. «Sono colpito - è il commento del questore Paolo Scarpis - perché è stata inferta una ferita alla città da una banda di delinquenti venuti armati fino ai denti col preciso scopo di sfasciare e rompere il più possibile».

Ecco, si mette male. A Porta Venezia non passerebbe uno spillo, cento metri più in là ragazzi e ragazze avanzano con scudi sradicando piante e cassonetti per trascinarli in mezzo alla strada. In pochi minuti si forma una barricata. Giunti a tiro, lanciano sassi e bottiglie. A pochi metri dai poliziotti, prende fuoco un'edicola, si alza un fumo denso che gela corso Buenos Aires, un'automobile prende fuoco, siamo in piano centro, in una delle arterie commerciali più frequentate d'Italia. La polizia per un po' lascia fare, anche troppo. Passano alcuni minuti e il fumo si fa sempre più denso, poi, marcetta, manganelli sugli scudi e parte la carica. Il fronte stranamente si spacca, poi indietreggia. Prende fuoco anche un negozio elettorale di Alleanza Nazionale, la frittata è fatta. Parte la seconda carica, è fuggi fuggi, fine degli anni Settanta.

Tornata la calma, con il corso che sembra un campo di battaglia e i lacrimogeni che ancora bruciano in gola, scatta la resa dei conti. La polizia blocca le vie laterali, entra nei portoni e rastrella i «sospetti» che non sono riusciti a sparire. «Abito qui, mi lasci andare» (16 anni). «Vieni con me» (il poliziotto, non ci crede). Due agenti trascinano un ragazzo per il braccio, qualche passante gli dà addosso, la scena dura qualche secondo, mandata in onda in prima serata la si può spacciare per un linciaggio della folla inferocita. La folla, meriterebbe maggiore attenzione. Certo, sfasciano tutto, sono insopportabili - «è una grossa cazzata» - e sono incomprensibili - «ma perché hanno fatto sto' casino?» - eppure i curiosi, davanti agli scheletri fumanti della auto, si interrogano, alzano la voce, e litigano: sembrerà strano, ma ci sono anche signore di mezza età e alcuni stranieri (e non a caso) che stigmatizzano e condannano ma non dimenticano che laggiù si stanno radunando i fascisti, «sono quelli là una vergogna, quelli fanno schifo, quelli sono violenti per definizione, non dobbiamo dimenticare».

Eccoli, i fascisti, e si mette malissimo. Corso Venezia così non si è mai visto. L'atmosfera è surreale. Sfilano, teste pelate, occhiali scuri, celtiche, fasci littori, braccia tese e anche un briciolo di pensiero, boia chi molla è il nostro grido di battaglia. Urlano, ma c'è un silenzio irreale. I poliziotti sono costretti a fare cordone persino sul marciapiede, imbarazzati, la strada è deserta, dietro le inferriate dei giardini pubblici i milanesi sgranano gli occhi senza dire una parola. Un padre di famiglia, sottovoce, ricorda un'adunata di trent'anni fa «vabbé lasciamo perdere...altro che quattro auto incendiate». Anche una suora rimane a bocca aperta. Avanti così, due ore di marcia su Milano, per arrivare in piazza San Babila, un chilometro di insulti e di sfottò: «Gli antifascisti dove sono?» e «Dov'è il Leoncavallo?» (a Roma, alla manifestazione antiproibizionista) e «Fini scemo 'anvedi quanti semo».

A proposito di post (?) fascisti, ieri Milano ha fatto il pieno. Cento metri più in là, in piazzetta San Carlo, un divertito La Russa è passato all'incasso comiziando davanti a venti-venticique persone, «ci hanno appiccicato il fuoco...questi sono gli amici di Prodi». Con lo stile che gli compete, anche il leader della Fiamma Tricolore, uno che delle camere a gas non sa nulla, lui non c'era, in una giornata come ieri ha attaccato Emanuele Fiano (diessino e rappresentante della comunità ebraica) e i Ds, colpevoli secondo lui di aver fomentato le violenze di mezzogiorno. Un delirio, ma non era difficile immaginare che sarebbe andata a finire così. La sinistra si ritrae, la destra la infilza. Poteva andare diversamente? Forse sì. Altre volte, anche lo scorso gennaio, i fascisti erano stati respinti: a Milano non si sfila. E per questo si erano impegnate a fondo tutte le forze democratiche, dialogando con le istituzioni e tenendo a bada anche gli antagonisti «impresentabili». Deve essere cambiato il quadro politico.

Oggi il pm Piero Basilone decide se chiedere o meno la convalida del fermo per i quarantacinque «antagonisti».

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Titolo Autore Data
d'accordo annie Tuesday, Mar. 14, 2006 at 11:30 AM
domande al movimento Tuesday, Mar. 14, 2006 at 10:27 AM
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