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marzo2006
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Officina della Resistenza SOciale Tuesday, Mar. 28, 2006 at 7:04 PM |
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marzo 2006. Lberi tutti. Ore e Sempre Resistenza
MILANO MARZO 2006
A una settimana dalla conclusione delle mobilitazioni del marzo 2006, terzo anniversario dall’assassinio del compagno Davide Cesare e del pestaggio poliziesco all’ospedale S.Paolo, sentiamo la necessità di esprimere pubblicamente alcune riflessioni, constatato che un oscurantismo politico e mediatico ha gravato sui contenuti e i percorsi che hanno portato alla costruzione di quelle giornate (dall’11 al 18), rompendosi solo in relazione agli scontri dell’11 marzo. Partiamo quindi dal fatidico 11 marzo e dalla sua costruzione. L’elemento positivo è che si è riusciti a far convergere diverse realtà e soggetti su un obbiettivo concreto e chiaro: non accettare la presenza organizzata dei neofascisti della Fiamma Tricolore. Un’organizzazione che si propone di diventare egemone nel panorama della destra radicale e neonazista, trovando legittimità politica e istituzionale negli accordi elettorali con la Casa delle Libertà di Silvio Berlusconi. A Milano con la manifestazione nazionale programmata cercava di continuare questo progetto nel nord Italia, dopo i successi di Roma e del sud. La “marcia” della Fiamma è stata un’operazione artificiosa, non avendo radicamento a Milano faceva calare i propri militanti dal Veneto e dal Lazio, e ha trovato sponda nell’autorità che ne sono stati garanti e difensori. Quindi si è autorizzato il corteo di neofascisti e negato l’agibilità agli antifascisti militarizzando la zona fin dalla prima mattinata. In coerenza con un percorso antifascista quotidianamente praticato si è cercato, nonostante i divieti e il disinteresse, di dare un segnale forte a questa provocatoria presenza in città. A cinque giorni dall’anniversario dell’assassinio di Dax e a una settimana da quello di Fausto e Iaio. La responsabilità dei “disordini” di Corso Buenos Aires risiede esclusivamente nella scelta politica di garantire il corteo della Fiamma. Le scelte furono diverse in relazione al primo divieto del 21 gennaio, poiché prossimo alla giornata della memoria sullo sterminio nazista. La memoria non può essere ridotta a delle ricorrenze, ma deve essere legata a dei valori e quindi quotidiana. Il primo risultato dell’11 marzo è di aver riportato nel dibattito politico, non solo del movimento, la lotta antifascista, rendendo evidente che lo sfregio e le ferite prodotte non sono le 4 macchine bruciate e le vetrine infrante, ma è l’infamia di aver permesso la marcia fascista. In altre città è alta l’attenzione rispetto alle annunciate manifestazioni dei partiti xenofobi e razzisti come la Fiamma. Tanto che a Bologna come a Padova i fascisti non marceranno. A Milano l’11 marzo un dato politico di rottura, di non pacificazione è emerso positivamente. Dopo tre anni fatti di coltellate, incendi, aggressioni, denunce, arresti ai danni degli antifascisti questa ennesima provocazione è stata respinta ai mittenti. I limiti riscontrabili nell’iniziativa sono gravi, ma vanno assunti collettivamente, da tutte le realtà che vi hanno partecipato e risiedono principalmente nell’immaturità o meglio nell’inesperienza nel praticare livelli di contrapposizione, o meglio dichiarare di farlo e poi di non saperli gestire. Tra le tante responsabilità ci sono anche quelle di chi non c’era, di chi è andato altrove o è rimasto a guardare e non ci riferiamo solo alla sinistra istituzionale. A pagare sono stati 41, tra compagni e compagne, prelevati indistintamente dalla piazza di cui 25 sono tutt’ora agli arresti nelle carceri di San Vittore e Bollate. Sulle loro spalle si è articolata anche una campagna politica e mediatica di criminalizzazione. Accusati di devastazione e saccheggio sono dipinti come teppisti negandone l’identità politica di antifascisti. Lo scopo di questa campagna è la stigmatizzazione delle realtà promotrici della mobilitazione e la loro riduzione a problema di ordine pubblico. In ciò si legge il divieto del Questore al corteo del 18 marzo. L’isolamento politico è la condizione per affondare il colpo repressivo, sia per chi è già prigioniero sia per i possibili nuovi arresti. Il clima tensione che ha generato paura, divisione e desolidarizzazione anche nei settori di movimento, và fortemente combattuto. In primo luogo perché mina il fronte per la difesa e liberazione dei compagni arrestati, andando anche a depotenziare la portata politica e conflittuale della mobilitazione. Molti sono i discorsi e le valutazioni da fare intorno a quella giornata, ma quello che ora deve essere prioritario è far crescere una solidarietà attiva verso gli antifascisti arrestati. Se un primo segnale è stato dato con una massiccia partecipazione al presidio dei sabato 18 marzo sotto il carcere di San Vittore, nonostante un clima di forte intimidazione e frammentazione, bisogna costruire in prospettiva una capacità d’intervento politico e di sostegno ai compagni imprigionati. Officina della Resistenza SOciale
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si però
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lia Tuesday, Mar. 28, 2006 at 8:20 PM |
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premetto che sono daccordo che la priorità è far uscire gli arrestati, e dopo ci facciamo una bella chiacchierata sulla giornata dell'11 (lo dico giusto perchè sarebbe giusto, ma tanto sappiamo, per passate esperienze, che non è mai così...) dopodichè dopo l'11 marzo, costruire una reale solidarietà vuol dire: a. non fare i distinguo tra quelli dei quali vuoi la solidarietà (lo stretto giro di amici) e quelli da cui invece non la vuoi. b. le assemblee, cazzo, effatele in una sala pubblica, non nei soliti cs, lo capite o no che già è difficile ottenerla, e che per tanti è pure difficile riuscire a darla se continuate a ragionare a stretto giro di compagni-militanti-duriepuri? Non si sono già viste, tempo fa, con altri arresti, le stesse cose? Ma non si impara proprio mai?
Non sono un* dur* e pur*, penso che l'11 sia stata una roba delirante, voglio gli arrestati liberi e presto ... voi che dite ... c'è spazio per chi la pensa come me? Boh .... solo che sono errori che si pagano, li paghiamo tutti, ma in 25 li stanno pagando più degli altri.
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meno male ma..
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compagna obbiettiva Tuesday, Mar. 28, 2006 at 10:53 PM |
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menomale, almeno qualcuno ha scritto qualcosa di quasi rispetto ai fatti. Resta il fatto che se non si vuole un corteo fascista e ci si vuole opporre a questo,si vuole "lottare"contro di loro; ci si presenta alle ore del LORO corteo per scontrarsi con LORO, non 4 ore prima in un luogo pseudo vicino ma da dove non si vedono neanche le teste di merda, se non quelle degli sbirri!e non si fa un bombardamento mediatico come quello fatto nei giorni precedenti all11! ORA siamo obbiettivi! le forze nel famoso "movimento" antifa non ci sono, e quindi andare contro ai nazi grandi e grossi non conviene! però non è stato neanche conveniente l'azione scelta: 41COMPAGNI/e ARRESTATI STRUMENTALIZZAZIONE POLITICA DELLA COSA TUTTA L'OPINIONE PUBBLICA CONTRO CORSO BUENOS AIRES A FERRO E FUOCO DI SABATO POMERIGGIO CORTEO DEI FASCI EFFETTUATO SENZA NESSUN DANNO E TANTE ALTRE COSE..CHE SE OGNIUNO, COMPRESE LE DIVERSE REALTà si mette a pensare è facile trovare. ogni tanto si può ammettere di aver fatto una GROSSISSIMA CAZZATA!!! FUORI I COMPAGNI e COMPAGNE DALLE GALERE!!!
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Un movimento eterodiretto
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andare a funghi Wednesday, Mar. 29, 2006 at 11:17 AM |
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Per tutti i compagni antifascisti e anticapitalisti che ci mettono le braccia e le gambe.
Che senso ha per un movimento antagonista l’opposizione a una manifestazione elettorale di un partito fascista che si candita alle prossime elezioni, tanto più, quando questa opposizione diventa così radicale da consegnare mezzo corteo alle “forze dell’ordine”. Eppure se la deriva istituzionale è una metastasi ciclica del movimento non si capisce il motivo per cui dopo aver tollerato ogni presenza di realtà razziste e xenofobe quando questa si manifesta nella dinamica democratica creando una contraddizione stessa del sistema invece di capire e usare questa a nostro vantaggio, noi corriamo a fare i pompieri pagandone un prezzo salato e soprattutto legittimando e riconsegnando un ruolo a istituzioni di una società capitalista fondata sullo sfruttamento e sulla mercificazione.
Come facciamo poi a vantarci a parlare di una grande giornata a rivendicarci i divieti di Cofferati al corteo a Bologna, davvero con i nostri errori abbiamo riconsegnando legittimità a chi sgombera, marcia accanto a commercianti e fascisti facendo della legalità una bandiera da sventolare sopra alle iniquità.
Poco mi interessa la “campagna politica e mediatica di criminalizzazione” ma come si poteva pensare che non ci sarebbe stata con l’appuntamento elettorale così vicino? Di sicuro i signori della fiamma e quelli della casa delle “libertà” che gli hanno garantito i seggi, lo sapevano benissimo, tanta pubblicità gratis in questo momento è proprio quello di cui avevano bisogno oltre ad una accettazione nei ceti moderati, è proprio così che il fascismo si è sviluppato, come un cancro nella società che lo ha cresciuto e finanziato.
Ci sarebbe molto da dire ma per finire vorrei soffermarmi su questa frase del comunicato “I limiti riscontrabili nell’iniziativa sono gravi, ma vanno assunti collettivamente, da tutte le realtà che vi hanno partecipato e risiedono principalmente nell’immaturità o meglio nell’inesperienza nel praticare livelli di contrapposizione, o meglio dichiarare di farlo e poi di non saperli gestire. Tra le tante responsabilità ci sono anche quelle di chi non c’era, di chi è andato altrove o è rimasto a guardare e non ci riferiamo solo alla sinistra istituzionale.”
Certo un’autocritica non si poteva aspettarsi da chi ha messo in piedi quel disastro, ma che addirittura dopo aver disarticolato per anni un movimento fino a ridurlo a poche decine di persone, si faccia un comunicato per denunciare la responsabilità di “altre realtà” e a questo punto, con l’inchiesta aperta e i compagni dentro, è chiaro che si parla di responsabilità penale oltre che politica. Questo mi sembra veramente troppo, ci sarà dietro ancora qualche consiglio di Farina il grande vecchio della dissociazione? Le vecchie e nuove amicizie ci aiutano però almeno a capire perché la “sinistra istituzionale” sia la loro sola preoccupazione alla quale sacrificare tutto e tutti.
E’ chiaro che questo comunicato non serve ai compagni imprigionati, servirà forse a “lavarsi le mani” o sarà stato pensato direttamente non per noi ma per gli inquirenti, altri sono i luoghi e i modi ma come dirlo a chi, figlio della società che vorrebbe contestare, della visibilità ha fatto l’unica ragione di vita?
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incredul@
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... Wednesday, Mar. 29, 2006 at 2:00 PM |
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"Tra le tante responsabilità ci sono anche quelle di chi non c’era, di chi è andato altrove o è rimasto a guardare e non ci riferiamo solo alla sinistra istituzionale"
..già peccato che l'unica speranza di farli uscire risiede proprio nell'attivazione di chi non c'era e che, per come la vedo io, a forza si dovrà tentare di tirare dentro una campagna per la loro liberazione ... ragionare di campagne di liberazione basandosi sullo stretto giro di amici è già verificato che non porta a nulla ... se almeno dimostraste di avere imparato dagli errori passati sarebbe un buon punto di partenza. Invece no, ancora a fare i distinguo ... ma cazzo li volete liberi o volete dei martiri?
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